EZLN LA FORZA DEL SILENZIO
di Luis Hernández, scritto il 9 giugno 2002 per "Rebellion", www.rebellion.org, tratto da "Wacalli", noticias desde l@s nadies, nro. 7, medio de informacion alternativo de Costa Rica.


Di fronte al chiasso e al rumore del "governo del cambio" di "Vicente Berlusfox" -come alcuni periodici definiscono l'attuale presidente mexicano- gli zapatisti hanno finora deciso di parlare con la forza del silenzio. Dal primo di maggio 2001, quando diramarono l'ultimo comunicato, discreditando la riforma indigena approvata dal Congresso messicano, l'EZLN (esercito zapatista di liberazione nazionale) non si é più rivolto pubblicamente alla societá civile nazionale o internazionale. Solamente l'assassinio della difensora dei diritti umani Digna Ochoa ha fatto sí che questa strategia del silenzio si rompesse, per porgere le condoglianze e la solidarietá ai famigliari e ai compañer@s della vittima. Mentre il nuovo governo di centrodestra si consuma sempre piú velocemente, senza peraltro mantenere le promesse fatte, come ad esempio la riforma dello Stato, mentre i suoi rappresentanti litigano in pubblico, il presidente si scontra con l'organo legislativo e i partitti politici assecondano fedelmente le scelte governative, i ribelli costruiscono dal basso il potere popolare, nominando le proprie autoritá autonome locali in maniera diretta, promuovendo programmi di salute, educazione e agroecologia.
Il silenzio zapatista non è nuovo come tattica politica e non é nemmeno uno strumento sconosciuto della cultura di resistenza dei popoli indigeni. Frequentemente gli indigeni/e di questo paese si sono azzittiti di fronte a funzionari prepotenti e autoritari, fingendo di non capire le loro parole. Questo ha permesso, da una parte, di far sentire il gelo dell'incomunicazione e dall'altra di evitare di assumere compromessi a loro sfavorevoli. Nel corso di 10 anni l'EZLN é cresciuto come forza politico-militare all'interno delle comunitá indigene chiapaneche, facendo del silenzio verso l'esterno un elemento centrale della propria azione. Non proferirono parola durante le elezioni del 1997 e del 2000. Si azzittirono dopo l'offensiva militare del governo di Ernesto Zedillo all'inizio del 1998. Questa strategia si è convertita in uno specchio attraverso il quale i vari attori politici vedono riflessa la propria immagine e i propri desideri. Il silenzio ha sostituito momentaneamente il passamontagna e il pallacate. Paradossalmente il non fare sentire la propria voce ha permesso che le domande di controversia istituzionale contro la riforma indigena approvata dal governo, presentate da piú di 30 municipi "ufficiali", possano essere ascoltate dall'opinione pubblica nazionale. Lo stesso é successo con una moltitudine di lotte in resistenza sorte in tutti gli angoli del territorio nazionale. É come se l'assenza di parole della comandancia ribelle abbia potuto provocare la maturazione e il riposizionamento politico di altri attori sociali.

Il silenzio non ha peró implicato che le popolazioni in rebeldia smettessero di parlare. Una dopo l'altra hanno documentato le aggressioni di cui sono state vittime, riaffermando la propria volontà di resistere pacificamente. La presa di posizioni pubbliche dimostra l'esistenza di un coordinamento interno. Le autoritá dei municipi autonomi hanno emesso regolarmente delle dichiarazioni pubbliche dove denunciano le agressioni perpetrate da esercito e paramilitari.

Peró l'esercito zapatista di liberazione nazionale non ha per il momento detto nulla; il che non vuol dire che non abbia fatto niente. Al contrario la sua linea d'azione in questa congiuntura appare chiara: avanzare nella costruzione dell'autonomia su di un ampio territorio, rafforzare la formazione di un ampio movimento contro il neoliberismo in territorio internazionale e promuovere la formazione di una nuova forza indigena e indipendente all'interno del paese. Lo specchio nel quale si riflette il governo messicano difetta di molta immaginazione. Nelle sue fila serpeggia il nervosismo. Si rende conto che il fatto di aver spodestato il pri (partito revolucionario istitucional al governo negli ultimi 50 anni...) non ha offuscato la bandiera della ragione che sventola l'EZLN e non gli ha neppure tolto legittimitá. Non ha oscurato gli insurgenti, temendo oltretutto il momento della loro riapparizione pubblica.
Di tanto in tanto il governo Fox si é questionato sul silenzio zapatista e la sua interpretazione si é convertita nella principale fonte di rumore: ha di fatto evidenziato che il potere non dispone di un programma proprio, che non possiede una strategia di pace nella regione e che quello che pretende é far passare il tempo.Si é cosí collocato nel peggiore dei mondi possibili: senza legittimitá per fare la guerra e senza credibilitá per raggiungere la pace.
L'usura governativa é il risultato sia di incongruenze interne nell'applicazione della propria strategia, sia della mancanza di unitá nei posti di comando, cosí come dello scontro tra il governo messicano con le popolazioni civili in resistenza pacifica e con ampie frange della societá civile nazionale e internazionale.
Il silenzio zapatista ha incrementato i costi della strategia ufficiale. Risultando invisibile la comandancia si é evidenziata la vera natura dell'offensiva governamentale: la demagogia come politica di Stato, la guerra occulta contro le popolazioni indigene mascherata da tendenziose proposte di pace.
Ironicamente il silenzio ribelle si percepisce con la stessa forza delle parole di ieri. Lungi dall'avere perduto spazio nella vita politica nazionale, lo zapatismo si mantiene, senza proferire parola, al centro della tormenta. "Coloro che si mantengono nel silenzio sono ingovernabili", dice Ivan Illich.
Il silenzio zapartista suona forte, sarebbe un errore sottostimarlo.
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