Approfondimento
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La “nostra” Davos.
Quando chiamo le ferrovie federali per chie-dere gli orari
dei treni per recarmi alla manifestazione del 30 gennaio scorso a Davos
contro il World Economic Forum, mi viene comunicato che sulla tratta sono
possibili ritardi a causa di pericolo di valanghe. Decido quindi di partire
con un margine d’anticipo di un’ora e sulla via incontro degli amici, anch’essi
diretti a Davos. A Landquart, mentre stiamo cambiando treno, due di noi
vengono fermati da due agenti della polizia ferroviaria e gli altri quattro,
un po’ più avanti da agenti federali in borghese. I nostri dati
vengono trascritti e trasmessi via radio e gli agenti, da noi interrogati
sul perché di tale procedura, ci dicono che in questo modo, se più
tardi saremo avvistati alla manifestazione di Davos, potrà essere
stilato un verbale ! Almeno uno degli agenti in borghese prende il
nostro stesso treno. Mentre ci avviciniamo alla località sciistica,
ci è possibile intravvedere alcuni degli elicotteri che sorvolano
la zona.
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Al nostro arrivo a Davos siamo accolti da un ingentissimo
schieramento di Robocop che si precipitano su di noi per effettuare ancora
una volta un controllo della nostra identità. Alcuni di noi vengono
perquisiti, tra cui una ragazza, illecitamente perquisita da un poliziotto
uomo. La cittadina è invasa da mostri blu e da individui multicolori,
quest’ultimi visibilmente membri dello stesso clan di servi della repressione.
Alle 16.00 ci rechiamo al luogo del concentramento dopo aver assistito
a innumerevoli perquisizioni e controlli d’identità alla stazione.
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Lo scenario è a dir poco tragicomico: i dispositivi
di sicurezza sono sproporzionati. La starda è sbarrata dalle jeep
della polizia zurighese, dotate di reti che impediscono il passaggio sulla
via pubblica. Dietro vi è una quantità indefinita di mastodonti
blu, le cui frementi mani stringono tutta una varietà di fucili,
spray , manganelli, scudi, ecc.
Dopo qualche istante scopriamo che altri numerosissimi
agenti, accompagnati ovviamente da jeep analoghe a quelle già citate,
si sono appostati a una cinquantina di metri alle nostre spalle. Alcuni
giornalisti sono presenti sul luogo con le loro telecamere e i loro apparecchi
fotografici. Vi sono inoltre alcuni esemplari della casta dei servi multicolor
che si aggirano tra la folla con una buffissima aria disinteressata, un
sornione sorriso stampato sul muso e una “handicam” perennemente accesa
che scruta i visi dei manifestanti.
Un megafono della polizia sputa incomprensibili parole
in tedesco, alter-nando di tanto in tanto spot pubblicitari della MacDonald’s,
postaccio dinnanzi al quale ci eravamo radunati e in cui a quanto pare
ci veniva proposto d’inviare una delegazione per parlare con la polizia
o non so chi altri.
Finalmente un gruppetto di manifestanti accetta di recarsi
dal comandante della polizia per chiedere che lo sbarramento venga levato
e la libertà di manifestare rispettata. Seguono momenti d’improbabile
riflessione poliziesca, da cui scaturisce una nuova proposta: veniamo invitati
ad inviare una nuova delegazione di manifestanti a discutere con la molto
“pragmatica” consigliera federale Ruth Dreifuss e con qualche altro irrispettabile
individuo che si trova in sua compagnia (e complicità) nella fortezza
dove si tiene il forum.
Ovviamente, data la nostra chiara opposizione nei confronti
dei principi di delega e di rappresentanza, nonché il nostro netto
rifiuto della pratica del lobbying di corridoio, tanto cara ai partecipanti
al forum, respingiamo questa proposta. Finalmente, dopo quasi due ore di
ripetute e pacifiche richieste di ritiro delle forze repressive in
tutte le lingue immaginabili e assiderati dal freddo polare abbattutosi
sull’ostica località alpina, decidiamo d’intraprendere la via del
ritorno verso la stazione, via che percorriamo seguiti da vicino da tutto
il “dispositivo di sicurezza”. Alla stazione viene improvvisata l’evacuazione
più rapida possibile dei manifestanti, che vengono invitati a salire
su un treno che viene poi invaso da un numero ancora una volta sproporzionato
di “mastrolindi”.
Questi ci accompagnano fino a Zurigo e la loro presenza
s’intensifica nelle stazioni in cui cambiamo treno o in cui alcuni dei
manifestanti scendono per raggiungere i propri mezzi di trasporto. Chissà
quanti agenti del pulito che più bianco della neve di Davos non
si può (di quelli multicolor), ognuno dei manifestanti ha ancora
alle proprie spalle!
Quanti sopprusi dobbiamo ancora sopportare? Quanti si
erano illusi che l’era delle schedature fosse finita e che la polizia non
ha bisogno di barriere (o meglio di essere abolita) per non essere ficcanaso?
Cosa faranno i “servideiservi-deiservideiservi” dei nostri
dati? Se li scambieranno ripetendo allegramente “ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho,
non ce l’ho, ce l’ho doppio me lo cambi?”
Da notare che i manifestanti, oltre a essere stati oggetto
d’ingiustificati controlli d’identità sono stati fotografati dalla
polizia
stessa, mentre i loro documenti venivano fotocopiati,
scansiti e forse addirittura in qualche modo bollati.
Tutto si è svolto nella calma, questa volta. Ai
fastidiosissimi elicotteri, il gelido freddo e i megafoni l’unica risposta
da parte dei manifestanti è stata qualche candida e inoffensiva
palla di neve, oltre agli svariati e plurilinguistici slogan di protesta
e
di proposta.
Ma per quanto tempo ancora ci potranno essere delle manifestazioni
represse nella calma? Una domanda a cui sicuramente i partecipanti al forum
hanno risposto siglando alleanze miltari, poliziesche e contratti d’acquisto
d’armamenti (si pensi ai 100 miliardi di dollari stanziati da “Billy the
willy” Clinton per il riarmo nei prossimi sei anni...)
Abbraccio libertario.
Uno dei pochi che é
riuscito ad arrivare a Davos.