Con il 16 aprile la sinistra "post-comunista" ha saldato il conto dopo anni di "buon governo". In pochi anni di potere questa sinistra ha dimenticato la sua stona: ha appoggiato un anno fa l'aggressione imperialista contro il popolo serbo, ha incrementato il lavoro precario creando nuove povertà e maggiori incertezze nelle fasce giovanili e più deboll, ha donato il controllo assoluto dell'ordine pubblico e militare ad un ramo delle forze armate (i carabinieri), ha rinchiuso immigrati in lager spacciati per "centri d'accoglienza temporanea". Con la legge Turco-Napolitano quelli di "centro-sinistra" si sono piegati supinamente alle peggiori istanze della destra in doppiopetto, trasformando l'irregolarità di soggiorno in un crimine "capitale" che merita la reclusione e l'espulsione immediata in barba a tutta la retorica sui diritti umani, di cui sono bravi a riempirsi la bocca durante le feste comandate (25 aprile, primo maggio, etc). Menzogne e ipocrisia hanno coperto questi anni di gestione "di sinistra" dello stato "democratico", senza intaccare i poteri forti (grande finanza, banche, monopoli privati) ma, anzi, favorendoli e rafforzandoli.
Dalla riforma pensionistica alle privatizzazioni, dalle leggi sul lavoro interinale e "flessibile" alle misure sulla "parità scolastica" la gestione di sinistra è stata un continuo susseguirsi di compromessi e cedimenti alle vane lobby che da sempre hanno tirato le fila di questo paese Non c'è dunque da stupirsi se oggi l'astensionismo assume per la prima volta il colore della delusione popolare e di sinistra!
Ciò che stupisce, semmai,
è l'immobilismo con cui certi segnali vengono recepiti Si cambia
governo, si cambiano alcuni ministri per non cambiare nulla. Anzi, si conferma,
oggi più di ieri la linea di governo dettata dalla Banca
d'Italia e dal suo entourage Non è la "sinistra" che manipola personaggi
come Amato (come strilla il Cavaliere ) ma è il governo della grande
finanza e delle banche che si serve di certa "sinistra" per far passare
a livello popolare linee di destra liberiste, di smantellamento dello stato
sociale e dei diritti dei lavoratori.
Non ultimo l'attacco che si vuole
portare avanti con i referendum sociali.
In questa forma si vuole mettere al centro dell'attenzione politica la revisione dello Statuto dei lavoratori, rimettendo in discussione trent'anni di faticose conquiste che si pensavano oramai acquisite. Con l'uso del referendum "democratico" e "popolare" si vuol rendere passivi i lavoratori, costringendoli al voto o all'astensione come unica soluzione per affrontare un problema che li riguarda direttamente.
L'importante e che sulla scadenza elettorale - ormai obbligatoria - non vi siano lotte e scioperi. L'importante - sia per la Confindustria sia per i sinistri di potere - è che i lavoratori con la loro mobilitazione costruiscano forti ipoteche sull'operato di governo e parlamenti. Lo Statuto dei Lavoratori non è stato il frutto di un'operazione elettorale o referendaria, ma il risultato strappato ad un parlamento moderato dalle grandi mobilitazioni operaie di trent'anni fa. Senza un'effettiva lotta sui posti di lavoro, nei quartieri, come tra disoccupati e precari, non si può pensare di frenare l'offensiva reazionaria d'attacco ai diritti del lavoro. Astenersi o votare diventa una misera consolazione in assenza di lotte che non siano parate domenicali.
Riscoprire il gusto della contrapposizione
al "nemico di sempre", il sapore della solidarietà e "dell'unita
di classe", sono delle scelte scomode con cui però bisogna tornare
a fare i conti, se si vuole andare avanti.
E' un percorso difficile, ma é
l'unico possibile.
II resto sono solo chiacchiere
Centro sociale Gabrio