Noi che nasciamo nellopulento occidente veniamo automaticamente organizzati
in società sedicenti liberali e democratiche, in cui il sistema della delega è una
regola che tende a deresponsabilizzare lindividuo e di conseguenza ingrossa la base
dellapparato piramidale del potere. Ció implica un inevitabile appiattimento delle coscienze individuali e della
solidarietà tra le persone e tra i popoli, mentre lignoranza politica e
lindifferenza verso il prossimo, generate anche da questo sentimento
dimpotenza, dilagano sempre più indisturbate.
Niente di nuovo sotto il cielo occidentale, dove le cosiddette democrazie al
servizio del capitalismo giovano principalmente a quella minoranza già straricca che
detiene il potere: i/le soliti/e noti/e, che ci dividono, ci sfruttano, ci impongono
condizioni di vita intollerabili e ci controllano al fine di riuscire a reprimere quella
piccola parte di società ribelle che vuole migliorare la qualità della vita per tutti/e
e ovunque.
In questo contesto l'esigenza di disporre, creare, autogestire degli spazi ad uso
sociale, collettivo, culturale, politico, aggregativo nasce dal diritto fondamentale di
poter essere finalmente protagonisti/e della nostra vita, partecipando direttamente alla
costruzione del nostro futuro, riscoprendo i valori di lotta di base e convivenza
collettiva autonoma, quali la responsabilizzazione individuale, la cooperazione solidale e
lamicizia intesa come fonte di
comunicazione e scambio, linfa vitale indispensabile per vivere più dignitosamente.
Quindi il Centro Sociale Autogestito non deve essere considerato unicamente un
luogo di svago e di divertimento, elementi comunque importantissimi quando il lavoro
salariato o la formazione imposta occupano la maggior parte della nostra vita,
costringendola nei fini produttivi e competitivi.
Questo genere di spazi vanno bensì concepiti come una sorta di laboratori in
continua evoluzione, dove si possa sviluppare una partecipazione collettiva, unitaria (ma
sempre dinamica e aperta) negli scopi e negli obiettivi e che faccia dell' "essere
protagonisti attivi della nostra vita" un cavallo di battaglia indistruttibile.
Uno spazio accessibile a tutti/e, dove ciascun@ può mettere a disposizione
degli/lle altri/e le sue esperienze e le sue conoscenze, ampliando così il proprio
potenziale operativo sia nella realtà del Centro Autogestito che nella società esterna.
Ciò avviene tramite la messa in comune delle conoscenze in tutti i campi, da quello più
pratico, a quello più politico, a quello più interculturale,
affinché ognun@ abbia
le medesime possibilità. In questo caso la condivisione del proprio sapere diviene
produttiva, non in termini di profitto per pochi eletti, ma di necessità, progettualità
e possibilità, o ancora in rapporto alla voglia ed al piacere di fare, di fare
collettivamente. Questo al contrario di ciò che avviene nel sistema neoliberista, la cui
sfrenata produzione di cultura-spazzatura si è rivelata di ben poca utilità reale e
malgrado labbondanza dei beni di consumo, la ripartizione resta gravemente iniqua.
Nella nostra concezione non è certo il denaro il punto di riferimento della
qualità della vita, nel Centro e più in generale in questo mondo dove viviamo. Il
percorso porterà dunque alladozione di forme di scambio più egualitarie e
decisamente più efficaci, un libero circuito dove si scambiano esperienze, oggetti e
idee.
Sono daltronde numerose le esperienze collettive del passato e del presente
in tutto il mondo, che hanno già messo in atto questo sistema, traendone beneficio (da
ultime le esperienze autogestionarie in unArgenitina al collasso economico ma per
saperne di più invitiamo gli/le interessati/e ad una visita allInfoshop del
Molino).
Quello a cui lavoriamo è una realtà nella quale ognun@ (in particolare i
salariati, gli studenti, i portatori di handicap, gli anziani, i disoccupati, i
clandestini, i bambini,
) possa riappropriarsi dello smalto intrinseco, troppo spesso
offuscato, facendo riemergere i valori di libertà, solidarietà e rispetto, progettando e
creando il proprio modo di essere e di fare, diventando costruttore/rice consapevole della
propria quotidianità.
Questo anche per non farci travolgere dallimplacabilità del tempo e dalla zavorra di pregiudizi che impongono i burattinai
che tengono le redini del sistema.
La continua ricerca di nuovi valori e di elementi che determinino una qualità di
vita ottimale nel Centro Sociale è fondamentale nel rendere effettiva
l'autodeterminazione del movimento per l'autogestione stesso, del suo pensiero, dei suoi
progetti e del modo di attuarli. Se ciò non fosse, il Centro resterebbe unicamente luogo
di consumo, dove la propositività e la creatività individuale rimarrebbero inutilizzate
e si atrofizzerebbero.
Va però notato che l'occupazione di uno stabile in disuso e la sua
trasformazione in Centro Sociale Occupato Autogestito (CSOA) nascono dalla lotta e
dall'antagonismo politico e socio-culturale, che da sempre rivendica maggior giustizia
sociale per tutti/e.
Tale antagonismo
assumerà dunque un senso di propositività: l'analisi, la discussione e la creazione
pratica di un'alternativa di vita, che diventa giorno per giorno una necessità più
urgente!
Che cos'è l'autogestione?
E' molto difficile dare una risposta chiara e concisa a questa domanda, perché
il concetto è in continua evoluzione. L'idea stessa non è né dogmatica, né introdotta
dall'esterno; è infatti espressione di una coscienza collettiva ed è nata dall'intenso
dibattito e dialogo tra i/le sostenitori /trici di questo progetto, vissuto
quotidianamente.
Si parla di principi dell'autogestione proprio perché non esistono regole fisse
e inderogabili dettate da una struttura elitaria. La differenza fondamentale da altri
sistemi di gestione è la flessibilità nell'applicazione dei principi a situazioni
pratiche specifiche che si presentano di volta in volta, mentre, solitamente le regole
vengono applicate nello stesso modo per tutti/e, senza poter perciò tener conto dei casi
particolari.
Emerge spontaneamente la prima convinzione sviluppatasi in questi anni. Siccome
lautogestione si fonda sulla comunicazione, l'interazione e la condivisione, non è
concepibile pensare ad una struttura di potere presente in tale ambito.
Le strutture organizzative e decisionali sono aperte a tutte/i le/gli
interessate/i che condividono i medesimi obiettivi e la voglia di vivere un'esperienza
comunitaria nel rispetto reciproco. Non fanno parte degli scopi di un Centro Sociale
Autogestito la parcellizzazione degli spazi e l'individualismo inteso come egoismo (i
bisogni individuali cercano di essere in armonia con quelli collettivi), che si
riscontrano nella società esterna. Parallelamente all'esigenza di spazio, nascono le
esigenze di socialità, collettività e solidarietà che caratterizzano i movimenti
sociali di base. Dopo questi primi anni di sviluppo e d'impulso positivo, al Molino si è
rafforzata lidea indispensabile che l'autogestione sia sinonimo di autonomia
decisionale. Dobbiamo avere la certezza che ciò avvenga rispettando la libertà di
pensiero, di autodeterminazione e anche di struttura organizzativa. Ogni tentativo di
limitare, di manovrare, di controllare dall'esterno quest'esperienza spontanea avrebbe
come risultato un rallentamento delle attività e della propositività che abbiamo saputo
dimostrare, togliendoci così la possibilità di costruire unalternativa di vita.
La nostra forza è
riposta nell'elaborazione collettiva e nel lavoro atto a realizzarla partendo naturalmente
da una visione attentamente critica della società in cui si cerca di imporre alla gente
una visione unica del possibile e perciò del futuro, premiando per esempio l'acriticità
globale a dispetto della creatività.
La nostra connotazione libertaria ci permette di poter contare su un fattore
determinante che con misure di controllo si esaurirebbe: l'entusiasmo costruttivo dei/lle
partecipanti. Senza questo fattore queste modalità di gestione non sarebbero applicabili.
Intendiamo perciò coinvolgere il resto della società civile comunicando in libertà ed
autonomia, sviluppando quello spirito critico che permette di valutare obiettivamente i
fenomeni sociali, adoperandoci, se necessario, per farvi fronte.
Non intendiamo rientrare nelle ciniche e precise regole di mercato che fanno
dell'uomo una merce. Nelle varie attività si cercano di rispettare i criteri ecologici
(prodotti Bio, riciclaggio dei materiali, ecc.) e i principi socioeconomici basati
sull'acquisto di prodotti provenienti da gestioni familiari o da piccole imprese locali,
sviluppando l'autoproduzione interna e lautofinanziamento.
Coinvolgere attivamente le persone in un progetto sociale è fondamentale per la
sua stessa riuscita e si offre così la possibilità di evolvere dal ruolo di
consumatore/trice a quello di propositore/trice di attività.
L'eterogeneità delle persone che condividono quest'esperienza ne rende
impossibile la categorizzazione mediante parametri convenzionali, quali l'età, il ceto
sociale o addirittura l'appartenenza politica, anche se si può parlare di orientamento
politico. Quest'ultimo è espressione di idee fondamentalmente libertarie proprio perché
basate sul non riconoscimento di forme di portere, sul rispetto e sulla solidarietà
tramite lazione diretta nel territorio.
Altrettanto difficile è distinguere le persone impegnate quotidianamente da
quelle che partecipano, con piccole azioni di solidarietà e di coinvolgimento lavorativo
sporadico, al funzionamento di una collettività di cui anch'essi fanno e si sentono
parte. La partecipazione è il primo passo per creare un rapporto interpersonale
privilegiato fra tutti/e coloro che scelgono di lottare contro un sistema alienante che
tende allegoismo e allapatia.
I principi di funzionamento del Centro Sociale si sono elaborati in modo
spontaneo, basandosi più sulla fiducia e sull'amicizia che non sulla stesura di un
documento asettico.
Una delle esigenze maggiori all'interno di tale realtà è il
confronto, il dibattito creativo: un momento di reale conoscenza, di autocoscienza, di
ricerca di nuovi strumenti di autodeterminazione e di liberazione. Una visione
alternativa a quella che si è solite/i consumare, in cui, attraverso remore morali e
d'interesse economico, vengono annebbiate aspirazioni e bisogni più vicini all'essere
umano.
Questo aspetto fondamentale trova la sua più grande espressione all'interno
dell'Assemblea popolare (che si incontra almeno una volta alla settimana), attorno
alla quale ruota la vita del Centro: qui nascono ad esempio i gruppi di lavoro (v.
cap 3.3), che vengono proposti dai singoli o da gruppi spontanei, a cui si aggregano altre
persone per affinità di interesse.
A queste discussioni partecipano tutte quelle persone che trovano interesse nelle
aspettative e nella crescita di un Centro Sociale Autogestito. Qui non si applicano delle
regole, bensì ci si confronta, a volte per ore, arrivando a definire i principi che,
proprio per questo motivo, vengono condivisi ed interiorizzati. Questi dibattiti non
tendono ad accentuare le distanze, perché si tratta di ragionamenti volti a trovare un
filo conduttore comune.
Le discussioni si sviluppano tenendo conto dei bisogni di
ognun@, ponendoli all'interno della collettività. Ogni individuo apporta così le sue
conoscenze, che vanno ad arricchire il confronto, delineandone la soluzione.
Le decisioni prese non nascono da una maggioranza di voto e non
sono principi assoluti, ma variano a seconda delle necessità della comunità e possono
essere rimesse in discussione se cambiano le priorità.
Quindi il confronto di opinioni e bisogni diventa prerogativa fondamentale in uno
spazio dove le persone collaborano sullo stesso piano per un obiettivo comune e dove le
responsabilità non determinano il potere decisionale.
Non si è mai votato al Molino, per i motivi già descritti e perché non si
vogliono creare né vincitori, né vinti. Si richiede invece di essere rigorosi nel
rispettare il proprio e altrui diritto di parola per alzata di mano. Ad argomenti di
intenso dibattito si è fatto ricorso al cosiddetto giro di parola. Questo
metodo dà la possibilità ad ognun@ di descrivere il suo stato d'animo, di confutare o di
ribadire opinioni e di partecipare direttamente, esprimendosi brevemente.
Questa visione della democrazia, basata essenzialmente sul dialogo, ha dato
splendidi risultati ed è ora improbabile per lAssemblea ritrovarsi con una
maggioranza e una minoranza, in quanto lintento della discussione è quello di
appianare le divergenze, trovando un punto dincontro.
E' dunque attraverso tale visione del confronto e dell'interazione fra individui
che ci si trova immersi in atteggiamenti diversi da quelli economici, politici e di
dibattito convenzionali, in cui non sono i bisogni di tutti/e a valere, ma gli interessi
di pochi/e.
Parlando di centro sociale è innanzitutto doveroso soffermarsi proprio sulla
natura sociale di questa esperienza.
Come emergerà nelle prossime pagine, il molino è un luogo reale dove, seguendo
il filo conduttore dellautogestione, si sperimentano forme di organizzazione del
lavoro, pratiche politiche e concetti di cultura nuovi. Da tutto ciò non può che nascere
una sensibilità sociale profonda, che si manifesta nella capacità di instaurare rapporti
sociali nuovi.
Tutti i lavori di gestione, di organizzazione di attività politiche o
socioculturali, di ristrutturazione,
si svolgono collettivamente, diventando così
occasione per scambi inter-personali. Per tutti/e vi è la possibilità di assumere un
ruolo attivo nellesperienza, di esserne partecipi, di contribuire al suo sviluppo,
eliminando tutte quelle barriere, legate allestrazione sociale, ai diplomi
scolastici, alla provenienza culturale, ai problemi personali in ambito di dipendenze o di
lucidità psichica, che si incontrano nella società capitalistica.
Naturalmente oltre a questo tipo di aggregazione vi è quella più ampia, creata
dagli avvenimenti politici e socio-culturali. Un grandissimo numero di persone passa dal
centro sociale nel corso di una settimana, inserendosi e gustandosi, chi più chi meno, il
clima dellautogestione.
Se si realizzasse un'inchiesta sul campo sulla composizione dei/lle
frequentatori/trici abituali e saltuari del Centro Sociale Autogestito, essa rivelerebbe
con grande probabilità quanto essa sia eterogenea a tutti i livelli (età, estrazione
sociale, ambito lavorativo,..).
Per descrivere e capire a fondo quest'esperienza, bisogna quindi capire
limportanza dellaspetto sociale-aggregativo, in quanto proprio grazie alla
discussione sia in ambito più formale (assemblea gruppi di lavoro,..) che informale
emergono i bisogni e le utopie delle persone.
Il Molino è il luogo in cui si specchiano per poi essere affrontate alcune delle
più importanti trasformazioni socio-economiche in corso, a cominciare dalla crisi della
società del lavoro.
Partendo quindi dai bisogni e dalle utopie si comincia a formare lidentità
collettiva, nascono idee da sperimentare in questo grande laboratorio e rivendicazioni da
portare per le strade.
Ciò che accomuna maggiormente chi frequenta il Centro è che tutti/e, nella
mutevolezza o precarietà delle proprie condizioni lavorative o esistenziali, ci sentiamo
in un luogo nostro, non mio ma anche mio, un luogo dove cominciare
a costruire e vivere questaltro mondo, un luogo da cui partire per dare forma
allutopia.
Il Centro è per noi la spazializzazione di quella risorsa tanto
cruciale che è il pensiero, la capacità di riflettere, le qualità cognitive e
creativo-innovative. Diventa dunque una prerogativa dell'autodeterminazione, che si
estende alla sfida alla logica economica che tutto vuole colonizzare, a
partire dalle nostre menti.
Per questa sfida abbiamo bisogno di stare assieme, di comunicare preservando le
nostre differenze, di produrre quel bene sempre più raro che si chiama socialità. Per
stare dentro le trasformazioni in corso abbiamo bisogno di un Centro non della Città, ma nella Città, dove riteniamo
indispensabile linterazione, il coinvolgimento e lo scambio reciproco in primis con
il quartiere e in generale con tutto il territorio.
È proprio in ragione di questa sensibilità sociale profonda che il centro
sociale si trova spesso a rispondere a esigenze sociali contingenti, che non hanno spazio
nella sensibilità di parte della popolazione ticinese e che presso lautorità non
trovano ascolto.
Pensando ad esempio alla totale mancanza di strutture di prima accoglienza in
Ticino, il Molino ha ospitato persone in momentanea difficoltà, accompagnate presso di
noi a volte dalla polizia, altre da associazioni come May-day.
Potremmo anche citare la problematica della comunità ecuadoriana, di cui il
Molino si è fatto carico per anni e che solo ora, grazie al lavoro politico del movimento
dei senza voce emerge timidamente alla luce del sole.
Pur essendo questo tipo di aiuto piuttosto assistenziale, il molino trovandosi
suo malgrado confrontato con esse, ha sempre provato ha dare delle risposte concrete a
situazioni contingenti. Lobbiettivo del centro sociale non consiste nel riempire
delle mancanze, nel porre dei cerotti, ma il cercare una risposta valida a problematiche
sociali importanti, portandole sul piano della rivendicazione politica.
In questi anni si é anche capito che la vera
radicalità di questa esperienza non sta nel cristallizzare identità politiche
eterne, nel crederci dei surrogati o dei concentrati del conflitto (tipo "avanguardie
del popolo"). La radicalità dellazione intrapresa sta nel rafforzare,
sollecitare, predisporre strumenti che siano funzionali ad altre e più socialmente
diffuse forme del conflitto. Il Molino è un ambiente, un humus, in cui attecchiscono e proliferano
pratiche sociali, politiche e culturali, in modo tanto diffuso quanto informale.
Il principio base dell'economia del Centro è l'autofinanziamento infatti
non percepiamo finanziamenti dallesterno e men che meno dalle autorità
cittadine o cantonali, evitando così manipolazioni di carattere gestionale e ideologico.
Vi sono diverse attività, ognuna gestita con la propria cassa. Ci sono attività che
permettono di finanziarne altre, attività che possono sostenersi da sole e attività che
necessitano almeno delliniziale solidarietà di altre. Ma lobiettivo è quello
che ogni proposta si autofinanzi, di modo che il surplus venga utilizzato per la struttura
(manutenzione, acqua, elettricità,
) o le iniziative senza o con entrate limitate,
ma non per questo meno importanti (animazioni per bimbi/e, progetti di solidarietà
internazionale, periodico autoprodotto,
)
Il Molino per questioni di necessità ha comunque dei rapporti economici con
quella parte del mercato capitalista che da sempre cerca di combattere (es. acquista
energia elettrica dalle aziende); daltro canto dove è possibile lavora a stretto
contatto con tutta una serie di situazioni esterne alternative favorendo lo sviluppo di
tutte quelle realtà cooperativistiche, solidali, rispettose dellambiente e dei
diritti dei lavoratori.
Ciò che sostanzialmente ci distingue dalla società esterna è che le entrate
vengono reinvestite nella struttura, nelle attività e nelle azioni di solidarietà,
quindi leconomia interna non è funzionale alla ricerca prioritaria di profitto.
Piuttosto che di prezzi parliamo di contributi per le spese di tutto ciò che
lAssemblea decide di finanziare.
La supervisione finanziaria generale è curata dal gruppo contabilità.
La ridistribuzione delle risorse provenienti dalle attività in utile viene
coordinata insieme allAssemblea secondo i principi di priorità e solidarietà.
Naturalmente la partecipazione volontaria alla costruzione del Centro da parte di
numerose persone ha permesso di eliminare i costi di manodopera.
Il Molino predilige la militanza al denaro. È in grado di sopportare
la carenza di soldi ma non quella della partecipazione. Chi non ha soldi, entra ugualmente
e viene invitat@ a partecipare allautogestione in prima persona e contribuire economicamente semmai quando gli/le sarà
possibile.
La libertà è partecipazione, non pecunia!!
Una delle tante
motivazioni delle persone che arrivarono a occupare gli ex-Molini Bernasconi di Viganello
fu indubbiamente il pensiero di scrollarsi di dosso lo statuto di lavoratrici/tori
dipendenti. Si discusse parecchio in questa prospettiva e il denominatore che ci accomunò
fu comunque che non ci interessasse creare o rilevare unazienda o ditta, per
sentirci soddisfatti/e e liberi/e di gestire la nostra vita lavorativa. Ritrovarci nella
logica del mercato tradizionale legata esclusivamente al profitto e al selvaggio mondo
della concorrenza, dove da sempre i primi a pagare sono comunque
i/le dipendenti, ci avrebbe riportato al punto dinizio, a operare con chi
ha aperto unattività dallaltra parte della barricata. Sarebbe stato un
paradosso imperdonabile!
Linsieme di chi si esprime, sogna, lavora e crea al Centro è uno spaccato
di società reale.
Con lattuale involuzione del mondo del lavoro e le implicazioni negative
sul fronte dei diritti e dei rapporti umani, pensare ad unalternativa valida e
concreta diventa un percorso naturale e più che mai necessario.
La scelta di voler autogestire degli stabili in disuso comporta il confronto con
moltissimi lavori manuali per la funzionalità degli spazi: dagli impianti elettrici, ai
lavori di falegnameria, agli impianti sanitari, fino a tutti quei lavori legati alle
attività culturali e politiche.
Con lapporto delle esperienze di ognuno nasce così uno scambio di
informazioni tra le persone che costruiscono il Molino e contribuiscono al suo
funzionamento, dando la possibilità a chiunque sia interessat@ di cimentarsi in attività
differenti da quelle abiutali.
Fino ad oggi la funzionalità del Molino è stata gestita in maniera militante,
in alcuni casi con unorganizzazione a turni (Barabba, mensa,
) e in altri con
un coinvolgimento lavorativo spontaneo.
Negli anni di vita del Molino si sono
sperimentate sporadicamente forme embrionali di autoproduzioni e
autoreddito (cooperativa panini, volantinaggio,
).
Oggi ci troviamo ad affrontare la schizofrenia di dover lavorare in un ambito che
combattiamo per poter sopravvivere a livello individuale, a discapito del tempo e
dellenergia da dedicare alle cose che realmente vogliamo. Lassemblea sta
discutendo con un sempre maggiore realismo della necessità di creare delle cooperative di
lavoro interne, od esterne al Molino, che ci permettano di vivere dignitosamente e in
maniera coerente ai nostri principi. Esse verrebbero organizzate in base a criteri quali
lorganizzazione orizzontale (il più possibile a rotazione o cercando di rispettare
le proprie predisposizioni senza la creazione di gerarchie), un autoreddito a seconda
delle necessità vitali di ognun@ non legato alla meritocrazia, un coinvolgimento che ci
permetta di migliorare la realtà del CSA per quel che riguarda coerenza, presenza,
sicurezza, igiene,