:: A difesa della famiglia e del condominio
La campagna della Lega Nord contro gli omosessuali

E' probabile che la giornata di mobilitazione indetta dalla Lega Nord "a difesa della famiglia e dei bambini" non sia stata un grande successo: la reazione delle organizzazioni omosessuali, la scarsa attenzione prestata dalla stampa e dalla televisione, un senso comune ancora piuttosto ostile ­ dopo le polemiche sul gay pride ­ a demonizzazioni e condanne, hanno fatto sì che, forse, i gazebo verdi abbiano contribuito più a confermare la capacità di intervento politico degli omosessuali che a compattare umori intolleranti e vibranti di virile padanità. E tuttavia una riflessione va fatta su questa giornata, perché si tratta di un ulteriore tassello di una strategia di imprevedibile durata e successo, con cui dovremo inevitabilmente fare i conti come omosessuali, come comunisti e come omosessuali comunisti.

Si è discusso a lungo e seriamente, nel corso delle ultime settimane, sull'emergere di una nuova destra aggressiva, populista, localista e maschilista, e sul suo ruolo in questa fase di restaurazione/innovazione capitalistica (si vedano, ad esempio, i contributi presentati all'incontro di Venezia del 23 ottobre, pubblicati sull'inserto di "Liberazione" di domenica 27 ottobre). Le linee generali di analisi vanno però ulteriormente discusse e approfondite e, soprattutto, è necessario da parte nostra non solo interrogarci a partire dal nostro specifico punto di osservazione, ma anche sul ruolo che noi possiamo/dobbiamo avere nell'attuale contesto di scontro politico e culturale. Non c'è dubbio, credo, che gli attacchi della Lega agli omosessuali si inseriscano in un attacco più ampio e generale alla diversità ­ come è stato più volte affermato ­ al fine di dare una risposta al disagio e alle frustrazioni che percorrono la società "globalizzata". Ma i modi in cui questo attacco si realizza sono per molti versi nuovi e degni di attenzione. In primo luogo va tenuto conto della disinvoltura con cui i leghisti ­soprattutto, ma non solo loro ­ maneggiano una sorta di neo-lingua e di neo-logica in cui è stato abolito il principio di non-contraddizione.

Nel volantino che propaganda l'iniziativa del 22 ottobre, la Lega milanese si premura di dichiarare: "l'omosessualità non può e non deve essere discriminata", per poi affrettarsi ad aggiungere che "parimenti è obbligo tutelare l'eterosessualità" Il titolo del volantino, peraltro, recita: "Contro le violenze sui piccoli, per dar loro un futuro sereno" Il testo è dunque volutamente costruito con spazi vuoti che veicolano il vero messaggio: riconoscimento delle coppie di fatto = diritto di adozione per le coppie omosessuali = libertà di pratiche pedofile sui bimbi adottati.

Non saremo certo noi a scandalizzarci per le incoerenze e le contraddizioni del discorso politico leghista. Quel che è interessante è capire come tale discorso agisce, in che modo ci minaccia e come dobbiamo reagire. La Lega può al contempo celebrare il culto del dio Po e schierarsi a difesa dell'identità cristiana della nazione padana, può ripetutamente proclamarsi antifascista e antirazzista e organizzare l'azione di squadracce anti-immigrati, può proclamare la secessione e candidarsi al governo dell'Italia intera. E, al contempo, può puntare il dito contro i "nazisti rossi" che vogliono appiattire culture e popoli garantendone l'uguaglianza giuridica. In realtà, credo, ci troviamo di fronte a un progetto inedito quanto pericoloso di costruire dal nulla un etnopopulismo senza etnia, ma con una scelta accurata dei nemici da combattere per dare fiato e forza al movimento. Abili nel gioco politico della traduzione degli atti simbolici, i leghisti conducono azioni prelevate dall'inventario tradizionale razzista e nazista concentrandole là dove una memoria storica non esiste, e la troppo torpida capacità di interpretazione dei loro avversari non arriva a comprenderne appieno la portata: quali sarebbero state le ­ sacrosante ­ reazioni, nazionali e internazionali, se i manifestanti di Lodi avessero sparso urina di maiale sul terreno di costruzione di una sinagoga? Duttile quanto rozza nel linguaggio, la regia leghista individua così, di volta in volta, l'obiettivo dell'attacco come il sacrario da difendere, in una girandola di discorsi la cui efficacia non viene compromessa dalla contraddittorietà né dall'infondatezza. Dietro il caleidoscopio di posizioni e di proclami, il messaggio recepito è comunque quello che chiama a difesa di un particolarismo di interessi che non supera i confini della famiglia, dell'azienda, del condominio. Messaggio a legittimazione dei diritti e privilegi di un "noi" che ha sempre bisogno di un "loro" cui contrapporsi, un "loro" da discriminare ed escludere, su cui rivalersi, cui imporre il silenzio.

Questa banalità di contenuti, questa "povertà ideale" non deve indurre alla falsa deduzione di una scarsa pericolosità delle aggressioni ­ verbali o meno ­ dei leghisti. Liquidare le volgarità di Bossi come "folclorismo", così come hanno fatto in molti, è segno di una sensibilità politica perlomeno non acuta. L'individuazione di nuovi obiettivi verso cui indirizzare il disprezzo e la volontà d'esclusione ­ gli immigrati di fede islamica ­ si accompagna alla riproposizione di disprezzi e esclusioni radicate, in primo luogo nei confronti degli/delle omosessuali. Questa costellazione di contrapposizioni, prese di distanza, esplicite volontà di discriminazione, inserisce la Lega in un gioco ambiguo di alleanze, la fa oggetto di formali differenziazioni da parte degli alleati ma, nello stesso tempo, le permette di creare momenti di convergenza con forze e umori di diverso tipo ­ neofascisti, settori non marginali della chiesa cattolica, persone di "buon senso" conservatore a prescindere dal voto che esprimono ­ e di mettere progressivamente in discussione diritti che parevano acquisiti e certi. Non credo sia indipendente dalle recenti iniziative leghiste e fasciste il crescere nel paese di una ostilità quasi inconsapevole e distratta verso i musulmani, la confusione tra osservante e fondamentalista, fino allo sconcertante episodio in cui il mensile degli albergatori trentini sconsiglia l'assunzione di collaboratori di fede islamica se "fondamentalisti" ("L'Adige", 31.10.2000).

Questa offensiva di una destra nuova, ma saldamente ancorata ­ almeno simbolicamente ­ all'esperienza dei movimenti reazionari di massa del Novecento, rimette in discussione alcuni elementi che credevamo (credevo) acquisiti nell'evolversi della condizione omosessuale nel nostro paese. Negli ultimi decenni, infatti, il "segmento omosessuale" è stato individuato con sempre maggiore chiarezza dalle imprese come mercato interessante, in espansione e proficuo. Gli omosessuali sono comparsi sempre più spesso negli spot pubblicitari, in ruoli non obbligatoriamente stereotipati, a segnalare un loro inserimento nell'orizzonte delle strategie di mercato. Parallelamente si sviluppava ­ a dire il vero con velocità e forza inferiori, in Italia, rispetto ad altre realtà europee ­ un sistema di locali, bar, spazi protetti. Tutto questo rendeva possibile e praticabile una strategia di politica omosessuale conservatrice, una sindacalizzazione degli omosessuali come categoria capace di produrre una lobby, incidente sul piano economico ed elettorale. Allo stesso tempo permetteva anche una auto-rappresentazione degli omosessuali come "praticamente normali", eliminando dalla loro percezione di sé ­ almeno superficialmente ­ l'elemento di conflittualità/non accettazione sociale.

I fatti dell'ultimo anno, mi pare, rimettono ­ proficuamente? ­ in discussione questo quadro: l'attacco frontale portato dalla chiesa cattolica e dalla destra fascista o fascisteggiante, la grande reazione del gay pride, aprono spazi di azione e di riflessione. Spie di contraddizioni nuove sono le circonvoluzioni linguistiche dei moderati laici ­ che si definiscano di destra o di sinistra ­ sulla questione dei diritti degli omosessuali e, d'altro canto, le ripetute dimostrazioni di attivismo da parte delle associazioni omosessuali. In questo contesto per certi versi innovativo, stimolante ma sicuramente non tranquillizzante, credo sia urgente una ripresa di dibattito sulla direzione verso la quale ci muoviamo, sulla nostra collocazione in una società in movimento e in cui noi, come categoria, occupiamo una posizione ambigua: rappresentazione astratta del diverso contro cui scagliarsi a difesa dei valori patriarcali e, allo stesso tempo, concreto gruppo di consumatori ed elettori capaci di portare in piazza ­ in un caso, a dire il vero, eccezionale ­ centinaia di migliaia di persone. Il peggio che possiamo fare è trincerarci all'interno dei confini della ragionevolezza, chiedere piagnucolando comprensione e cercare illuministicamente ­ autocastrandoci simbolicamente ­ di convincere l'avversario della nostra "accettabilità".

Fulvio Ferrari