Cultura Alternativa                                                                     Pagina 14


Musica libera

Da quando la tecnologia ha permesso la riproduzione degli impulsi sonori si è venuto a verificare un fatto fino ad allora impensabile: la diffusione capillare dei brani musicali (visto il relativamente basso costo dei dischi e l'espansione delle radio) e la possibilità di ottenere successo senza eseguire dal vivo le proprie creazioni.

Ciò permetteva per la prima volta di lavorare ulteriormente sul pezzo registrato in studio determimando una nuova figura professionale: il produttore.

Questo tecnico del suono "avanzato", utilizzando macchinari sempre più sofisticati, ha la possibilità di intervenire in maniera determinante su ciò che egli definisce "materia grezza" scomponendo e ricomponendo il lavoro dell'autore. I produttori delle grosse case discografiche (le cosiddette majors) ci hanno messo poco a capire che si possono creare grossi guadagni senza preoccuparsi tanto dei sentimenti, spesso troppo radicali, degli artisti. I quali, se senza una forte "base contrattuale", (in parole povere se non sono già famosi) vengono attratti da squallidi compensi per essere messi

letteralmente in mano ai boss dell'industria discografica da contratti lunghi anche una trentina di pagine fitte fitte di diritti di prelazione, di riproduzione, di esecuzione, di obblighi ecc.... (chi ha avuto a che fare con una qualche etichetta sa di cosa parlo).

Un'altra cosa che i produttori delle majors hanno capito subito è che possono creare mode a loro piacimento sfruttando la pubblicità diretta e indiretta fatta dalle radio, commerciali e non, e dalle reti televisive tipo MTV o VIVA, senza preoccuparsi troppo della qualità e dell'originalità dei loro prodotti, anzi giocando proprio con l'ignoranza diffusa: chi avrebbe potuto apprezzare le pessime traduzioni dei pezzi dei Rolling Stones, dei Kinks, dei Moody Blues che circolavano in Italia negli anni '60 avendo a disposizione gli originali? Già a partire dagli anni '50 le case discografiche dispongono di singoli artisti come fossero noccioline, scomponendo o creando ex novo gruppi musicali con il solo scopo di rendere più vendibile la musica; alcuni tra gli esempi più conosciuti sono l'immissione di Ringo Starr nei Beatles, l'estromissione di Syd Barret dai Pink Floyd, i "supergruppi" stile Emerson Lake and Palmer, Cream, Crosby Stills Nash

and Young, oppure le bands create a tavolino appositamente per sfruttare l'onda di altri artisti, dagli Hollies ai Queen fino ai recentissimi Backstreet Boys. Una brillante scoperta degli anni '90 è stata quella di adescare le bands alternative pur di levarle alle etichette indipendenti, per poi scaricarle, rovinandole, togliendo loro pure la possibilità di legarsi ad altri.

Quando non si è degli assidui musicofili è molto facile farsi turlupinare dai mass media americanizzati al 95% che circolano in Europa, ma per fortuna esistono parecchie realtà "underground" come le radio pirata, i raves illegali, le etichette indipendenti, i Centri Sociali che fanno della musica libera la loro bandiera culturale e che normal-mente tengono in piedi un movimento artistico fuori dai canoni commerciali, malgrado bilanci il più delle volte in rosso.

Per non farsi fregare basta diffidare delle radio (anche le radio di stato come Rete 3 non fanno più cultura ma affari), della pubblicità (anche quella occulta dei videoclip) e non comprare dischi delle majors (RCA, Warner Bros, DCG, EMI, Sony, ecc...).

vostro Ultracore