Attività                                                                                    10 

Davos e gli intrighi di potere.
 
Dal 28 gennaio al 3 febbraio 1999 si è svolto il consueto forum economico di Davos: nient’altro che un incontro fra i potenti del mondo per decidere l’andamento e le sorti della popolazione mondiale. 
Da quasi 30 anni (per la precisione 28), per  5-6 giorni all’anno, questa tranquilla e sperduta cittadina turistica invernale diventa il luogo più importante del pianeta, poiché è qui che vengono create le basi del neoliberismo, la globalizzazione dell’ economia e del mercato. 
 
Non è un caso che sia stata scelta questa località: siamo prima di tutto in Svizzera, paese che funge da deposito mondiale del denaro, ove vige un inattaccabile segreto bancario; piattaforma bancaria di buona parte delle attività finanziario-commerciali mondiali, per lo più illeciti o che comportano un disgregamento sociale determinando una crescente povertà (anche in Svizzera).
Davos oltre ad essere uno splendido paesino turistico (anche per i potenti), é situato strategicamente dal punto di vista della sicurezza. Infatti un buon numero di manifestanti anti-forum non é riuscito ad oltrepassare i controlli capillari delle forze speciali della polizia (non a caso il miglior modo per eludere i controlli è proprio quello di travestirsi da...sciatore/trice). Anche alcuni/e compagni/e del Centro Sociale Il Molino sono stati fermati e rispediti a casa, malgrado gli slittini in macchina.
E’ a Davos che vengono create le migliori teorie d’attacco del capitalismo, al fine di arricchire sempre più i ricchi a scapito delle popolazioni più povere (cifre alla mano riportate dal quindicinale “Area”: secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 1996 il prodotto interno lordo mondiale è aumentato del 40%, mentre il numero di poveri ha subito un incremento del 17%).
Sono loro che decidono il nostro futuro, il nostro ruolo nella società neoliberista di schiavo sottomesso.
Circa 250 leader politici, altrettanti economisti seguiti da più di mille manager hanno fatto più o meno il punto della situazione e concluso, nel frattempo, nuovi contratti commerciali. Si, perché mentre i leader politici parlano, i manager dei rispettivi paesi contrattano nuovi potenziali mercati tra loro.
Il blocco occidentale, con gli Stati Uniti in testa, cerca nuove possibilità d’azione in campo commerciale. Per chi non lo avesse capito dopo la fine della guerra fredda, l’imperialismo e il nuovo colonialismo non avvengono più in termini militari o comunque di invasione, ma in termini commerciali. Ecco quindi che i paese ricchi impongono tramite le multinazionali nuovi modelli di vita ai paesi poveri, inerti di fronte a questa prepotenza, visti i debiti esteri accumulati negli anni. In questo modo, l’imperialismo diventa più subdolo, più nascosto, limitando la presa di coscienza della popolazione, anzi rendendola attiva nel mercato stesso. Ma qualcosa non deve essere andato bene lo stesso.
A cominciare dal tema prescelto dal 28  Forum :”Per una globalità responsabile”. Che si siano resi conto delle innumerevoli irresponsabilità nella conduzione attuata fino ad ora dell’economia mondiale e dei rispettivi mercati?
Abbiamo molti dubbi che ciò sia successo, piuttosto pensiamo che le pressioni interne e la lotta contro il neoliberismo abbiano avuto un primo effetto: quello di aver fatto prendere coscienza alla popolazione sull’andamento dell’economia mondiale e sugli intrighi di potere, responsabili di un impoverimento sempre maggiore della società civile.
Evidentemente anche i crack finanziari di Indonesia e Brasile hanno influito, o per lo meno, hanno annunciato con largo anticipo la fine del capitalismo come forma di sistema dominante.
Claudio Smadja, direttore generale del Forum non usa mezzi termini per quanto successo in Brasile ed Indonesia: “Questa crisi è il risultato di una globalizzazione condotta in modo irresponsabile e quanto è accaduto negli ultimi 18 mesi riflette la prima crisi sistemica dell’economia globale del 21mo secolo dominata dal capitalismo finanziario” e ancora “l’unico modo di evitare una violenta reazione contraria alla globalizzazione è tenere conto anche di interpretazioni diverse del modo in cui il sistema capitalista può funzionare”. Mentre in un’intervista sull’ultimo numero di “Newsweek” dichiara che “il sistema si può disintegrare sottoposto com’è alle tensioni di una periferia che ha sofferto un declino tremendo , come non si vedeva dalla Grande Depressione negli anni ’30".
Che il neoliberismo si avvii finalmente verso la sconfitta totale è ancora presto per     dirlo ma evidentemente sta cominciando a traballare: bisogna quindi aspettarsi nuove mosse.
La liberalizzazione dei mercati e la deregolamentazione del mercato del lavoro rimangono comunque ancora i due obiettivi primari. Nel frattempo c’è chi trova il tempo di proporre, con il benestare di Bill Clinton (strano ma vero) un grande organismo mondiale, un sistema globale di decisione politica, al di sopra degli stati, delle leggi nazionali, che detti una sola legge, regoli i flussi, imponga trasparenza e che dia finalmente all’economia ampio spazio d’azione, come se non lo avesse già.
Ecco quindi che sulla base di questa situazione, in vista del Forum economico di Davos, sono state organizzate due tipi di manifestazioni diverse: una a Zurigo con l’organizzazione di una conferenza di due giorni denominata “L’altro Davos”, a cui sono state invitate diverse realtà di lotta  contro la povertà e il neoliberismo provenienti da tutto il globo, tra cui: Movimento Sem Terra - Brasile; Movimento dei disoccupati - Francia; Federazione delle organizzazioni contadine del Burkina Faso; Movimento delle donne - Canada e Québec. L’altra invece una manifestazione di protesta organizzata direttamente a Davos per sabato 30 gennaio, in pieno Forum. Presenti alla manifestazione le principali organizzazioni dell’autonomia svizzera, oltre alla presenza di alcuni compagni d’oltre frontiera. Inutile dire che oltre ad aver fermato numerosi/e compagni/e all’entrata di Davos, le forze speciali della polizia non hanno permesso lo svolgimento della protesta, bloccando i circa 200 manifestanti per oltre un’ora con furgoni dotati di transenne di contenimento.
Evidentemente i fatti di Ginevra del maggio ’98 non sono ancora stati dimenticati dalle nostre forze dell’ordine: ebbene nemmeno da noi!
“L’altra Davos” invece si è svolta in un clima più tranquillo ma i messaggi illustrati in una conferenza stampa sono chiari: rifiuto degli accordi internazionali che riprendono le normative contenute nell’Accordo multilaterale degli investimenti (AMI), annullamento del debito estero di tutti i paesi, introduzione di tasse sulle transazioni di capitale, abolizione dei paradisi fiscali (la Svizzera ne sa qualcosa), rifiuto dei piani di aggiustamento strutturale del Fondo Monetario Internazionale della Banca Mondiale, subordinazione di queste strutture ad istituzioni democratiche, fine dei conflitti internazionali, riconoscimento dei diritti civili, sindacali, politici e                         di associazione, la concretizzazione dell’uguaglianza tra uomini e donne e l’estensione dei diritti individuali e collettivi anche alla sfera economica e sociale.

Prossimo appuntamento per ribadire la nostra ferrea opposizione al neoliberismo è la marcia del lavoro di Colonia (Germania) che si terrà il 29 maggio di quest’anno e alla quale saranno presenti le realtà antagoniste, di lotta al neoliberismo e alla povertà provenienti da  ogni parte della terra. Anche in questo caso, le forze dell’ordine faranno di tutto per impedire l’arrivo di decine di migliaia di persone (vedi Amsterdam 1998).
Stiamo comunque organizzando la trasferta, per gli interessati prendere contatto con il Centro Sociale Il Molino.

Saluti libertari.