APPUNTI SU DI UN’INIZIATIVA
 

L’anno 1997 verrà probabilmente ricordato come l’anno delle celebrazioni del ventennale del "77.

Quest’anno si sono sentiti tutti in diritto di esprimere un giudizio sulla storia: abbiamo infatti visto, letto e sentito giornalisti o presunti tali dichiarare finita una stagione di scontro politico risolto dall’intervento militare dello stato.

Nessuno ha detto degli anni di galera che peseranno sulle spalle di molte persone (120 in semilibertà, 80 a pieno regime di carcere) scomoda "eredità" di quel movimento, spesso dimenticate perfino da alcuni loro ex- compagni.

Nascono così vertenze istituzionali e non, tese a dare soluzioni di comodo (indulto) alla questione politica mai risolta oppure le classiche e democristiane condanne a vita da parte dei familiari delle "vittime".

Ma vi è anche un altro punto di vista di chi vuole ripercorrere le esperienze di quegli anni e proporre un percorso altro per liberarci dall’emergenzialismo attraverso una ricostruzione della memoria storica ed una credibile proposta di amnistia generale.

Generale perché vuole liberare tutti i compagni ancora in galera, perché vuole rivedere in toto il sistema carcerario, perché attraverso questa gogna passano tutti gli esclusi ed i cosiddetti incompatibili di questa società.

Prove sotto gli occhi di tutti sono le nuove leggi repressive sull’immigrazione, il proibizionismo rispetto all’uso delle sostanze stupefacenti, condanne e carcere per chi si rifiuta di servire lo stato in ogni sua forma (vedi obiezione di coscienza totale) ed infine una riforma del sistema giudiziario tesa a renderlo succube del sistema economico e politico vincente.

Noi del c.s. gabrio insieme con altre realtà quali c.s. zapata (GE), il c.s. terra di nessuno (GE) ed il c.s. la talpa e l’orologio (IM) abbiamo deciso di coordinarci e costruire ragionamenti ed iniziativa politica per condividere le esperienze territoriali e farne strategia comune.

Strategia che non sarà fatta solo di parole e commemorazioni ma di controinformazione visibile ed azione politica diretta.
 

DATE INIZIATIVE:

sab 6 dicembre 97: presentazione del libro "Una sparatoria tranquilla" Edizioni Odradek. Saranno presenti: il curatore del testo C. Del Bello, V. Miliucci di Radio Onda Rossa di Roma, S. Ricciardi

Sab 13 dicembre 97:manifestazione nazionale a Milano.

Ven 16 gennaio 98: assemblea pubblica con Velasco, portavoce europeo M.R.T.A. movimento rivoluzionario Tupac Amaru.

Le assemblee si terranno presso il c.s.o.a. gabrio

Via revello 3 zona san paolo 10141 Torino




@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@
 

LIBERTA’ E VERITA’
1968-1998

LIBERARE TUTTI
 
 

SPRIGIONIAMO IL PRESENTE PER LIBERARE IL FUTURO!




Con questo testo tentiamo di affrontare e impostare le basi di una campagna che parta dai centri sociali che restituisca il senso degli anni70, che liberi i compagni in galera, che deve a nostro avviso partire da una forte lettura del presente, dei movimenti che lo attraversano, delle esigenze che esprime, cercando cosi di rivolgerci e riferirci non soltanto a noi stessi, a come siamo o siamo stati.

Pensiamo quindi vada letta l’attuale società, i fermenti che la attraversano, le forme di controllo che la caratterizzano, i tanti e nuovi diritti negati.

1) IERI COME OGGI...CONTRO LA CULTURA DELLE EMERGENZE

Una riflessione sulla situazione in cui oggi si trovano i compagni dei Centri Sociali, rispetto all’enorme quantità di procedimenti penali ed amministrativi che li coinvolgono, è probabilmente necessaria anche per riuscire a determinare quali siano le richieste da rivendicare in merito al tentativo di costruire una campagna per la scarcerazione dei compagni detenuti.

E infatti in questo momento in atto un bombardamento di denunce relativamente poco gravi, che pur, colpendo con continuità singoli soggetti ne limitano con forza gli spazi di agibilità politica e le libertà individuali (vedi il caso estremo del compagno di Milano arrestato per un prosciutto, caso che comunque tende ad essere sempre meno isolato...).

E perciò chiaro che l’apparato repressivo dello stato non ha assolutamente cessato di funzionare se non nell’apparenza: evidentemente lo scontro frontale è ormai quasi inesistente, proprio perché una raffinata delocalizzazione capace di coinvolgere dal funzionario comunale al controllore di autobus, dalla guardia giurata al preside di una scuola, non necessita più della sola forza del suo apparato militare.

Un nemico perciò che fa molto meno rumore, ma che limita con continuità la libertà dei soggetti cosiddetti incompatibili: non soltanto i movimenti organizzati, ma tutto quel disagio sociale generalizzato di cui sono piene le nostre città.

Una campagna per la liberazione dei compagni in carcere non pur prescindere quindi da un’analisi di queste problematiche e dal coinvolgimento di tutti questi soggetti: è dunque prioritario piantarla di essere autoreferenziali; discutere fra 20 "addetti ai lavori" non ha mai prodotto movimenti reali, qualche volta semplice pietismo, a volte cultura, a volte solidarietà. Insomma espressione dai margini di una incapacità di porre veramente in comunicazione le diverse generazioni di un movimento, che invece di trasmettere le intuizioni e le lotte di un periodo ne trascina solo più gli Skazzi, sempre più svuotati anche dei loro originari contenuti.

Il 77 e con esso tutti gli anni 70, in questo modo, finiscono chiusi in un angolo, belli e confezionati, pronti ad essere tirati fuori per le occasioni importanti, ma completamente scollegati da quella che è la quotidianità di un movimento che in 20 anni è cambiato molto, anni paradossalmente lontani ed inutili per i compagni arrestati, per gli immigrati in galera, per tutti i soggetti che vivono la repressione...anni chiusi?

Perché allora l’apparato repressivo dello stato si è continuamente rafforzato e non accenna a sgravare il suo peso militare e giuridico (leggi dell’emergenza)?

Occorre superare queste contraddizioni , occorre sprigionare le potenzialità sovversive e le intuizioni sommerse del 77, occorre partire da una campagna contro la repressione per arrivare alla liberazione di tutti gli incompatibili.

2) PER UN'AMNISTIA GENERALIZZATA DAL '68 AL '98

Obiettivo evidentemente irraggiungibile per chi cerca nelle istituzioni una soluzione ai conflitti, ma il minimo per chi i conflitti li vive, unico possibile perché radicale e non discriminante, e soprattutto forte perché riconosce finalmente quella continuità storica che l’informazione cerca in ogni modo di negare, ma che non sfugge certo né a noi né al nostro nemico.
 
 

DA QUI, SECONDO QUELLO CHE AVEVAMO DETTO DOVREBBE INIZIARE IL VOSTRO DOCUMENTO SULL’INDULTO

UNA FRASETTA PER RIPORTERE IL SOGGETTO SULL’AMNISTIA E NON SULL’INDULTO E POI...




Una campagna capace di superare a pié pari la volontà di chiudere un periodo, sottesa a molte proposte in materia perché ribadisce con forza quella che è la nostra storia: quella del 68 e dell’ideazione di una società altra, quella del ‘77 e del tentativo di attuarla, quella degli anni ottanta e delle "trincee", quella dei primi anni 90, della fuoriuscita in ogni direzione, della sperimentazione e degli errori, e quella di oggi.

Una campagna che riesca a superare quindi i confini storicamente tracciati per gli anni 70, che supera la solidarietà, la controinformazione, la memoria, che coinvolga direttamente tutti coloro che fanno movimento per il movimento: dalla galera ai cortei, dai concerti , agli attacchinaggi, ai presidi alle occupazioni....

3) ANTIPROIBIZIONISMO COME LIBERAZIONE.

Continuando la riflessione sulle forme di controllo è necessario osservare quale sia lo spaccato generale della situazione carceraria odierna. Un’analisi, anche superficiale, delle condizioni, dei numeri, della trasformazione dell’istituzione totale stessa, mette in evidenza alcuni dati "forti":

-Decisamente più della metà dei detenuti h dentro per vicende legate al consumo, al commercio o reati connessi alle sostanze stupefacenti.

-Il proibizionismo rappresenta oggi una delle maggiori giustificazioni della militarizzazione delle nostre città e la possibilità di esercitare un controllo capillare non sicuramente sulle sostanze, che continuano ad avere il loro mercato indisturbato, ma sulla vita quotidiana di ognuno di noi. Lo spaccio, la tossicodipendnza diffusa, sono gli spauracchi che novelli governanti-iperpopulisti cavalcano ogni qualvolta si debba in qualche modo affrontare il degrado dei quartieri: polizia, vigilantes, spazzini in comunicazione con la questura per avere interventi di repressione in tempo reale, sono come sempre le uniche soluzioni atte a rassicurare i cittadini "rispettabili" e nel contempo a garantire una spaventosa continuità nello strapotere delle forze dell’ordine, che abilmente riattualizzano la necessità delle leggi dell’emergenza.

Facile poi intuire come il collegamento tra microspaccio ed immigrazione venga fatto, ancor più che nelle continue teorizzazioni del candidato razzista di turno, calpestando concretamente i diritti della persona.

Tutto questo non solo invita, ma impone che questa battaglia di libertà non possa prescindere da un discorso sul proibizionismo, sia nelle sue forme più drammatiche legate al eroina, sia in quelle legate al consumo delle cosiddette droghe leggere.

Il problema che ci poniamo h quello di liberare le persone e non le sostanze.

4) DIRITTI DI CITTADINANZA PER TUTTI

Proseguire l’analisi condotta sinora significa affrontare la grande questione che h emersa in questi anni, quella dell’immigrazione. Questo fenomeno esprime, sempre con più forza, un nuovo portato di diritti ed esigenze, a nostro parere paradigmatiche delle trasformazioni dell’ultimo decennio, dei processi di globalizzazione, di ridefinizione di nuovi confini, di costruzione di nuove fortezze e nuove barriere di esclusione sociale. Inoltre l’Italia, per la posizione geografica che occupa, riveste nei disegni di Schengen un inevitabile ruolo strategico nel controllo dei flussi di persone che da Albania, Nord-Africa o Kurdisatan hanno come triste primo approdo in Europa proprio le coste di questo paese. Questo ruolo, peraltro, sembra non dispiacere alle nostre classi dirigenti, entusiaste di fronte alla possibilità di ritagliarsi una posizione di prestigio nello scacchiere internazionale, ciò è dimostrato, ad esempio, dal modo protagonista con cui il governo Prodi ha voluto gestire la vicenda Albania, affondamenti compresi.

Essere contro ogni repressione e cultura dell’emergenza significa quindi farsi carico, insieme a tutti i soggetti che hanno la disponibilità/capacità di farlo, di una vertenza per i diritti di cittadinanza degli immigrati, che a tutt’oggi sono fra i primi a subire un regime di umiliazione fatto di ping-pong fra dogane, perquisizioni, la continua richiesta di esibire fonti di reddito certe, botte e, ovviamente, galera.

5) IN CONCLUSIONE

Non si fermano certo qui le suggestioni per impostare una campagna di libertà e giustizia che, sulla base dell'oggi, rifaccia luce sugli anni 70. Non possiamo non parlare, della magistratura e del ruolo politico che essa ha espresso soprattutto dal 92 ad ora, della continua delegittimazione reciproca fra pezzi di Stato, ( dai ROS alle Procure, dalle Questure alle direzioni investigative antimafia...), di bicamerale, di quelle garanzie minime di democrazia per i cittadini, di quale legalità questo Stato sia oramai in grado di farsi garante.
 
 

A partire da queste riflessioni ci sarebbe piaciuto che il 13 dicembre potesse essere un momento di piazza capace di dare visibilità a tutti gli incompatibili, carico perciò di tutte le tematiche fin qui da noi delineate. Rispettiamo comunque scelte probabilmente determinate da questioni legate a dimensioni territoriali. Ribadiamo comunque la nostra forte volontà di partecipare a dibattiti e mobilitazioni in materia; ( saremo in piazza il 13 stesso a Genova a fianco della comunità senegalese e di tutti gli immigrati per l’abolizione del disegno di legge Napolitano, per diritti di cittadinanza per tutti, per la liberazione delle sostanze, per un amnistia generalizzata "68 "98..
 

Premessa

La commemorazione del ventennale del ’77 è passata anche lei. Un po’ sotto tono, un po’ edulcorata dagli aspetti più brutali e violenti, soprattutto incentrata a ricordare quanto c’era di bello e creativo, ingenuo, in quel lontano movimento, ormai morto, per eroina, riflusso e polizia. Un po’ come per la commemorazione del ’68 i vecchi protagonisti resuscitati dal nulla sono stati messi in bella mostra, giusto per ricordare un grande avvenimento di rottura sociale e di classe come se fosse un allegra festa di transfughi delle famiglie per bene, un grande happening, al più un rave party universitario.

Al limite ci si ricorda di un signor Calabresi "giustiziato" da mano misteriosa, ma solo perché uno sfigato di nome Marino, caduto dalle stelle di popolare operaio di Lotta Continua alle stalle di sconosciuto frittellaro, ha messo di mezzo un noto intellettuale di area socialista accusandolo di essere l’occulto regista dell’omicidio.

Gli anni settanta, sono quindi frutto di amarcord disordinati e spesso spettacolarizzati per un pubblico di pacificati che digerisce tutto, dalle stragi di stato fatte dagli anarchici, alla lotta armata pianificata dai servizi segreti (o dalla Cia anticomunista), dagli hamburger al ’68 come un movimento di educande, dal ’77 come un movimento di geni incompresi (vedi Bifo) ad Aldo Moro come grande artefice del compromesso storico, mai realizzato a causa della "follia omicida" brigatista.

Insomma, tanta è la confusione sotto il cielo, ma la situazione è per nulla eccellente.

Basta solo pensare che parlando in generale di anni settanta, tutti o quasi, si dimenticano che una parte dei protagonisti è ancora detenuta o soggetta a delle condanne cosiddette "alternative". In tal senso siamo stufi di celebrazioni che glissano tranquillamente su questa ferita ancora aperta nella nostra società.

Paradossalmente ci troviamo in una situazione in cui il superamento storico di certi avvenimenti è di gran lunga più avanti di quello politico: su quest’ultimo grava l’ottusità degli uomini, cioè dei vincitori reali di quella battaglia, ovvero di Stato, padroni e politici di ieri e di oggi, del P.c.i. di ieri e di oggi.

Crediamo che una battaglia per la liberazione dei prigionieri politici sia l’elemento essenziale per rileggere quegli anni in maniera diversa, operando attraverso un percorso di ricostruzione delle esperienze di lotta che passa anche per l’eliminazione dell’emergenzialismo e per una battaglia credibile di amnistia generale.

Dell’indulto

Precisiamo. Non crediamo nell’indulto o nei progetti d’indulto in discussione nei gabinetti parlamentari. Se non altro perché nascono da un rapporto di scambi politici tra partiti di destra, sinistra e centro, senza tener conto, più di tanto, dei diretti interessati. Il chiaro rischio che nasce dall’attuale dibattito, fatto sottovoce, fra le forze politiche istituzionali è quello di riprodurre in tono minore una continuità con la cultura emergenziale e punitiva di uno Stato vincitore. Basta vedere come una legge d’indulto comporti già una differenza di trattamento fra esuli e carcerati in Italia, fra ergastolani e detenuti con pene temporali e condannati a pene inferiori ai dieci anni. Senza dimenticare che qualsiasi beneficio verrebbe sospeso di fronte alla ripetizione dei reati (per cui chi, una volta libero, partecipasse ad un’occupazione o un blocco stradale verrebbe automaticamente reincarcerato).

Ciò malgrado alcune aree di compagni credono che sia possibile influire sui giochi di Palazzo sposando l’idea dell’indulto e fondando nuove alleanze

E’ banale osservare che senza grandi mobilitazioni non si otterrà mai la liberazione di nessuno senza scambi o condizionamenti. Pensare di organizzare queste con battaglie tattiche a favore di leggi parziali come quella sull’indulto, o per la semplice liberazione di Sofri, è già partire con il piede sbagliato. Perché l’indulto per il PDS e Alleanza Nazionale è la pietra tombale con cui chiudere gli anni settanta, oltre il quale non si può andare. Alla fine il risultato sarebbe quello di convogliare tante energie per la liberazione di alcuni a discapito di altri "impresentabili", lavorando solo al servizio degli interessi di bottega di qualcuno.

Sia chiaro, come incompatibili siamo da sempre per la liberazione di tutte le vittime della repressione, che siano democratici o rivoluzionari, al di là delle discutibili scelte politiche di ciascuno. Proprio per questo non crediamo nelle leggi che salvano pochi o nelle battaglie pulite per la liberazione di persone pulite. Non crediamo che parole d’ordine parziali inneschino un processo di liberazione di tutti se questo non è un obiettivo chiaro sin da subito.

Pro Amnistia

E’ per questo che siamo per una amnistia generale, in quanto manovra universalistica priva di condizionamenti e di scambi, che può essere realizzata solo con una dura lotta contro tutto il sistema repressivo. Un’amnistia che comprenda tutte le vittime della repressione statale sulle lotte dal ’68 al ’98, legando ad un filo rosso chi rischia di finire in carcere per occupazioni, blocchi, sabotaggi di questi anni con chi è dentro per fatti di lotta armata e di violenza politica dagli anni settanta e ottanta.

Un’amnistia che sia generale perché vuole rivedere (bruciare) in toto il sistema carcerario, perché attraverso questa gogna passano tutti gli esclusi ed i cosiddetti incompatibili di questa società.

Prove sotto gli occhi di tutti sono le nuove leggi sull’immigrazione: tattica tipica da anni di piombo, come ha confermato alla tv lo stesso Napolitano "E’ la legge più restrittiva che sia mai stata approvata in materia", così come la "legge reale" del ’74 ’75 poneva le realtà extraistituzionali sempre più nell’ambito dell’illegalità (leggi terroristi, assassini, folli) tramite i sequestri di persona legalizzati ed un restringimento/annullamento delle libertà di movimento e di espressione, medesima operazione oggi nel costringere tutti coloro senza permesso di soggiorno a nascondersi nella clandestinità per poter sopravvivere: quindi case a prezzi esorbitanti senza contratti, lavoro nero, documentazione falsa, ecc.

Ormai da anni le nostre coste sono "invase" da orde di persone provenienti dai più diversi paesi del cosiddetto "terzo mondo". A memoria d’uomo non ricordiamo nessun tentativo riuscito di fermare queste migrazioni che sono principalmente mosse dalla fame e dal desiderio di riuscire ad ottenere una vita dignitosa per se e per la propria famiglia.

Come al solito invece di cercare di recepire questo spostamento di persone come un arricchimento per un paese che lo riceve, l’unica risposta che sono state in grado di dare le istituzioni è stata quella della repressione. Ricordiamo i manganelli contro gli albanesi in Puglia, i charter, le retate di massa in tutta Italia, l’affondamento dei gommoni e delle navi nei "nostri" mari, l’atteggiamento degli sbirri in tutta Italia ed in particolare a Torino ai Murazzi del Po, ecc.

Altra categoria che la legge individua come devianti da reprimere e da rieducare per il reinserimento nella società civile è composta dai consumatori di sostanze stupefacenti (caffeina, nicotina ed alcool distribuiti dallo stato sono esclusi dal reato).In questo caso strumento per la repressione è il proibizionismo.

Da un lato il proibizionismo è mezzo di grandi guadagni illegali per le caste mafioso-politiche italiane, dall’altro costringe a vivere nel sommerso i consumatori rendendo facile il controllo di questa fascia di popolazione. Questo percorso solitamente si conclude con la reclusione, o con il tentativo tramite comunità pseudo-terapeutiche di annullamento della personalità.

Non ultimo per importanza ricordiamo la situazione degli obbiettori di "coscienza" totali processati e condannati perché si rifiutano di servire lo stato in ogni forma: arresti a Gaeta ed a Peschiera, domiciliari, affidamento sociale, ecc.

Non ci appartengono i discorsi rispetto ai limitati e democratici ampliamenti della zona di legalità, ma di sicuro ci preoccupa l’utilizzo di tutti i mezzi classici per restringere gli spazi di sopravvivenza.

Come da sempre ad oggi, ad ogni tentativo di cambiamento radicale del sistema l’unica risposta data dal sistema del capitale è quella repressiva. Repressione che crea emarginazione; repressione che permette controllo delle classi non dominanti; repressione che annulla le individualità; repressione che non può far altro che uccidere.

Contro tutto ciò non possiamo che opporci con ogni mezzo necessario e combattere per ottenere un’amnistia.

c.s. gabrio