Questa guerra è ingiusta perché è una guerra

Le armi di Saddam :



Le armi di Saddam
di Achille Lodovisi fonte: Solidarietà 5 dicembre 2002
Gli americani preparano la guerra all'Iraq
La vicenda dell'Iraq dimostra che sono proprio gli Stati Uniti a guidare e controllare la proliferazione delle armi di distruzione di massa, decidendo volta a volta chi sono i «buoni» che possono «proliferare» tali armi e chi sono i «cattivi» contro cui usarle.
Con la pubblicazione sul «New York Times» il 18 agosto scorso di un articolo di Patrick Tyler, le vicende che permisero all'lraq di impiantare un arsenale chimico e batteriologico e di avviare un programma per l'acquisizione di capacità nucleari hanno assunto una coloritura politica assolutamente inaspettata e molto significativa.
Dollari per Saddam
Le nuove rivelazioni, basate su documenti del dipartimento di Stato resi in parte di pubblico dominio, dimostrano che fin dal 1982 il presidente Reagan e il suo vice George Bush senior non solo erano a conoscenza dell'impiego massiccio di armi chimiche da parte dell'Iraq, ma lavoravano a un programma segreto per inviare consiglieri militari a Baghdad allo scopo di seguire la pianificazione degli attacchi contro le truppe iraniane.
La possibilità di un improvviso tracollo militare iracheno, che avrebbe aperto agli iraniani la strada per il Kuwait e per l'Arabia Saudita, convinsero Reagan e Bush a schierarsi senza esitazioni con Saddam Hussein: decisione sancita da una National Security Decision Directive del giugno 1982 (ancora oggi tenuta riservata) e dalla cancellazione dell'lraq dalla lista degli stati «canaglia» che appoggiavano il terrorismo.
Nello stesso anno Baghdad fu ammessa a beneficiare delle esportazioni Usa di tecnologie, impianti e informazioni a uso duale (impiegabili sia in campo civile che militare) e delle tecnologie militari necessarie per sviluppare programmi di armamento chimico, batteriologico e nucleare, come hanno dimostrato le ispezioni alle installazioni irachene svolte dopo il 1991 dall'Onu.
Tra il 1985 e il 1990 il dipartimento del Commercio Us approvò 771 licenze di prodotti tecnologici dual use.
Il sostegno USA contro l'Iran.
Washington fece affluire nelle casse del governo iracheno crediti per miliardi di dollari da impiegare nell'acquisto di armi vigilando affinché Baghdad fosse messo in grado di sostenere lo sforzo bellico contro l'Iran.
Le importazioni irachene di grandi sistemi d'arma crebbero notevolmente dal 1983 al 1988 rispetto al periodo 1980 - 1982, mantenendosi sempre superiori ai 6 miliardi di dollari annui e toccando gli 11,9 miliardi nel 1984.
Tra i maggiori fornitori di Baghdad figuravano Urss, Francia, Cina, Brasile, Egitto, seguiti da Italia, Usa e Sudafrica.
" Piacere mio ".
Nel 1983 Reagan pose l'attuale segretario alla Difesa Rumsfeld - uno dei «falchi» oggi smaniosi di invadere l'Iraq - a capo della missione diplomatica inviata in Iraq per ristabilire le relazioni diplomatiche tra i due paesi e ribadire l'appoggio di Washington nel conflitto contro l'Iran.
Gli Stati Uniti non si limitarono dunque a trasferire al temporaneo alleato tecnologie, componenti e know-how, ma svolsero un lavoro di regia e coordinamento del build-up dell'apparato bellico iracheno.
Il direttore della Cia, W.
Casey, in persona assisteva Baghdad nei negoziati per l'acquisto di armi e mezzi militari da altri paesi, incluse bombe a frammentazione e sistemi pe la distruzione dei mezzi corazzati (probabilmente anche proiettili all'uranio impoverito).
Con l'aiuto della CIA.
Sin dal 1984 la Cia fornì indicazioni sulla dislocazione sul terreno delle truppe iraniane, dati indispensabili per calibrare gli attacchi con il gas mustard e i gas nervini.
Nel giugno del 1986, 60 consiglieri militari della Deferse Intelligence Ageney operarono in Iraq per trasferire agli stati maggiori di Baghdad le informazioni sullo schieramento iraniano ottenute dagli aerei radar sauditi Awacs, direttamente gestiti dal Pentagono.
Grazie alle informazioni e all'appoggìo dell'intelligence Usa, negoziato nel 1983 dallo stesso Donald Rumsfeld, e alle forniture di tecnologie missilistiche da parte dell'Urss, nel febbraio 1988 l'Iraq riuscì ad attaccare con missili Teheran e con armi chimiche la città kurda di Halabja, provocando la morte di circa 5.
000 civili inermi.
Tra il 1983 e il 1988 le forze armate irachene impiegarono più di 100.
000 proiettili caricati con gas mustard, acido cianidrico e gas nervini impiegati per la prima volta nella storia sui campi di battaglia nel 1984.
Quando Saddam era nostro amico.
Tutto ciò senza che nessuna condanna venisse pronunciata da Washington, da Mosca o da altri membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che solo nell'agosto del 1988 decise di avviare un'inchiesta.
Le autorità di Baghdad si rifiutarono di collaborare, ma non vennero adottate né sanzioni né, soprattutto, misure per formare le forniture di tecnologia e armamenti all'Iraq.
La vicenda assunse sembianze ciniche e farsesche allorché l'allora Segretario di stato Usa George Shultz dichiarò che non c'erano prove certe della responsabilità irachena nel bombardamento chimico di Halabia, quando egli stesso si era adoperato per convincere il National Security Council a vendere all'Iraq 10 elicotteri, ufficialmente destinati a «irrorare> le colture con diserbanti e insetticidi, ma in realtà impiegati per colpire la popolazione kurda con i gas.
Il programma batteriologico iracheno.
Intanto gli Usa continuarono a fornire all'Iraq tecnologie e sostanze (precursori) da usare nella sintesi dei composti per la guerra chimica (gas nervino VX) oltre ad agenti patogeni impiegabili nella guerra batteriologica.
Secondo il Rapporto del Committee on Banking, Housing and Urban Affairs del Senato statunitense, gli Usa esportarono verso l'Iraq agenti patogeni per la guerra biologica fino al 28 novembre 1989.
Ma il Center for Disease Control and Prevention (Cdc) inviò al senatore Donald Reigle - autore dei rapporto - una lista «di tutti gli agenti biologici, inclusi virus, retrovirus, batteri, funghi inviati dal Crc al governo iracheno dal primo ottobre 1984 al 13 ottobre 1993», ossia due anni dopo la fine della guerra del Golfo.
Il programma di armamento biologico iracheno si era sviluppato a partire dal 1985, consentendo la produzione di notevoli quantità di agenti patogeni quali antrace, botulino e tossine (ricina, aflatossine, micotossine).
Con l'acquisto dagli Usa e da altri paesi di speciali fermentatori e di ceppi batterici si avviarono studi sul Bacillus anthracis e sul Clostridium botulinum per conoscerne la virulenza, le condizioni di crescita e i parametri relativi alla sua conservazione.
Nel 1988, dopo l'acquisto all'estero di altre attrezzature, venne sperimentata, con esiti peraltro assai deludenti, la prima arma batteriologica irachena e si compilarono piani per la produzione dell'antrace e del botulino.
Un ennesimo rapporto ufficiale statunitense, Strengthening the Export License System, segnala che fino al 18 luglio 1990, pochi giorni prima che l'Iraq invadesse il Kuwait, l'amministrazione Bush aveva approvato esportazioni di prodotti tecnologici di importanza strategica verso l'Iraq per 4,8 milioni di dollari, destinandoli al ministero dell'Industria e dell'Industrializzazione militare (Mimi), noto fin dal 1988 come responsabile della gestione degli impianti industriali coinvolti nei programmi di armamento chimici, biologico e nucleare.
Il sostegno tecnologico e finanziario statunitense favorì così le fasi evolutive più importanti dei programmi iracheni d'armamento nucleare, chimico e biologico: dopo il 1983, ovvero in seguito alla visita di Rumsfeld a Baghdad, L'Iraq riuscì a produrre agenti nervini, indispensabili per mettere a punto un armamento chimico strategico, sviluppò alcuni programmi nuelcari e iniziò la produzione di armi batteriologiche che, tuttavia, restò a un livello molto embrionale.
Quanto scritto fin qui demolisce l'idea, infantile e manichea, secondo cui la pace nel mondo sarebbe minacciata da singoli «mostri malvagi» come Saddam Hussein che da soli costruiscono arsenali colrni di armi di distruzione di massa.
E oggi? L'araba fenice.
Dopo la guerra del Golfo tra la primavera del 1991 e il 1998, la Commissione dell'Onu (Unscom) incaricata di individuare ed eliminare le armi di distruzione di massa dell'Iraq e le infrastrutture necessarie per produrle, distrusse impianti, laboratori, munizioni e missili pari a più del 90% degli arsenali chimico, batteriologico e nucleare dell'Iraq.
Ma come l'araba fenice, a soli quattro anni di distanza l'armamentario iracheno sarebbe risorto dalle proprie ceneri al punto da giustilicare una guerra «preventiva» contro Baghdad.
Anche ammettendo la fondatezza delle tesi dell'Amministrazione Bush, resta da chiarire chi e perché ha violato ripetutamente l'embargo vigente sui trasferimenti all'Iraq delle tecnologie indispensabili per fabbricare bombe chimiche, batteriologiche e nucleari.
Non é chiaro inoltre da dove provenga la grande quantità di energia elettrica e materie prime strategiche necessario per alimentare l'apparato militare-industriale non convenzionale, in particolare quello dedicato alla realizzazione delle armi nucleari.
Se prima della guerra del Golfo l'Iraq non disponeva di una base tecnologico-industriale tale da consentire la produzione autonoma dei macchinari e delle componenti strategiche di questi ultimi, a maggior ragione non può disporne oggi dopo undici anni di bombardamenti e distruzioni che, tra l'altro, hanno colpito gran parte delle centrali elettriche del paese.
Le sostanze chimiche d Saddam.
A partire dal 1991 l'Iraq sotto la sorveglianza dell'Unscom, ha ricostruito parte degli impianti chimi ci e ha riattivato stabili menti la cui produzione potrebbe essere converti ta dal settore civile a quel lo militare.
Ma per sostenere stabilmente un impiego massiccio di armi chimiche, la riconversione richiederebbe tempi lunghi, grandi disponibilità di mezzi e conoscenze associate a una costante manutenzione; sarebbe inoltre identificabile dai sistemi di telerilevamento e spionaggio satellitare e non si potrebbe realizzare senza l'afflusso di nuove componenti tecnologiche estremamente sofisticate da inserire nei cieli produttivi.
Quanto alle sostanze tossiche prodotte negli anni Ottanta, esse si sono degradate diventando innocue nel giro di cinque anni; lo stesso è accaduto - in soli tre amii - agli agenti per la guerra batteriologica, cosicché le eventuali «scorte» sottratte alle ispezioni Onu non sono oggi impiegabili.
Il programma nucleare iracheno.
Molte di queste considerazioni si possono estendere al «programma» nucleare iracheno.
Dopo il 1981 l'lraq tentò di acquisire la tecnologia per arricchire l'uranio da Gran Bretagna, Germania federale, Olanda e Francia.
Dalla Germania giunsero attrezzature impiegabili nel processo basato sulle centrifughe a gas, da altri paesi materie prime, semilavorati e componenti, incluse 100 tonnellate di acciaio speciale a elevata resistenza.
Tecnologie di origine francese e giapponese vennero impiegate nell'impianto di Tuwaitha per ottenere materiale fissile atto all'impiego militare mediante l'arricchimento chimico.
Come hanno dimostrato le ispezioni Unscom, i programmi non ottennero risultati di rilievo.
Anche il tentativo iracheno di emanciparsi dalla dipendenza dalla tecnologia e dalla componentistica straniera non ebbe esiti incoraggianti: fallirono i progetti Calutron di arricchimento dell'uranio e quello che prevedeva l'impiego del plutonio recuperato dal materiale irradiato nel reattore di fabbricazione russa Irt-5000.
Le ispezioni della laea dopo il 1991 - l'ultima si è svolta nel gennaio 2002 - non hanno rilevato traccia di effettiva produzione di uranio arricchito adatto all'impiego militare.
Le recenti «rivelazioni» Usa sul sequestro di tubi di alluminio ad alta resistenza destinati ai progetti nucIcari dell'Iraq sono state ampiamente smentite dall'Institute for Science and International Security, un gruppo indipendente di scienziati statunitensi, secondo il quale simili attrezzature, non possono essere impiegate nei processi per l'arricchimento dell'uranio.
Chi ha le armi batteriologiche.
Quanto alle, armi batteriologiche, l'agenzia statunitense Defense Threat Reduction Agency ha dichiarato nel luglio 1999 che gli unici stati con «capacità superiori» nella produzione di agenti biologici, mezzi per la loro dispersione, individuazione degli organismi patogeni presenti nell'ambiente e realizzazione dei sistemi di difesa sono Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania.
Sostanzialmente ridicola appare quindi la «rivelazione» dei servizi d'informazione britannici secondo cui l'Iraq tenterebbe di ottenere grandi quantità di ricina (tossina impiegata per la guerra biologica) mediante la produzione di olio di ricino, sostanza utilizzata per curare i tumori, che sono molto aumentati nel paese dopo la guerra del 1991.
Inoltre l'Iraq oggi non dispone di un numero sufficiente di vettori efficienti, missili e aerei, capaci di trasportare le armi di distruzione di massa oltre i confini nazionali su obiettivi a medio e lungo raggio mentre è addirittura risibile indicare quale fonte d'approvvigionamento il mercato nero; infatti un flusso clandestino di attrezzature, materiali nucleari, sostanze chimiche e ceppi di virus o batteri, sistemi missilistici, aerei ecc.
avrebbe avuto dimensioni e frequenza tali da allertare i servizi d'informazione e le cancellerie di tutto il mondo.
Lo stesso Istituto di studi strategici di Londra (liss), molto vicino agli ambienti europei della Nato, ritiene che non esistano prove evidenti di una nuova «corsa agli armamenti» irachena e perfino i vertici delle forze armate israeliane hanno dichiarato che la minaccia rappresentata dall'Iraq non è al primo posto nelle loro priorità.
Il dottor Stranamore.
Perché allora gli Usa si ostinano a presentare quale casus belli un coacervo di invenzioni e palesi esagerazioni? Da più parti si ritiene che, dietro il pretesto delle armi di distruzione di massa irachene si celino altri interessi e motivazioni, quali il controllo del mercato mondiale dell'energia nei prossimi decenni, in funzione, anticinese e antieuropea, o la crescente vulnerabilità dell'economia e della capacità di controllo globale degli Usa, che li spingerebbe a giocarsi il tutto per tutto in guerre senza fine.
Per restare alle armi di distruzione di massa, l'impostazione data dagli Usa alla questione irachena si muove nel solco di una politica, avviata fin dalla scomparsa dell'Urss, che rappresenta l'applicazione del concetto di american exceptionalism (particolarismo americano) al diritto internazionale in materia di controllo e distruzione delle armi nucleari, chimiche e batteriologiche.
In sostanza gli Stati Uniti, in quanto titolari di una missione e di un destino unici al mondo, diffusori e baluardo delle libertà, si ritengono i naturali detentori del diritto di valutare quali stati debbano accedere alle conoscenze e alle tecnologie necessarie per produrre armi di distruzione di massa fino a determinare il livello d'accesso dei paesi «buoni proliferanti» e a giudicare la «pericolosità» di quanti già fanno parte del club del terrore.
Il corollario di tale concenzione è da un lato la proliferazione, sotto stretto controllo statunitense, dei programi per la costruzione di armi nucleari, chimiche e batteriologiche da parte dei paesi «amici» (14) non appartenenti al novero delle potenze già detentrici (Pakistan e Israele nel settore riucleare, Egitto, Israele, Pakistan e Giappone per le armi batteriologiche e ancora l'Egitto in campo chimico); dall'altro la rimozione di ogni divieto a usare gli ordigni di sterminio di massa, nessuno escluso, contro gli stati «canaglia» o le potenze ostili agli Usa.
Oggi questa politica, applicata con feroce determinazione dopo le incertezze e i ripensamenti che hanno caratterizzato la presi denza Clinton, rischia il precipitare il mondo in una serie di conflitti dalle conseguenze catastrofiche.
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