Primo maggio
18 mila persone senza lavoro nel solo Ticino (e non è finita
qui), pressioni psicologiche su chi ancora ha un lavoro (o accetti
o te ne vai"), peggioramento della legge sulla disoccupazione, rotture dei
contratti collettivi di lavoro, possibilità di fare contratti sempre
più infami, affitti mai abbassati nonostante i tassi ipotecari siano
scesi negli ultimi anni, casse malati sempre più costose, ditte svizzere
che trasferiscono all'estero le loro strutture produttive alla ricerca di
maggiori profitti.
Nel contempo la produttività industriale aumenta e le banche registrano utili record.
Le conseguenze disastrose del progetto neoliberista globalizzante sono evidenti. Lo sfruttamento si mondializza e anche nel primo mondo si estendono le sacche di povertà.
Di fronte a queste tendenze la sinistra socialdemocratica e i sindacati si pongono in posizione subalterna, puntando tutto sulla difesa di qualche brandello di socialità ma facendo continuamente concessioni alla logica deregolamentatrice della destra.
Occorre una risposta più ferma, che non si limiti alla salvaguardia deello status quo ma che trovi nuovamente il coraggio di pensare a una società più giusta e a un modello diverso di produzione e di sviluppo. Non basta opporsi con scarsa convinzione alle proposte di sgravi fiscali o per le imprese o alla diminuzione dei sussidi per i disoccupati.
Per ridistribuzione della ricchezza e del lavoro noi intendiamo qualcosa di più. Anche se non abbiamo soluzioni pronte, sappiamo che la giustizia sociale è altra cosa, che la società che vogliamo non è quella del cosiddetto stato sociale". Il pragmatismo scelto dalla sinistra negli ultimi decenni ha finito per buttare l'utopia sociale nella pattumiera della storia. Noi ci proponiamo di recuperarla, questa utopia, per renderla viva, e l'esperienza che abbiamo avviato ai Mulini va in questo senso. Al centro sociale autogestito, nello spazio che abbiamo liberato dalla speculazione edilizia, abbiamo cominciato a realizzare la nostra alternativa.
L'esigenza di creare, di disporre, di autogestire degli spazi ad uso sociale, collettivo, culturale, aggregativo nasce sì dal diritto di voler proporre e fruire di cultura alternativa, ma anche dal diritto, ritenuto fondamentale, di poter essere finalmente protagonisti della nostra vita e, di conseguenza, di crearci una qualità di vita basata sui valori della convivenza collettiva autonoma, valori di fiducia, di amicizia e di responsabilità.
Quindi il centro sociale o socio-culturale non dev'essere visto solo come luogo di svago e di divertimento - anch'essi elementi importantissimi quando il lavoro occupa la maggior parte della nostra vita, costringendola nei fini produttivi - ma vi è ben altro.
Per combattere questo aspetto e per essere più propositivi nella nostra vita, riteniamo fondamentale che il centro divenga finalmente un laboratorio, un villaggio, una comunità che sappia creare una partecipazione collettiva unanime negli scopi e negli obiettivi e che faccia dell` "essere protagonisti della nostra vita" un cavallo di battaglia indistruttibile.
Il centro socio-culturale deve servire per tutti, per chi sa e per chi non sa, per chi vorrebbe sapere di più o, magari, insegnare. Ciò avviene tramite la messa in comune delle conoscenze, affinché ognuno abbia le medesime possibilità. In questo caso la condivisione della conoscenza diviene produttiva, non in termini di profitto, ma di necessità, bisogni e possibilità, o ancora in rapporto alla voglia ed al piacere di fare, e di fare assieme.
Questo al contrario del sistema neoliberista, il cui continuo costruire alla fin fine produce ben poca utilità reale.
Nel nostro sogno - man mano divenuto realtà progettabile ed attuabile - anche il pagamento monetario non avrebbe più senso, non essendo certo il denaro il punto di riferimento della qualità di vita nel centro.
Il principio base dell'economia del centro è l'autofinanziamento.
Attualmente è così strutturata: vi sono diverse attività, ognuna gestita con la propria cassa. Ci sono attività che permettono di finanziarne altre e attività che invece possono sostenersi da sole..
Crescendo il centro sociale - strutturalmente e organizzativamente - vi è stata anche un'evoluzione anche per quanto riguarda la maniera di affrontare i problemi economici. Col passar del tempo, si sono evidenziate le difficoltà di quanti vivono stabilmente nel Molino. L'assemblea ha dunque deciso di attribuire a ogni occupante un buono giornaliero del valore di 20 fr., da spendersi all'interno del centro, più una diaria di 10 fr. in contanti per spese al suo esterno. Anche altre persone che lavorano saltuariamente usufruiscono, attualmente, di buoni, da loro richiesti secondo coscienza.
Questo rapporto, basato sulla fiducia, è il cardine su cui poggia la strada intrapresa, cioè la liberazione dal lavoro salariato. Il buono non è commisurato, infatti, alla quantità del lavoro svolto o alle ore impiegate.
Molte persone lavorano senza ricevere nessun 'sussidio' proprio perché non ne hanno materialmente bisogno; questa decisione spetta comunque principalmente alla persona stessa.
Il devolvere un 'salario di sussistenza' non implica che i riceventi debbano lavorare obbligatoriamente tutti i giorni: ciò le rende libere e in grado di non cedere al lavoro salariato, fonte per noi dell'alienazione umana.
Il lavorare senza obblighi - comprendendo che anche 'comunicare il Molino' ad altri è una forma di lavoro - infonde entusiasmo e spirito d'iniziativa particolari a chi sia abituato a eseguire lavori sentiti come non proprii, perchè dettati da un direttore o da un padrone avente come unico scopo il guadagno personale.
Nel nostro piccolo, con i nostri limiti, e tra mille difficoltà, stiamo quindi cercando di costruire un'alternativa concreta alla concezione capitalistica del lavoro. Nella giornata del primo maggio ci auguriamo di poter continuare questa esperienza e di poter dare un modesto contributo a una società più giusta in cui il lavoro non sarà più una costrizione dettata dalla necessità di sopravvivenza per gli uni e dalla ricerca del profitto per gli altri, ma la libera scelta di un'attività creativa socialmente utile.