Internazionali 11
Guerra nel golfo
Contro
lintervento militare, contro lembargo economico
Due settimane dopo linizio delle operazioni militari
angloamericane in Irak la situazione rimane alquanto tesa. Il grosso delle truppe alleate
rimane in assetto da guerra e non accenna a lasciare la zona, anzi le recenti
dichiarazioni irachene di non voler più rispettare le "No fly zone" del sud e
del nord dellIrak riportano la tensione alle stelle. La Guerra del Golfo, iniziata
militarmente nel 91 e poi proseguita sotto forma di embargo economico fino ai
recenti bombardamenti, non sembra dover avere un rapido epilogo.
Più che riprendere le argomentazioni che ci permettono di caratterizzare la Guerra del
Golfo come guerra imperialista (v. volantino azione del 24.12.1998), questarticolo
si propone di riflettere su altre due domande che lecitamente ci si può porre dopo
lazione militare di due settimane fa.
Quali sono le implicazioni del fatto che gli Stati Uniti abbiano preso
la decisione di attaccare lIrak senza il beneplacito del Consiglio di sicurezza
dellONU ?
Che bilancio si può fare dellattitudine delle socialdemocrazie europee nei
confronti dellattacco angloamericano di quindici giorni fa, alla luce del fatto che
esse ora sono al governo ?
Il fatto che gli americani si permettano di attaccare militarmente unaltro paese, senza nemmeno preoccuparsi della copertura ONU ha diverse implicazioni.
Infatti, oltre alle ragioni economiche (controllo del petrolio) e geostrategiche (volontà di impedire lemergenza di una potenza regionale capace di intaccare legemonia americana sulla regione), il messaggio principale di questa operazione è la riaffermazione del suo statuto di superpotenza militare egemone. Il che significa che gli Stati Uniti si sono arrogati il diritto di risolvere militarmente le questioni di politica estera che non riescono a risolvere con gli altri mezzi a sua disposizione (politici e economici). A questo titolo è inquietante il paragone che lautorevole settimanale economico della City di Londra, The Economist, fa nella conclusione del suo primo editoriale sulloperazione Desert Fox. La riflessione è la seguente: "E difficile prevedere se Saddam Hussein sarà defenestrato con questa operazione militare o se resisterà e continuerà, come Fidel a Cuba, a far disperare i presidenti americani per decenni. Ma è chiaro che se loperazione militare raggiungerà il suo obbiettivo, allora il mondo la giudicherà come un successo".
Con questa premessa cosa o chi impedisce agli Stati Uniti dallintentare unoperazione militare per rovesciare il regime di Castro (che purtoppo democratico non è), bombardando magari i quartieri popolari dellAvana, per far poi ridiventare Cuba il bordello del Nord America?
Laltra questione sollevata ad inizio articolo purtroppo non
fornisce una risposta soddisfacente a quest ultima domanda.
Infatti lattitudine delle socialdemocrazie europee, ora al governo, di fronte a
questoperazione militare è delle più sottomesse. Le dichiarazioni di dissenso dei
governi italiano e francese sono state a dir poco moderate, mentre la posizione del
governo tedesco espressa tramite il cancelliere Schröder (SPD) e il ministro degli esteri
Fischer (Verde) è di un sostegno velato all intervento: "E Saddam
lunico colpevole e responsabile del fatto che ci sia stato un intervento
militare". Ma il summum è il new Labour di Tony Blair che ha inviato portaerei e
aerei britannici nel Golfo a bombardare la popolazione irakena. E forse questa la
nuova politica estera "etica" tanto proclamata dal ministro degli esteri Robin
Cook ?
Se dal punto di vista economico e sociale purtroppo avevamo già
riscontrato che i governi socialdemocratici conti-nuavano ad applicare la politica
economica neoliberale iniziata dai loro predecessori, ora è arrivata anche la conferma
che anche per la politica estera niente è cambiato.
E allora qual è la discriminante tra i governi a guida socialdemocratica e quelli a guida
borghese ?
In conclusione non si può che riaffermare che unopposizione convinta all
imperialismo (americano o daltra bandiera) deve essere ricostruita e che questa
ricostruzione deve partire dai movimenti e da quelle forze politiche che si mobilitano con
chiarezza e coerenza contro il neo-liberismo in tutte le sue forme, visto che non si
potrà contare sui maggiori partiti della sinistra per farlo.
In questottica quindi il sit-in in Piazza Dante a Lugano contro i bombardamenti contro la popolazione irakena e contro lembargo economico assume tutta la sua importanza e si inserisce in una dinamica europea e internazionale di opposizione al neoliberismo.