PERCHE’ ABBIAMO "SFASCIATO"

IL PALAZZO DI GIUSTIZIA

Si parla tanto di squatter come di un problema di ordine pubblico o di disagio giovanile. In entrambi i casi si tende a nascondere la vera ragione che ha spinto in questi mesi gli occupanti dei centri sociali e delle case occupate di Torino a protestare così vistosamente.

Ci si dimentica che tutto parte da un inchiesta (del gip Laudi) su 13 attentati al Treno Veloce in Valsusa che ha portato all’arresto di tre anarchici (Edo, Sole, Silvano), alla perquisizione e sgombero di tre case occupate di Torino e Collegno, al "suicidio di Stato" di Edoardo Massari.

Il silenzio complice del mondo politico e dell’intelligentia torinese, il completo asservimento del giornalismo locale alle verità dei magistrati, hanno favorito quel clima di isolamento nel quale Edo si è suicidato. Nessuno ha messo in dubbio la consistenza delle prove in mano a Laudi, nessuno ha osato obiettare sull’uso disinvolto con cui ormai certa magistratura fa uso del carcere preventivo quale unico strumento per "estorcere" confessioni. Politici ed eminenti democratici si fanno garantisti solo quando ci vanno di mezzo i Previti o i Craxi, non un Massari qualsiasi.

Non c’è da stupirsi, dunque, se il dolore e la rabbia dei settemila "signori nessuno" del 4 aprile, si siano contenuti in un gesto di simbolica distruzione dei vetri del Palazzo di Giustizia, emblema di una intoccabile giustizia ingiusta. Ora vi sarà un nuovo processo, per devastazione, per ripagare danni reali che si aggirano intorno ai 100 milioni (un miliardo per i giornali!). Il Comune si costituirà parte civile. Ma chi sarà mai processato per aver sperperato soldi pubblici in appalti sbagliati, chi pagherà mai per i 45 miliardi volti a rialzare di un piano, a progetto finito, quel Palazzo delle Ingiustizie?

Centro Sociale Gabrio