Testimonianze                                                       Pagina 12


Amazzonia e miniere

Sono arrivato in Amazzonia nel 1983, all'età di 20 anni, per conto di una compagnia italiana, con l'incarico di preparare il campo all'imminente apertura di una miniera di estrazione di materiale aurifero alluvionale.

La zona in cui dovevo agire è posta al margine della tristemente famosa via di comunicazione chiamata "Transa-mazzonica", per la costruzione della quale sono stati uccisi migliaia di indios, sopratutto in Brasile.

Nel primo anno e mezzo della mia permanenza in Venezuela ho lavorato nella zona conosciuta come " Kilometro 88 ", così chiamata per via della presenza di una pompa di benzina, bene indispensabile nelle zone di miniera, distante appunto 88 Km dal paese più vicino, Eldorado, a sua volta famoso per l'esistenza di uno dei carceri più malfamati e tragici del Sud America. Ancora oggi, a Eldorado, si può vedere, nel mezzo del fiume Cuyuni, l'isola su cui questa infame galera è situata e, nelle prime ore del mattino, spettrali, le ombre lontane dei prigionieri che lavano i panni nel fiume.

La zona mineraria si estende per migliaia di Km quadrati attorno ad Eldorado : siamo nella zona del massiccio di Roraima, parco nazionale venezuelano, al confine con il Brasile e con la Guyana. Nella parte venezuelana è imponente la presenza di polizia e esercito, con frequenti posti di blocco fissi, anche perché la zona di confine con la Guyana è contesa tra i due stati.

All'interno della foresta, dalla pista che parte dal Km 88, vi sono due paesi : Santo Domingo e La Clarita. C'è di tutto: prostitute con vestiti sgargianti trascinati nella melma, compratori d'oro, malviventi, polizia (corrottissima e alquanto pericolosa). Unico elemento in comune : tutti, o quasi, girano sempre armati, in un Far West con le Toyota. I paesi sono composti da baracche fatte con sacchi dell'immondizia, in cui spesso gli occupanti scavano il terreno del pavimento per estrarne l'oro contenuto.

A capo delle miniere importanti un gruppo di mafiosi italiani e degni compari venezuelani sfruttavano tutto lo sfruttabile, con la ferma intenzione di arricchirsi presto e tanto. I metodi di lavoro, scavo a cielo aperto profondo fino a 10-15 metri, provoca spesso incidenti sul lavoro.

Poco distante dalle grandi miniere, nel folto della selva, un cimitero inglese a ricordare l'attacco dei Pemones alle miniere di Sua Maestà quando questi attuavano un processo d'estrazione mineraria a base di cianuro, che poi veniva buttato nel fiume in cui gli indios bevevano l'acqua, morendo avvelenati. Luogo spettrale, circondato dagli urli delle

scimmie, in cui croci e altiforni, macchine e lapidi ricordano ai colonialisti vecchi e nuovi che non si può tirare la corda più di tanto...

Certo oggi le miniere non praticano più la schiavitù : assumono manodopera a prezzi irrisori e la spremono per 12 ore al giorno, in un lavoro massacrante ; non si pratica più la cianurizzazione, ma si usa il mercurio per fungere da legante per l'oro più fine, mercurio altrettanto velenoso anche se non letale in breve tempo ma per accumulazione (uccide ma non si vede). Inoltre, oggi come ieri, gli scavi di miniera rendono le zone interessate ad altissimo rischio di malaria, in quanto le zanzare anofili trovano le condizioni di ristagno d'acqua ideali per proliferare. Così la vita media nella selva è circa di trenta anni, la mortalità infantile altissima e i mafiosi o gli avvocati padroni delle miniere si arricchiscono...Inoltre l'impatto ambientale delle miniere è gravissimo.

Nel folto della selva

I Pemones che gravitano nella zona del "Km 88" sono quasi tutti altamente "civilizzati", ponendo l'accento sul lato dispregiativo di questa parola: mostrano orgogliosi l'orologio al polso e gli stivaletti a mezza gamba, abbagliati dai giocattoli della società consumista, che usa questo sistema per indurre i popoli dell'intero pianeta all'asser-vimento "spontaneo".

Fortunatamente i Pemones vivono in una vasta area amazzonica che dalla Guyana arriva fino quasi alla Colombia, avendo come confine naturale l'alto Orinoco in cui vivono gli indios Yanoami, famosi per l'utilizzo dello Yopo, una sostanza allucinogena di cui gli Sciamani fanno ampio uso.

Arrivai ad una comunità india Pemones situata nel folto della selva amazzonica a più di 500 Km da qualsiasi insediamento "civile" a bordo di un piccolo aereo monoelica, atterrando su uno spiazzo erboso poco distante dal villaggio, costruito una decina di anni prima dai missionari, carico di viveri e generi di prima necessità. I missionari erano stati scacciati dagli indios, ma la "pista" era stata mantenuta per permettere ai medici di Mèdicine sans Frontiere di atterrare una volta l'anno. I Pemones "dell'alto Caronì", nella zona del Pico de la Neblina al confine col Brasile, erano molto diversi da quelli conosciuti al "Km 88": erano fieri e molto meno rassegnati all'idea che la cultura consumistica fosse un fatto da accettare passivamente.

Il Caronì è un grande fiume, con ingenti risorse diamantifere e aurifere : questo attira i "balseros", cercatori che risalgono i fiumi con grandi zattere e che si immergono nel fiume con una specie di aspi-ratore capace di dragare il fondo. Lavoro pericolosissimo, in quanto i crolli del fondo sono ancora più frequenti che nelle miniere a cielo aperto e massacrante per i turni infiniti a cui sono sottoposti i palombari.

I Pemones sono consapevoli dei propri diritti che, anche se non scritti, fanno rispettare sul proprio territorio, accettando o scacciando i cercatori di diamanti che arrivano nella zona seguendo il fiume a secondo del rapporto umano che questi dimostrano nei confronti della comunità. Anche chi viene accettato ha un tempo di permanenza stabilito che deve rispettare. Durante il mese e mezzo di mia permanenza, un balseros nord-americano venne scacciato perché non gradito. Io passai uno dei periodi più belli della mia vita, in uno scenario affascinante di selva e montagne alte fino a 3000 metri che si ergono ripidissime creando le cascate più alte del pianeta, instaurando un rapporto di amicizia e rispetto con gli indios.

per l'oro si scava anche nella propria capanna...

croci nella selva a ricordare ai colonialisti che non si può tirare troppo la corda...