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CINE-RASSEGNA
BOMA YE
inizio proiezioni ore 19.30 presso lo spazio sociale
martedi 15 febbraio
Quando eravamo re
(When we were kings, di Leon Gast, USA ’74/’97, 87minuti, colori, lingua
originale-sottotitoli)
Con Muhammad Alì, George Foreman, Don King, Mobutu, Spike Lee, Norman Mailer
vedi scheda
mercoledì 23 febbraio
Alì
(Alì, di Michael Mann, USA ’02, 145minuti, colori, italiano)
Con Will Smith, Jamie Foxx, Jon Voight, Mario Van Peebles
vedi scheda
martedì 1 marzo
Panther
(Panther, di Mario Van Peebles, USA ’95, 124minuti, colori, italiano)
Con Kadeem Hardison, Bokeem Woodbine, Joe Don Baker, Marcus Chong,
Nefertiti
vedi scheda
martedi 8 marzo
Seize the time
(“Afferra il tempo”, di Antonello Branca, USA ’71, 90minuti, colori,
lingua originale-sottotitoli)
con attori non professionisti.
vedi scheda
Quando eravamo re
(When we were kings, di Leon Gast, USA ’74/’97, 87minuti, colori, lingua
originale-sottotitoli)
Con Muhammad Alì, George Foreman, Don King, Mobutu, Spike Lee, Norman Mailer.
La ricostruzione del periodo che precedette l’incontro di boxe per il
titolo mondiale, quando nel 1974, sul ring di Kinshasa (Zaire),
combatterono il campione dei pesi massimi George Foreman e lo sfidante
Muhammad Alì.
Ci sono voluti ventidue anni a Leon Gast per trovare i soldi necessari a
montare quello che era stato pensato come un documentario sul megaconcerto
di musica nera che doveva precedere l’incontro (si esibirono James Brown,
B.B.King e Miriam Mekeba), ma che poi è diventato un “ritratto
antropologico” di un atleta fuori dal comune.
Alternando riprese del 1974 a materiale d’archivio sulla carriera di
Muhammad Alì e interviste girate in tempi più recenti (a Spike lee e agli
scrittori Norman Mailer e Gorge Plimpton, ai tempi reporter sportivi
dell’evento), il film cresce emotivamente fino a diventare un monumento ad
Alì, la cui energia si riversa dalle conferenze stampa e dagli allenamenti
(prolungati per sei settimane per una ferita a Foreman) a tutto il popolo
zairese, che vedeva in lui il profeta di una nuova liberazione.
Premio Oscar come miglior documentario.
“E’ un film riuscito su Muhammad Alì, ma è anche molto di più: un film
sull’abilità di Alì di unire sport e politica, per divenire il prototipo
dell’eroe popolare.”
Frankfurten
Allgemeine
Zeitung
“Sì, sono in Africa: l’Africa è la mia terra. Al diavolo l’America e
quello che pensa. Quattrocento anni fa’ ero uno schiavo e ora torno in
Africa per combattere con i miei fratelli.”
“Io non combatto per il mio prestigio, ma per migliorare la vita dei
nostri fratelli più poveri che vivono per strada in America… i neri che
vivono di sussidi, che non hanno da mangiare… che non hanno coscienza di
se stessi, che non hanno futuro. (…)
Voglio aiutare la gente. Anche coi filmati e i documentari sull’Africa (…)
Mostrerò agli africani d’America che le loro radici sono qui. (…)
Dio mi ha prescelto. La boxe è solo il mezzo con cui racconterò l’Africa
alla mia gente.”
Muhammad
Alì
(Alì, di Michael Mann, USA ’02, 145minuti, colori, italiano)
Con Will Smith, Jamie Foxx, Jon Voight, Mario Van Peebles.
Dieci intensissimi anni (1964-1974) nella vita di un pugile nero in cerca
di sfondare con un nome da schiavo come Cassius Clay, cambiato poi in
Cassius X con la consapevolezza razziale, ed entrato nella leggenda come
Muhammad Alì, dopo la conversione all’islamismo.
Una figura talmente colossale da avere, in una celebre storia a fumetti
della Marvel negli anni settanta, come unico antagonista Superman.
Sono gli anni delle frequentazioni politiche con Malcolm X e i musulmani
della Nazione dell’Islam di Elijah Muhammad, della rivendicazione contro
la razzista politica del governo degli Stati Uniti, della prigione per
aver rifiutato di partire per il Vietnam, della rinascita nello storico
scontro con George Foreman a Kinshasa.
Gli anni in cui la leggenda vivente volava come una farfalla e pungeva
come un’ape, non solo con i guantoni, ma anche, nel senso più politico del
termine, con la lingua.
“…Io non ho nessuna questione in sospeso con quei Vietcong, nessun
Vietcong mi ha mai chiamato sporco negro…”
“Volete mandarmi in galera? Fatelo pure. Sono stato in galera per
quattrocento anni, posso starci per altri quattro o cinque! Ma non mi
faccio diecimila miglia per aiutarvi a sterminare e a trucidare altra
povera gente.
Se voglio morire morirò qui, in questo momento, combattendo voi. Se voglio
morire siete voi il mio nemico! (…) Siete voi i miei nemici quando voglio
libertà, voi i miei nemici quando voglio giustizia, voi i miei nemici
quando voglio uguaglianza.
Volete che vada a combattere per voi: ma se non vi schierate con me
neanche qui in America, per i miei diritti e la mia religione. Non vi
schierate con me neanche qui a casa mia!
“Quando mi ritirerò avrò molto da fare per i miei fratelli… abbiamo tanti
problemi da risolvere (…) I neri non hanno consapevolezza di se’: abbiamo
la mentalità dei bianchi. Ci hanno resi così simili a loro che è difficile
insegnare ai neri qualcosa di se stessi (…) Debbono smettere di implorare
i bianchi per cose che potrebbero fare da soli.”
Panther
(Panther, di Mario Van Peebles, USA ’95, 124minuti, colori, italiano)
Con Kadeem Hardison, Bokeem Woodbine, Joe Don Baker, Marcus Chong,
Nefertiti.
La storia delle Partito delle Pantere Nere, da movimento di autodifesa dei
neri d’America alla guerriglia urbana, raccontata dal punto di vista di
Judge, giovane idealista non violento, che finisce per collaborare col
poliziotto Brimmer: ma anche questi reagisce con disgusto, quando Hoover,
capo dell’FBI, decide di inondare il ghetto di eroina per stroncare la
combattività dei neri.
Schierato ma non ciecamente agiografico, hollywoodiano ma non troppo,
arrabbiato ma meno separatista del primo Spike Lee, Van Peebles (che
appare nel film) si tiene in un giusto equilibrio, senza però creare,
almeno filmicamente, nulla di nuovo.
Melvin Van Peebles, padre del regista, scrive la sceneggiatura (da un suo
romanzo) e appare nel film.
Ti sei mai trovato nel buio della notte urlando in silenzio?
Tu sei un uomo
Hai mai sperato che un giorno verrà in cui la tua voce potrà essere udita
alla luce del sole?
Hai mai atteso così a lungo finché il tuo canto inascoltato ti ha lacerato
l’animo?
Allora ricordati amico, questo silenzio finirà. Noi dobbiamo solo prendere
le armi ed essere uomini.
Serve lamentarsi quando il cervello è morto
E il corpo ridotto così tremante
Devono catene invisibili di troppi anni farti così male che tu non puoi
più piangere
Devono tante promesse da così tante bocche farti capire che le parole sono
soltanto parole
Allora ricordati amico, questo silenzio finirà. Noi dobbiamo solo prendere
le armi ed essere uomini.
Tu sai che la dignità, non solo l’eguaglianza, è ciò che fa di un uomo un
uomo
E così tu ridi delle leggi fatte da un branco di idioti
Che dicono: Ringraziaci per ciò che hai già.
E tu non puoi continuare con questo ritornello che non cambierà mai il tuo
stato d’animo
Allora ricordati amico, questo silenzio finirà. Noi dobbiamo solo prendere
le armi ed essere uomini.
Tu non vuoi pensare, solo bere
Sia il vino dolce che il fiele
Tu ti sei sentito bruciare dentro per così tanto tempo
Finché il tuo sogghigno è diventato il riso di un pazzo
E l’obiettivo così chiaro
E il momento così vicino
Tu vincerai o perderai tutto
Allora ricordati amico, questo silenzio finirà. Noi dobbiamo solo prendere
le armi ed essere uomini.
Sì, questo è il momento di sapere chi sei veramente
E di non cercare di “imbiancare” la verità
Tu sei un uomo, vedi, e devi esserlo a qualunque costo,
O non sarai mai libero
Se sei legato stretto tratterrai la notte
E non ci sarà luce per il giorno
Allora ricordati amico, questo silenzio finirà. Noi dobbiamo solo prendere
le armi ed essere uomini.
“The
end
of
silence”
Elaine Brown,Deputy Minister of Information
Black
Panther
Party
Seize the time
(“Afferra il tempo”, di Antonello Branca, USA ’71, 90minuti, colori, lingua originale-sottotitoli)
con attori non professionisti.
Primo film di “finzione” vero e proprio di quello che è stato soprattutto un grande giornalista e documentarista. Tratta il fenomeno delle Pantere Nere, il regista “ringrazia il Black Panther Party per l’aiuto che ha reso possibile la realizzazione del film”.
La macchina da presa è ora uno strumento per realizzare un’inchiesta, calarsi nella realtà degli afroamericani degli anni ’70 denunciando disinformazione, razzismo e violenza, ora un mezzo di finzione, di messa in scena, dove può succedere di tutto: allora, cosa ci fa un nero con indosso una camicia di forza in pieno giorno in un’affollatissima strada di New York? E perché, lo stesso uomo, per ottenere un lavoro deve sottoporsi al test della macchina della verità controllato dai dirigenti dell’azienda? Qual è la scelta giusta, si domanda quel giovane, per cambiare la condizione degli afroamericani in America? Uno zelante bibliotecario lo incalza sulle sue letture di Robert Williams, Regis Debray, Marcuse, Al Fatah, Ho Chi Min e Karl Marx, consigliandogli piuttosto… Walter Disney; due giovanissime Pantere leggono frasi di Malcolm X, Huey P.Newton, Che Guevara e Mao Tse Tung davanti a un’armeria: i loro vestiti di pelle, i loro capelli afro,
ci riportano ad un’iconologia potente e densa di contraddizioni; ed il ragazzo porta la giovane figlia nel magazzino del Bread and Puppet Theatre di Peter Shuman per spiegarle il mondo…
Sono gli anni del cinema militante, del teatro di lotta, dello Jean Luc Godard politico: la posizione di Antonello Branca è netta: la lotta armata è inevitabile per il popolo afroamericano!
“E’ criminale insegnare a non difendersi quando si è attaccati brutalmente. Possedere armi è legale. Noi crediamo nel rispetto della legge e nella pace, ma il negro americano oggi deve difendersi quando viene ingiustamente e illegalmente attaccato”.
Malcolm X
“Credo nella lotta armata come unica soluzione per la libertà, e sono coerente con le mie idee. Potrebbero chiamarmi avventuriero: lo sono. Ma di tipo diverso. Rischio la vita per le mie idee.”
Che Guevara
“C’è una grande differenza tra 30 milioni di negri disarmati e sottomessi e 30 milioni di negri armati con gli strumenti della liberazione: i fucili.”
Huey P.Newton
Il materiale sul regista è reperibile tramite ACAB-Associazione Culturale Antonello Branca
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