La lotta
ritorna nelle università:
Settimana di Mobilitazione Europea
Un titolo semplice e coinciso per presentare una settimana, quella tra il 16 e il 20
novembre prossimi, che vedrà gli studenti universitari e liceali di tutta Europa scendere
in strada e protestare contro il nuovo attacco portato dal potere neoliberista verso il
mondo dell'educazione superiore. Lo scopo dei padroni contro cui gli studenti si
mobiliteranno è evidente: controllare la crescita sociale e culturale della popolazione
attraverso un lavoro di clonazione intellettuale collettiva di chi, ai loro occhi,
formerà la classe dirigente del futuro.
Per comprendere meglio la situazione, proviamo una brevissima analisi politica,
ripercorrendo la principali tappe di questo ulteriore e preoccupante attacco: cominciamo
dal 1989, data in cui la Tavola Rotonda Europea degli Industriali ( potente gruppo di
pressione padronale nel quale sono rappresentati, tra gli altri, i padroni di Fiat,
Petrofina, Lyonnaise des Eaux, Olivetti, Philips, Hoffman la Roche, BP, Nestle e Pirelli)
in un suo rapporto1 si lamentò del fatto che " la formazione è considerata dai
governi un affare interno [...] l'industria ha poca influenza sui programmi d'insegnamento
". Non contenti di ciò, gli stessi industriali, in un altro rapporto datato 19912
parlarono di " università aperta come un impresa industriale ", paragonando gli
studenti a dei " clienti " e i corsi a dei " prodotti ".... Per la
seconda tappa scesero in campo i politici: durante una riunione del G7 tenutasi nel 1994 a
Bruxelle e consacrata al tema " società e informazione " fu partorito un
allucinante rapporto3 dove si puo' leggere " la responsabilità della formazione
deve, in definitiva, essere assunta dall'industria [...] l'educazione deve essere intesa
come un servizio reso al mondo economico "! L'OCSE è il protagonista della fase
seguente: nel 1996 pubblico infatti uno studio dal quale risultava che un università con
meno studenti (e meglio ancora se rappresentanti del medesimo ceto sociale...) sarebbe
stata più facilmente controllabile, e quindi consigliò ai governi europei di rendere
più difficile l'accesso agli studi superiori aumentando le tasse d'iscrizione, inserendo
esami d'ammissione (non basati su una verifica delle conoscenze ma soltanto
sull'arbitrario giudizio di una commissione di esperti scelta dagli stessi padroni: do you
remember Numerus Clausus?) e favorendo l'entrata del settore privato nelle varie sedi. I
protagonisti della quarta tappa furono i diversi governi nazionali, e, tanto per
riconfermare la leggendaria puntualità elvetica, i 7 saggi di Berna furono i piu veloci:
neanche qualche mese più tardi infatti venne alla luce la nuova bibbia dell'economia
Svizzera4 nella quale ai futuri orientamenti delle scuole superiori è stato dedicato un
intero capitolo. Alla voce " deregolamentazione della formazione universitaria "
(e già questo basterebbe a dare un idea dei contenuti...) si possono infatti leggere i
consigli impartiti ai responsabili dei diversi dipartimenti dell'istruzione: tra i più
aberranti riportiamo " apertura del mercato agli istituti privati ", "
introduzione di tasse universitarie che coprano le spese a carico degli studenti ",
" allargamento della libertà d'azione delle università in materia di programmi e
accesso agli studi ", e, dulcis in fundo, " finanziamento privato alle cattedre
d'insegnamento "! A questo punto non restava che mettere in pratica quanto richiesto,
e i più veloci di tutti sono stati i padroni dell'USI, che non si sono limitati a seguire
gli ordini ma li hanno addirittura anticipati: già agli inizi degli anni novanta infatti
stava nascendo l'idea di creare l'università del futuro, un università che rispettasse i
dettami del potere economico, e il risultato è sotto gli occhi di tutti! Senza
soffermarci su chi governa l'USI ( se qualcuno fosse ugualmente interessato a conoscerne i
nomi, consultando la " guida dell'Università5 " scoprirebbe che sui banchi del
consiglio di fondazione, organo supremo della fondazione per le facoltà di Lugano,
siedono i soliti sindaci, capi dicastero, rappresentanti di ordini religiosi, avvocati,
bancari, ...) diamo un'occhiatina ad un paio di particolarità che la contraddistinguono:
le tasse d'iscrizione sono fino a 8 volte più alte rispetto alla media nazionale (8'000.-
Fr annui per uno straniero, "solo" 4'000.- per uno svizzero, rispetto ad una
media nazionale di 1'000.- Fr!), e uno studente non in possesso di un attestato di
maturità puo si essere ammesso all'USI come nelle altre Uni svizzere, ma solo dopo aver
sottoposto la sua richiesta ad una speciale commissione (e qui sorgono spontanee diverse
domande: da chi è formata questa commissione? secondo quali criteri decide chi ammettere?
esiste la possibilità di fare ricorso?). Altrettanto incredibili sono le giustificazioni
portate dai padroni dell'USI: nel messaggio municipale " per l'istituzione
dell'Università di Lugano "6 (ma non era l'Università della Svizzera Italiana?
quali errori fanno commettere gli eccessi di megalomania di alcuni autori del rapporto
...) alla voce " tasse d'iscrizione " si giustificano le tasse per gli stranieri
in quanto le stesse sono " solo una frazione di quanto uno straniero versa ad un
università privata in altri paesi, dove le rette possono addirittura ammontare a 20'000
Fr.- (università di Harvard) o ai 15-16'000 di Oxford e Cambridge " [PS: Ma l'USI
non dovrebbe essere un università pubblica?, o stà forse diventando l'anello mancante
della catena delle scuole targate CL La Carovana -Istituto Elvetico -Liceo Diocesano Pio
XXII? ai posteri l'ardua sentenza...].
Il messaggio in questione finisce ricordando che in caso di intervento finanziario della
confederazione, che a tutt'oggi non versa un centesimo nelle casse dell'USI (poverissime,
nonostante le recenti donazioni milionarie...) le tasse d'iscrizione potrebbero essere
ridimensionate. Il nocciolo della questione è proprio questo: il richio che cio non si
avveri e che l'USI sia una specie di esperimento per preparare l'università del futuro è
troppo alto, e per questo bisogna reagire. Constatando pero che questo sistema
difficilmente potrà essere combattuto dall'interno (gli interessi in gioco sono
troppi...) gli studenti hanno deciso di scendere in piazza con molteplici rivendicazioni
che possono essere facilmente riassunte: per un università accessibile a tutti,
democratica, pubblica (e quindi evitando l'intervento del settore privato) e per un
sistema educativo che dia le stesse possibilità a tutti, senza distinzione di razza, ceto
sociale, sesso, religione e credo politico!
Ma siccome l'università deve essere un centro di arricchimento sociale e culturale per
tutta la società e non solo per chi la frequenta, allora che tutti tengano un occhi
vigile, cosi come il centro sociale il Molino fa e continuerà a fare sulla realtà
ticinese dell'USI!
Per ulteriori informazioni consultate il sito internet della coordinazione studentesca
europea student-in-action.bbk.org o prendete contatto con il centro sociale.
1 Educazione e competenze in Europa, TREI, Bruxelle, 1989
2 Rapporto sull'insegnamento superiore nella comunità europea, TREI, Bruxelle, 1991
3 Educazione europea: verso una società che impara, G7&TREI, Bruxelle, 1994
4 Il libro bianco dell'economia Svizzera, AAVV, Zurigo, 1996
5 Guida dell'università - semestre invernale 1998/99, Lugano, 1998
6 Messaggio per l'istituzione dell'Università di Lugano, MMN 4638, Lugano, 1994