Comunicato
a sostegno del ragazzo picchiato, contro l'impunità e la
repressione sbirresca
Assoluzione del poliziotto che per poco non provocò la morte
di un’attivista che protestava contro il vertice dei G8. "È
colpa degli attivisti che si sono messi in una situazione pericolosa”.
Così la giustizia vodese ha liquidato la scorsa settimana
la vicenda del gendarme che, il 1 ° giugno 2003 su un ponte
autostradale di Aubonne, tagliò la corda alle cui estremità
erano appesi due manifestanti.
Assoluzione
degli agenti che, durante le mobilitazioni contro il WEF nel gennaio
2004, rompevano un braccio ad un manifestante invitandolo, a colpi
di manganello, ad allontanarsi dal blocco autostradale in corso
presso l’aeroporto di Zurigo.
Insabbiamento
dell’inchiesta sulla morte, per presunto suicidio, di un giovane
nigeriano alle carceri pretoriali di Bellinzona. L’ennesimo
caso di morte violenta all'interno delle indegne carceri pretoriali
ticinesi.
Inquietante
silenzio sui pestaggi dei poliziotti della comunale di Lugano contro
dei ragazzi grigionesi “colpevoli” di abuso di sostanze
alcoliche…, pratica largamente diffusa alle nostre latitudini
che però non può, da sola, costituire motivo di criminalizzazione.
Abuso
di potere a Morcote, durante il sit-in contro l’arrivo di
Berlusconi e di “Forza Italia”, dove una manifestante
veniva colpita con una ginocchiata sul viso da parte di uno dei
troppi poliziotti in “antisommossa” intervenuti. Eseguita
pure una schedatura (con tanto di fotografie) di tutti i partecipanti
nonché sequestro di un rullino in cui è documentato
l’agire della polizia.
E
soprattutto…
nessuna colpa è da attribuire al caporale e all’agente
della comunale di Bellinzona che lo scorso marzo erano stati denunciati
da uno studente di Balerna. Il diciottenne ha riportato numerose
ferite causate dall’eccessiva e spropositata durezza dimostrata
in occasione dell’intervento su di un vagone fermo in stazione,
la mattina del 25 febbraio.
Questi
sono solo alcuni degli inquietanti e pericolosi episodi, quasi concomitanti,
che confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, l'impunità
della polizia nel nostro paese.
Come
già denunciato più volte da gruppi e attivisti che
si oppongono all’attuale processo di globalizzazione economica,
la repressione in Svizzera sta aumentando considerevolmente.
Le conseguenze sono vissute quotidianamente dalle fasce sociali
più esposte. Migranti, attivisti politici, giovani, lavoratori
precari (spesso donne). Tutta quella parte di popolazione confinata
nei non-luoghi che riserva loro la società della guerra preventiva,
dei tagli, dei licenziamenti di massa e delle privatizzazioni selvagge.
La polizia, applicando la militarizzazione delle nostre città
imposta dai governanti di turno (siano essi di destra o presunta
sinistra poco importa) si rende colpevole d'innumerevoli episodi:
controlli violenti, botte indiscriminate, atteggiamenti razzisti,
abuso d’autorità verso chiunque osi dissentire. O che
dire del costante reclutamento di polizia privata favorita sicuramente
dai licenziamenti di massa e dal bisogno economico di creare nuovi
impieghi.
Il controllo sociale si fa sempre più pressante: schedature
di massa, registrazione dei profili DNA e videosorveglianza sono
all'ordine del giorno. Uniche ricette individuate per combattere
le “pericolose devianze” dei giovani ticinesi. Mentre
i nostri governi continuano a non volersi mettere in discussione
trovando più semplice colpevolizzare tutti coloro che non
si vogliono adeguare a questo mondo malato, esercitando il diritto
ad essere diversi.
La “tolleranza zero” espressa chiaramente dai vertici
oggi al potere, sta portando ad una pericolosa escalation di violenza
e repressione che non è più possibile accettare. Così
come pure l’impunità concessa agli agenti di polizia,
sempre giustificati dai loro superiori e continuamente invitati
a proseguire con questi atteggiamenti (come ci insegna il Comandante
della Polizia ticinese Piazzini).
Non
sono le città bunker che risolvono i disagi di giovani e
meno giovani!
Non sono i manganelli della polizia che redimeranno coloro che non
ci stanno!
Non sono le crociate anti-canapa che fermeranno la ricerca d’evasione
da una società preconfezionata.
Non è il sistema della punizione carceraria che porterà
a una maggiore responsabilizzazione dell’individuo.
Solamente
una reale politica di integrazione, di concessione di spazi sociali
autogestiti e liberi dal controllo statale, di possibilità
di autodeterminare le proprie esistenze, uniti alla sicurezza di
una casa, di un reddito, dell’accesso alla sanità,
potranno generare una società meno escludente.
Solamente l’arresto di questo sistema discriminante e individualista
porterà alla creazione di un vivere comune all’insegna
del rispetto e della solidarietà.
Esprimiamo
quindi la nostra indignazione per la situazione di terrore e disinformazione
che si è voluta creare e rinnoviamo la nostra totale solidarietà
al ragazzo violentemente picchiato dalla polizia sul treno, ai suo
famigliari, ad Anthony e ai suoi amici, e in generale a tutti coloro
che in Ticino, in Svizzera, nel mondo sono vittime di un sistema
costruito su soprusi, guerre e violenza verso i più deboli.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>STOP
THAT FUCKING TRAIN!
Maggiori
informazioni su indymedia.ch
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