La difesa dello straniero risulta ancora oggi una realtà assai
difficile per motivi di varia indole. Oltre alle difficoltà pratiche,
come la mancanza di mezzi per far fronte alle spese legali, la
mancanza di una fissa dimora ove poter ricevere le notifiche (artt.
148 e ss. C.P.P.), nonché spesso la scarsa conoscenza della lingua
italiana, occorre evidenziare la ritrosia di alcuni difensori
ad accettare incarichi dai "clienti" extracomunitari. Ciò è soprattutto
dovuto alla mancanza di uno "stimolo" economico, oltre alle naturali
difficoltà, dovute a problemi di comprensione reciproca, che richiedono
da parte dell'avvocato maggior impegno e buona volontà.
Il problema maggiore, tuttavia, risulta essere la scarsa conoscenza
delle regole basilari dell'esercizio del patrocinio nel nostro
paese.
Da un corso tenuto dallo Sportello legale presso la Casa Circondariale
di San Vittore sulla figura del difensore nel 1996, così come
dalla frequentazione delle aule di giustizia, emerge con chiarezza
che la quasi totalità dei cittadini extracomunitari ignora la
differenza esistente tra il difensore d'ufficio e quello di fiducia.
O meglio: vi è la convinzione che il difensore d'ufficio, essendo
designato dal magistrato, sia pagato dallo Stato italiano e sia
quindi gratuito. .
A riprova di tale enorme equivoco, in cui incorrono comunque spessissimo
anche i cittadini italiani, vi è il fatto che oggi, negli inviti
a comparire per interrogatori od atti affini emanati dai Pubblici
Ministeri o dalla Polizia Giudiziaria da essi delegata, si inserisce
un inciso che avvisa i soggetti che vi è l'obbligo di retribuire
il difensore d'ufficio.
Essendo obbligatorio essere assistiti da un difensore, dato che
"inviolabile" è il diritto di difesa (art. 24 Cost.), due sono
le modalità di nomina dello stesso: su designazione fiduciaria
dell'imputato e per designazione effettuata d'ufficio dal magistrato.
L'unica differenza è data dal soggetto che opera la scelta. .
La convinzione che il difensore d'ufficio sia gratuito porta a
gravi incomprensioni nella gestione dei rapporti con gli avvocati:
da un lato il cittadino extracomunitario è convinto che nulla
sia dovuto al difensore d'ufficio e nulla offre, dall'altro il
difensore di fronte a tali rifiuti si astiene di fatto dall'attività
difensiva. .
Il procedimento tuttavia segue il suo corso: ad ogni udienza,
dato che il difensore d'ufficio designato inizialmente non si
presenta, viene nominato, dai magistrati procedenti, un difensore
reperito nel corridoio o già presente per altre udienze. Questi,
non essendo al corrente dell'accaduto e non avendo potuto visionare
precedentemente le carte, non può che limitarsi ad un'attività
difensiva quasi nulla. Si giungerà quindi alla sentenza con il
risultato di un imputato che ha usufruito magari di tre o quattro
difensori, nessuno dei quali tuttavia mai al corrente della sua
vicenda processuale.
In tal modo si finisce di fatto col precludere all'imputato l'accesso
ai riti alternativi (c.d. patteggiamento, giudizio abbreviato
etc.) di cui lui stesso spesso non conosce l'esistenza e che richiedono
un ruolo attivo del difensore (redazione dell'istanza, trattative
col P.M. etc.). .
Occorrerebbe dunque meglio chiarire le differenze esistenti tra
i vari tipi di difensori, accertandosi realmente che il cittadino
extracomunitario le comprenda nella sostanza, senza soffermarsi
a meri avvisi formali che, se pur previsti dalla legge, il più
delle volte passano sotto silenzio. .
La procedura consente, infatti, la più ampia libertà di scelta
e di movimento nella nomina dei difensori. La nomina dell'avvocato
di fiducia non prevede particolari formalità: può essere fatta
anche oralmente o con qualsiasi manifestazione di volontà comunque
comunicata al giudice. .
Molti comunque non sanno che la legge limita a due il numero massimo
di difensori che l'imputato può nominare (non è raro che il cittadino
extracomunitario si trovi a nominare tre o quattro difensori senza
revocare le nomine precedenti) e che la difesa d'ufficio ha funzione
sussidiaria per cui l'avvocato nominato dal soggetto ha la precedenza
su quello nominato d'ufficio.
I criteri di nomina di questi ultimi vengono stabiliti dal Consiglio
dell'ordine forense in base ad elenchi di professionisti già predisposti
e a turni di reperibilità, per cui la loro nomina èè quasi automatica.
.
Il "difensore d'ufficio ha l'obbligo di prestare il patrocinio
e può essere sostituito solo per giustificato motivo" (art. 97
C.P.P.). Ogni comportamento che possa integrare ipotesi di abbandono
della difesa d'ufficio deve essere segnalato dall'autorità giudiziaria
che l'abbia recepito al Consiglio dell'ordine forense al quale
compete, in via esclusiva, l'attivazione di un eventuale procedimento
disciplinare. .
Tali comportamenti, tuttavia, vanno valutati caso per caso per
verificare l'intenzionalità dell'abbandono. Vi è quindi un'assoluta
libertà ed indipendenza di valutazioni e di giudizi che vanno
a garantire il difensore nei confronti di chiunque, anche del
giudice. Solo gli organismi professionali, cui l'avvocato appartiene,
possono quindi essere i censori dei comportamenti scorretti. .
Vi è comunque la possibilità, anche per il cittadino extracomunitario,
di accedere alla difesa gratuita. Ciò è garantito, oltre che dalla
nostra Costituzione ("Sono assicurati ai non abbienti, con appositi
istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione"
art. 24 comma 3) dalla Legge 30 luglio 1990 n 217 (Istituzione
del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti).
Occorre osservare che per "difesa" si intende non solo quella
"tradizionale" dell'imputato, ma anche l'ipotesi in cui lo straniero
sia la persona offesa dal reato od il responsabile civile (ad
es. il genitore di minore incapace che risponde del pagamento
dei danni).
Durante qualsiasi fase processuale, quindi, lo straniero RESIDENTE
può chiedere di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Ciò comporta che lo Stato anticipa le spese effettivamente sostenute
dal difensore (nominato d'ufficio o scelto dall'interessato come
avvocato di fiducia), rilascia gratuitamente le copie degli atti
processuali necessarie e considera come debito dello Stato gli
onorari dovuti ed ogni imposta o tassa.
L'istanza, a pena di inammissibilità, deve essere firmata dall'interessato
(con autenticazione dell'avvocato o del funzionario che la riceve);
per il detenuto, in stato d'arresto o detenzione domiciliare,
l'atto va inviato al Direttore (ad un ufficiale di polizia giudiziaria
in caso di arresti domiciliari) il quale dopo averlo iscritto
in un apposito registro lo comunica immediatamente all'autorità
competente (art. 2 comma 2 che rinvia all'art. 123 c.p.p.). L'istanza
può altresì essere presentata dall'interessato o dal difensore
o inviata a mezzo raccomandata alla cancelleria del giudice che
procede (non il P.M. ma il giudice davanti al quale pende il procedimento).
E' considerato "non abbiente" (art. 3 comma 1 l. Cit.) chi ?titolare
di un "reddito imponibile ai fini dell'IRPEF, risultante dall'ultima
dichiarazione dei redditi, non superiore ai quattordici milioni"
(limite adeguato ogni due armi alle variazioni dell'indice dei
prezzi al consumo). Se l'interessato convive con il coniuge o
con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi
conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia,
compreso il richiedente. Il limite in tal caso è aumentato di
due milioni per ogni familiare convivente (art. 3 comma 2).
Importante è notare che non si può essere ammessi al patrocinio
a spese dello Stato se risulta che si è assistiti da più di un
difensore (art. 4 comma 3), cosa che spesso capita agli stranieri
(soprattutto se detenuti), i quali sono soliti nominare un secondo
avvocato quando si rendono conto di essere stati abbandonati dal
primo difensore (che spesso non comunica affatto la propria intenzione
di non seguire il caso e fa trascorrere mesi e mesi dal primo
colloquio), senza tra l'altro preoccuparsi di revocare la vecchia
nomina. .
L'istanza deve essere redatta in carta semplice e con l'indicazione
del processo cui si riferisce e deve contenere: .
a) l'indicazione delle generalità dell'interessato e dei componenti
la sua famiglia anagrafica; .
b) un'autocertificazione che attesti le condizioni di reddito
previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito
complessivo (che per taluni detenuti può essere uguale a zero);
.
c) l'impegno a comunicare, entro trenta giorni dalla scadenza
del termine di un anno dalla data di presentazione dell'istanza,
le eventuali variazioni dei limiti di reddito verificatisi dell'anno
precedente (art. 5).
L'istante straniero (art. 5 comma 3) deve allegare un'attestazione
dell'autorità consolare competente dalla quale risulti che, "per
quanto a conoscenza della predetta autorità", la suddetta autocertificazione
non è mendace..
Occorre osservare tuttavia che l'inciso sopramenzionato è stato
dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale
n 219 del 1995. Si verificava, infatti, una sorta di discriminazione
al contrario nei confronti dei cittadini italiani. .
Mentre infatti questi dovevano presentare una documentazione dettagliata
che attestasse il loro reddito, agli stranieri bastava una dichiarazione
del consolato di appartenenza che dicesse che "per quanto a loro
conoscenza" il soggetto straniero presentava i requisiti. .
Ora dunque occorre una dichiarazione del consolato o dell'ambasciata
che attesti che il cittadino extracomunitario non possiede beni
e non ha entrate nel territorio italiano ed in quello di appartenenza.
.
Si è dovuto a malincuore osservare che tali organi diplomatici,
di fronte alla maggior responsabilità da assumersi nelle dichiarazioni,
ora negano il rilascio delle certificazioni (soprattutto i paesi
dell'area del Maghreb), negando così di fatto ad un numero non
esiguo di extracomunitari l'accesso al gratuito patrocinio. .
Dott. Andrea Cavallo