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Nei giorni 2 e 3 novembre, i compagni del GLO di Milano, Padova e Rovereto si sono riuniti insieme a compagni provenienti da altre realtà antagoniste (Bari, Torino, Verona) per discutere di quali contenuti specifici il movimento gaylesbico sia in grado di portare nel più ampio movimento contro la globalizzazione capitalista e nei social forum.
Dalla discussione sono emersi soprattutto i temi riportati qui sinteticamente:
_ "No logo" come scelta contro l'omologazione:
un terreno specifico su cui il potere capitalistico esercita la sua capacità di plasmare i vissuti e i comportamenti di gay e lesbiche - ma forse soprattutto quello dei gay - è quello dell'omologazione dei modelli.
L'adesione e la partecipazione al gruppo sociale cui si appartiene si manifesta ovviamente anche nell'adozione più o meno radicale di tratti distintivi riconoscibili.
Lo sviluppo della scena gay e di un modello socialmente imposto di consumi e di divertimenti ha via via assunto tratti sempre più costrittivi e funzionali agli interessi dei produttori e dei gestori di spazi.
Entrare nella scena gay comporta, per avere "successo", l'acquisizione di un'immagine e l'accettazione di schemi di competizione che nulla hanno a che vedere con la libera espressione di se stessi e con un'orgogliosa partecipazione di gruppo.
Gli spazi stessi in cui la competizione avviene sono controllati da imprenditori dell'entertainment che costruiscono le loro fortune sul bisogno di gay e lesbiche di spazi "protetti" all'interno di una società omofoba.
Liberarsi da questi schemi, mettendo in crisi il potere dell'industria della moda e del divertimento sulle nostre scelte di espressione significa, anche:
_individuare e praticare spazi sottratti al controllo dell'imprenditoria gay e lesbica.
Al di là della discussione sui vantaggi che l'esistenza di una imprenditoria gay e lesbica ha storicamente rappresentato nel processo di presa di coscienza e di individuazione di gruppo, è evidente che la costruzione di nuovi rapporti sociali tra gay, tra lesbiche, tra gay e lesbiche ecc. passa per la costruzione di spazi non finalizzati al profitto e sottratti ai meccanismi di omologazione-competizione indotti dal capitale.
_Una politica non lobbystica sull'aids:
praticare forme di lotta politica gaylesbica al di fuori della logica di lobby significa anche non lasciare cadere il discorso sull'aids solo perché, in epoca recente, nuovi farmaci e diversi schemi di diffusione hanno reso la malattia più devastante lontano da noi, tra omosessuali ed eterosessuali poveri dei paesi più sfruttati dal potere delle multinazionali.
L'esperienza di lotta all'aids in Europa deve invece rappresentare un patrimonio che ci avvicina alle lotte del terzo e quarto mondo, legandoci ad esse da un rapporto di solidarietà frutto non di un generico senso di comprensione e pietà, ma di una radice condivisa e non rimuovibile.
_La nostra esperienza di lotta di liberazione gay e lesbica, la nostra riflessione sulla differenza di genere, di orientamento e di identità sessuale, ci permettono di portare uno sguardo specifico sul contesto internazionale, rafforzando la nostra opposizione alla guerra imperialista e, al contempo, schierandoci al fianco delle donne, degli omosessuali e delle lesbiche oppresse dai regimi tradizionalisti e reazionari che il capitale stesso ha contribuito a far trionfare in tanti paesi asiatici e africani.
Questo sguardo specifico ci garantisce anche dal non cadere in un relativismo culturale di stampo reazionario e differenzialista, tentazione questa non estranea ad alcune aree fortunatamente marginali del movimento anti-imperialista.
La consapevolezza che le società "non occidentali" non costituiscono blocchi compatti e statici, ma sono percorse da contraddizioni, lacerazioni e spinte alla liberazione, fa sì che possiamo guardare al travaglio di queste società con occhio solidale ma non neutrale, partecipando con solidarietà attiva a ogni sforzo di emancipazione che allarghi gli spazi di scelta e di libera espressione di sé delle nostre sorelle e dei nostri fratelli perseguitati da regimi dispotici, patriarcali e teocratici.
Tutto questo comporta uno sforzo di riflessione e di partecipazione non indifferente: la gravità della situazione internazionale, l'aggressione militare a popolazioni civili già sofferenti per l'oppressione dei regimi reazionari cui sono soggette, il dispiegarsi di opposti integralismi e la reviviscenza di un'impostazione teologica della lotta politica ci richiedono non solo di impegnarci nella costruzione di realtà gaylesbiche antagoniste, che mettano in discussione l'impostazione moderata di inserimento alienato e omologato nella società del capitale, ma ci richiedono anche la partecipazione attiva ai movimenti di resistenza alla guerra, il rilancio della pratica antimilitarista, la critica ai modelli patriarcali, per far sì che il movimento gay e lesbico rappresenti una risorsa di liberazione non solo per sé ma per il mondo intero.
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