La storia del Centro Sociale Leoncavallo
TESTIMONIANZA DI PAOLO MOLENA ('75-'81)
"Il Centro sociale Leoncavallo fu occupato da organismi di
quartiere. Una parte dei compagni proveniva dall'esperienza del
comitato di quartiere "Casoretto'. Nel "Casoretto" - foratosi nel
'73 grazie ad un gruppo al quale appartenevo, proveniente da una
prima esperienza di doposcuola che tenevamo in un oratorio -
confluirono molti compagni i cui percorsi erano riconducibili a
tre posizioni: noi, che gestivamo i doposcuola; un gruppo di
simpatizzanti di Avanguardia Operaia; un gruppo che era molto
orientato sulle pratiche dell'antifascismo militante.
La convivenza di queste realta' si dimostro' col tempo difficile.
Noi del doposcuola eravamo stati sfrattati da due luoghi che ci
avevano affittato in zona, quando fummo "invitati" ad uscire
dall'oratorio. Per noi era vitale trovare una sede in cui
proseguire le nostre attivita'. Per questo maturammo l'idea
d'occupare un luogo in zona.
Furono quindi presi i contatti con i compagni simpatizzanti di AO
che sapevamo avere in mente un'iniziativa analoga. Ma, una volta
occupato il Centro Sociale, le divisioni che erano sorte
all'interno del "Casoretto" si riproposero nel tempo; dopo
l'occupazione anche i compagni rimasti nel Comitato di quartiere
originario entrarono a far parte del Centro Sociale dando vita
alla Commissione Palestra.
All'interno del Centro Sociale Leoncavallo, in realta' c'era un
dibattito molto ampio; e' falsa l'idea del Leoncavallo come il
Centro monoliticamente gestito, dai "duri": basti pensare che
tentammo da subito di avere un contatto con le istituzioni, e vi
riuscimmo.
Dopo l'occupazione, infatti, fu inviato il Presidente del
Consiglio di zona 11 - avvocato Giancarlo Boria - perche'
visitasse l'area e verificasse l'effettivo stato di abbandono
degli edifici. L'avvocato Boria si presto' all'incontro e, resosi
conto dell'utilita' che quegli stabili occupati potevano avere, si
prese l'impegno di presentare la cosa al Consiglio di zona.
Ci tengo a precisare chc i rapporti con il Consiglio di zona
furono buoni anche perche' il suddetto presidente era una persona
molto disponibile, tanto che quaando fu "silurato" dal PSI, il suo
partito, il Leoncavallo invio' una lettera di protesta al PSl.
Il Consiglio di zona raccolse e fece propna la proposta da noi
avanzata, di vincolare l'area del Leoncavallo a servizi
collettivi; nel 1975 si discutežža infatti la variante generale al
Piano Regolatore. Questo fu il nostro primo impegno politico,
credo che sia stato proprio quel vincolo a permettere al Centro di
durare quattordici anni senza essere sgomberato; tornero' su
questa faccenda piu avanti.
Nelle diverse Commissioni che si andavano formando nel Centro, si
rispecchiavano gli interessi dei singoli occupanti; le attivita'
di "Scuola Popolare" e doposcuola ripresero immediatamente.
La Commissiune Cultura organizzo' da subito delle grossissime
iniziative che ebbero una risonanza a livello Cittadino. Il
"Teatro Quartiere Leoncavallo" era in stretto contatto con la
zona; ottenne anche dei finanziamenti e sulle pagine dei giornali
locali apparivano gli spettacoli organizzati.
Il Leoncavallo aveva come caratteristica il fatto di essere
autonomo dai partiti o da qualsivoglia organizzazione, anche se i
militanti di queste vi intervenivano in prima persona. Il
Leoncavallo in realta' non poteva esercitare la funzione di
mediazione e dibattito tra le organizzazioni in quanto in quel
periodo il dialogo era pressoche' nullo. Come linea politica
cercammo sempre di tenere i gruppi organizzati fuori dal Centro.
Anche per questo motivo ci appiopparono l'appellativo di
"autonomi", noi in realta' eravamo autonomi dalla logica di
spartizione del movimento, ma ospitavamo tutti i compagni -
organizzazioti o meno che fossero - purche' volessero lavorare.
Nel comitato di gestione c'era una varieta' enorme di posizioni:
dai "filoistituzionali", ai "cattolici", all'ala dura che riteneva
impossibile il dialogo con le istituzioni. C'erano una serie di
esperienze molto diversificate compatte nel proponimento che le
organizzazinni non dovessero entrarci; ognuno portava le proprie
idee, esperieze e modi di pensare, ma in quanto persona senza
rappresentare il gruppo.
Questo era il carattere che ci contraddistingueva; tale linea
emerse anche durante i funerali di Fausto e Iaio. La sera prima
deei funerali si riuni' infatti il comitato di gestione del centro
che doveva assumersi la responsabilita' del funerale. Era un
periodo di estrema tensione - erano i giorni del rapimento Moro -
e noi dovevamo decidere come condurre il corteo.
Da quella riunione emerse l'indicazione di mandare un comunicato
tramite Radio Popolare che invitava tutte le organizzazioni a
manifestare, ma senza simboli di partito. Fu fatto pervenire un
comunicato delle BR che esprimeva solidarieta' con noi; la cosa ci
creo', tra l'altro, non pochi problemi.
Stralcio del comunicato delle Brigate Rosse:
"... I proletari hanno dimostrato anche a Milano di saper
scegliere i propri amici e i propri nemici, i propri interessi da
quelli dei padroni!
La manifestazione dei 40.000 dello sciopero per Moro, organizzata
intorno alle forze reazionarie come la DC, ha avuto giusta
risposta dai 100.000 proletari in piazza per la morte dei compagni
Fausto e Iaio, assassinati dai sicari del regime".
Erano stati uccisi due compagni e i funerali dovevano essere un
momento d'unione dei militanti; quindi chiedemmo di portare solo
bandiere rosse e striscioni operai. L'indicazione fu rispettata;
infatti quando il solito gruppuscolo (marxista-leninista-maoista,
ecc.) tento' di aprire lo striscione fu bloccato dall'opposizione
della gente.
Quei funerali furono una cosa imponente, furono dei veri funerali
di movimento.
Dal '78 in poi la caratteristica del Leoncavallo, di non essere
legato a gruppi politici, inizio' a crearci dei problemi. Il
Centro era il luogo d'incontro tra i compagni piu' diversi,
compagni compagni che avrebbero compiuto in seguito scelte
politiche dissimili tra loro. Soprattutto noi che provenivamo da
esperienze politiche precedenti, stentavamo a capire certe
posizioni che si stavano affermando; ma la linea di non esclusione
di nessuno dal Centro era unanimemente accettata.
Erano anni, quelli tra il '78 e l'80, molto pesanti che imponevano
spesso ai compagni delle scelte molto dolorose. Mi ricordo che se
negli anni attorno al '73 fenomeni come le BR venivano accolti con
una certa simpatia (alcuni ne avevano un'immagine alla Robin
Hood), piu' avanti ci fu tra i compagni anche chi inizio' a
prenderla in considerazione. Anche in quel periodo continuavano
pero' le attivita' del Centro; anzi se ne aprirono delle nuove.
Un compagno che praticava l'agopuntura apri' un centro di medicina
altemativa all'interno dello stabile occupato; continuava
l'attivita' della palestra, della Scuola Popolare, del doposcuola.
Ma tra il '78 e l'80 il Leoncavallo perse tutto il vecchio gruppo
di occupazione.
Noi della scuola popolare fummo gli ultimi ad andarcene:
l'esperienza delle scuole popolari stava terminando e la nostra
funzione con essa. Alcuni compagni hanno messo su famiglia, altri
hanno continuato a , far politica, altri non so.
Tra l'80 e l'81 il Centro cambia completamente la sua gestione
grazie all'arrivo di nuovi gruppi giovanili. Io da allora ci sono
andato pochissimo.
La notizia dello sgombero non mi ha colto di sorpresa, in quanto,
pur non seguendo piu' alcuna attivita' del Centro mi sono occupato
delle questioni legate all'area urbanistica del Leoncavallo.
Nell'85 dei compagni mi hanno chiesto di stendere un documento
sulle questrioni legali con l'immobiliare. Me l'aspettavo lo
sgombero, perche' mi sono reso conto che l'immobiliare si trovava
in una posizžone di forza e che era molto improbabile che un
magistrato esitasse nel firmare l'ordine di sgombero.
Quando stesi quel documento, consigliai ai compagni di contattare
le istituzioni per convincerle a chiedere la revisione del piano
per quell'area. A mio avviso, l'immobiliare ha vinto sul piano
legale per una serie di falsita'; ha vinto perche' l'avvocato del
Comune non ha fatto il suo lavoro", l'ha lasciata vincere.
Come dicevo in precedenza, il vincolo dell'area a servizi
collettivi in realta' era stato chiesto subito al Consiglio di
zona e cio' fu infatti deliberato. In teoria tale vincolo doveva
apparire nella prima versione del Piano Regolatore, ma per un
"errore" - mai chiarito - commesso dall'ufficio tecnico del
Comune, tale vincolo non comparve nella prima versione della
Variante del Piano, cosi' l'area non fu vincolata.
La cosa - tra l'altro - fu molto strana perche' la si dava per
certa; infatti l'autorevole rivista "Urbanistica" usci' includendo
il vincolo dell'area ai servizi collettivi. Quando ci si accorse
dell'accaduto, lo facemmo presente al Consiglio di zona il quale
ci disse che c'era la possibilita' di fare delle controindicazioni
al piano e richiedere nuovamente il vincolo; la cosa fu ottenuta.
Tra l'altro nel 1980 l'immobiliare avanzo' la proposta di
usufruire gran parte dello stabile, lasciandoci solo due edifici
fatiscenti; ovviamente la proposta fu rifiutata.
L'immobiliare prosegui' nelle sue operazioni legali: presento'
ricorso al TAR e lo vinse, la cosa altrettanto accadde al
Consiglio di Stato. Il gioco fatto dall'immobiliare e' stato
quello di presentare la prima Variante al Piano Regolare dove il
vincolo non appariva ed ha accusato il Consiglio dž zona d'aver
ceduto agli "estremisti" che occupavano il Centro senza fornire
alcuna ragione del perche' di tale scelta. Se la difesa del Comune
fosse stata seria, avrebbe dcvuto ricostruire la storia del
vincolo "misteriosamente dimenticata".
Un altro punto di forza sostenuto dall'immobiliare fu che sul
Piano Regolatore la zona adiacente al Centro era ricca di servizi;
posizione che formalmente era vera, ma nella realta' la cosa era
facilmente contutabile. In realta' due indirizzi politici seguiti
durante ia stesura della Variante al Piano, hanno fregato il
Centro:
a) nel '75 si parlava d'abbondonare il tram come mezzo di
trasporto urbano, per favorirne altri; questo comportava lo
smantellamento dell'officina tramviaria adiacente al Leoncavallo
ed il Consiglio di Zona presento' la richiesta di adibirla ad area
di servizi.
Quindi guardando il Piano Regolatore si vede un'enorme area
adibita a servizi, ma in realta' l'officina tramviaria non sara'
assolutamente smantellata. Cosi' solo il Centro Leoncavallo
rimaneva l'unica area collettivamente usufruibile dagli abitanti.
b) L'altro errore risiede nell'illusione fortemente radicata tra
la sinistra dell'epoca di mantenere le fabbriche in citta'. Il
Leoncavallo cosi' era una realta' un po' "eretica" perche' sorgeva
su uno stabile di proprieta' d'un'industria farmaceutica.
In realta' le industrie se ne sono andate egualmenže, ma le loro
aree non sono state vincolate, cosi' la speculazione del terziario
se ne e' appropriata. La politica comunale non ha voluto
restituire quelle aree ai cittadini, ed i privati oggi le
"valorizzano" a loro piacere.
Il Comune poteva, nel caso specifico del Leoncavallo, impegnarsi
senamente nel recuperare il vincolo in passato fatto sparire, ed
evitare, cosi' lo sgombero; fra l'altro e' una lotta che si puo'
condurre ancora.
(tratto dal libro bianco sul Leoncavallo a cura della federazione
milanese di Democrazia Proletaria - ottobre '89)