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CHIAPAS: UN POPOLO IN LOTTA |
Dopo 500 anni la situazione resta in sintesi immutata: ai giorni nostri il 90% delle terre e delle ricchezze di questo immenso continente sono in mano al 10% della popolazione. Il Chiapas è un esempio eclatante: nel suo sottosuolo vi sono immensi giacimenti petroliferi e di gas naturale; produce il 60% dell'energia elettrica messicana; vanta inoltre una forte produzione agro-alimentare (allevamenti di bestiame, coltivazioni di caffè, cacao e frutta) destinata nella sua quasi totalità all'esportazione. Questi dati sono in netto contrasto con l'alto grado di mortalità infantile e di denutrizione, l'analfabetismo che nelle zone rurali colpisce il 90% della popolazione, la mancanza di strutture sanitarie che causa la morte di molte persone affette da malattie facilmente curabili. La miseria è una condizione imposta dal sistema economico neoliberista, che fa del Chiapas terreno di conquista per le grandi multinazionali. Per contro la manodopera è sottopagata, non gode di nessun diritto ed è costretta a condizioni di lavoro disumane. Dalla rivoluzione sociale d'inizio secolo scaturì la Costituzione del 1917, la quale garantisce il diritto alla terra per il contadino, la sicurezza sociale, la protezione legale degli operai, i diritti della donna, uneducazione laica, la costruzione di università e ospedali. Tutte queste conquiste, sono state cancellate negli ultimi settant'anni dal Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) instaurando un vero e proprio regime totalitario. Loligarchia messicana, rappresentata dal PRI durante 70 anni di potere ed oggi dal PAN, adotta misure atte a rendere attrattivo il proprio paese al capitale finanziario internazionale, rendendosi alleata di politiche economiche dettate dal FMI, organismo disumano il cui scopo è laffermazione della dottrina del libero mercato ai danni della socialità, del diritto ad una vita dignitosa e dellecosistema. Il neoliberismo ha parecchi nemici, uno tra i più decisi è sicuramente lEZLN, in Messico. LEZLN ha fatto la sua apparizione il 1° gennaio 94. Da allora conduce una lotta per democrazia, giustizia e libertà, che è riuscita a risvegliare ampi strati di società civile e della sinistra sia messicani che internazionali. Fin dallinizio il governo anziché dar seguito alle secolari e legittime richieste degli indigeni (salute, educazione, lavoro, alimentazione, terra, pace ed autodeterminazione), ha inasprito la repressione già esistente rendendola degna di un regime dittatoriale. Questa repressione si traduce in guerra di bassa intensità, pianificata con lappoggio militare e strategico degli USA, che significa per gli indigeni messicani la presenza costante ed asfissiante dellesercito federale in numerose comunità, la violazione sistematica dei più elementari diritti umani, in assenza di salute e di educazione. Il governo messicano parla di pace, sostiene di non cercare una soluzione armata al conflitto ma la realtà è ben altra: forte militarizzazione in tutto il paese, con punte altissime in Chiapas (ca. 60'000 soldati nelle zone con forte appoggio zapatista), nello stato di Oaxaca, Veracruz e Guerrero, dove si registrano quotidianamente gravissime violazioni dei diritti umani quali stupri, assassinii, torture e sgomberi di villaggi, capoluoghi dei municipi autonomi zapatisti, intimidazioni costanti alla popolazione che appoggia il movimento ribelle. Parallelamente le istituzioni federali promuovono "piani di sviluppo sociale" il cui vero obbiettivo è finanziare i gruppi paramilitari addestrati dall'esercito messicano ed "incaricati" di seminare il terrore fra coloro che non si riconoscono nel partito al potere. Un esempio noto è il finanziamento di circa un milione di dollari ricevuto dal gruppo paramilitare "Paz y Justicia", prelevato dal Fondo Monetario Internazionale e spacciato dal governo quale "progetto di sviluppo agroproduttivo". Il risultato più tragico della strategia governativa è stato il massacro di Acteal, nel quale 45 civili, quasi tutti donne e bambini, sono stati trucidati dal gruppo paramilitare "Maschera rossa". L'esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN) dopo l'occupazione di vari municipi durante le prime due settimane del gennaio '94 non si è più reso protagonista di azioni armate, soddisfacendo la richiesta della società civile messicana mobilitatasi in appoggio alle più che legittime rivendicazioni delle etnie di origine Maya. Innanzitutto lautonomia, intesa non come secessione dalla nazione, ma bensì come la condizione che permetterebbe ai popoli nativi di dare continuità al loro modello di vita comunitario, basato sulla collettività, sul coinvolgimento di ogni componente nella presa di decisioni, scaturite da ampie discussioni democratiche, che hanno luogo allinterno di assemblee comunitarie. Di seguito: la ridistribuzione equa delle terre (il latifondismo in messico è dominante); il diritto all'istruzione, alla salute e alla preservazione della propria cultura e delle proprie tradizioni millenarie. Dopo anni di proteste pacifiche, sempre inascoltate e represse nel sangue dal potere centrale non rimaneva altro che impugnare le armi per far giungere il grido di ribellione al mondo intero. Linsurrezione zapatista è stata in grado di portare in primo piano le esigenze degli indigeni del chiapas, tuttavia la strada del "dialogo" con il governo federale è stata intesa in due maniere ben differenti. Da una parte gli insorti seriamente impegnati nella ricerca di una soluzione pacifica alle profonde ingiustizie che regnano nella società chiapaneca e messicana, dallaltra il governo, che con la sua strategia di guerra a bassa intensità, altro non vuole, se non reprimere e soffocare il grido di disperazione e speranza degli indigeni messicani. Colletivo zapatista di lugano |
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