L'invasione dell'Iraq
da parte delle multinazionali statunitensi.
Da
International Socialist Review, n. 30, luglio-agosto 2003. Di Rania Masri.
Traduzione di Loris Brioschi. Prima parte. Ottobre 2003.
Ci viene regolarmente
detto dalle nostre imprese, dalla nostra "libera" stampa e dal nostro
"presidente" eletto da questa "libera" nazione, nella
nostra funzionante "democrazia", che la "guerra contro l’Iraq
è finita, che la "liberazione" per gli irakeni è iniziata
e che noi stiamo lavorando verso l’obiettivo della "ricostruzione"
in quel paese povero e distrutto dalla guerra.Dopo guerra? O nuova fase della
guerra?
In questo dopoguerra irakeno, i soldati Usa continuano ad essere uccisi. Al
25 di giugno, più di 55 soldati Usa sono morti da quando George W.
Bush ha dichiarato che la guerra era finita il primo maggio. La stampa presenta
la morte dei soldati dicendo che "noi non sappiamo perchè sono
morti", come se fosse perfettamente naturale che stranieri armati pattuglino
ed occupino (ed uccidano) un'altra terra ed un altro popolo. "Per loro
stessa ammissione" scrive Bob Graham del London Evening Standard, "questi
soldati americani hanno ucciso civili senza esitazioni, li hanno feriti e
lasciati agonizzare" (1) forze armate americane si comportano sempre
più le come le forze armate israeliane che occupano i territori palestinesi
nella striscia di Gaza.”
La guerra non è finita. La guerra si è entrata in un’altra fase. La prima fase fu la Guerra del Golfo del 1991; la seconda furono i dodici anni e mezzo di embargo; la terza il bombardamento e l’invasione dell’Iraq: La quarta fase, la guerra attuale, è l’occupazione dell’Iraq e l’invasione delle Corporation americane. Liberazione…o liberalizzazione economica?
La stampa e le direzioni delle Corporation parlano di liberazione dell’Iraq. Molti di noi sano che questa affermazione è falsa, facciamo degli esempi:
-
28 Aprile, Gli Usa e i britannici organizzarono un incontro a Baghdad per
far partire il processo politico. Molti partiti non furono invitati, ed i
due partiti più grandi (esistenti prima di Saddam) Il Partito comunista
e il partito Islamico Da’wa furono esclusi, mentre centinaia di persone
protestavano nelle strade.
- 26 Maggio, Il nuovo leader delle forze di occupazione americane, L. Paul
Bremer III, decise di rinviare a tempo indefinito la formazione del Governo
Provvisorio, anche se questa “autorità provvisoria” sarebbe
sottomessa a Washington, sino a che la Casa Bianca vorrà conservare
il potere per un periodo indefinito.
- Sempre il 26 Maggio, gli inglesi, desiderosi di stare alla pari degli statunitensi,
annunciarono di voler rimpiazzare i consigli cittadini irakeni con comitati
di tecnocrati insediati dal comando militare britannico. La decisione provocò
una dura reazione da parte dei 30 membri del consiglio, capeggiati dai capi
tribù locali.Non è ancora abbastanza?
- 29 maggio, Le forze USA hanno organizzato un incontro a Baghdad con i capi
tribù locali. Durante questo meeting, il network saudita Al-Jazeera
riportò che ad ufficiali USA fu chiesto in modo diretto da uno dei
capi: "Abbiamo bisogno di capire se voi siete dei liberatori o degli
occupanti" I rappresentanti di Bremer risposero in arabo: "E’difficile
da dire, ma si, siamo qui come occupanti".
E se non è ancora abbastanza, ricordiamo anche che le politiche di Bush Jr. sono un allargamento delle politiche delle amministrazioni precedenti. Brent Scowcroft, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Bush padre dichiarò chiaramente la sua opposizione a libere elezioni in Iraq: "Che cosa succederà se organizziamo le elezioni in Iraq e i radicali (Integralisti Islamici) vincono? Che cosa farete? Dobbiamo essere sicuri che ciò non possa avvenire”. Molte cose non sono nuove. La grande maggioranza degli attivisti di questo paese riconosce che il governo americano non è interessato alla democrazia in Iraq. Nessuno potrebbe ragionevolmente sostenere che questo governo potrebbe perfino installare una democrazia, tuttavia, sempre più spesso, attivisti e militanti della sinistra (per citarne alcuni) ripetono meccanicamente la frase del governo e parlano di “ricostruzione dell’Iraq” Ricostruzione o destrutturazione?
Qual è il significato della parola ricostruzione? Ricostruzione viene definita come "costruire ancora; costituire o riassemblare”. La parola chiave è “ancora”. Ricostruzione è allora rifare un ospedale dove è stato distrutto un ospedale. Se invece viene ricostruito un'istallazione militare al posto dell’ospedale, o, nel caso di Falluja, una scuola diventa un centro militare, questo non vuole dire ricostruzione. Ora, se il piano è il cambiamento dell’economia, il disegno della società, la politica governativa, allora in che modo è ricostruzione? Dovrebbe essere chiamata destrutturazione. E i piani sono di non ricostruire l’Iraq prima della fine della terza fase di questa guerra. Destrutturare l’Iraq nel "libero mercato".
L’attuale vicerè Usa dell’Iraq, L. Paul Bremer III, ha specificato le sue intezioni molto chiaramente: l’Iraq è "aperto agli affari" (26 Maggio, 2003). L’obiettivo più grande della ricostruzione del paese, dice, dovrebbe essere spostare l’Iraq lontano dall’economia di stato (27 Maggio 2003, Chicago Tribune). Bremer e i suoi capi al Pentagono prevedono un sistema di "libero mercato" in Iraq. Il Chicago Tribune riferisce accuratamente di questo piano come una "trasformazione dell’economia del paese". Sempre il Tribune stima giustamente anche che "l’istituzione di una florida economia di mercato in Iraq è stato un obiettivo dei conservatori dell’amministrazione Bush che spera che i cambiamenti passeranno attraverso il mondo arabo e cambieranno l’ordine esistente".
Tali piani sono in linea con quanto Bush propone per il Medio Oriente: un’area di libero scambio, che passi attraverso l’egemonia USA ed Israeliana, non solo con l’occupazione militare dei territori palestinesi e siriani (ed anche la Cheba’a Farms in Libano), ma anche con l’occupazione economica della regione. Privatizzazioni lontane…
Sul terreno, le forze di occupazione stanno lavorando velocemente verso la vendita dei servizi dal governo a compagnie private. A metà Aprile, i dirigenti americani dichiararono che volevano che la Banca Mondiale facesse un atto per un "corpo internazionale neutrale" che sarebbe stato pagato dagli incassi del petrolio, rimpiazzando le Nazioni Unite, le quali devono sovraintendere il programma “oil-for-food” (18 aprile, 2003, New York Times). La Banca Mondiale è definitivamente non "neutrale"; al contrario, ha causato un impoverimento con la sua agenda delle privatizzazioni (2). Per esempio come riportato dall’ICIJ (International Consortium of Investigative Journalists), "malgrado il conflitto la Banca Mondiale non ha costretto le privatizzazioni”, ricerche dell’ICIJ sulla banca mostra che le privatizzazioni sono in corso con un suo preciso ruolo dei suoi prestiti" (3). Bremer ha rivelato che alcuni recenti contratti prevedono la vendita di tutta dalla tecnologia petrolifera, dai servizi di trasporto, alle telecomunicazioni, ai ministeri Irakeni. La liquidazione delle compagnie Irakene di proprietà dei ministeri avverrà presto. Tim Carney (4) il consulente del Ministero irakeno dell’Industria e dei minerali – dopo l’insediamento dei ministri irakeni – disse che dozzine di compagnie statali dovrebbero essere privatizzate entro un anno (9 giugno 2003, BBC). Precedentemente le forze di occupazione USA avevano detto avrebbero aspettato fino all’elezione del nuovo governo Irakeno prima di iniziare le privatizzazioni (5).
Il ministro dll’industria Carney controlla 48 imprese statali che occupano circa 96,000 persone in otto settori, incluso l’alimentare, il tessile, l’ingegneria e la chimica. Le imprese del vetro e della ceramica saranno privatizzate entro l’anno. Le imprese tessili, viste dagli USA, come "aziende perdisoldi," dovrebbero essere "chiuse" e gli occupati perderanno il loro lavoro. Per creare un ottimo mercato per le corporations americane, i dirigenti USA pianificano il cambiamento della legislazione irakena. L’amministrazione USA sta lavorando per cambiare le leggi economiche inerenti la tassazione in Iraq (9 Giugno, 2003, Star Telegram), e, così per potenziare le importazioni e gli investimenti in Iraq, gli USA hanno proposto di eliminare temporaneamente le spese doganali sui beni importati (27, Maggio 2003, Chicago Tribune).
Cosa dice esplicitamente Bremer sui programmi? Il 22 Giugno, Bremer parlò al Forum Economico Mondiale a Davos, in Svizzera (6) "il nostro obiettivo strategico nei prossimi mesi è mettere in movimento politiche che abbiano l’effetto di riallocare persone e risorse, dallo stato alle imprese private per incrementare la produttività delle imprese. Una componente fondamentale di questo processo sarà costringere le imprese statali ad introdurre restringimenti di budget per ridurre le sovvenzioni" Bremer chiede di ridurre i finanziamenti e aprire i mercati in Iraq che "incrementeranno la pressione competitiva sulle industrie" dichiara inoltre che questa "competizione incrementerà la produttività" benchè altre esperienze nel mondo hanno rivelato che da questa competizione ineguale incrementerà invece la disoccupazione e il grado di sfruttamento.
Bremer ricapitola le sue priorità per la "trasformazione economica", ognuna di queste azioni renderà l’economia irakena più "accogliente" per le compagnie straniere che si precipiteranno nel paese per privatizzare e sfruttare (7) (i commenti dell’autore dell'articolo sulle priorità di Bremer sono fra le parentesi quadre):
•
Iniziare una riforma fondamentale del settore finanziario in Iraq per fornire
liquidità monetaria e credito per l’economia Irakena [Liquidità
per chi? Che cosa sarà liquefatto? Chi fornirà questi crediti
e per chi?].
• Semplificare il regime regolatorio per eliminare le barriere e per
far entrare nel mercato nuove aziende, locali ed estere [abbassare le barriere
senza prevedere protezione per le industrie locali, così che non siano
competitive con quelle straniere, altamente sovvenzionate].
• Rivedere le leggi commerciali irakene per determinare quale cambiamento
è necessario per incoraggiare gli investimenti privati [Per "investimenti
privati" leggi "investimenti esteri"].
• Sollevare le irragionevoli restrizioni sui diritti di proprietà
[Che cos’è una "irragionevole restrizione?" sono le
leggi che pongono più restrizioni alla proprietà straniera sulle
terre e sulle risorse irakene che sono considerate come"irragionevoli?"].
• Sviluppare leggi anti-trust e sulla competizione [Questa è
una raccomandazione interessante considerando che negli USA., le leggi anti-trust
sono state rimosse o non applicate].
• Sviluppare una politica commerciale di libero mercato in tutti i settori
con patners commerciali regionali. [Patners commerciali regionali? Bremer
pensa che Israele sarà benvenuta in Iraq?]
• Incoraggiare l’adozione di leggi e regolamenti per garantire
che l’Iraq abbia un controllo elevato sulle attività delle corporation
[Una volta ancora, come possono gli Usa, incoraggiare leggi per controllare
le corporation].
• Sviluppare programmi per educare i dirigenti a pratiche ed affari
etici [E quale esempio possono dare le corporation invitate in Iraq di comportamenti
etici quanto le corporation americane sono aziende che hanno commesso frodi
ed hanno evidenti comportamenti antisindacali?].
In altre parole, l’obiettivo è la trasformazione dell’economia irakena in un'economia "ospitale" verso le corporation straniere e mettere in difficoltà le industrie locali, i loro affari ed il settore pubblico. Chi controlla il settore pubblico? Le forze Usa hanno nominato "consulenti" per le maggiori industrie irakene.(8)
Nel dettaglio.
Petrolio: il governo Usa vuole gestire l’industria petrolifera Irakena come fosse una multinazionale del settore completamente controllata, con un amministratore ed una direzione USA. L’americano chiamato a capo del Comitato di Consulenti per industria petrolifera è Philip J. Carroll, in precedenza capo della “Shell Oil and Fluor” (un’azienda chiamata a partecipare alla costruzione dei progetti per l’Iraq) che possiede consistenti pacchetti azionari. E’ anche il maggior affarista nel Texas. Carroll ha indicato che l’Iraq potrebbe "scegliere" di non rimanere nell’OPEC, raggiungendo così l'obiettivo americano di rompere il cartello dei produttori petroliferi. Carroll ha affermato che la futura espansione dell’industria petrolifera dell’Iraq verrà in parte guidata da capitali stranieri. La risoluzione dell’ONU 1472 (28 marzo 2003) trasferisce il controllo "legale" sull’industria petrolifera da ONU e l’Iraq agli Stati Uniti ed i suoi alleati. Gli utili del petrolio dovrebbero essere usati per finanziare la “ricostruzione” del paese", i costi dell’amministrazione civile, il completamento del disarmo irakeno (per le armi che non possono essere trovate) e per "altri scopi a beneficio del popolo dell’Iraq". Carroll e i suoi amici petrolieri si accerteranno che gli irakeni ricevano le loro ricchezze petrolifere. Giusto come fecero in Nigeria. Ricordate la vicenda Shell in Nigeria: dove erano amiconi del dittatore di turno nigeriano? Commisero violazioni dei diritti umani contro i nigeriani; inquinarono la regione e li derubarono dei profitti del petrolio.
Agricoltura: l’industria agroalimentare irakena verrà diretta da Dan Amstutz, capo della Cargill Corporation, il più grande esportatore al mondo di granaglie, e presidente della NAGEA (North American Grain Export Association). Come riportato dalla rivista Socialist Worker, "durante l’amministrazione Reagan, Amstutz scrisse la bozza del testo originale del principale accordo per governare il commercio dei prodotti agricoli. Le regole di Amstutz’s consentivano ai paesi ricchi di vendere sottocosto i loro surplus agricoli, finanziati, sul mercato mondiale, abbassando il livello dei prezzi in modo così forte che i coltivatori delle nazioni in via di sviluppo non potevano più competere." (9) Bush Jr. sta continuando questa politica. Come scrive il Guardian, Bush Jr. ha dichiarato che vuole che gli agricoltori americani alimentino il mondo. "Mettere Dan Astutz a capo della ricostruzione dell’agricoltura in Iraq è uguale a porre Saddam Hussein a capo della Commissione per i Diritti Umani" disse Oxfam, l’agenzia di assistenza inglese in Giugno "questa presa in giro serve unicamente per gli interessi commerciali delle compagnie americane granarie e per far scoppiare in modo palese il mercato irakeno, ma singolarmente incapace di dirigere i problemi della ricostruzione in un paese in via di sviluppo."
Media: Il direttore di “Voice of America”, Robert Reilly, è stato "ingaggiato" dagli occupanti per "revisionare" le radio, i giornali, la televisione e dirigere i media dell’Iraq, al fine di vendere la politica Usa nel paese. Questo ideologo, conservatore guerrafondaio, crede che "Abbiamo anche il dovere di descrivere il carattere del popolo americano in un modo tale che i suoi principi basilari siano rivelati" in altre parole, il progetto è di continuare a gestire i media per favorire lo stato; l’unico cambiamento è che lo "stato" non è più il regime di Saddam Hussein, ma ora è l’amministrazione di Bush ed il dogma del libero mercato. Bremer ha imposto delle regole per la censura della stampa. Saranno chiusi i giornali che pubblicheranno "storie in modo incontrollato" materiale giudicato una provocazione o capace di incitare alla violenza etnica o contro le forze di occupazione. La lista di nove punti di “attività proibite” include l’incitamento razziale, etnico o l’ostilità religiosa, il sostegno al Partito Baath (ora proibito) e la pubblicazione di materiale che "sia in modo chiaro, falso, fatto per provocare l’opposizione contro" le autorità occupanti o "indebolire il processo verso l’autogoverno” tutti i media devono essere registrati. Le licenze saranno revocate e le attrezzature confiscate ai media che romperanno le regole. I singoli trasgressori "potranno essere trattenuti, arrestati e perseguiti e, se giudicati colpevoli condannati dalle autorità a un anno di prigione ed a 1000 dollari di multa." Sarà possibile appellarsi solo a Bremer, e la sua decisione sarà definitiva.
Il
recente Iraqi Media Network (IMN), creato nell’Aprile 2003, rimpiazza
il vecchio Ministero dell’Informazione Irakeno, sarà governato
dagli occupanti e "amministrato" da Reilly. Bremer si riserva "il
potere di intervenire" sull’IMN in ogni aspetto del suo lavoro,
"incluso ogni problema di contenuto" e ha anche il potere di assumere
e licenziare lo staff dell’IMN (10). L'editore irakeno Ni’ma Abdulrazzaq
ha spiegato che l’editto di Bremer sulla stampa ha restrizioni simili
a quelle esistenti sotto Saddam Hussein. Non molto tempo fa, uno scrittore
ribelle poteva essere accusato di essere un agente Usa o Israeliano. "Ora
ci mettono sacchetti di plastica sulla testa, ci gettano a terra e ci accusano
di essere agenti di Saddam Hussein" scrive nel suo editoriale "in
altre parole se non sei con l’America, sei con Saddam".
Certo, nessuna di queste azioni dovrebbe essere una sorpresa, se ricordiamo
che le forze d’occupazione Usa hanno deliberatamente colpito i giornalisti
in Iraq durante la loro avanzata verso Baghdad. Secondo la "prima dettagliata
analisi della campagna aerea della coalizione fatta dal comando delle forze
aeree Usa "il Pentagono usò armi di distruzione guidate quando
autorizzò 10 attacchi contro "installazioni radiotelevisive"
incluso l’ufficio di Baghdad di Al-Jazeera, nella quale un giornalista
venne ucciso (11).
Note
1.
Bob Graham, "I just pulled the trigger," London Evening Standard,
19 Giugno, 2003. Da notare anche che gli stessi soldati, quando tornano a
casa negli Usa, sono più inclini a commettere violenze domestiche rispetto
ai loro equivalenti civili, vedi Jon Elliston and Catherine Lutz, "Hidden
Casualties: An epidemic of domestic violence when troops return from war,"
Southern Exposure.
2. Vedi Arundhati Roy, Power Politics (Cambridge, MA: South End Press, 2001).
3. "Promoting privatization," 3 Febbraio 2003, International Consortium
of Investigative Journalists.
4. Tim Carney è stato ambasciatore USA in Sudan e Haiti.
5. Il collasso delle compagnie irakene e dei ministeri è classificato
in tre tipologie: quelle che potrebbero essere privatizzate presto (fast-track),
quelle che "dovrebbero" rimanere e quelle che ”dovrebbero"
essere sciolte, o fuse prima di essere vendute.
6. E’ molto ironico, per inciso, per Bremer criticare il regime di Saddam
Hussein di "spendere un terzo del Prodotto Inteno Lordo (PIL) in spese
militari" quando il budget federale Usa accantona circa il 20 % –almeno
400 miliardi di dollari– per le spese militari. Le spese militari irakene
erano una piccola frazione rispetto alle spese Usa.
7. Leggi le osservazioni di Bremer sul World Economic Forum, disponibile online
su: www.usinfo.state.gov/regional/nea/summit/text2003/0623bremer.htm.
8. Una lista completa dei “consulenti” è disponibile online
su The Transnational Foundation for Peace and Future Research Web site. Vedi
Jan Oberg, "Profiles of the Americans really Running Iraq," 18 Maggio
2003.
9. Elizabeth Schulte, "Bush and his corporate pals rob Iraq. The cronyest
capitalists in the world," Socialist Worker, 9 Maggio 2003.
10. Vedi Rohan Jayasekera, "U.S. military and free speech: Gives with
one hand, takes away with the other," 11 Giugno 2003, Index on Censorship,
disponibile online su www.electroniciraq.net/news/909.shtml; e Robert Fisk,
"Censorship of the press: A familiar story for Iraqis," Independent,
11 Giugno 2003.
11. Mark Forbes, "‘Dumb’ bombs used to topple Saddam,"
The Age (Melbourne, Australia), 3 Giugno 2003