numero zero




contro la truffa europeista

Gli ultimi mesi hanno visto una significativa presenza del tema Europa nel dibattito politico. Ciò si lega senz'altro alla preoccupazione per la piega presa dalla politica estera italiana dopo l'allontanamento consensuale di Ruggiero dall'Esecutivo. Ciò si lega, ancora, al venir meno della retorica del 'siamo tutti americani' dominante nel periodo immediatamente successivo all'11 settembre. E' interessante notare che se è soprattutto la sinistra istituzionale ad agitare la questione 'europeista', una parte -nel dibattito- la fa anche una componente del governo in carica, quella di matrice più schiettamente cattolica.

Si agita il tema Europa per dire che si deve sviluppare un modello sociale diverso da quello statunitense, un modello che sappia coniugare la flessibilità con le garanzie. In tal senso, si fa riferimento alla traduzione italiana di certe spinte estreme della precarizzazione made in USA. Si pensi al 'job on call' il lavoro a chiamata, già respinto dai lavoratori della Zanussi. Tale rapporto di lavoro, che pone il lavoratore nella condizione di chi non dispone più del suo tempo di vita, negli States riguarda prevalentemente tecnici specializzati dai redditi altissimi. Qui si è tentato di inserirlo presso gli operai. Come a dire che negli States si creano schiavitù dorate, mentre qui seguendo il loro esempio- si arriva ad una schiavitù senza aggettivi.

Ma il campo del lavoro non è l'unico rispetto al quale ci si cimenta con discorsi europeisti. Si pensi all'insistenza con la quale in molti sostengono che l'Europa debba emanciparsi dalla tutela yankee per portare avanti una logica di pace, tale da fare da contrappeso proprio agli States ed ai loro appetiti imperiali In tal senso, si fa l'esempio del conflitto israelo-palestinese. Gli USA appoggiano con forza Sharon, responsabile di massacri come quello di Jenin e convinto assertore di una politica di autentica segregazione dei palestinesi.

Un ulteriore versante del discorso europeista, soprattutto se declinato a sinistra, è costituito dalla questione immigrazione. Le forze antieuropeiste di destra sono quelle che cercano di creare la paura dell'altro o di fomentare odio tra gli sfruttati (cioè tra i lavoratori immigrati e quella fascia di popolazione locale che vive le condizioni di maggiore disagio sociale). Bene, a tale atteggiamento andrebbe contrapposto un ottimistico slancio verso una Europa dove piena è la libertà di movimento. Una Europa dove chiunque lo voglia possa praticare il 'nomadismo'.

L'Europa ideale cui si è fatto riferimento sinora, priva delle ingiustizie che connotano il modello americano, coincide fortemente con 'l'Europa politica' caldeggiata di recente da Toni Negri, da mesi svettante nelle hit parades dei libri più venduti con il suo 'Impero'.

Ora, è possibile una Europa siffatta? E le vie proposte per il suo raggiungimento cosa comportano per i soggetti sociali subalterni? Per rispondere con cognizione di causa a questi interrogativi, è necessario sfatare dei miti.

Si parla tanto di subalternità europea nei confronti degli USA, ma ciò è vero solo in parte. Da anni l'Europa si sta dotando di strumenti per pesare di più nel contesto internazionale e la sua linea quando essa riesce ad essere chiaramente delineata- non è tanto migliore di quella americana. Si pensi al conflitto israelo/palestinese appena citato. L'UE sostiene Arafat, già scaricato dagli americani, ma condanna l'Intifada. Le interessa un governo stabile in uno Stato Palestinese aperto agli investimenti delle sue imprese e non un moto dal basso che rischia di estendersi all'intero mondo arabo, coinvolgendo le masse sfruttate di paesi con cui essa intrattiene forti rapporti commerciali.

E quanto alla flessibilità, il modello che segue l'Italia non è quello americano. Il Libro bianco, testo in cui si cerca di promuovere il superamento del diritto del lavoro sin qui vigente, trae ispirazione da modelli europei come quello olandese, dal quale riprende la specifica combinazione di contratto individuale e contratto collettivo. Il modello olandese fa coesistere la solitudine del lavoratore rispetto alla impresa con la presenza diffusa di servizi sociali nel territorio. In Italia, è ovvio, verrà ripreso il primo aspetto soltanto, ma non ci si potrà lamentare del 'filoamericanismo' dei nostri legislatori ed esperti del mercato del lavoro!

Rispetto alla immigrazione, poi, siamo alla fantasia pura. Il 'nomadismo' è ipotesi impraticabile. Al più vi possono essere spostamenti di manodopera dove il capitale ne ha più bisogno. Il discorso di sinistra sulla immigrazione non fa che convergere con le esigenze delle imprese e poco o nulla concede alla utopia del libero accesso dei migranti nelle nostre terre!

Insomma, a ben vedere, attraverso l'europeismo passa una truffa ai nostri danni. Si faccia caso alle contraddizioni interne alla retorica europeista, per rendersene conto. L'Europa deve essere sociale, si dice, e nel contempo deve pesare di più nel proscenio internazionale. Ma per 'pesare di più' occorrono le cannoniere, cioè l'esercito europeo, nonchè una esponenziale crescita delle spese militari a svantaggio di altri capitoli della spesa pubblica (sanità, pensioni). Come si può sostanziare allora l'Europa sociale di cui molti amano parlare?

E' giunto forse il momento di lanciare una seria campagna di controinformazione sulla Europa, una campagna che muova dalle nostre esigenze, da quei bisogni proletari che nessuna 'Europa politica, sociale, dei diritti' potrà mai soddisfare. Una campagna che può vivere già in quella opposizione al Libro bianco che noi di Corrispondenze metropolitane consideriamo una delle priorità collocati.