FATELE RESTARE
DIRITTO D'ASILO PER UNA NIGERIANA FUGGITA IN IRLANDA PER SALVARE LE SUE DUE
BAMBINE DALLA MUTILAZIONE GENITALE
Febbraio 2006. Di M. G. Di
Rienzo
Dublino, Irlanda. Pamela Izevbekhai fuggì dalla nativa Nigeria con le sue due bambine più di un anno fa, e cercò rifugio in Irlanda per salvare le figlie dalla mutilazione genitale. Prima d'allora era stata alternativamente in case per i richiedenti asilo, nascosta o in prigione. Lunedì scorso è stata rilasciata dalla prigione ed ora la sua richiesta d'asilo è davanti all'Alta Corte del paese.
Dietro di sé, in Nigeria, ha lasciato il marito. Era la famiglia di lui che insisteva affinché le bambine si sottoponessero alle procedure di mutilazione e tale famiglia ha alcuni membri residenti in Gran Bretagna. Perciò Pamela ha cercato asilo in Irlanda, sia perché è un paese in cui si parla inglese, sia perché qui si sentiva più sicura. Pamela era un'impiegata di banca a Lagos, e conosce gli orrori della mutilazione sin troppo bene. La sua primogenita Elizabeth morì per dissanguamento a 18 mesi d'età, nel 1994, quando la famiglia del marito (un uomo d'affari di successo) richiese la mutilazione per la bimba. L'operazione qualche volta prevede la rimozione della clitoride. Può anche prevedere il taglio delle labbra esterne e la loro cucitura, di modo che solo l'urina ed il flusso mestruale possano lentamente uscirne.
"Ho una figlia nella tomba, lo capite questo?" ha detto Pamela Izevbekhai all'avvocato che rappresentava il governo irlandese durante la sua udienza. Ora questa madre sta lottando per impedire alle sue figlie viventi di andare incontro allo stesso destino della sorellina morta.
Lunedì, rilasciata dalla prigione di Mountjoy, in cui era detenuta dal 13 gennaio, a Pamela è stato ordinato di ritornare nell'alloggio per i richiedenti asilo di Sligo, dove lei e le bimbe hanno vissuto nell'ultimo anno. Nonostante le testimonianze e gli appelli in suo favore, persino dal Servizio Nazionale per la salute, Pamela potrebbe ancora essere deportata.
Lo scorso novembre le era stato negato l'asilo in Irlanda, e l'ordine di deportazione l'aveva costretta a nascondersi in case amiche. Fu arrestata il mese successivo, quando fu scoperta a colloquio con un'assistente sociale che voleva aiutarla a rivedere le sue figlie. Naomi, di 5 anni, e Jemima di 3, le erano infatti state sottratte dallo stato.
Quando lunedì il giudice ha letto l'ordine di rilascio dalla prigione, Pamela ha trattenuto il pianto, ma una delle due donne con lei, due guardie della prigione femminile, è scoppiata in lacrime di gioia. Nella piccola aula riservata alle audizioni per l'asilo nel tribunale di Dublino c'erano avvocati e giornalisti di radio e tv. Lo sciame dei suoi sostenitori riusciva a malapena a stare seduto.
La sentenza consente a Pamela di restare in Irlanda per tutti i successivi stadi del processo legale, e i suoi avvocati dicono che le udienze si protrarranno almeno sino al prossimo giugno.
I documenti che Pamela ha presentato, incluso il certificato di morte della piccola Elizabeth che ne riporta le cause, spiegano i rischi che lei e le figlie correrebbero se venissero rimandate in Nigeria. La lista include il rapimento e la mutilazione per le sue figlie, come la violenza che lei stessa potrebbe subire, e ciò dovrebbe a prima vista garantirle l'asilo in qualsiasi paese europeo.
Le mutilazioni genitali femminili, tuttavia, non vengono riconosciute come un rischio in se stesse, sebbene siano attestate come abuso dei diritti umani ed atto illegale sia dall'Unione europea che dall'Unione africana, il che include la Nigeria. Il presidente nigeriano Olusegun Obasanjo ha guidato l'Unione africana per due anni sino a questa settimana, quando per i meccanismi di rotazione il seggio è passato al presidente della Repubblica democratica del Congo.
Obasanjo fu anche il presidente, nel 2003, all'atto della firma del Protocollo di Maputo, che bandisce gli abusi dei diritti umani delle donne. Il protocollo cita fra gli abusi le "pratiche tradizionali dannose", e specificatamente le mutilazioni genitali. Eppure, secondo la lettera del medico di Pamela, vista dalla scrivente e da WeNews, il governo continua a guardare da un'altra parte mentre tali pratiche continuano.
Nel frattempo anche il Togo e il Mozambico hanno firmato il protocollo. "Quello di cui c'è bisogno è la sua implementazione", dice Khady Koita, avvocata che vive a Parigi e di cui è stato di recente pubblicato il libro "Khady mutilata", che narra la sua personale esperienza di mutilazione genitale. "I governi devono controllare il programma ed imparare ad usare il protocollo. Se le persone non sanno cos'è, non possono usarlo."
Il libro di Khady Koita è uscito lo scorso ottobre in Francia, con la notevole prima tiratura di 70.000 copie. Traduzioni in 14 lingue sono previste per i prossimi mesi: in Italia e Germania il libro uscirà a febbraio. Koita spera che il suo libro non serva solo ad aprire le menti, ma aiuti le ragazze a parlare del problema con i propri genitori. "Sessantamila ragazze mutilate vivono in Francia, e due milioni di ragazze vengono mutilate in tutto il mondo ogni anno."
Pamela Izevbekhai è "intatta": le sue tradizioni non prevedono che le bambine vengano mutilate. I parenti del marito non si sono fermati di fronte a nulla per sottoporre a mutilazioni le nipoti, inclusi tentativi di rapimento, da cui entrambi i genitori hanno dovuto proteggerle. Nella lettera del medico si racconta come la suocera di Pamela lo avesse contattato nell'ospedale dove lavora, affinché le bambine fossero sottoposte lì alla procedura. L'ospedale respinse la richiesta, e sebbene il personale abbia tentato di spiegare alla donna cosa avrebbe comportato la mutilazione, essa ha continuato a sostenere che le nipoti non avrebbero mai trovato mariti per bene, senza di essa.
Maggiori informazioni: Let Them Stay!: <http://www.letthemstay.org/>
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