Crisi del sistema finanziario: riflettiamo.
Non è pensabile una uscita dalla crisi finanziaria in atto riproponendo soluzioni che non mettono in discussione i meccanismi che l’anno prodotta. Reds – Ottobre 2008


Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi gli istituti bancari raccolgono i soldi dei risparmiatori e li investono in attività di carattere finanziario. Direttamente. Per le grandi banche, ad esempio, oltre il 50% dei loro ricavi viene da questi strumenti finanziari. In questo modo, le banche da anni hanno perso il ruolo di intermediario del credito e stanno svolgendo un altro mestiere.

Dopo i casi di Cirio e Parmalat, da allora centinaia di testimonianze di dipendenti del settore bancario raccontano come prodotti ad alto rischio siano stati venduti a massaie, pensionati e a chi ci metteva tutti i risparmi. Se all'inizio le banche hanno teso solo a massimizzare gli interessi degli azionisti, con profitti davvero notevoli anche negli ultimi anni, di recente hanno usato questo procedimento anche per scaricarsi delle insolvenze, sui clienti.E adesso i tassi interbancari sono alle stelle, le banche non si fidano più di prestarsi soldi tra loro.

Le banche non si prestano tra loro denaro perché hanno una crisi di liquidità e sono preoccupate di non essere in grado di soddisfare le eventuali richieste di rimborso che potrebbero arrivar loro dai risparmiatori.
E poi c'è il problema enorme della montagna di titoli spazzatura dentro le loro tesorerie. Di fatto i bilanci dell'intero sistema globale sono falsati.
D'altronde la massa di carta finanziaria che gira è 25 volte l'economia reale.
La distanza tra economia finanziaria e reale non c'è più.

Alla base di questa crisi vi è quindi il mancato ritorno di denaro alle banche che l’hanno prestato, ma che hanno agito come se quel denaro fosse comunque immediatamente disponibile per altre operazioni finanziarie. Vi è quindi un enorme mercato bancario parallelo, fatto di debiti non coperti.
Ed è su questo mercato parallelo, da cui non c'è praticamente nulla da recuperare, che i governi stanno cercando di intervenire cercando di mettere in atto provvedimenti volti a sgonfiare la bolla prima che sploda: trasferire masse di denaro fresco dalle casse dello Stato alle casse delle banche ed elargire ulteriore denaro alle imprese che non saranno in grado di ottenere finaziamenti attraverso i canali del credito. Nessuna operazione di ingegneria finanziaria, solo un gigantesco passaggio di risorse dal pubblico al privato in nome della salvezza del sistema economico e finanziario, con conseguenti lacrime e dolori per i lavoratori e i pensonati.

Si potrebbe obbiettare che intanto, in virtù di tali provvedimenti, si potrà innescare un meccanismo virtuoso che potrà porre fine all'eccesso di finanziarizzazione delle economie e del sistema bancario. Il problema è che nonostante quello che stà accadendo, non si fanno discorsi su un nuovo modello di regole o di controlli sull’operato futuro degli istituti di credito e pertanto tutto fa presagire che gli stessi personaggi che hanno prodotto il disastro riavranno le mani libere per ripetere i loro giochetti. Sarebbe come fidarsi di vampiri che dirigono la banca del sangue.

Gli Stati (anche quello italiano) sono principalmente orientati a garantire i depositi interbancari, cioè i prestiti tra banche, prima esclusi dal sistema per legge.
Ma fare questo è come tappare dei buchi a una diga che sta venendo giù. Una diga con un buco è talmente grande che le pezze e la liquidità degli Stati potrebbero non bastare, stavolta non c'è alternativa...
Da anni il "market to market", cioè la valutazione a prezzi di giornata, è l'orizzonte delle attività. Da anni, conta solo la massimizzazione dell'utile trimestrale derivato dagli impieghi finanziari.
Ciò che occorrerebbe, per dare uno scossone al sistema, anche stando dentro alla lugica del capitalismo, è il puro e semplice ritorno al credito; cioè prestare soldi per l’acquisto di beni o avviare attività produttive. Un credito strettamente collegato all’economia reale e non a quella di carta. E poi se ci deve essere una ciambella di salvataggio per il sistema bancario, questa dovrebbe essere utilizzata per quelle migliaia di persone che ad esempio hanno un mutuo a tasso variabile. Senza aspettare che il tasso scenda ma intervenendo immediatamente.

Senza parlare di rivoluzione sarebbe sufficiente tentare una mediazione tra la massimizzazione del profitto e l'attenzione alla persona, ai suoi bisogni e al suo futuro. Oggi più che mai servirebbe tornare alla relazione con le persone, con i territori, con uno sviluppo reale, ecocompatibile, di prossimità. Più sobrio e meno attento all'arricchimento falso. Ovviamente tutto ciò è ancora ben lontano dalla testa di chi ci governa, ma saranno i risparmiatori che cominceranno a chiedersi perché continuare a finanziare profitti altrui assumendosi rischi enormi che poi ricadono comunque sul pubblico, sulle tasche dei cittadini. Il punto è che ci vorrà una classe politica che abbia il coraggio di indicare la strada, di rompere con le compatibilità di questi anni. Ma al momento non si vede nessuno in giro...