:: Orgoglio gay e laicità dello Stato World-Pride 2000
Buonasera a tutti e grazie ai nostri ospiti per essere venuti questa sera a discutere con noi di quel grande evento che è stato il world gay-lesbian-transgender pride di sabato 8 luglio. Purtroppo quella forza della natura che è Imma Battaglia, presidentessa del circolo Mario Mieli di Roma, non è potuta venire: la sostituisce Massimo Quinzi, della segreteria politica del Mario Mieli, che ringraziamo per essere presente. Grazie anche a Cristina Gramolini, della segreteria nazionale di Arcilesbica, a Deborah Lambillotte, presidentessa nazionale di Arcitrans, e grazie infine a Sergio Lo Giudice, presidente nazionale dell'Arcigay.

Sabato scorso eravamo tantissimi e tantissime a Roma: tante lesbiche, tanti gay, tanti/e transessuali ma anche tanti uomini e donne eterosessuali: era dal 1994, dalle manifestazioni contro Berlusconi e contro i tagli delle pensioni che in Italia non si vedevano tante persone in piazza tutte insieme. È stato un grande evento, importante ed emozionante - io personalmente, che sono un po' patetico, a un certo punto mi sono anche commosso. È stato un evento che deve segnare un punto di non ritorno, nelle nostre coscienze e nel nostro paese. Oggi siamo più forti: abbiamo vinto uno di nostri maggiori nemici, che è la paura della visibilità: questa manifestazione dimostra che la volontà per le minoranze sessuali di "uscire fuori", di farsi vedere, di manifestare l'orgoglio della propria diversità è finalmente fenomeno di massa, e non più prerogativa di un piccola avanguardia politicizzata. Ma questa manifestazione ha chiamato in causa anche le forze politiche: un evento di questa portata non poteva passare sotto silenzio. D'ora in poi sempre di più Partiti e i Movimenti politici dovranno fare i conti anche con noi, con le nostre richieste, con i nostri diritti. E anche noi lesbiche gay e transessuali dobbiamo fare conti con la realtà quando andiamo a votare. Se fin dall'inizio l'appoggio di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani e dei Verdi al World Pride è stato totale e incondizionato, nel governo e nel resto del centro sinistra sappiamo bene che il nostro orgoglio ha creato dissidi e spaccature: se Amato ha detto che "purtroppo" esiste una costituzione che permette a omosessuali e transessuali una manifestazione inopportuna nella Roma del Giubileo, e se Amato ha sostenuto le dichiarazioni del Papa di domenica scorsa, la ministra Katia Belillo non ha mai tentennato un attimo nella difesa della nostra manifestazione; se Rutelli ha tolto il patrocinio del comune di Roma, Veltroni e poi Dalema in extremis hanno testimoniato il sostegno dei DS: un sostegno tardivo, che comunque costituisce per noi - e per la sinistra DS - una vittoria. Invece i partiti cattolici di destra e di sinistra, Alleanza Nazionale e Forza Italia hanno osteggiato la Pride Parade fin dall'inizio, esplicitando fino in fondo la propria matrice culturale clerico-reazionaria e fascista, e chiarendo una volta per tutte - se ancora era necessario chiarirlo - che in Italia la destra liberale e libertaria quasi non esiste, e quando esiste - come nel caso dei Radicali - può anche difendere i diritti civili, ma sempre a discapito dei diritti sociali e dei diritti del lavoro. Ed è infatti soprattutto dai partiti cattolici e di destra che è venuta approvazione e solidarietà per le parole pronunciate dal papa all'angelus domenica scorsa.

Giornali e telegiornali -con poche eccezioni, come l'Avvenire - sono stati concordi nel descrivere la manifestazione come serena, distesa, festosa, pacifica, priva di momenti di tensione, colorata e varia. Ed infatti è stata così: c'erano i motociclisti, c'erano le creste e i piercing dei ragazzi dei centri sociali e degli omosessuali alternativi, c'erano gay in tenuta leather: pelle nera, borchie e catene. C'era lo spezzone delle lesbiche, che hanno scelto di sfilare separate dai maschi per dare maggiore visibilità al movimento lesbico. C'era un gruppetto di gay in abito da sera con un bigliettino appuntato alla giacca, su cui ognuno aveva scritto la propria professione. E poi c'erano gay travestiti e provocatori, alcune trans che sembravano ballerine del carnevale di rio, qualche maschera da prete e un prete vero, alcune lesbiche scandinave con le tette al vento. C'era Ambra sul carro della Mucca Assassina, c'erano Bertinotti a braccetto con Gullotta, e Vendola, c'erano Manconi e la Francescato che per l'occasione indossava un tailleur leopardato; c'erano i Cossutta padre, madre e figlia e la Belillo, c'erano Veltroni e la Buffo, c'erano Sgarbi e Taradash, c'erano la Bonino e Pannella, c'era il mago Othelma. E tanti slogan che reclamavano diritti, che salutavano la mamma, che attaccavano le gerarchie vaticane. E poi tanta gente "normale", in jeans e maglietta, lesbiche gay e transessuali ma anche famigliole eterosessuali.

Di tutto questo dobbiamo andare orgogliosi, e tutto questo ha infastidito il papa, che ha perso un'ottima occasione per starsene zitto, e ha pronunciato durante l'angelus quelle parole che secondo Amato ha pieno diritto di pronunciare, che Storace ritiene "straordinarie", e che Berlusconi ha definito "alte, nobili ed eloquenti". Parole che denunciano l'affronto che la Pride Parade ha costituito per i valori cristiani e per la città di Roma, "che è tanto cara al cuore dei cattolici di tutto il mondo". In nome della verità il Papa ha citato il catechismo della chiesa cattolica: secondo cui l'omosessualità è condizione "oggettivamente disordinata", che costituisce una "prova", e che pertanto va accolta "con rispetto, compassione, delicatezza."
Bene, il Gruppo di Liberazione Omosessuale di Rifondazione Comunista di Milano, che qui rappresento, del rispetto, della compassione della delicatezza del papa e del pretame che gli fa seguito non sa che cazzo farsene. Da sempre siamo orgogliosi della nostra omosessualità e del nostro essere comunisti nuovi, che con il vecchio stalinismo e col perbenismo del vecchio PCI hanno tagliato i ponti, e lo siamo tanto di più oggi dopo una manifestazione come quella di sabato scorso: ed essere orgogliosi vuol dire anche farla finita con ogni deferenza e rispetto verso chi ci discrimina, soprattutto quando sui tratta della Chiesa Cattolica con l'influenza che ancora continua a esercitare nel nostro paese.

Il 28 giugno 1969 con rabbia e con coraggio per la prima volta nella storia dell'umanità le lesbiche, i gay e i transessuali avventori dello Stonewall di New York hanno reagito alle vessazioni del solito manipolo di poliziotti. Da quel giorno -come disse Allen Ginsberg- gli omosessuali hanno perso il loro sguardo ferito. Ma c'è di più: da quel giorno lesbiche, gay e transessuali hanno acquistato uno sguardo orgoglioso; ed è proprio sul concetto di orgoglio (pride) che vorrei adesso soffermarmi.

Orgoglio di che? "Orgoglio del sedere" scrisse qualche anno fa Alberto Arbasino su Repubblica mostrando disprezzo verso chi non può vivere la propria omosessualità nel jet-set come lui, mostrando disprezzo verso chi della propria omosessualità ha deciso di fare ragione di lotta politica. "Orgoglio di che?" - ci chiedono spesso i nostri amici e le nostre amiche eterosessuali, anche quelli "illuminati" o "di sinistra", anche quelli di rifondazione: "noi mica manifestiamo il nostro orgoglio eterosessuale!" ci dicono. (Ci mancherebbe…)
Per chi appartiene a una minoranza, essere orgoglioso significa assumere la propria identità di oppresso come identità non naturale, ma politica. Significa cioè riconoscere la storicità della propria condizione di oppressi per potervi reagire, e rispondere all'oppressione con la fierezza di essere ciò che si è; significa uscire dal ghetto mentale del senso di colpa e percorrere il "mondo" a testa alta, reagire con forza. Ma essere orgogliosi di ciò che si è può avere anche un significato più alto: può significare interpretare creativamente la propria identità di oppressi come forza trasformativa globale volta non solo a rivendicare per sé gli stessi diritti e lo stesso riconoscimento sociale di cui gode la maggioranza, ma a promuovere istanze di cambiamento complessivo per tutti, ad aprire nuovi spazi di libertà a cui tutti possano accedere. Questa è la grande posta in gioco dell'orgoglio delle minoranze, e questo è il senso più alto del world pride 2000 per le strade della Roma giubilare.

Per il GLO di Milano, e credo per molti altri lesbiche, gay e transessuali, l'8 luglio è stato un controgiubileo: è stato l'affermazione orgogliosa del principio della laicità dello Stato e del diritto a una vita libera da integralismi e fondamentalismi di ogni genere. È stato l'affermazione orgogliosa del diritto a un pensiero ateo e libertario. Non contro il sentimento religioso della gente, ma contro quella tecnologia di potere che la Chiesa ha inventato e di cui si sono appropriati gli apparati educativi e repressivi dello Stato moderno (igli apparati di quelle degenerazioni totalitarie dello Stato moderno che sono fascismo, nazismo e stalinismo, ma anche di quelle forme dolci dello Stato moderno che sono le liberaldemocrazie e le socialdemocrazie). Contro, cioè, il potere pastorale: contro il governo delle moltitudini attraverso il controllo delle coscienze degli individui. L'8 luglio lesbiche gay e transessuali hanno sfilato non solo per chiedere la dignità e i diritti di cui godono gli eterosessuali, ma anche per affermare per se stessi e per gli eterosessuali la libertà di essere diversi da ciò che ci insegnano ad essere, la libertà di trasformare creativamente se stessi, la libertà di inventare nuove modalità di esistenza e nuovi modelli relazionali senza accontentarsi di quelli che già esistono, di quelli accettati come "rispettabili".

Per questo non solo non ci disturba, ma anzi crediamo che sia un bene che il world pride sia stato anche una manifestazione scomoda e inopportuna, un momento di trasgressione, un affronto al papa e alla Chiesa Cattolica! Da sempre il papa si sente in diritto di dirci -a noi tutti, omo, trans ed etero- che cosa dobbiamo o non dobbiamo fare nelle nostre case e sotto le nostre lenzuola; si sente in diritto di limitare la nostra libertà con sensi i colpa e rimorsi: e noi ci siamo presi il diritto di urlare con orgoglio nelle piazze di Roma la nostra ribellione, di mostrare la gioia di trasgredire i ruoli di genere, la gioia di sovvertire gli standard di comportamento che ci vengono imposti, la gioia di vivere giocosamente la nostra sessualità: a questo sono serviti culi e tette al vento, paillettes e piume di struzzo.
La trasgressione delle manifestazioni di lesbiche, gay e transessuali - quella che tanto inquieta e disturba i benpensanti di destra e di sinistra - non vuole valicare i limiti per esservi inclusi, ma è superamento-cancellazione del limite e apertura violenta sull'illimitato. Profetizza l'assenza di limiti, è evento di qualcosa di nuovo. Annuncia un mondo nuovo in cui ognuno possa giocare con la propria identità, sperimentare alternative differenti per approdare allo stile di vita che più lo fa stare bene. Sappiamo che la politica si nutre di compromessi e mediazioni: gli stessi compromesi e le stesse mediazioni a cui scendiamo ogni giorno, nelle nostre vite. Ma in politica esistono anche momenti simbolici e ideali: le nostre provocazioni per le strade della Roma Giubilare sono state anche la messa in scena non di un mondo che vuole confrontarsi con un potere pastorale che controlla le coscienze per trovare con esso una sintesi, ma di un mondo che di quel potere vuole fare a meno. Di un mondo in cui Roma non è colonia vaticana, ma capitale di uno Stato laico.

E ora che abbiamo dimostrato la nostra forza, un grande lavoro ci resta da fare, affinchè il sostegno e le adesioni dei partiti di sinistra non restino parole vuote, ma si riempiano di contenuti attraverso azioni concrete. Dobbiamo continuare a combattere per una legge antidiscriminatoria per lesbiche, gay e transessuali, e per una legge che dia riconoscimento giuridico alle coppie omosessuali; dobbiamo batterci perché la legge sulle Tecniche di Riproduzione Assistita sia una legge giusta e non discriminatoria. Il papa chiede clemenza per i detenuti: in molti paesi - purtroppo anche a Cuba - si finisce in carcere per omosessualità: dobbiamo chiedere il diritto di asilo in Italia per chi è perseguitato per identità e orientamento sessuali. Dobbiamo batterci per uno Stato laico per davvero: il nostro orgoglio deve spingerci a osare - come hanno saputo fare arcilesbica e altre associazioni lesbiche col manifesto lesbista - fino a chiedere l'abolizione del Concordato con la Chiesa Cattolica. Non contro il sentimento religioso della gente, ma per le libertà di tutti.

Credo di aver parlato abbastanza, e non voglio sottrarre altro tempo ai nostri relatori. Passo quindi loro la parola chiedendo a ognuna e a ognuno di loro di raccontarci la fatica dell'organizzazione della grande manifestazione del World pride, di spiegarci i contenuti per cui hanno manifestato le associazioni che rappresentano, ed infine chiedo lore di darci un bilancio della manifestazione, di spiegarci quali prospettive essa può aprire per il futuro.