8. Conclusioni

Indubbiamente i contributi dell’ultimo capitolo sono utili per farci ragionare su serie e verificate critiche nei confronti di tutte quelle persone che “manipolano la cultura, chi è padrone degli spazi, chi fa radio e televisione, chi organizza, …nella ragnatela che unisce il tutto.” Si tratta decisamente di un controllo improprio della cultura nella città, affidata a gente che non comprende o non vuole collaborare con le realtà attive sul territorio, le quali restano prigioniere della burocrazia e delle limitazioni imposte, nonché vittime della scarsa sensibilità verso i problemi che vivono gli artisti "di mestiere".

Per esempio a livello nazionale un appello è soprattutto indirizzato alla DRS e ancor maggiormente alla RTSI, alle quali viene contestato di non promuovere a sufficienza gli artisti e la cultura svizzera.

Il Molino gioca un ruolo determinante nell’inversione di tale tendenza. Collaudata negli anni ed in momenti difficili, l'esperienza che abbiamo accumulato ed il riscontro di pubblico locale e internazionale, se venissero adeguatamente valorizzati, andrebbero interpretati come una risorsa per la Città di Lugano.

 

D’altro canto la critica va ben oltre i confini della Città di Lugano, in quanto si collega a un’incapacità, o piuttosto a una mancanza di volontà politica generale dei governi, di ridistribuire equamente le ricchezze, (non solo quelle economiche, ma anche quelle culturali, intellettuali, umane,…) o nel caso specifico le opportunità di esprimere sé stessi e la propria arte.

In quest’ottica i punti di forza delle grandi città d’oltralpe sono legati alla presenza di diversi Centri Socioculturali Autogestiti, talvolta addirittura sovvenzionati e riconosciuti da votazioni popolari. Il successo di questi spazi generatori di socialità e cultura multietnica avvalora il fatto che sia proponibile e auspicabile che anche nella “Grande Lugano” venga data finalmente la possibilità permanente di sviluppare un insieme di progetti culturali e politici, che non prevedono né controllo né censura da parte delle autorità.

 

È solo quando si dà veramente la possibilità alle diversità di esprimersi liberamente, che si può cominciare a parlare di vivere nel rispetto delle differenze, poiché in questo modo si scopre che sono di più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono. Con diversità non s’intendono solo quelle inglobate e accettate da quell’èlite capitalista e borghese che decide chi e cosa mandare in scena, ma quelle appartenenti al mondo vero dai colori vivaci e variegati in perenne fermento, caratterizzato da quella tensione anarchica che spinge a lottare per liberarsi da idee preconcette e fasulle e a ricercare una continua coerenza tra idea e azione. Quel mondo stimolante che pullula di odori, di istinti e di ispirazioni differenti, da cui scaturisce quell’underground culturale che li comprende tutti, li rimescola e ne genera di nuovi.

Questo ed altro è effettivamente ciò che è avventuto nei sette anni di vita del Molino e prosegue grazie all’inserimento positivo del CSA nell’attuale sede dell’ex Macello. Malgrado tutti i pregiudizi, qui non vi sono state le grosse lamentele che rieccheggiavano attorno al Maglio, anche perché si è preso contatto con docenti e genitori della confinante scuola Lambertenghi, mantenendo cosí le relazioni di buon vicinato. D’altronde spesso si ha paura di ciò che non si conosce, ma davanti a un’occasione di riflessione, non tutti se la sentono di infierire su persone che si distinguono, certo, ma non tanto per l’abbigliamento, la musica o l’atteggiamento non conforme alla moda del momento, ma piuttosto per l’azione solidale: il coraggio di alzare e usare la testa per contestare le ingiustizie e resistere in nome dell’enorme massa di umiliati, vittime di ladri e assassini che vanno smascherati; a fianco degli emarginati sociali, degli “strani” o semplicemente stranieri, che in questi tristi giorni di razzismo sempre più dilagante, si vedono negare ancora più pesantemente e con metodi fascisti i diritti fondamentali per una vita degna.

 

Ebbene qualcuno, o forse molte persone, non sono (più) d’accordo; talvolta il gioco furbamente manipolato dai potenti viene scoperto e sempre più spesso la loro credibilità traballa, in particolare quando dichiarano pubblicamente di servirsi anche di mezzi illegali per far rispettare la loro stessa legalità…mentre al cittadino comune non è concesso l’uso dell’illegalità, sebbene inteso in un’ottica di lotta per l’uguaglianza politica, di raggiungimento di benefici collettivi a favore delle comunità più sfavorite. .

 

L’ubicazione del movimento negli stabili dell’ex Macello ha sicuramente favorito la partecipazione di numerose persone, fra cui molti studenti che prima facevano più fatica a raggiungere il Centro Sociale non servito dai mezzi pubblici, (come esempio si può citare la collaborazione con gli studenti del liceo che è aumentata considerevolmente, tanto che nello spazio ufficio si sono creati una postazione computer e schedari di materiale cartaceo, per proseguire con le rivendicazioni del collettivo studentesco in attesa della concretizzazione del sindacato studentesco).

Qualche intervento strutturale, tra cui la posa di un’isolazione fonica, permetterebbe al Molino di proseguire definitivamente il suo percorso nella sede attuale. Nasce quindi la rivendicazione dell’area dell’ex Macello come sede stabile, stipulando una convenzione di almeno 5 anni, affinchè si possano intraprendere una programmazione e un’organizzazione a lungo termine. Ecco perchè non intendiamo accettare ulteriori situazioni provvisorie. Vogliamo finalmente creare quello spazio rivendicato da generazioni, concretizzando il sogno di una cittadella autogestita nella città, rispondendo ad un’esigenza che è stata nuovamente confermata da oltre 2000 persone dopo lo sgombero del Maglio.

Ricordiamo inoltre che probabilmente mai un’esperienza di questo genere ha portato un così alto numero di cittadini/e in strada e che da troppi anni ormai il Canton Ticino, sciopero sindacale escluso, non si trovava confrontato con una così massiccia e determinata rivendicazione sociale, dando inoltre il via a un intenso inverno-primavera (quella del 2002-2003 per intenderci…) di lotta per i diritti sociali.

Il CSA Il Molino è sicuramente un luogo dove si creano eventi socio-culturali del tutto fuori dalle possibilità che offre la Città di Lugano; di diversa impostazione, di concezione tesa a rendere vivace e attuale un panorama culturale che non riesce ad intrecciare rapporti di collaborazione con tendenze che si muovono in ambiti diversi, ai margini della “cultura ufficiale”.

Questo fatto è consolidato dagli oltre cinquecento eventi (concerti di ogni genere, teatri, dj-set, balli e danze contemporanee e tradizionali, rave, mostre, conferenze, spazi di informazione e dibattito, cinema, sculture, painting-project, body painting, letture ed interpretazioni di letteratura e poesia, videoproiezioni, corsi di danza, di teatro, di fotografia, di meditazione, di fonico, camminate sul fuoco, autoproduzioni artistiche, ma anche politiche, come una ventina di numeri del giornale del Molino, i racconti e altro materiale informativo militante) ai quali hanno partecipato circa  200 000 persone. Con una tale mole di eventi si è promossa concretamente la cultura sotterranea e la politica antagonista, dando modo ai suoi protagonisti di esprimersi, di migliorare, di continuare a sognare e far sognare.

Tutto ciò senza pesare sul prezzo di entrata, che permane tra i più sociali di tutta la Svizzera e allo stesso tempo offrendo lavoro ed un giusto compenso agli artisti e ai relatori che hanno partecipato all'animazione del Molino, i quali non vengono pagati “ad incasso”, ma ricevono un compenso predefinito tramite un accordo. Talvolta per motivi di solidarietà con il Molino o per l’adesione a progetti di aiuto a popolazioni economicamente sfavorite e politicamente oppresse, i gruppi si prestano ad esibirsi gratuitamente.

Anche le persone invitate percepiscono la spontaneità dell'ambiente e partecipano numerose agli eventi culturali organizzati dal Molino dovunque esso si trovi (l’anno scorso al maglio, prima ancora a Viganello, poi nelle strade, senza una sede, ed infine all’ex Macello).

Senza soldi né aiuti, senza sovvenzioni o facilitazioni, abbiamo costruito situazioni incredibili, inusuali, senza influenze ed imposizioni da parte di nessuno, se non dei partecipanti ai gruppi di lavoro e all’assemblea generale. Una vasta gamma di attività atte a fare emergere e mobilitare qualità e risorse esistenti in ognuno di noi, allargando la sfera del sapere, del saper fare, del saper essere.

La gestione delle attività ed i contributi per il loro sviluppo sono basati sulla militanza. Cosi come la costruzione e l’allestimento degli spazi si fonda sullo scambio di conoscenze, di idee, di esperienze creative di molte persone, nonché su un uso, il più ampio possibile, di materiali riciclati, regalati o ridefiniti nel loro utilizzo, contribuendo a sviluppare notevolmente fantasia, ingegno e spirito di iniziativa.

 

Inoltre si sperimentano nuovi metodi di lavoro cooperativistico e no profit, dove non esistono forme gerarchiche di potere, poichè le decisioni vengono prese dalla collettività. Così si escludono rapporti interpersonali basati sul denaro, sulla dipendenza economica e sullo sfruttamento tra esseri umani che determina la perdita della propria dignità, come spesso accade nell'industria del tempo libero funzionale al puro consumo e più in generale nell’alienante mondo del lavoro.

È sicuro che potrebbe essere positiva la presenza di un’università in Ticino, ma come già sottolineato esistono diversi modi di strutturarla e di gestirla e differenti sistemi di relazionarsi tra istituzioni, docenti e studenti. All’USI esistono spazi di manovra ancora enormi per rendere tali rapporti più orizzontali e multidirezionali, forme già ampiamente sperimentate in altre università e anche, in una dimensione limitata, nei licei ticinesi durante le settimane autogestite. Queste modalità di interazione hanno il pregio di portare ad uno scambio di ruoli tra studente e insegnante, affinchè entrambi possano apprendere.

La scuola dovrebbe aprire le porte al confronto, promuovendo interventi e dibattiti nuovi portati da ospiti e invitati appartenenti a realtà differenti. In tal modo si potrebbero aggiungere ottiche diverse e angolature inedite, per favorire lo sviluppo di uno spirito critico e responsabile necessario ad ogni cittadino.

La necessità di costituire attorno all’università un humus culturale e sociale è stata già espressa da molti studenti dell’USI; ma manca ancora un intreccio di fattori per rendere Lugano una vera città universitaria.Tra questi un Centro autogestito fonte di ispirazione e di azione per liberi pensatori, di cultura indipendente per tutti, come già d’altronde sperimentato in numerose città svizzere ed europee, dove le esperienze universitarie si sono spesso accompagnate alle lotte sociali, alle rivendicazioni di spazi da autogestire, ai dibattiti politici e a nuove forme di socialità, elementi purtroppo ancora oggi assenti nel contesto universitario luganese.

Nonostante ciò, le numerose critiche all'esosità del "progetto Bignasca" e i molti dubbi sulla sua reale funzionalità si riversano almeno in parte nell’ancora oscuro progetto per destinare parte dell’area dell’ex Macello all’USI.

 

Alla luce di tutte le considerazioni precedenti, per rendere effettiva l’idea di una cittadella multiculturale al Macello, riteniamo finalmente corretto dare uno spazio anche al progetto Molino nel quale sono ben rappresentati tutti gli obiettivi che emergono dagli altri progetti relativi a questi stabili, ovviamente a costi nettamente minori. Sarebbe pure auspicabile la collaborazione con gli studenti dell’USI per un utilizzo degli spazi nell’ambito dell’autogestione, affinchè si possano incentivare tutte quelle attività atte a sviluppare lo spirito critico e le abilità espressive personali e collettive.

 

Se il Molino s’insediasse definitivamente all’ex Macello, cadrebbero anche le eventuali entrate della città, riscosse tramite gli affitti di questi spazi, ma questo cambiamento permetterebbe di conservare tale struttura fruibile a prezzi popolari, di facile accesso a studenti e disoccupati, a working poor e anziani, offrendo uno "sfogo" a tutte quelle persone che non si possono permettere i costi spropositati della vita notturna offerta a Lugano nelle solite discoteche, o che di fatto non condividono le proposte usa e getta, la logica del “produci, consuma, crepa” e la netta divisione tra attore che propone e spettatore che paga (e quanto!), così maledettamente in voga nell’odierna società liberalcapitalista. Vista la tendenza unilaterale della proposta culturale attuale (che il Molino contesta e alla quale si oppone), riscontriamo che le persone scontente sono in continuo crescendo e talvolta rientrano nella fascia di popolazione "a rischio" alla quale debbono essere date delle risposte includenti e non marginalizzanti come di solito accade.

 

Gli sforzi messi in atto in questi anni da tutti/e noi per costruire e gestire spazi adatti al progetto Molino, frustrati/e da un incendio doloso e da un vergognoso sgombero, non devono risultare incompresi per l'ennesima volta. Dopo sette anni e tre differenti sedi, considerati anche i decenni precedenti di rivendicazioni in tal senso e non da ultimo il recente "contratto" stipulato tra la Città di Lugano, il Consiglio di Stato e l'assemblea del Molino, è veramente giunto il momento per le autorità di assumersi le proprie responsabilità e dare una risposta alle esigenze di una parte cospicua della popolazione, riconoscendo finalmente la legittimità di quest’esperienza. Se cio’non avvenisse la maggior parte dei suoi sostenitori e simpatizzanti non sarà più in grado di capire perché tale situazione di precarietà debba essere prolungata o rinviata nel tempo, in quanto si sente l'esigenza di agire subito affinché ad attività di questo tipo venga riconosciuta una cittadinanza effettiva e permanente in una sede stabile.

 

Questi sette anni di esperienza non sono serviti ad altro che a consolidare e rafforzare il progetto Molino come una valida alternativa di vita e dove in un prossimo futuro di stabilità, liberati finalmente dall’assidua e angosciante ricerca di una sede definitiva, potrà svilupparsi come alternativa anche nel campo lavorativo.

Le numerose manifestazioni di solidarietà e di sostegno al C.S.A. il Molino sono espressione del coinvolgimento diretto di quella parte di popolazione che non solo crede in un mondo impostato diversamente, ma che si mette in gioco e lotta per costruirselo. Tale realtà non può essere negata né nascosta, ma attende da anni una risposta; che oggi, constatato nuovamente il vuoto propositivo delle autorità, noi troviamo nell'ex Macello.

 

 

 

CSOA IL MOLINO,

1° settembre 2003