Indubbiamente
i contributi dell’ultimo capitolo sono utili per farci ragionare su serie e
verificate critiche nei confronti di tutte quelle persone che “manipolano la
cultura, chi è padrone degli spazi, chi fa radio e televisione, chi organizza,
…nella ragnatela che unisce il tutto.” Si tratta decisamente di un controllo
improprio della cultura nella città, affidata a gente che non comprende o non
vuole collaborare con le realtà attive sul territorio, le quali restano
prigioniere della burocrazia e delle limitazioni imposte, nonché vittime della
scarsa sensibilità verso i problemi che vivono gli artisti "di
mestiere".
Per
esempio a livello nazionale un appello è soprattutto indirizzato alla DRS e
ancor maggiormente alla RTSI, alle quali viene contestato di non promuovere a
sufficienza gli artisti e la cultura svizzera.
Il
Molino gioca un ruolo determinante nell’inversione di tale tendenza.
Collaudata negli anni ed in momenti difficili, l'esperienza che abbiamo
accumulato ed il riscontro di pubblico locale e internazionale, se venissero
adeguatamente valorizzati, andrebbero interpretati come una risorsa per la Città
di Lugano.
D’altro
canto la critica va ben oltre i confini della Città di Lugano, in quanto si
collega a un’incapacità, o piuttosto a una mancanza di volontà politica
generale dei governi, di ridistribuire equamente le ricchezze, (non solo quelle
economiche, ma anche quelle culturali, intellettuali, umane,…) o nel caso
specifico le opportunità di esprimere sé stessi e la propria arte.
In
quest’ottica i punti di forza delle grandi città d’oltralpe sono legati
alla presenza di diversi Centri Socioculturali Autogestiti, talvolta addirittura
sovvenzionati e riconosciuti da votazioni popolari. Il successo di questi spazi
generatori di socialità e cultura multietnica avvalora il fatto che sia
proponibile e auspicabile che anche nella “Grande Lugano” venga data
finalmente la possibilità permanente di sviluppare un insieme di progetti
culturali e politici, che non prevedono né controllo né censura da parte delle
autorità.
È
solo quando si dà veramente la possibilità alle diversità di esprimersi
liberamente, che si può cominciare a parlare di vivere nel rispetto delle
differenze, poiché in questo modo si scopre che sono di più le cose che ci
uniscono di quelle che ci dividono. Con diversità non s’intendono solo quelle
inglobate e accettate da quell’èlite capitalista e borghese che decide chi e
cosa mandare in scena, ma quelle appartenenti al mondo vero dai colori vivaci e
variegati in perenne fermento, caratterizzato da quella tensione anarchica che
spinge a lottare per liberarsi da idee preconcette e fasulle e a ricercare una
continua coerenza tra idea e azione. Quel mondo stimolante che pullula di odori,
di istinti e di ispirazioni differenti, da cui scaturisce quell’underground
culturale che li comprende tutti, li rimescola e ne genera di nuovi.
Questo
ed altro è effettivamente ciò che è avventuto nei sette anni di vita del
Molino e prosegue grazie all’inserimento positivo del CSA nell’attuale sede
dell’ex Macello. Malgrado tutti i pregiudizi, qui non vi sono state le grosse
lamentele che rieccheggiavano attorno al Maglio, anche perché si è preso
contatto con docenti e genitori della confinante scuola Lambertenghi, mantenendo
cosí le relazioni di buon vicinato. D’altronde spesso si ha paura di ciò che
non si conosce, ma davanti a un’occasione di riflessione, non tutti se la
sentono di infierire su persone che si distinguono, certo, ma non tanto per
l’abbigliamento, la musica o l’atteggiamento non conforme alla moda del
momento, ma piuttosto per l’azione solidale: il coraggio di alzare e usare la
testa per contestare le ingiustizie e resistere in nome dell’enorme massa di
umiliati, vittime di ladri e assassini che vanno smascherati; a fianco degli
emarginati sociali, degli “strani” o semplicemente stranieri, che in questi
tristi giorni di razzismo sempre più dilagante, si vedono negare ancora più
pesantemente e con metodi fascisti i diritti fondamentali per una vita degna.
Ebbene
qualcuno, o forse molte persone, non sono (più) d’accordo; talvolta il gioco
furbamente manipolato dai potenti viene scoperto e sempre più spesso la loro
credibilità traballa, in particolare quando dichiarano pubblicamente di
servirsi anche di mezzi illegali per far rispettare la loro stessa legalità…mentre
al cittadino comune non è concesso l’uso dell’illegalità, sebbene inteso
in un’ottica di lotta per l’uguaglianza politica, di raggiungimento di
benefici collettivi a favore delle comunità più sfavorite. .
L’ubicazione
del movimento negli stabili dell’ex Macello ha sicuramente favorito la
partecipazione di numerose persone, fra cui molti studenti che prima facevano più
fatica a raggiungere il Centro Sociale non servito dai mezzi pubblici, (come
esempio si può citare la collaborazione con gli studenti del liceo che è
aumentata considerevolmente, tanto che nello spazio ufficio si sono creati una
postazione computer e schedari di materiale cartaceo, per proseguire con le
rivendicazioni del collettivo studentesco in attesa della concretizzazione del
sindacato studentesco).
Qualche
intervento strutturale, tra cui la posa di un’isolazione fonica, permetterebbe
al Molino di proseguire definitivamente il suo percorso nella sede attuale.
Nasce quindi la rivendicazione dell’area dell’ex Macello come sede stabile,
stipulando una convenzione di almeno 5 anni, affinchè si possano intraprendere
una programmazione e un’organizzazione a lungo termine. Ecco perchè non
intendiamo accettare ulteriori situazioni provvisorie. Vogliamo finalmente
creare quello spazio rivendicato da generazioni, concretizzando il sogno di una
cittadella autogestita nella città, rispondendo ad un’esigenza che è stata
nuovamente confermata da oltre 2000 persone dopo lo sgombero del Maglio.
Ricordiamo
inoltre che probabilmente mai un’esperienza di questo genere ha portato un così
alto numero di cittadini/e in strada e che da troppi anni ormai il Canton
Ticino, sciopero sindacale escluso, non si trovava confrontato con una così
massiccia e determinata rivendicazione sociale, dando inoltre il via a un
intenso inverno-primavera (quella del 2002-2003 per intenderci…) di lotta per
i diritti sociali.
Il
CSA Il Molino è sicuramente un luogo dove si creano eventi socio-culturali del
tutto fuori dalle possibilità che offre la Città di Lugano; di diversa
impostazione, di concezione tesa a rendere vivace e attuale un panorama
culturale che non riesce ad intrecciare rapporti di collaborazione con tendenze
che si muovono in ambiti diversi, ai margini della “cultura ufficiale”.
Questo
fatto è consolidato dagli oltre cinquecento eventi (concerti di ogni genere,
teatri, dj-set, balli e danze contemporanee e tradizionali, rave, mostre,
conferenze, spazi di informazione e dibattito, cinema, sculture,
painting-project, body painting, letture ed interpretazioni di letteratura e
poesia, videoproiezioni, corsi di danza, di teatro, di fotografia, di
meditazione, di fonico, camminate sul fuoco, autoproduzioni artistiche, ma anche
politiche, come una ventina di numeri del giornale del Molino, i racconti e
altro materiale informativo militante) ai quali hanno partecipato circa
200 000 persone. Con una tale mole di eventi si è promossa concretamente
la cultura sotterranea e la politica antagonista, dando modo ai suoi
protagonisti di esprimersi, di migliorare, di continuare a sognare e far
sognare.
Tutto
ciò senza pesare sul prezzo di entrata, che permane tra i più sociali di tutta
la Svizzera e allo stesso tempo offrendo lavoro ed un giusto compenso agli
artisti e ai relatori che hanno partecipato all'animazione del Molino, i quali
non vengono pagati “ad incasso”, ma ricevono un compenso predefinito tramite
un accordo. Talvolta per motivi di solidarietà con il Molino o per l’adesione
a progetti di aiuto a popolazioni economicamente sfavorite e politicamente
oppresse, i gruppi si prestano ad esibirsi gratuitamente.
Anche
le persone invitate percepiscono la spontaneità dell'ambiente e partecipano
numerose agli eventi culturali organizzati dal Molino dovunque esso si trovi
(l’anno scorso al maglio, prima ancora a Viganello, poi nelle strade, senza
una sede, ed infine all’ex Macello).
Senza
soldi né aiuti, senza sovvenzioni o facilitazioni, abbiamo costruito situazioni
incredibili, inusuali, senza influenze ed imposizioni da parte di nessuno, se
non dei partecipanti ai gruppi di lavoro e all’assemblea generale. Una vasta
gamma di attività atte a fare emergere e mobilitare qualità e risorse
esistenti in ognuno di noi, allargando la sfera del sapere, del saper fare, del
saper essere.
La
gestione delle attività ed i contributi per il loro sviluppo sono basati sulla
militanza. Cosi come la costruzione e l’allestimento degli spazi si fonda
sullo scambio di conoscenze, di idee, di esperienze creative di molte persone,
nonché su un uso, il più ampio possibile, di materiali riciclati, regalati o
ridefiniti nel loro utilizzo, contribuendo a sviluppare notevolmente fantasia,
ingegno e spirito di iniziativa.
Inoltre
si sperimentano nuovi metodi di lavoro cooperativistico e no profit, dove non
esistono forme gerarchiche di potere, poichè le decisioni vengono prese dalla
collettività. Così si escludono rapporti interpersonali basati sul denaro,
sulla dipendenza economica e sullo sfruttamento tra esseri umani che determina
la perdita della propria dignità, come spesso accade nell'industria del tempo
libero funzionale al puro consumo e più in generale nell’alienante mondo del
lavoro.
È
sicuro che potrebbe essere positiva la presenza di un’università in Ticino,
ma come già sottolineato esistono diversi modi di strutturarla e di gestirla e
differenti sistemi di relazionarsi tra istituzioni, docenti e studenti.
All’USI esistono spazi di manovra ancora enormi per rendere tali rapporti più
orizzontali e multidirezionali, forme già ampiamente sperimentate in altre
università e anche, in una dimensione limitata, nei licei ticinesi durante le
settimane autogestite. Queste modalità di interazione hanno il pregio di
portare ad uno scambio di ruoli tra studente e insegnante, affinchè entrambi
possano apprendere.
La
scuola dovrebbe aprire le porte al confronto, promuovendo interventi e dibattiti
nuovi portati da ospiti e invitati appartenenti a realtà differenti. In tal
modo si potrebbero aggiungere ottiche diverse e angolature inedite, per favorire
lo sviluppo di uno spirito critico e responsabile necessario ad ogni cittadino.
La
necessità di costituire attorno all’università un humus culturale e sociale
è stata già espressa da molti studenti dell’USI; ma manca ancora un
intreccio di fattori per rendere Lugano una vera città universitaria.Tra questi
un Centro autogestito fonte di ispirazione e di azione per liberi pensatori, di
cultura indipendente per tutti, come già
d’altronde sperimentato in numerose città svizzere ed europee, dove le
esperienze universitarie si sono spesso accompagnate alle lotte sociali, alle
rivendicazioni di spazi da autogestire, ai dibattiti politici e a nuove forme di
socialità, elementi purtroppo ancora oggi assenti nel contesto universitario
luganese.
Nonostante
ciò, le numerose critiche all'esosità del "progetto Bignasca" e i
molti dubbi sulla sua reale funzionalità si riversano almeno in parte
nell’ancora oscuro progetto per destinare parte dell’area dell’ex Macello
all’USI.
Alla
luce di tutte le considerazioni precedenti, per rendere effettiva l’idea di
una cittadella multiculturale al Macello, riteniamo finalmente corretto dare uno
spazio anche al progetto Molino nel quale sono ben rappresentati tutti gli
obiettivi che emergono dagli altri progetti relativi a questi stabili,
ovviamente a costi nettamente minori. Sarebbe pure auspicabile la collaborazione
con gli studenti dell’USI per un utilizzo degli spazi nell’ambito
dell’autogestione, affinchè si possano incentivare tutte quelle attività
atte a sviluppare lo spirito critico e le abilità espressive personali e
collettive.
Se
il Molino s’insediasse definitivamente all’ex Macello, cadrebbero anche le
eventuali entrate della città, riscosse tramite gli affitti di questi spazi, ma
questo cambiamento permetterebbe di conservare tale struttura fruibile a prezzi
popolari, di facile accesso a studenti e disoccupati, a working poor e anziani,
offrendo uno "sfogo" a tutte quelle persone che non si possono
permettere i costi spropositati della vita notturna offerta a Lugano nelle
solite discoteche, o che di fatto non condividono le proposte usa e getta, la
logica del “produci, consuma, crepa” e la netta divisione tra attore che
propone e spettatore che paga (e quanto!), così maledettamente in voga
nell’odierna società liberalcapitalista. Vista la tendenza unilaterale della
proposta culturale attuale (che il Molino contesta e alla quale si oppone),
riscontriamo che le persone scontente sono in continuo crescendo e talvolta
rientrano nella fascia di popolazione "a rischio" alla quale debbono
essere date delle risposte includenti e non marginalizzanti come di solito
accade.
Gli
sforzi messi in atto in questi anni da tutti/e noi per costruire e gestire spazi
adatti al progetto Molino, frustrati/e da un incendio doloso e da un vergognoso
sgombero, non devono risultare incompresi per l'ennesima volta. Dopo sette anni
e tre differenti sedi, considerati anche i decenni precedenti di rivendicazioni
in tal senso e non da ultimo il recente "contratto" stipulato tra la
Città di Lugano, il Consiglio di Stato e l'assemblea del Molino, è veramente
giunto il momento per le autorità di assumersi le proprie responsabilità e
dare una risposta alle esigenze di una parte cospicua della popolazione,
riconoscendo finalmente la legittimità di quest’esperienza. Se cio’non
avvenisse la maggior parte dei suoi sostenitori e simpatizzanti non sarà più
in grado di capire perché tale situazione di precarietà debba essere
prolungata o rinviata nel tempo, in quanto si sente l'esigenza di agire subito
affinché ad attività di questo tipo venga riconosciuta una cittadinanza
effettiva e permanente in una sede stabile.
Questi
sette anni di esperienza non sono serviti ad altro che a consolidare e
rafforzare il progetto Molino come una valida alternativa di vita e dove in un
prossimo futuro di stabilità, liberati finalmente dall’assidua e angosciante
ricerca di una sede definitiva, potrà svilupparsi come alternativa anche nel
campo lavorativo.
Le
numerose manifestazioni di solidarietà e di sostegno al C.S.A. il Molino sono
espressione del coinvolgimento diretto di quella parte di popolazione che non
solo crede in un mondo impostato diversamente, ma che si mette in gioco e lotta
per costruirselo. Tale realtà non può essere negata né nascosta, ma attende
da anni una risposta; che oggi, constatato nuovamente il vuoto propositivo delle
autorità, noi troviamo nell'ex Macello.
CSOA
IL MOLINO,
1°
settembre 2003