RECENSIONE A BELL HOOKS
DUE LIBRI DELLA FEMMINISTA AFROAMERICANA G.J.WATKINS


ottobre 1998, di Gabriella Gagliardo, pubblicato sul mensile Reds

 

Recentemente sono stati pubblicati in Italia due volumi relativi a Gloria Jean Watkins, femminista nera afroamericana nota con lo pseudonimo di Bell Hooks. Entrambi curati da Maria Nadotti, il primo, "Scrivere al buio", per i tipi della Tartaruga edizioni, è una lunga intervista; il secondo, edito dalla Feltrinelli, è una raccolta antologica di testi tratti da diverse opere, e porta il titolo "Elogio del margine".
L'interesse per questi scritti è giustificato da molteplici forti motivazioni.
Innanzitutto, l'autrice osserva con occhio critico e spregiudicato la realtà americana dal suo particolare punto di vista di donna nera proletaria che, pur avendo infine oltrepassato la frontiera che preclude a quelle come lei l'ingresso nella società accademica - si è affermata come Distinguished Professor di Inglese presso il City College di New York, e come brillante autrice di letteratura, saggi e critica cinematografica e di costume -, non ha perso le proprie radici familiari, sociali e culturali.
Bell si presenta quindi situata "al margine".
Dal margine non si limita a osservare forte dei suoi raffinati strumenti di analisi intellettuale, ma pretende di continuare a intervenire come militante, vicina ai movimenti che dalla giovinezza le hanno fornito l'humus della sua maturazione umana e politica: il movimento nero, quello femminista, la sinistra marxista, in ognuno dei quali ha coltivato la sua particolare sensibilità nei confronti delle oppressioni di cui faceva esperienza, cogliendone però dolorosamente i limiti teorici e pratici.
Il sovrapporsi di diversi punti di vista, o meglio il corto circuito tra questi, le permette di dire con grande immediatezza verità talmente "ovvie" da restare invisibili nel sentire comune, ma proprio per questo implacabilmente efficaci.
Si vedano ad esempio le pagine in cui bell parla dell'uso della sessualità nella dominazione razzista, da cui emerge il reciproco sostegno tra "patriarcato suprematista bianco" e sessismo contro le donne bianche e nere, esercitato dai maschi di entrambe le razze (in "Elogio del margine", pag.36 e seguenti):
"... La sessualità ha sempre fornito metafore di genere alla colonizzazione. Paesi liberi uguale uomini liberi, dominazione uguale castrazione, perdita di virilità, stupro - l'atto terroristico come riattualizzazione del dramma della conquista, allorchè gli uomini del gruppo dominante violano sessualmente il corpo delle donne presenti nel gruppo dei dominati. Lo scopo di tale atto è di ricordare continuamente ai maschi dominati la loro perdita di potere; lo stupro è un gesto di castrazione simbolica. I maschi dominati vengono privati del loro potere (vale a dire ridotti all'impotenza) ogni volta che le donne che essi avrebbero il diritto di possedere, controllare, tenere in pugno, dominare, fottere, vengono fottute e sottomesse dal gruppo maschile dominante vittorioso. ... Nulla si dice del sadomasochismo sessuale, del padrone che obbligava la moglie a dormire per terra mentre nel letto coniugale, una notte dopo l'altra, lui stuprava una donna di colore... Nello stato di oppressione in cui vivono, neri e nere hanno di rado sfidato l'uso delle metafore di genere per descrivere l'impatto del dominio razzista e/o della lotta di liberazione nera. Il discorso della resistenza nera ha quasi sempre identificato libertà e virilità, dominio economico e materiale sui maschi neri e castrazione, evirazione. Accettare tali metafore sessuali ha creato un vincolo tra i maschi neri oppressi e i loro oppressori bianchi. I due gruppi condividono la credenza patriarcale che la lotta rivoluzionaria abbia come proprio vero oggetto l'erezione fallica, la capacità maschile di stabilire un dominio politico equivalente al dominio sessuale. ...".
Bell si propone proprio di mettere in evidenza "quanto siano rilevanti i modi in cui status razziale e di classe determinano fino a che punto si possono affermare il dominio e il privilegio maschili e [...] in che forma razzismo e sessismo sono sistemi interconnessi di dominio che si rafforzano e si sostengono a vicenda" (op. cit., pag. 39).
Sottolinea che quando si ragiona di sesso, razza e classe, non esiste una condizione femminile, ma condizioni e destini delle donne molto differenti tra i diversi paesi del mondo e all'interno di uno stesso paese. La sensibilità verso le questioni di razza e classe non a caso si è affermata prima tra le femministe lesbiche bianche che tra le altre: le lesbiche infatti erano in grado di dire alle eterosessuali che tra il proprio modo di percepire il mondo e di vivere, e il loro, la differenza è grande: meglio rinunciare alla nozione sentimentale dell'esperienza comune e dell'assoluta identità tra donne.
Impossibile quindi aggrapparsi ad un'identità di gruppo precostituita, malgrado la disseminazione "trasversale" di molte questioni "di genere", e malgrado l'assimilazione delle categorie marxiste dell'analisi di classe: "Mi definisco socialista, ma senza alcuna enfasi, perchè non ho mai voluto identificarmi con un movimento politico che non ha saputo affrontare nè la questione del genere nè quella della razza." ("Scrivere al buio", pag.87)
La questione dell'identità viene posta allora in questi termini: la battaglia per una radicale soggettività - nera, femminista, di classe - fa parte della ricerca di modi oppositivi e liberatori di costruire il sè e l'identità. E' necessario riconoscere il modo specifico in cui l'identità si è andata costituendo nell'esperienza di lotta. Essa dipende infatti da una molteplicità di esperienze, cioè dalle condizioni di vita che consentono produzioni culturali diverse. "Dobbiamo e possiamo riarticolare la base del patto collettivo" ("Elogio del margine", pag. 21).
La questione dell'identità si gioca anche a livello della cultura di massa, verso la quale l'autrice nutre un'attenzione critica privilegiata. A livello popolare, delle notizie di cronaca come dei prodotti culturali di massa quali il cinema e la musica, bell si impegna a mettere a nudo i meccanismi di identificazione, ma anche di resistenza e di difesa dalle identificazioni indotte e mortificanti, spesso messi in atto anche poco consapevolmente dalle spettatrici.
La valorizzazione della resistenza femminile e nera viene promossa sia di fronte al mercato culturale, sia in relazione ai tradizionali compiti domestici delle donne -in particolare le nere - che vengono raccontati "dal di dentro" recuperando la memoria di un'infanzia tutt'altro che edulcorata del proprio villaggio di origine.
L'impressione che se ne trae è di una "ordinaria" forza e dignità coltivata ad alto rischio di solitudine, ma sempre tesa al contrario verso una comunicazione autentica e profonda dalla propria differenza.