:: Sulla sessualità maschile Seminari organizzati dal GLO e da Reds, 1999
È difficile tentare un'opera di ricomposizione di tante narrazioni differenti e uniche, ma è del resto giusto dare senso ai nostri incontri attraverso una teorizzazione generalizzante, per quanto ipotetica e provvisoria, che ponga dei punti fermi, come degli argini che permettano al flusso dei ricordi di incanalarsi verso un presente che vuole trarne insegnamento.

Quando i membri del glo si sono riuniti in un incontro preparatorio per la riunione di questa sera, la tendenza è stata quella di esprimere, quasi in un moto di autocoscienza, il proprio vissuto relativo alle riunioni precedenti, piuttosto che di "quagliare" delle conclusioni. Alcuni hanno sottolineato la difficoltà a raccontarsi, e in particolare a raccontare le proprie prime cotte, l'emergere del proprio desiderio; altri hanno affermato di aver volontariamente sorvolato su alcuni episodi dolorosi del proprio passato; io personalmente ho notato come gli omosessuali presenti avessero preferito sottolineare aspetti "positivi" ed episodi felici dei vissuti che hanno a che fare col proprio orientamento sessuale, e ho anche "confessato" di essermi accorto di avere raccontato quegli episodi del mio passato che mi rendono simile agli etero piuttosto che quelli che mi rendono diverso: potere dell'omologazione? È stata unanime l'impressione che si poteva raccontare di più, impressione che ora vorremmo tradurre nella proposta di soffermarci ancora un attimo sul nostro passato, e di raccontarci ancora un po'. Di dire tutte quelle cose che, tornando a casa, ci è sembrato che avremmo potuto raccontare e che invece abbiamo taciuto.

Nel nostro incontro preparatorio -finita l'autocoscienza- abbiamo comunque cercato di reperire alcune costanti nelle esperienze raccontate. Tenterò di esporre in quattro punti ciò che abbiamo concluso: Tutti, donne e uomini, omosessuali ed eterosessuali, si trovano gettati in un mondo che non solo li vuole etero, ma che ha anche stabilito chiaramente quali comportamenti un uomo e una donna etero debbano assumere. Prima dell'orientamento sessuale, prima di un eterosessismo che impone agli uomini di amare le donne e alle donne di amare gli uomini, su bambini e ragazzi agisce la pesante pressione della conformità al ruolo di genere, che impone modelli di comportamenti ben precisi. Fin da tenera età i maschi agiscono in gruppo: la "banda" dei bambini è la prima espressione di un'omosocialità che caratterizza anche il mondo adulto: sono i maschi, in gruppo, a detenere il potere. Per questo i loro giochi devono dimostrare forza, aggressività, violenza, e anche capacità di "dominare" le femmine, che vengono vessate in vari modi. Da questa omosocialità devono essere eliminati tutti quei comportamenti che suggeriscono la possibilità di omosessualità: i bambini tra di loro devono limitare le manifestazioni d'affetto. Ma soprattutto devono dimostrare di non essere femmine: di vestirsi, di comportarsi, di parlare come maschi -paradigmatico è l'episodio di Michele bambino daltonico che ossessivamente chiede alla mamma di non vestirlo con colori da femmina. Quei bambini che invece con le femmine giocano e comunicano, siano essi destinati a un futuro etero o omosessuale, vengono esclusi o derisi in quanto indegni di essere membri della banda.

Nei nostri incontri sono mancate donne che abbiano avuto un passato "tipico" da femmine eterosessuali. È però emerso con chiarezza che, durante l'infanzia, le bambine che sanno dimostrare carattere e capacità virili vengono apprezzate dai maschi che le considerano alla propria altezza -non come le "altre" femmine, cioè la maggioranza delle femmine. Per queste bambine dal comportamento maschile, future etero o future lesbiche, il fatto di non conformarsi al ruolo di genere, che vorrebbe che nei loro giochi riproducessero le mansioni delle donne adulte, è quindi motivo di orgoglio. Molte cose cambiano con il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, con l'emergere del desiderio sessuale. Allora al regime di separatismo di genere dell'infanzia si sostituiscono gruppi misti, e la banda dei maschi viene sostituita dalla "compagnia" dei masschi e delle femmine assieme. Nella compagnia i maschi godono di maggiori libertà, e possono fare tardi più di quanto non sia concesso alle femmine. Queste devono, invece, aiutare le madri nelle faccende domestiche e devono tornare a casa presto la sera. Le modalità relazionali trai sessi sono dapprima caratterizzate dall'aggressività dei ragazzini che molestano le amiche in modi più o meno gravi, arrivando talvolta a mimare stupri di gruppo. Poi, col passare degli anni, fortunatamente, nella maggior parte dei casi i rapporti trai sessi diventano un po' più civili. Nell'adolescenza la pressione dell'omofobia si fa più pesante: i maschi devono dimostrare non solo di sapersi comportare da maschi, ma anche di non desiderare gli altri maschi in alcun modo. Le battute sui culattoni si fanno allora ricorrenti, anche se spesso non si individua una vittima precisa cui far vestire i panni del capro espiatorio (ma a volte si, ve lo assicuro!), e il culattone resta allora la figura simbolica, anche se eternamente presente, di ciò che non si deve essere. I ragazzi devono dimostrare di nuovo di essere forti: ma questa forza assume adesso anche la forma della capacità di conquistare (e di sottomettere) le femmine e di escludere e deridere gli omosessuali. E soltanto chi può dimostrare queste capacità è ritenuto degno di partecipare al potere maschile, di contribuire all'omosocialità dei maschi senza "inquinarla" con comportamenti o desideri che non devono farne parte.

L'omosessulità femminile è invece uno spettro meno presente: le lesbiche sono figure invisibili, di cui quasi si ignora l'esistenza.
La comparsa di compagnie miste espone i bambini e le bambine con comportamenti difformi dal ruolo di genere a nuovi pericoli: le bambine viriloidi un tempo apprezzate si trovano ora investite dello sgradevole ruolo di "racchie", di ragazze mascoline che nessuno vuole. E i bambini che non rispondono agli standard di forza e di prestanza fisica richiesti per essere veri maschi, e i bambini effemminati che un tempo trovavano rifugio nei giochi delle bembine sono ora ragazzi vessati e derisi, spesso anche dalle ragazze che da bambine erano loro amiche. I racconti dei maschi presenti agli incontri hanno spesso sottolineato la pressione omologante del gruppo: sembra che un maschio abbia sempre qualcosa da dimostrare per essere accettato a pieno titolo nel "branco", tanto che sono frequenti comportamenti conformistici, che non vengono vissuti realmente come propri, che non provengono da sé, ma che sono "prove" che si devono fornire ad altri. Guadagnare il ruolo di "oppressori" non è facile, e si tratta comunque di un guadagno che comporta delle perdite. Ad esempio la proibizione di sperimentare parti di sé (di cimentarsi in giochi di ruolo come le bambine, o di confidare i propri sentimenti apertamente come fanno tra loro le ragazze, di esprimere apertamente le proprie debolezze e di trovare negli altri consolazione…) e la possibilità di costruire la propria personalità in modo libero e non "pilotato" da standard imposti dal gruppo. Analogamente lesbiche e gay presenti hanno sottolineato con le loro esperienze che nessuna partita è mai del tutto giocata in anticipo, e che sono sempre possibili strategie di sopravvivenza che rovescino o almeno confondano i flussi di potere. Per un omosessuale è sempre possibile cercare compromessi col potere dei maschi etero, adeguandosi al ruolo che gli viene richiesto o scegliendo metodi alternativi: ad esempio molti gay da ragazzi sono bravissimi a scuola, e si guadagnano la stima degli altri, femmine e maschi, passando i compiti in classe o aiutando nei compiti a casa. Oppure è possibile ritagliarsi un proprio ruolo nella compagnia o nel gruppo classe accentuando la propria diversità, esasperandola in modo da dimostrare comunque una propria "forza" che viene riconosciuta e rispettata. Ed è addirittura possibile creare situazioni in cui l'omosessualità diviene un vanto, un segno distintivo, ad esempio una patente di intellettualità come nel liceo classico di Sabina. Ciò che è rimasto inindagato nei nostri incontri è l'emergere del desiderio, il percorso scontato o difficile che conduce a confermare la propria eterosessualità o a scoprire l'imprevisto della propria omosessualità. Che cosa significa scoprirsi gay e lesbiche? Che cosa significa mettere in discussione tutte le pressioni e i condizionamenti della propria educazione?

A partire dal proprio desiderio etero ed omosessuale, come è possibile collocarsi nel mondo in quanto soggetti di azione e di trasformazione? Cioè: che cosa ha voluto dire nella nostra vita innamorarci davvero di qualcuno, o desiderarlo? Che cosa abbiamo imparato di noi attraverso il nostro desiderio? E come l'amore ha cambiato la nostra percezione delle differenze tra i sessi (del maschilismo, dell'eterosessismo, dell'omofobia)?
Abbiamo voglia di parlarne?

N.B. eterosessismo = imposizione dell'orientamento eterosessuale come unico orientamento sessuale moralmente accettabile.