Perché non se ne stanno a casa loro?

 

I migranti non sono persone particolarmente amanti dei viaggi e delle avventure. Se lasciano la terra dove sono nati e cresciuti è semplicemente perché nel loro paese non possono ottenere una esistenza dignitosa per sé e per la loro famiglia.

La politica di abbattimento delle barriere doganali, imposta dal Fondo Monetario Internazionale e dalle multinazionali occidentali, impedisce la creazione di attività produttive competitive nei cosiddetti "paesi in via di sviluppo". La quasi totalità delle industrie dei paesi dell'est europeo si è dissolta in pochi anni, schiacciata dalla concorrenza del "libero mercato globale". E se qualcuno non accetta le regole del gioco, la NATO è pronta ad intervenire per garantire l’apertura dei mercati nell'interesse dei soliti noti.

Di fronte ai numeri irrisori degli ingressi autorizzati stabiliti dalle leggi, la clandestinità è una scelta pressoché obbligatoria per centinaia di migliaia di presone: una condizione che li rende particolarmente vulnerabili allo sfruttamento da parte di datori di lavoro e padroni di casa. La scelta del mestiere dello spacciatore (che riguarda una minima minoranza) è possibile solo grazie alla politica proibizionista dello stato, ma tramite i mezzi di comunicazione serve a criminalizzare e quindi inquadrare intere popolazioni.

A Torino abbiamo inoltre la fortuna di avere il caro questore Izzo. Uomo di raffinata cultura, ignora però chi siano quegli Adolfo e Benito cui inneggiano gli sportivi dalle curve degli stadi. È molto impegnato a coltivare le sue segrete ambizioni (tra le quali, diventare capo della polizia, ministro dell'interno, segretario generale della NATO) e a seguire, intercettare, filmare, perquisire, infiltrare, schedare, interrogare, manganellare, ricercare e imprigionare decine e decine di pericolosissimi squatters, autonomi e/o giovani dei centri sociali. È comprensibile quindi che non riesca a trovare il tempo di esaminare alcune migliaia di richieste di permessi di soggiorno che giacciono da più di un anno negli scantinati di via Grattoni.

Ricordiamo alla delegazione che andrà a conferire con questore, prefetto e (vice?)sindaco che queste persone amabili e comprensive hanno sempre fatto tutto il possibile per aiutare gli immigrati più bisognosi a trovare alloggio (in corso Brunelleschi, per un mese rinnovabile a discrezione: sono inclusi batteri della scabbia e docce gelate obbligatorie con idranti nei periodi invernali). Burattini di legno per scelta, hanno già più volte dato prova delle loro spiccate affinità con Pinocchio anche in materia di promesse e di rinvii.

Ci preme piuttosto sottolineare l'importanza della collaborazione fra associazioni e strutture autorganizzate della solidarietà sociale e organizzazioni culturali e sociali dei migranti: è un segnale di controtendenza in questa città percorsa da pruriti razzisti e da politiche istituzionali volte a aumentare il controllo e limitare le libertà dei lavoratori immigrati. Una volta si diceva che "uniti si vince". Forse varrà ancora per il futuro, se ne siamo capaci. E "uniti si vince" significa ripartire dall'autorganizzazione della solidarietà, praticando l'obbiettivo laddove la legge non regola o lascia un vuoto.Solo riappropriandoci delle case (e non dormitori!) che non vengono assegnate, denunciando e organizzando i ricorsi sui permessi non dati e sulle espulsioni comminate, dando ospitalità alla clandestinità possiamo realizzare noi (società civile autorganizzata) le politiche di ospitalità e di accoglienza che loro (i bastardi) non vogliono attuare.

 

PIU' CASE E MENO LAGER

 

 

CENTRO SOCIALE GABRIO