Riceviamo e pubblichiamo

PROVE DELLE TERRIBILI TORTURE SUBITE DALLA GIOVANE BASCA IRATXE SORZABAL DA PARTE DELLA GUARDIA CIVIL


novembre 2001, dal Comitato Euskadi

N.B.: nel seguente testo non si garantisce la correttezza della traduzione di termini medici e giuridici

La giovane ventinovenne Iratxe Sorzabal è stata arrestata il 30 marzo 2001, alle 09,30, da agenti in borghese della Guardia Civil, mentre usciva dalla sua casa di Hernani (Gipuzkoa). È stata posta in isolamento assoluto, secondo la legge antiterrorismo, e trasferita a Madrid. La legge stabilisce che la detenzione può durare al massimo 72 ore, prorogabili di altre 48 su richiesta della polizia, salvo approvazione del magistrato e, nel caso di Iratxe Sorzabal, questa proroga è stata concessa nonostante la detenuta abbia dovuto essere portata in ospedale a causa dei maltrattamenti subiti.
Inoltre, Sorzabal, è stata portata davanti al magistrato della Audiencia
Nacional (tribunale speciale spagnolo, n.d.t.) alle 11,00 del mattino del 04 aprile, superando di due ore il termine della detenzione stabilito dalla legge. Sorzabal è stata condotta davanti al magistrato in stato di
isolamento assoluto, cioè senza l'assistenza di un legale di sua fiducia, e, pertanto rifiuta di rispondere, ma riferisce al giudice Ismael Moreno il trattamento ricevuto.

Testimonianza

In un minuzioso resoconto, Iratxe Sorzabal racconta le raccapriccianti
torture subite mentre era nelle mani della Guardia Civil, durante i cinque giorni di detenzione e isolamento assoluto, soprattutto durante i primi tre giorni, dato che i rimanenti sono stati impiegati per farle imparare le dichiarazioni che i suoi carcerieri volevano sentire. Ecco una parte della testimonianza di Iratxe Sorzabal, estratta dalla denuncia presentata dalla stessa alla magistratura.

In macchina eravamo in cinque, quattro Guardias Civiles ed io. Io ero dietro, in mezzo a due di loro. Ho potuto vedere il volto dei due che stavano davanti e di quello alla mia sinistra. Appena saliti in macchina il
capo mi disse bene, qui finiscono le stronzate da froci dei diritti, giudici e merde varie, da adesso in poi imparerai quel che ci vuole! Hai sentito figlia di puttana!?; e mi colpì in testa. Da quel momento in poi mi bendarono e si susseguirono i colpi in testa, gli insulti e le minacce. A parte il guidatore, gli altri tre mi colpivano forte in testa.
Quello che stava alla mia destra tirò fuori un apparecchiatura che teneva fra le gambe e cominciò a darmi scariche nel costato destro. Nel frattempo, quello alla mia sinistra prese un sacchetto di plastica e me lo mise in testa impedendomi la respirazione, quasi fino ad asfissiarmi. I colpi alla testa che mi dava quello davanti erano continui. Inoltre, quello alla mia destra mi palpava il petto. Tutto ciò, gli elettrodi, il sacchetto, i palpeggiamenti e le botte erano continui, fra grida, insulti e minacce.
Persi conoscenza almeno due volte e mi orinai addosso. Prima di svenire, in un paio di occasioni, ruppi il sacchetto con i denti e, allora, me ne mettevano un altro. Alla fine, vedendo che rompevo i sacchetti, decisero di mettermene tre alla volta.

Mi dicevano che quel che stavano facendo era molto delicato, che quando fossimo arrivati a Madrid avrei saputo cosè soffrire, che quelli di lì erano animali. Quello alla mia destra disse che gli erano finite le batterie dell'apparecchiatura, le cambiò e iniziò di nuovo con le scariche. In un paio di occasioni passò l'apparecchiatura a quello che stava alla mia sinistra e anche questo mi diede delle scariche, sulla parte sinistra. Erano costanti, gli elettrodi, le botte, i sacchetti, i palpeggiamenti, le grida, gli insulti, le minacce, tutto insieme.

Uno dei Guardia Civil mi disse che mi avrebbero fatto lo stesso che a Geresta (militante di ETA trovato morto in un campo, in circostanze non chiarite, il cui decesso, secondo le autorità, è stato causato da suicidio; versione smentita da esami eseguiti e mai accettata da famigliari e amici, n.d.t.) o a Basajun, che mi avrebbero portata in montagna e mi avrebbero ammazzata. Fermarono la macchina (mi dissero che eravamo in montagna) e mi misero in mano una pistola. Io non volevo prenderla e continuavano a colpirmi, mentre mi costringevano a prenderla mi dissero di scendere dalla macchina e di mettermi a correre, che mi avrebbero sparato e avrebbero detto che, avendo tentato di scappare, avevano dovuto spararmi e, per questo, mi avevano uccisa. Mi costrinsero a prendere la pistola e a scendere dalla macchina. Mi gridarono di correre, ma io non potevo muovermi e non corsi. Mi rimisero in macchina, mentre uno diceva "andiamo, andiamo alla macchina, che viene gente, sali in macchina che viene gente. Ti è andata bene, puttana, che è arrivava gente, se no ti ammazzeremmo qui!!".


Verso le 19,30, il medico legale se ne va (più tardi avrei saputo che era davvero un medico) e mi portano al piano di sotto. Appena andato via il medico legale mi bendano di nuovo. Da questo momento al mezzogiorno successivo, ecco cosa mi succede (sono sedici ore filate, senza riposo): mi mettono in una stanza che chiamano "stanza A", dove ci sono molti uomini, ne conto una decina. Si danno tutti il cambio per torturarmi a turno. Mi mettono continuamente sacchetti in testa per asfissiarmi... a questo scopo uno mi tiene ferma da dietro e ogni volta che perdo conoscenza non cado a terra, le botte alla testa sono continue (con le mani, con una guida telefonica -mi dicono loro di cosa si tratta-, con una rivista arrotolata -questa l'ho potuta vedere. Mi legano i polsi e le caviglie, mi mettono della gommapiuma affinché non restino segni. Allora mi avvolgono in una coperta e mi immobilizzano con del nastro. Mi gettano a terra, supina (ho solo la testa libera), e un Guardia Civil mi si mette sopra e mi soffoca ripetutamente con il sacchetto. Mi caccia il sacchetto in bocca, fino in gola e mi tappa il naso, fino a provocarmi il vomito. Si danno il cambio per farlo, in realtà si danno il cambio per farmi di tutto. Mi denudano (lo fanno loro, in modo violento, perché io non ho più forze) e si dispongono in cerchio, lasciandomi in mezzo. Mi obbligano a fare flessioni di ogni genere. Alcune sollevando e abbassando il corpo, altre alzando abbassando le braccia. Mentre eseguo le flessioni mi picchiano in testa e cominciano a toccarmi, soprattutto il petto, il culo ed il pube. Mi mettono in mano un bastone e mi dicono che me lo metteranno nel culo, mi costringono a mettermi carponi sulla coperta, mi danno ceffoni.

Questo succede per sedici ore di fila, costantemente fra grida, insulti e
minacce. Si danno il cambio fra loro e mi dicono "adesso arrivano quelli
davvero cattivi;". Minacciano continuamente di violentarmi; uno di loro si apre la patta (essendo bendata non lo vedo, ma lo sento) e mi dice "adesso mi succhierai il cazzo, intanto gli altri mi dicono "adesso ti scoperemo, uno a uno, ci diamo il cambio;" ecc. ecc. Anche le minacce alla mia famiglia sono costanti, che arresteranno mia sorella, anche mia madre e la violenteranno; uno di loro finge di parlare al telefono, ordinando di arrestare mia madre e di portarla lì (più tardi saprò che era una menzogna). Sento delle grida e mi dicono che è una mia amica e che stanno torturando anche lei (poi mi accorgerò che non era vero). Mi dicono che mi porteranno via da lì in elicottero e che mi butteranno giù, mi dicono che devo imparare quello che mi dicono, che se no continueranno fino ad ammazzarmi; mi minacciano di farmi la bañera (vasca da bagno, n.d.t.) e il potro (cavalletto, n.d.t.), dicendo che sono le uniche torture che ancora devo provare; Mi fanno domande, fra grida, ripetendomi le risposte che vogliono sentire e, quando dico qualcosa che non gli va, mi colpiscono più forte, mi dicono le risposte affinché le memorizzi.

"Il sabato, verso mezzogiorno, mi portano in cella e, dopo circa un quarto d'ora, al piano superiore, dove c'è il medico legale. Ho ancora dei dubbi su di lui, non so se davvero è un medico, ma sono distrutta e mi arrischio a raccontargli il trattamento di cui sono oggetto, credo che, se veramente è un medico, mi aiuterà e, se non lo è, ebbene, è impossibile che mi facciano di peggio; Ho molta paura, ma non ce la facevo più. Sembrava che la testa mi esplodesse, un dolore al collo terribile, uno sfinimento fisico estremo e cominciai a mostrargli i segni che mi aveva lasciato l'applicazione degli elettrodi. Nel vedermi, disse che mi avrebbe portata all'ospedale."

Il capo comincia a parlarmi e mi dice che sono molto arrabbiati con me. Mi dice che da quel momento in poi devo fare quello che mi ordinano. Mi dice che ho tre possibilità:
1. Se non confesso, continuano come fino a quel momento, vale a dire torturandomi senza sosta; il sacchetto, elettrodi, botte. Che il suo
superiore conosce bene il trattamento cui mi stanno sottoponendo e che, da quel punto di vista, non hanno alcun problema.
2. Se confesso, ma non dico parola per parola ciò che loro dicono che devo dire, il trattamento sarà peggiore di quello subito fino a quel momento, che nei tre giorni che restavano mi avrebbero fatto soffrire fino ad ammazzarmi.
3. Se confesso come mi hanno detto, non mi avrebbero più messo una mano addosso e mi avrebbero lasciato dormire, dopo la confessione. Mi dicono che non ho diritti e che devo scegliere una delle tre opzioni.
Sono distrutta, fisicamente e psicologicamente, e dico loro che farò le
dichiarazioni che vogliono.

Analisi medica delle torture

Iratxe Sorzabal è stata visitata da un medico legale dell'Audiencia Nacional il giorno 30 di marzo, ma pensa che sia un Guardia Civil e ogni volta che lui le si avvicina piange, trema e non è in grado di parlare. Così, il medico legale riporta che Sorzabal gli dice di non toccarla e, inoltre, nota che "presenta una forte carica emotiva".

Il giorno seguente il medico legale torna e, secondo il suo rapporto, Sorzabal sta talmente male che decide di raccontargli il trattamento subito, nonostante non sia sicura trattarsi di un medico legale. Il medico constata le lesioni e decide il suo trasferimento in ospedale.

I diversi referti dell'Ospedale San Carlos di Madrid evidenziano:

- cefalea con cervicalgia meccanica che, secondo quanto riferisce la paziente, è stata causata da aggressione e dall'aver tenuto per diverse ore la testa piegata
- contrattura cervicale senza sintomi di ematoma o iperemia traumatica
- eritema sui fianchi
- Rx della colonna cervicale: rettificazione di lordosi cervicale - sublussazione posteriore C3-C4

In seguito all'analisi degli esami eseguiti, la Dottoressa Itxaso Idoiaga
conclude che vi sono evidenze obiettive di:

- applicazione di shock elettrici: perché dall'analisi dell'eritema di dieci centimetri di larghezza sulla schiena, dal coccige al collo, soprattutto sulla parte destra, ma anche sulla sinistra, si evince che si tratta di una dermatite vescicolare da bruciatura elettrica. Inoltre, le lesioni coincidono con la descrizione che si dà nell'estesa bibliografia sulle bruciature elettriche analizzata.
- trauma cervicale, con flessione forzata della colonna cervicale; le lesioni cervicali sono recenti e sono compatibili con una posizione forzata mantenuta per ore.

Conclude anche che esistono evidenze soggettive di:

- asfissia mediante un sacchetto di plastica
- altre forme aggiunte

Per giungere a queste conclusioni la Dottoressa Itxaso Idoiaga constata che lo stato psicologico di Sorzabal coincide pienamente con quanto riportato dal medico legale nella sua prima visita. Vi è, inoltre, coincidenza, fra le due dichiarazioni prestate da Sorzabal, la sintomatologia dichiarata dalla stessa e le evidenze mediche, fra la sintomatologia dichiarata dalla stessa e i metodi di tortura descritti;

Situazione attuale

Iratxe Sorzabal ha denunciato gravi torture davanti al magistrato, ma nonostante tutto è stata incarcerata su ordine del giudice Ismael Moreno, titolare del Tribunale Centrale di Istruzione n° 3 della Audiencia Nacional. Il giudice, nel verbale preventivo 148/01, accusava Iratxe di un presunto reato di appartenenza a banda armata. Dopo essere rimasta diversi mesi in prigione, il 13 settembre 2001, Iratxe Sorzabal è stata rimessa in libertà, senza cauzione e con l'unico obbligo di presentarsi ogni quindici giorni al tribunale più prossimo al suo domicilio.
Durante questo periodo è stata interrogata, in qualità di imputata in altre due inchieste per presunti reati di terrorismo, senza che la giudice
titolare del Tribunale Centrale di Istruzione n° 3 della Audiencia Nacional abbia disposto la sua restrizione in carcere in alcuno dei due casi

Nel frattempo, la denuncia per torture presentata da Sorzabal è presso il Tribunale di Istruzione n° 13 di Madrid. Le fotografie sono state scattate in ospedale e sono state allegate alla causa come elementi chiarificatori quali, in effetti, sono.

Vorremmo ricordare che Iratxe Sorzabal era detenuta in Francia e che, nonostante non avesse cause pendenti presso la Audiencia Nacional e,
pertanto, la Spagna non avesse presentato richiesta di estradizione nei suoi confronti, è stata consegnata (alle autorità spagnole, n.d.t.) dopo aver espiato la sua pena. Ma siccome Iratxe Sorzabal aveva alle spalle quaranta giorni di sciopero della fame e gli ultimi tre anche della sete, per evitare le torture della polizia spagnola, non venne arrestata subito.

Precedenti

I casi di tortura nei commissariati dei diversi corpi di polizia spagnoli non sono una novità e dobbiamo ricordare che vi sono stati anche morti a causa delle torture subite e che sono in molti a soffrirne i postumi irreparabili.

Senza realizzare un excursus storico, vorremmo ricordare i casi più recenti, dato che alcuni risalgono a qualche giorno, o qualche ora, precedenti l'arresto di Iratxe Sorzabal. Dunque bisogna ricordare il caso di Alicia Saez de la Cuesta, che fu condotta alla Audiencia Nacional un giorno prima di Sorzabal, dopo essere passata per le mani della Guardia Civil; il giudice la vide in uno stato psicologico e fisico talmente cattivo che decise di posticipare la deposizione, perché l'imputata non era in condizione di rispondere. Alicia Saez de la Cuesta ha raccontato botte di ogni tipo, maltrattamenti, vessazioni, minacce.

Vogliamo ricordare i casi di tortura denunciati da cittadini baschi negli
ultimi anni:

1992 - 131 casi / 1993 - 83 casi / 1994 - 112 casi / 1995 - 98 casi / 1996 - 123 casi / 1997 - 121 casi / 1998 - 97 casi / 1999 - 48 casi / 2000 - 77 casi / 2001 55 casi in sei mesi

Valutazioni

Dal TAT (gruppo contro la tortura) constatiamo per l'ennesima volta che l'esistenza della tortura, nei commissariati spagnoli, è un fenomeno evidente. Le fotografie mostrano in modo assai chiaro ciò che in altri casi è, di solito, molto difficile da provare. Iratxe Sorzabal ha presentato un racconto raccapricciante delle torture subite e, oggi, abbiamo fra noi la prova più tangibile.

Constatiamo che la tortura, disgraziatamente, non ha cessato di esistere e, sono stati e sono molti i Baschi che l'hanno subita e la subiscono. Crediamo che sia l'attuale sistema a permettere che si possa torturare nei commissariati e, per questo, il TAT ha avanzato una proposta, articolata in nove punti, perché la tortura sia sradicata definitivamente.