Processo alle Foibe, processo alla Resistenza (di Claudia Cernigoi)
   

 

Il G.I.P. di Roma ha deciso il rinvio a giudizio di Ivan Motika ed Oskar Piskulic (la terza indagata, Avjanka Margitic,  deceduta alcuni mesi or sono), imputati di omicidio plurimo per essere stati, secondo le "indagini" condotte dal P.M. romano Giuseppe Pititto "mandanti e carnefici" degli infoibamenti, Motika in Istria nel settembre/ottobre `43 e Piskulic a Fiume nel maggio `45.
Ma come s' svolta l'inchiesta di Pititto?
E' partita da una denuncia presentata nel 1994 dall'avvocato Sinagra (noto alla cronaca per essere stato il legale di fiducia di Licio Gelli e asserito membro della loggia P2) e si distinse perchŽ il P.M., ancora prima di avere raccolto un numero consistente di indizi e testimoni, part“ subito in quarta preannunciando incriminazioni per "genocidio" contro un'ottantina di persone.
Scrive infatti il quotidiano triestino "Il Piccolo" del 15.11.94, in un articolo dal titolo "Un libro che mira a svelare le tane dei torturatori titini" e che riferisce della presentazione del libro "Scomparsi..." di Marco Pirina (della figura di Pirina parleremo pi diffusamente dopo): < Nei loro confronti (dei "sospetti protagonisti di stragi ed esecuzioni", indicati da Pirina nel suo libro, n.d.r.) l'avvocato Augusto Sinagra avrebbe presentato alcuni mesi fa una denuncia alla procura di Roma in relazione al reato di strage. >.
Ed in un articolo successivo (24.11.95) lo stesso quotidiano dˆ notizia del fatto che l'inchiesta sulle foibe  stata affidata ad un magistrato di Roma: < Pititto ha sulla propria scrivania il fascicolo relativo al dramma delle foibe solo da poche settimane.
Lo ha ereditato dal collega Gianfrancesco Mantelli, trasferitosi al Ministero. E, per studiare come far procedere l'indagine, Pititto ha incontrato nei giorni scorsi l'avvocato Sinagra: tra l'altro il magistrato ha giˆ annunciato di voler acquisire alcuni memoriali e di voler ascoltare padre Rocchi, uno dei personaggi pi noti tra gli esuli >.
Chi  padre Rocchi? E' un frate francescano che disse di se stesso, in un'intervista apparsa sul "Piccolo" il 4.5.94. "sono strambo ed approfitto del saio che porto".
La sua preparazione storica  tale che dichiar˜ al P.M. Pititto: "Dopo l'8 settembre del 1943, le truppe jugoslave occuparono l'Istria, comprese le cittˆ di Trieste, Gorizia e Monfalcone. Ebbe inizio una dura pulizia etnica contro gli italiani considerati come delle impuritˆ etniche.
In questo clima scomparvero dai 10 ai 12 mila civili italiani, uomini e donne, uccisi dai partigiani titini, molti dei quali infoibati, per il semplice fatto di essere italiani". (Queste dichiarazioni sono inserite nella requisitoria di Pititto, pubblicata su un settimanale triestino, "Il Meridiano" ed anche in un pamphlet dal titolo "Il rumore del silenzio", edito da Azione Giovani).
Ora, solo un perfetto ignorante in fatti storici pu˜ dare per buone certe affermazioni, perchŽ dovrebbe appartenere alla cultura generale il fatto che dopo l'8 settembre 1943 Trieste, Gorizia e Monfalcone furono invase s“ da un esercito, che per˜ era quello tedesco, non quello jugoslavo; e che pure l'Istria fu occupata dai tedeschi a metˆ ottobre `43, dopo un breve periodo di "potere popolare".
Dalle foibe istriane furono recuperate dai tedeschi, nel novembre successivo, circa 250 salme, presumibilmente di persone uccise dai partigiani.
Le dodicimila persone cui fa riferimento Rocchi potrebbero anche essere scomparse da quelle zone, per˜ chi le fece sparire non furono certo i "titini" ma i nazifascisti, che per "riportare l'ordine" nelle zone istriane precedentemente controllate dai partigiani avrebbero ucciso (secondo cifre da loro stessi riportate all'epoca) circa 13.000 persone; senza contare tutti i militari italiani in rotta che furono deportati nei lager tedeschi e via di questo passo. (Le deportazioni di partigiani ed Ebrei inizieranno un po' dopo).
Nel giˆ citato articolo del 24 novembre, vengono riferite anche altre prese di posizione di Pititto, che nonostante abbia "solo da poche settimane" sulla scrivania il fascicolo dedicato alle foibe,  giˆ giunto a trarre le conclusioni.
Un problema sul quale gli storici dibattono da cinquant'anni, lui l'ha risolto in poche settimane! Un bel record, in effetti.
Ma come l'ha risolto? In un'altra intervista (apparsa sul "Piccolo" il 17.2.1996) dice di avere scoperto i colpevoli e, a domanda dell'intervistatore: "Di quali fatti in particolare sono ritenute responsabili le persone che lei ha individuato?", Pititto risponde "Tutti i fatti che attengono all'accusa di genocidio...".
Genocidio: come il titolo del libro pubblicato da Pirina un paio di mesi prima e che, casualmente (?) riporta un'ottantina di nomi di presunti "responsabili"; anche Pititto parla di "un'ottantina di responsabili" nell'intervista... Scopriremo poi, sempre dalla stampa, che l'avvocato Sinagra nomin˜ quale suo consulente storico, proprio Marco Pirina.
Ma prima di passare ad analizzare un po'meglio la figura di Pirina, vediamo su quali basi Pititto chiede l'incriminazione per "genocidio"di queste persone.
Nella requisitoria si cita una testimonianza di Luigi Papo, che parla di 400 italiani infoibati a Pisino ed afferma: "So che il responsabile dell'infoibamento di questi quattrocento italiani fu il Matika, per averlo sentito dire da amici e congiunti delle vittime".
Luigi Papo, che durante la guerra si rese responsabile di rastrellamenti, esecuzioni sommarie e rappresaglie in Istria,  autore di diversi scritti sulla "tragedia istriana" (cio i "crimini" dei partigiani titini, le foibe ed il conseguente "esodo" degliitaliani dall'Istria); dimentica per˜ di parlare, nelle sue opere, del comportamento delle forze di occupazione nazifasciste.
In ogni caso, a parte che nella fattispecie non si tratta di un testimone neutrale, non ci sembra che una testimonianza "per sentito dire", com' quella citata, possa essere considerata valida dai magistrati per far condannare una persona, soprattutto per reati cos“ gravi come quelli di cui si tratta.
Le altre testimonianze contro Motika (che, per la cronaca, era giudice del Tribunale del Popolo a Pisino nel breve lasso di tempo - circa tre settimane - in cui i partigiani avevano il controllo della zona) non sono molto pi circonstanziate.
Alice Stefani (che all'epoca aveva sedici anni) dice: "Il Matika ( interessante che in queste testimonianze Motika venga sempre citato come "Matika") era il capo (...) Quando dico che era il capo di tutta la zona intendo dire che era il capo in tutta l'Istria (...) non  che si dicesse dal parte della gente che lo fosse. Lui era il capo di tutta la zona". Rosina Nessi, altra teste,  altrettanto categorica: "Tutti dicevano che il capo era Motika".
In sostanza Pititto sostiene che visto che tutti dicevano che Motika era il capo allora il capo era Motika perchŽ tutti dicevano che lo era.
Perfetto.
Quanto a Piskulic le cose non sono molto diverse.
Dice Claudio Schwarzenberg ("sindaco del libero comune di Fiume in esilio", legato ad Alleanza Nazionale) che "Piskulic fu responsabile dell'insanguinamento di Fiume nell'anno 1945".
Questi in sintesi i presupposti sui quali Pititto s' basato per chiedere il rinvio a giudizio dei due indagati, e (il che non depone a merito della preparazione del GIP sull'argomento) sui quali il GIP ha deciso per il rinvio a giudizio. L'inizio dell'udienza  fissato per il 7 gennaio prossimo in Corte d'Assise a Roma.
Passiamo ora ad analizzare invece la figura del consulente storico di Sinagra, Marco Pirina. Pirina, esponente del FUAN a Roma negli anni Sessanta, poi leader del Fronte Delta, fu incriminato per il tentativo di golpe di Junio Borghese del 1970; fu prosciolto, come tutti gli imputati.
Negli anni Ottanta inizi˜ a pubblicare, attraverso una casa editrice di proprietˆ sua e della moglie, una serie di testi di revisionismo storico, tesi a dimostrare la "barbarie" dei partigiani (soprattutto se "slavi" o "comunisti") ed a minimizzare i crimini commessi dai nazifascisti.
Pirina in realtˆ di storia non ne capisce molto, per˜  un buon mistificatore, difatti (come dimostrato nel libro "Operazione foibe a Trieste" di Claudia Cernigoi, edito dalla Kappavu di Udine), nel suo libro "Genocidio..." del `95, ha dato per "uccise dai partigiani solo perchŽ italiane" nella zona di Trieste 1458 persone, inserendo in questo elenco un 64% di nomi di persone che non c'entrano per niente, perch, o si tratta di uccisi per altri motivi (anche partigiani e deportati nei lager tedeschi!), o di persone arrestate e poi rimpatriate, o addirittura di diversi nomi duplicati per errori di trascrzione o perchŽ scomparsi in Istria o nella zona di Gorizia, dove Pirina li lascia tranquillamente presenti in due o pi elenchi, facendo cos“ in modo di far lievitare il numero dei morti. Il revisonismo storico portato avanti da persone come Pirina, Papo, Rocchi, che descrive il movimento partigiano come "bande" di criminali, che si "dimentica" di spiegare che i partigiani diventarono tali (ed uccisero) non perchŽ si svegliarono una mattina assetati di sangue, ma perchŽ lo stato di oppressione imposto dai fascisti prima e dai nazifascisti poi, era ormai giunto ad un punto tale che non c'erano alternative, se si voleva sopravvivere; che prima delle "esecuzioni" dei partigiani, sono esistiti vent'anni di fascismo che aveva tolto tutte le libertˆ politiche e civili, una guerra tremenda, villaggi bruciati, rappresaglie feroci.
Ma certe cose il revisionismo storico non le considera, secondo certi "storici" la storia in Istria  iniziata l'8 settembre ed  finita il 15 ottobre 1943, per poi ricominciare nei primi giorni di maggio del `45.
Cos“ a Trieste, dopo il 1deg. maggio `45, i partigiani avrebbero dovuto considerare che "la guerra era finita" (cosa non vera: tanto per dirne una, la Germania si arrese appena l'8 maggio) e che "chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato", e non si doveva pi arrestare o fucilare gli "ex-fascisti" (come se il fatto che il fascismo fosse stato sconfitto portasse automaticamente la conseguenza che chi fino al giorno prima era fascista, aveva torturato ed ucciso, improvvisamente non poteva pi essere ritenuto responsabile di nulla).
Ma questa teoria, fino a pochi anni fa patrimonio esclusivo della destra pi retriva, ha ormai attecchito, disgraziatamente, anche in certi settori della sinistra, o quantomeno di una parte politica che si autodefinisce di "sinistra" ed anche "democratica"; l'abbiamo visto nel recente incontro "pacificatore" tra Fini e Violante a Trieste.
Qual  il risultato di tutto questo? Che in tutta Italia (non si tratta quindi solo di problemi legati alle zone di Trieste e dell'Istria)  iniziata la "caccia al partigiano assassino": in Piemonte come a Roma (per i fatti di via Rasella), si sta cercando di dimostrare che i partigiani erano "banditi", proprio come li definivano i nazifascisti; che si sono parificati i crimini nazifascisti alle azioni partigiane; che, forti del fatto che gli "slavocomunisti" hanno "infoibato" italiani in Istria e da questo "terrore"  poi dipeso l'esodo degli Istriani verso l'Italia, adesso l'Italia ha dei diritti su quelle terre, come ha avuto modo di dichiarare Sinagra in alcune conferenze tenute a Trieste: "lo stato italiano rivendica un diritto storico su regioni che sono italiane anche se provvisoriamente non lo sono"; oppure, come ebbe a dire nella stessa occasione il giornalista Biloslavo (che, nonostante il cognome, si sente "italianissimo" e scrive su giornali dell'estrema destra) che "il mare Adriatico diventi un lago italiano".
Neoirredentismo? L'apparenza  tutta quella. Ma non solo. Quando Sinagra afferma, nel corso di altra conferenza, organizzata da Alleanza Nazionale (la forza politica che P.D.S. e Violante da mesi stanno cercando di "sdoganare" e di attribuirle patenti di democraticitˆ) che "questo parlamento va chiuso", tale dichiarazione, detta da un piduista confesso, cosa pu˜ evocare se non immagini golpiste?
Si processano le foibe per processare la Resistenza, per eliminare gli "opposti estremismi" (dove Fini ed i suoi, chissˆ perchŽ, non vengono pi considerati "estremisti"), per giungere alla "pacificazione", per poi riprendere col discorso neoirredentista sul confine orientale.
Non si tratta qui di argomenti di cinquant'anni fa, questi nodi storici che ci portiamo dietro da cinquant'anni continueranno a condizionare le scelte politiche dei nostri governi (e non solo: ci sono anche poteri occulti dietro a tutto ci˜...) per decenni ancora, se non si prenderˆ atto dello stato delle cose e non ci si metterˆ a smascherare le mistificazioni che su questi argomenti continuano ad essere portate avanti.