Approfondimento                                                                             11 

La “nostra” Davos.

Quando chiamo le ferrovie federali per chie-dere gli orari dei treni per recarmi alla manifestazione del 30 gennaio scorso a Davos contro il World Economic Forum, mi viene comunicato che sulla tratta sono possibili ritardi a causa di pericolo di valanghe. Decido quindi di partire con un margine d’anticipo di un’ora e sulla via incontro degli amici, anch’essi diretti a Davos. A Landquart, mentre stiamo cambiando treno, due di noi vengono fermati da due agenti della polizia ferroviaria e gli altri quattro, un po’ più avanti da agenti federali in borghese. I nostri dati vengono trascritti e trasmessi via radio e gli agenti, da noi interrogati sul perché di tale procedura, ci dicono che in questo modo, se più tardi saremo avvistati alla manifestazione di Davos, potrà essere stilato un verbale !  Almeno uno degli agenti in borghese prende il nostro stesso treno. Mentre ci avviciniamo alla località sciistica, ci è possibile intravvedere alcuni degli elicotteri che sorvolano la zona. 
Al nostro arrivo a Davos siamo accolti da un ingentissimo schieramento di Robocop che si precipitano su di noi per effettuare ancora una volta un controllo della nostra identità. Alcuni di noi vengono perquisiti, tra cui una ragazza, illecitamente perquisita da un poliziotto uomo. La cittadina è invasa da mostri blu e da individui multicolori, quest’ultimi visibilmente membri dello stesso clan di servi della repressione. Alle 16.00 ci rechiamo al luogo del concentramento dopo aver assistito a innumerevoli perquisizioni e controlli d’identità alla stazione. 
 
Lo scenario è a dir poco tragicomico: i dispositivi di sicurezza sono sproporzionati. La starda è sbarrata dalle jeep della polizia zurighese, dotate di reti che impediscono il passaggio sulla via pubblica. Dietro vi è una quantità indefinita di mastodonti blu, le cui frementi mani stringono tutta una varietà di fucili, spray , manganelli, scudi, ecc.
Dopo qualche istante scopriamo che altri numerosissimi agenti, accompagnati ovviamente da jeep analoghe a quelle già citate, si sono appostati a una cinquantina di metri alle nostre spalle. Alcuni giornalisti sono presenti sul luogo con le loro telecamere e i loro apparecchi fotografici. Vi sono inoltre alcuni esemplari della casta dei servi multicolor che si aggirano tra la folla con una buffissima aria disinteressata, un sornione sorriso stampato sul muso e una “handicam” perennemente accesa che scruta i visi dei manifestanti.
Un megafono della polizia sputa incomprensibili parole in tedesco, alter-nando di tanto in tanto spot pubblicitari della MacDonald’s, postaccio dinnanzi al quale ci eravamo radunati e in cui a quanto pare ci veniva proposto d’inviare una delegazione per parlare con la polizia o non so chi altri.
Finalmente un gruppetto di manifestanti accetta di recarsi dal comandante della polizia per chiedere che lo sbarramento venga levato e la libertà di manifestare rispettata. Seguono momenti d’improbabile riflessione poliziesca, da cui scaturisce una nuova proposta: veniamo invitati ad inviare una nuova delegazione di manifestanti a discutere con la molto “pragmatica” consigliera federale Ruth Dreifuss e con qualche altro irrispettabile individuo che si trova in sua compagnia (e complicità) nella fortezza dove si tiene il forum.
Ovviamente, data la nostra chiara opposizione nei confronti dei principi di delega e di rappresentanza, nonché il nostro netto rifiuto della pratica del lobbying di corridoio, tanto cara ai partecipanti al forum, respingiamo questa proposta. Finalmente, dopo quasi due ore di ripetute e pacifiche richieste di  ritiro delle forze repressive in tutte le lingue immaginabili e assiderati dal freddo polare abbattutosi sull’ostica località alpina, decidiamo d’intraprendere la via del ritorno verso la stazione, via che percorriamo seguiti da vicino da tutto il “dispositivo di sicurezza”. Alla stazione viene improvvisata l’evacuazione più rapida possibile dei manifestanti, che vengono invitati a salire su un treno che viene poi invaso da un numero ancora una volta sproporzionato di “mastrolindi”.
Questi ci accompagnano fino a Zurigo e la loro presenza s’intensifica nelle stazioni in cui cambiamo treno o in cui alcuni dei manifestanti scendono per raggiungere i propri mezzi di trasporto. Chissà quanti agenti del pulito che più bianco della neve di Davos non si può (di quelli multicolor), ognuno dei manifestanti ha ancora alle proprie spalle!
Quanti sopprusi dobbiamo ancora sopportare? Quanti si erano illusi che l’era delle schedature fosse finita e che la polizia non ha bisogno di barriere (o meglio di essere abolita) per non essere ficcanaso?
Cosa faranno i “servideiservi-deiservideiservi” dei nostri dati? Se li scambieranno ripetendo allegramente “ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho, non ce l’ho, ce l’ho doppio me lo cambi?”
Da notare che i manifestanti, oltre a essere stati oggetto d’ingiustificati controlli d’identità sono stati fotografati dalla polizia
stessa, mentre i loro documenti venivano fotocopiati, scansiti e forse addirittura in qualche modo bollati.
Tutto si è svolto nella calma, questa volta. Ai fastidiosissimi elicotteri, il gelido freddo e i megafoni l’unica risposta da parte dei manifestanti è stata qualche candida e inoffensiva palla di neve, oltre agli svariati  e plurilinguistici slogan di protesta e                di proposta.
Ma per quanto tempo ancora ci potranno essere delle manifestazioni represse nella calma? Una domanda a cui sicuramente i partecipanti al forum hanno risposto siglando alleanze miltari, poliziesche e contratti d’acquisto d’armamenti (si pensi ai 100 miliardi di dollari stanziati da “Billy the willy” Clinton per il riarmo nei prossimi sei anni...)

Abbraccio libertario.
Uno dei pochi che é riuscito ad arrivare a Davos.