RESISTENZA AL WEF
 

Appello per la manifestazione del 22 gennaio 2005

Perché resistiamo al WEF
Perché lottiamo contro la degradazione crescente delle nostre condizioni di vita, contro lo
smantellamento sociale e la riduzione dei salari, contro l’esclusione e le guerre imperialiste.

« Taking responsability for tough choices».

Assumere la responsabilità delle decisioni che contano. È attorno a questo slogan che si riuniscono a fine gennaio i responsabili economici e politici per la riunione annuale del WEF (World Economic Forum) a Davos. In questa occasione prenderanno nuove importanti decisioni nei confronti degli interessi degli oppressi e degli sfruttati, per accelerare la redistribuzione delle ricchezze dal basso verso l’alto e rafforzare l’oppressione e lo sfruttamento in tutti i luoghi di lavoro: uffici, fabbriche, ospedali.
Con la costante intensificazione della flessibilità del lavoro, pretendono che si lavori sempre di più per un salario sempre minore. Con il pretesto delle “casse vuote”, un’estesa alleanza di partiti borghesi e della sinistra governativa, taglia le spese sociali, dalla sanità alla formazione scolastica. Per contro le offerte fatte ai settori privilegiati della nostra società non fanno che migliorare.
Se da un lato i governi e i ceti dominanti accrescono in permanenza la pressione sui senza lavoro, sui gruppi sociali più deboli e sui richiedenti d’asilo, dall’altro impongono riduzioni fiscali per i ricchi e l’aumento delle imposte indirette. Gli effetti devastanti di questa politica si manifestano nella precarietà
crescente che caratterizza le nostre condizioni di vita, rimettendo in discussione una certa sicurezza esistenziale: sanità, formazione, salari, garanzie d’impiego e assicurazioni sociali.
A questa insicurezza sempre più grande le classi dominanti rispondono mettendo in pratica una politica d’intimidazione e additano dei capri espiatori: i “mussulmani”, i “tossicomani”, gli “spacciatori africani”, gli “automobilisti iugoslavi”, i “teppisti di estrema sinistra”, i giovani sbandati, ecc. Il tutto sviluppando l’apparato repressivo poliziesco.

Con il pretesto di creare delle condizioni favorevoli allo sviluppo economico, i salariati e coloro che cercano lavoro sono messi in concorrenze gli uni contro gli altri. I padroni minacciano di delocalizzare interi settori produttivi verso paesi nei quali i lavoratori dispongono di ancora meno diritti. Con l’estensione dell’Unione Europea e gli accordi bilaterali fra la Svizzera e UE, ci promettono la libera circolazione delle persone. In realtà, questa libera circolazione è usata per incoraggiare il dumping salariale e sociale. La divisione deliberata dei lavoratori tra cittadini svizzeri e stranieri privi di diritti contribuisce a imporre questa politica. I padroni delle multinazionali perseguono questa politica, con l’appoggio dei governi, in Svizzera, in tutta Europa, negli Stati-Uniti e a livello globale. I governi, che siano borghesi-conservatori o verdi-socialdemocratici, applicano dappertutto lo stesso programma antisociale, con le stesse conseguenze per la società. Questa politica di smantellamento è attuata in buona parte sulla spalle delle donne, obbligate a riparare benevolmente gli strappi prodotti.

Con le loro guerre neocoloniali e imperialiste di saccheggio, gli USA e i loro alleati fanno piombare milioni di persone nella violenza e nella miseria. L’occupazione dell’Iraq ne è un esempio brutale. Le potenze europee non vogliono essere da meno. Che sia in una posizione di concorrenza o di collaborazione con gli USA, esse tentano di assicurarsi il controllo di zone d’influenza e di sfruttamento, coma la Francia in Africa o la Germania nell’Europa dell’Est. Il WEF appoggia
esplicitamente questa politica di dominazione imperialista e si associa alle minacce portate nei confronti delle popolazioni degli “Stati canaglia”. Davanti ai licenziamenti, alle menzogne legate alla politica d’austerità, all’intimidazione e alla brutalità della guerra, la rabbia cresce. Anche in Svizzera! Ecco perché il padrone della Posta, Ulrich Gygi, un “habitué” delle riunioni di Davos, minaccia di far intervenire la polizia contro i sindacalisti che difendono i posti di lavoro e il servizio pubblico. Ecco perché più di 1'000 persone sono state bloccate, attaccate e umiliate durante diverse ore nel gennaio del 2004 a Landquart. Ecco perché la metà del cantone dei Grigioni è occupata e accerchiata durante lo svolgimento dell’incontro annuale del WEF da migliaia di poliziotti svizzeri e
tedeschi, e da migliaia di soldati.

Cionostante il desiderio di un mondo senza guerre né oppressione non è così facile da reprimere a colpi di manganello e trova sempre la maniera di esprimersi. Ecco perché organizziamo una grande manifestazione a Berna, rifiutando la politica della tensione, della militarizzazione e dell’intimidazione delle autorità nazionali e cantonali, delle forze dell’ordine e dei media. Vogliamo una
manifestazione alla quale tutta la popolazione possa partecipare senza alcuna paura: giovani e anziani, uomini e donne, sindacalisti, migranti, handicappati, ecc.

Con questa manifestazione, vogliamo esprimere una prospettiva solidale, al di là della logica capitalistica del profitto, rimettendo in causa la dominazione dei padroni dell’economia e dei potenti riuniti a Davos. Vogliamo una società che produca per i bisogni degli esseri umani e non per il profitto, una società aperta, fondata sulla solidarietà e non sulla concorrenza e la paura.

Mobilitiamoci contro la riunione annuale delle élites mondiali! Manifestiamo contro la politica che queste stesse élites praticano tutti i giorni!

Tutte e tutti alla manifestazione contro la riunione annuale del World Economic Forum

Resistiamo al WEF
Opponiamoci alla degradazione delle nostre condizioni di vita, contro lo smantellamento sociale, la riduzione dei salari, contro l’esclusione e le guerre imperialiste

Berna, sabato 22 gennaio 2005, 13.30, Waisenhausplatz

No al WEF e alle sue politiche antisociali!
- No all’abbassamento dei salari, ai licenziamenti e alla degradazione delle condizioni lavorative.
- Per una riduzione radicale del tempo di lavoro senza riduzioni salariali.
- Fine dei regali fiscali ai padroni. Bisogna prendere i soldi dove ci sono: dai ricchi e dai super ricchi.
- Nessuna privatizzazione del servizio pubblico. Per la socializzazione delle imprese da parte dei lavoratori e delle lavoratrici e degli/delle utilizzatori/trici.
- Le favole sono belle. Ma non sotto forma di presunto dialogo dell’Open Forum del WEF, che non serve a nient’altro che a invischiare l’opposizione in discussioni senza fine.


Contro l’oppressione sessista
- La ristrutturazione dello Stato capitalista è particolarmente brutale nel campo sociale. Sono prima di tutto le donne che perdono posti di lavoro. E sono le donne che raccolgono i cocci dei danni causati dagli altri con il loro lavoro benevolo.
- Le donne guadagnano meno, ma svolgono la maggior parte del lavoro compiuto nella società. Basta! Riduzione del tempo di lavoro salariato, divisione dei compiti domestici, lotta contro le violenze domestiche!


Contro le discriminazioni razziste e uguali diritti per tutti!
- Fine della repressione crescente e delle discriminazioni razziste nei confronti dei migranti. No agli accordi di Schengen e di Dublino. Diritto soggiorno per tutti e tutte. Nessun* è illegale!
- No al dumping salariale e sociale in Svizzera, nell’Unione Europea e in tutto il mondo. Per la libertà di circolazione. Stessi diritti politici e sociali per tutti/e, veri diritti per i salariati e le salariate e per il miglioramento delle condizioni di vita di tutti e tutte. Per una lotta comune di tutti/e i lavoratori e le lavoratrici in Svizzera, nell’Unione Europea e nel mondo intero contro la politica del capitale

Contro le guerre imperialiste e l’occupazione dell’Iraq!
- Fine della violenza contro la popolazione irachena. Ritiro incondizionato delle truppe americane e dei loro alleati dall’Iraq. Nessun regime d’occupazione sanzionato dell’ONU.
- Contro il nuovo ordine mondiale basato sulla guerra, con i suoi protettorati neocoloniali in Afghanistan, nei Balcani, ad Haiti, in Iraq, in Palestina, in Cecenia e in Africa.
- No al muro dell’apartheid in Palestina.
- Per il diritto all’autodeterminazione delle genti nel mondo intero.


Firmatari del presente appello (stato al 6.12.04):

Aktion ungehorsamer Studierender (AUS), Berna; Antifa Bern; Anti-WTO-Koordination Bern, Ticino; Arti- Fri-Ciel, Fribourg; Movimento per il Socialismo (MPS); Collettivo Zapatista, Lugano; C.S.A. il Molino, Lugano; DaDavos Chur, Direkte Solidarität mit Chiapas, Zürich; F.A.M. Frauengruppe gegen Sexismus &
Rassismus, Berna; Freie ArbeiterInnen Union (FAU), Svizzera; Globalisierungskritiker, Turgovia; Grüne Partei Bern Demokratische Alterrnative (GPB-DA); Gruppe Landquart, Berna; Gruppe Roter Autonome (GRA), Zurich; Infoladen Kasama, Zurigo; Momo Rebel, Mendrisio; Revolutionärer Aufbau Schweiz; Roter Faden, Basilea; Villa Rosenau, Basilea.