NOI NON CI SCORDIAMO

Esce un film sui fatti del 1 maggio '99 a Torino - Intervista in anteprima ad Armando Ceste

Armando Ceste, regista torinese è sempre stato attento, in tutta la sua carriera, ai temi dello scontro politico e delle problematiche sociali. Lo conferma la sua filmografia, fra cui ricordiamo "Marzo'73 i giorni della Fiat", "Milano 25 Aprile" , "Aria di golpe" con Dario Fo e Franca Rame, "Viaggio alla fine del mondo" (intervista ad Adrino Sofri), ecc..

Abbiamo deciso di realizzare un intervista per il suo ultimo film "Rosso/Askatasuna (A proposito di un primo maggio di guerra)", pensato e scritto insieme a Beppe Rosso.

Il film racconta degli scontri e della devastazione del centro sociale Askatasuna nel 1 maggio 1999, in un clima di città divisa dal conflitto balcanico; racconto ricostruito attraverso testimonianze e le riflessioni dell'attore Beppe Rosso.

La prima del film verrà presentato al Torino Film Festival, venerdi 26 novembre 1999 al ore 21.15 al Reposi 2, con replica sabato 27 novembre alle ore 10.15 al Reposi 4

Come è nata l'idea per questo film?

Il film è stato pensato e scritto con Beppe Rosso, attore teatrale, dopo i fatti del 1 maggio 1999.

Mi ricordo che quel giorno non ero andato in piazza; ho dunque saputo degli incidenti e degli scontri dai giornali. Si capiva che fosse stata commessa una schifezza, ma non era chiaro cosa fosse accaduto.

Passo spesso davanti all'Askatasuna; ultimamente mi ha colpito uno striscione enorme con la scritta "1-05-99 noi non scordiamo". All'interno dell'Askatasuna ci sono molti spazi, fra questi uno è occupato da un gruppo teatrale. Uno dei ragazzi del gruppo mi parlò di quello che era successo e della loro intenzione di preparare uno spettacolo teatrale per raccogliere soldi per la ricostruzione del centro. Ne parlai con Beppe Rosso, se aveva voglia di partecipare, e lui si dimostrò subito sensibile e pronto a fare uno spettacolo all'interno dell'Askatasuna. Abbiamo quindi organizzato a metà giugno questo spettacolo teatrale - "Camminanti", dove si parla di intolleranza e di razzismo. Lo spettacolo andò bene, portandoci a contatto con una nuova realtà che, per ragioni sia storiche che anagrafiche, non conoscevamo.

Prendendo a pretesto lo spettacolo, con Beppe, decidemmo di realizzare il film; non solo per raccontare la giornata del 1 maggio, ma anche per descrivere lo scontro tra due culture, dove il "diverso" (dall'immigrato allo squatter) viene come al solito criminalizzato, identificato col nemico.

Beppe e io non siamo dei militanti dei centri sociali, però siamo rimasti indignati dalla ingiustizia di quel giorno, e ancor più da un paese che dicendosi governato dalla sinistra si reputa tollerante e aperto al dialogo. Invece, in quel 1 maggio c'è stata grande intolleranza, arrivando a confondere volutamente quello che è il dissenso con il terrorismo.

Questa è stata la spinta per la realizzazione del film.

Nel film Beppe Rosso va in giro, chiede, si informa, è un po' il mio alter ego. Mi interessava questo sguardo, nel cercare di capire, di riflettere su quello che era accaduto; cercando di avere non solo la telecamera puntata su qualcuno, ma di trovare dei momenti di riflessione.

Non hai avuto nessuna difficoltà nella realizzazione del film?

No assolutamente. Soprattutto con i ragazzi del centro. Si certo, sapevo cosa fosse successo l'anno prima con il suicidio di Edoardo Massari e Soledad. Immaginavo quale potesse essere la loro diffidenza nei giornali e nei media. C'è stata invece una fiducia estrema, mi hanno dato anche tanto materiale, sia fotografico che filmati, che avevano girato loro in quei giorni e subito dopo.

All'interno del film ci sono anche molte interviste fatte ai protagonisti di quello giornata.

Uno degli intervistati è Pasquale Cavaliere. Per me è questo un capitolo triste. Il giorno prima del suicidio di Pasquale, stavo montando proprio la sua intervista. Una testimonianza importante, credo che sia l'ultima intervista rilasciata. Non solo perché lui ha sempre combattuto l'intolleranza, pensando che in una città che aspira a diventare parte dell'Europa non si può radere al suolo cancellando quello che sono le diversità culturali; ma anche perché in quel giorno svolse un ruolo importante di mediazione, cercando di frenare la grande violenza della polizia nei confronti dei ragazzi che venivano massacrati di botte.

Dopo il suicidio di Pasquale, non ho fatto modifiche, se non spostando la sua intervista alla chiusura del film. Credo che se qualcuno vuole idealmente dedicare qualcosa alla memoria di una persona, il modo migliore sia di non far cadere le sue battaglie. Ho voluto così dedicargli un omaggio, quasi dicendo "ciao Pasquale, continueremo a parlarne".

Ci sono poi altre importanti testimonianze. Come quella di una ragazza di 16 anni, Alessandra, che è stata picchiata duramente, tanto da avere una vertebra incrinata con 20 giorni di prognosi; c'è anche una denuncia da parte dell'ospedale e dei genitori nei confronti della polizia. Oppure, del ragazzino Francesco, di 8 anni, che si nascose in un armadio del centro sociale, per tre ore con la paura di essere picchiato dalla polizia. C'è anche l'intervista al sindacalista Maurizio Poletto, che fu sospeso dal direttivo della CGIL perché non volle firmare un documento dove si elogiava il comportamento delle forze dell'ordine.

Ci sono state delle critiche sui giornali dove si ritiene che il tuo film, oltre tutto mai visto, sia di parte, addirittura fazioso, partendo anche solo dal titolo "Rosso/Askatsuna" .

Qui faccio una piccola annotazione. Nel titolo "Rosso/Askatasuna", il rosso non sta, come si pensa o come i giornali hanno scritto, per comunismo, rivoluzione, sangue, ecc. Rosso è il cognome di Beppe Rosso. Chiaramente abbiamo giocato su questo: se si fosse chiamato Giuseppe Verdi, non l'avremmo scritto; comunque la cosa è divertente.

Che il film, come dicono i giornali, sia di parte mi sta bene, anche perché siamo andati solo da una parte; se io per esempio faccio un film sui campi Rom sono dalla parte dei Rom, non devo certo sentire anche la testimonianza del questore.

Anche perché su tutti i giornali la voce del "padrone" è quasi sempre ben riportata.

Esatto.

Altra critica aspra, è stata quella del vicesindaco Domenico Carpanini, "che non riconosce la città dipinta da Ceste", (ricordandoci che sono critiche di un film non ancora visto) dichiarando anche che nessuno dei ragazzi del centro ha avuto un capello torto, con la paura che il film possa in qualche modo rinfocolare la tensione sociale. Cosa ne pensi di questa "paura", intorno al tuo film, a riparlare di quella giornata?

E' il riscontro che questa storia è ancora un nervo scoperto. C'è un'aggressività, un'arroganza nel trattare questo argomento o nel non volerlo trattare, dando delle risposte a volte sprezzanti. Forse si aspettano anche di vedere nel mio film una cosa sanguinolenta.

Ricordiamoci anche che il film è collocato in un clima che ci fu in quei giorni, cioè della guerra del Kosovo. Come tutti sanno il governo D'Alema non solo appoggiò ma partecipò attivamente, inviando aeri. Infatti il sottotitolo del film è appunto "a proposito di un primo maggio di guerra".

Come mai avete pensato di presentare la prima del film al Torino film Festival?

Volevamo avere la massima risonanza in questa città visto che non si parla solo dell'Askatasuna ma anche di Torino, di tolleranza, di intolleranza che è forte coi deboli e debole coi forti.

Abbiamo pensato di dargli la massima visibilità, e il Film Festival di Torino, dove verrà presentato in una sezione non competitiva sui documentari italiani, questa possibilità te la da. Chiaramente con il consenso dei ragazzi dell'Askatasuna…

L. Monti