L'AMICO GIOVANE
Ricordiamo Pietro Valpreda attraverso le parole di Mauro Decortes, amico e
compagno di una vita.
D: Cosa ha rappresentato Pietro Valpreda per un giovane anarchico negli anni
'70?
Quando, da giovane anarchico, intervenivo nei comizi per la campagna durante i
processi per piazza Fontana, Pietro era il compagno, vittima innocente, che
il potere aveva prescelto come capro espiatorio e vittima scarificale di
quella strage di piazza fontana che fu vista subito come la madre di tutte le
stragi.
Il primo grande eclatante tentativo, da parte dei poteri forti, di bloccare le
spinte innovative, la trasformazione radicale della società, il desiderio di
rivoluzione, le spinte antiautoritarie generate da '68.
Quella realtà generazionale reagì, con la campagna di contro-informazione,
smontando il tentativo di fermare le lotte. Nella società rimarrà un solco di
trasformazione.
Ma tutto ciò passa attraverso quella strage, elemento altamente simbolico
della criminalità del potere e per converso, nella coscienza collettiva,
della consapevolezza acquisita di quei valori di libertà e ribellione che
erano propri di quella generazione.
D: Ricordiamo la vicenda giudiziaria di Pietro Valpreda
Pietro viene accusato della strage di Piazza Fontana, una strage di cui allora
si urlava nelle piazze, ma oggi si può dire -dai dati e elementi acquisiti-
voluta dai poteri forti italiani e stranieri per inibire la trasformazione
sociale. Pietro -vittima innocente- viene arrestato e rimarrà in carcere 3
anni.
Successivamente le varie fasi dei processi- farsa di Piazza Fontana -degne di
un giallo kafkiano- lo vedranno negli anni dopo diventare quel simbolo delle
ingiustizie dell'esistente, della contrapposizione tra bene e male, che
nell'immaginario collettivo diventeranno il punto di riferimento tra quello
si diceva essere gli sfruttati e gli sfruttatori.
D: Cosa rappresenta oggi la vicenda Valpreda?
Giuseppe Pinelli, assassinato innocente,
e Pietro Valpreda, incarcerato innocente, rappresentano la nostra storia più
recente da parte di chi non accetta le regole del gioco, gioco che oggi porta
il nome di globalizzazione, con tutte le assurde ingiustizie che lo
accompagnano.
Parlare di quelle vicende significa ritessere il filo della memoria per
proiettarsi in quel futuro "ricco" di ingiustizie come lo era allora, seppure
in un altro contesto.
Questa storia "quasi soltanto nostra", diventa la storia di tutti coloro che
non accettano le ingiustizie e come tali le combattono, che vogliono far
crescere la coscienza di un vero mondo di uguali.
Pietro Valpreda, un amico profondo, che ci ha insegnato cosa voglia dire
essere "umani": è il simbolo di una lacerazione passata che vuole essere la
ferita del presente.
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