Spazio Boycott
Sfruttati anche per il tè
Sotto accusa questo mese la multinazionale anglo olandese UNILEVER. Ai più questo marchio non dirà un granché ma sicuramente il nome del prodotto di punta di questa ennesima e legale associazione a delinquere vi ricorderà qualcosina: la Lipton!!
Ebbene sì, il tè più famoso e venduto al mondo non poteva avere la coscienza pulita...
Unilever, con la consociata Brooke Bond (proprio quella che si occupa del marchio Lipton) coltiva tè in paesi come l'India, il Kenya, la Tanzania, Malawi e lo Zaire per una superficie globale di circa 17'000 ettari.
E per l'ennesima volta le criticeh vanno alle condizioni più che misere dei lavoratori come pure ai salari da fame che percepiscono.
Nel 1973 una prima denuncia portò a interrogazioni nel parlamento inglese. Nel '78 la Brooke Bond ammise che in una proprietà dell'Assam un bambino su 5 soffriva di malnutrizione.
Unilever, per calmare le acque, dimostrò che qualcosa, negli anni che seguirono, venne fatto affinché questo tasso potesse diminuire. Quel tasso è ancora oggi terribilmente alto. Si presume anche che in questi ultimi anni sia tornato nuovamente ad aggravarsi.
Ma veniamo alle condizioni lavorative: le lavoratrici (sono per la maggior parte donne) percepiscono un salario massimo di mille lire al giorno (massimo perché il lavoro è a cottimo, quindi se una lavoratrice non raccoglie un numero preciso di foglie di tè al giorno quei soldi può tanto dimenticarseli) per otto ore lavorative.
L'alimentazione di queste lavoratrici è principalmente a base di riso ; il pesce e la carne possono permetterseli soltanto una volta ogni 15 giorni circa. Questo costa comunque grandi sacrifici.
La produzione di tè nello Sri Lanka è cominciata verso la fine del socolo scorso, quando Lipton comperò 10'000 ettari di terra. La popolazione locale si rifiutò di lavorare in quelle piantagioni così Lipton assunse lavoratori Tamil dal sud dell'India. Ma le popolazioni Tamil non sono viste di buon occhio da quelle singalesi. Cominciarono così tutta una serie di guerre civili tra forze governative e le cosiddette " tigri di liberazione Tamil " (che tutt'ora affliggono il paese).
Nel 1989 Amnesty International denuncia il fatto che più di 30'000 civili siano stati massacrati dall'esercito, responsabile anche di sparizioni, torture ed esecuzioni sommarie di oppositori politici.
Sono circa mezzo milione i Tamil che lavorano oggi nelle piantagioni della Unilever, senza diritti politici, senza patria, al limite della soglia di povertà, emarginati dal governo singalese, come ogni minoranza etnica e non del resto.
La tragica situazione dello Sri Lanka affonda le sue radici nel periodo colonial, in cui la coltivazione del tè ha creato ingiuistizie strutturali che permangono tutt'ora : il tè Lipton rimane la memoria e il simbolo di queste ingiustizie.
Ma non è tutto.
Unilever ha filiali in paesi con regimi oppressivi come il Brasile, la Colombia, l'Egitto, l'El Salvador, il Guatemala, Honduras, l'India, l'Indonesia, il Kenya, il Messico, il Marocco, il Perù, le Filippine, il Senegal, lo Sri Lanka, la Turchia e l 'Uganda.
Nel 1988 membri del sindacato dei lavoratori nella fabbrica di Elida Gibbs in Sudafrica scioperarono per il salario minimo. La direzione aziendale ottenne dalla Corte Suprema un ordine che reprimeva i membri del sindacato dall'interferire con la produzione e la distribuzione delle merci. Ma i sindacati, nonostante la politica repressiva di Unilever continuarono a lottare ma dovranno trascorrere dieci anni circa prima che le loro rivendicazioni abbiano successo.
Nel giugno dil 1989 i lavoratori della Gessy Lever a San Paolo in Brasile occuparono la fabbrica per rivendicare paghe e condizioni di lavoro migliori . 87 di loro furono licenziati. Le rivendicazioni continuarono fino all'ottenimento reale di un aumento, ma la direzione mancò di riconoscere il consiglio di fabbrica eletto dai lavoratori.
Senza contare che Unilever per costruire una grande fabbrica di tè a Pazar, nella Turchia orientale, grazie all'appoggio del governo turco ha sfollato secondo un piano ben preciso gli abitanti di quell'area, per lo più Kurdi.
Unilever inquina. Lo so, non è la sola a farlo, la maggior parte di noi inquina il pianeta senza minimamente accorgersene. Ma non tutti rilasciano nelle acque 50 tonnellate di acido solforico (questa bravata le costò 5'000 sterline di multa nel 1990).
Da allora fino a oggi sono state decine le segnalazioni di agenti inquinanti rilasciati nelle acque dalle fabbriche di Unilever.
Unilever si è resa colpevole della commercializzazione di un complesso vitaminico per donne incinte contenente vitamina A nonostante il dipartimento della Sanità avesse, all'inizio degli anni '90, emesso un rapporto nel quale sconsigliava quella vitamina alle donne gravide per i pericoli che avrebbe potuto portare al nascituro (soprattutto malformazioni)
Per ultimo, ma non ultimo per gravità, quasi tutti i cosmetici della Unilever sono testati sugli animali.
Chiudo lo spazio boicott di questo mese con una lista dei prodotti di questa infame multinazionale.
Boicott Lipton, Boicott Unilever ! ! !Mix
Prodotti di consumo della Unilever
Detersivi : Coccolino, Omo, Bio Presto, Svelto, Vim Liquido, Cif, Lysoform, All
Saponette : Lux, Dove, Rexona
Spazzolini : Gibbs
Dentifrici : Durban's, Benefit, Lose-up, Pepsodent, Mentadent
Shampoo : Clear, Elidor
Cosmetici : Atkinson
Profimi : Fabergé, Brut 33
Alimentari : Milkana, Gradina, Rama, Maya, Calvé
Marmellata : Althea
Gelati : Algida, Toseroni, Eldorado
Tè : Lipton