La finanziaria 2003.
Tagli
alla spesa pubblica, finte riduzioni delle tasse per i lavoratori, vere riduzioni
per i padroni. Prosegue liniziativa del Governo tesa a costruire le
condizioni affinchè i padroni ottengano il massimo da una ripresa economica
che tarda a venire. La lotta contro la finanziaria non deve essere separata
dalla lotta per i diritti. Di Duilio Felletti.
31 ottobre 2002.
La
legge finanziaria del 2003 si viene a collocare in un periodo oggettivamente
difficile per un governo che come vedremo cerca di tenere, per quanto gli
è possibile, il piede in due scarpe: in quella degli elettori che gli
hanno dato il consenso e in quella dei padroni che gli hanno dato il sostegno
politico. Berlusconi
infatti non poteva permettersi di far passare un altro anno senza fare qualcosa
di concreto e visibile nella direzione delle promesse elettorali fatte lanno
scorso al popolo italiano; promesse che come tutti ricordiamo ruotavano attorno
a una forte riduzione delle tasse per tutti. Nella
sua propaganda, questa riduzione delle tasse avrebbe dovuto dare un maggior
impulso ai consumi delle famiglie, e questo avrebbe a sua volta dato un ulteriore
impulso alla produzione, la maggiore produzione avrebbe determinato un aumento
delloccupazione, e gli occupati pagando le tasse avrebbero determinato
le condizioni per un miglioramento dello stato sociale e della qualità
dei servizi prestati a livello locale dai comuni, province e regioni. Tutto
questo meraviglioso meccanismo che avrebbe dovuto produrre il bene di tutti,
non è stato possibile attivarlo già dal 2002 perché,
a detta di Berlusconi e soci (e probabilmente è vero), il governo precedente
avrebbe lasciato un buco di circa 30mila miliardi di lire nel bilancio dello
stato, e, sul piano internazionale, leconomia sarebbe stata bloccata
dalla situazione determinatasi dallattentato alle Torri Gemelle, e quindi
tutto lanno è servito per sistemare le cose. Il
2003 dovrebbe quindi essere lanno per ripartire alla grande, visto che
tra laltro nel frattempo il governo ha ottenuto un certo risultato sul
piano dello scontro con i sindacati; scontro che ha prodotto importanti vantaggi
per il padronato (Patto per lItalia), una spaccatura del fronte sindacale
difficilmente sanabile in tempi brevi, e in prospettiva un riduzione dei diritti
dei lavoratori con conseguente indebolimento del potenziale di lotta. Del
resto però, l'entità della resistenza operaia organizzata dalla
CGIL seppur non abbia prodotto grandi danni al capitale, ha però consigliato
prudenza al governo, e la necessità di rimandare le riforme "dolorose"
(ad esempio le pensioni). Anche
per questo ci troviamo alla fine di fronte alla solita finanziaria; e per
solita intendiamo quellinsieme di provvedimenti che servono a fare in
modo che chi in questo paese determina le sorti delleconomia (la borghesia)
possa continuare a farlo indisturbato, e, ovviamente, con lappoggio
convinto del Governo, che deve a sua volta farsi carico della pace sociale
contenendo le spinte delle organizzazioni sindacali, che a loro volta devono
contenere la rabbia operaia per salvaguardare e riconfermare il loro ruolo
di controparte legittima. Quindi,
una finanziaria mediocre (nel senso che non contiene azioni di "sfondamento")
e di attesa di tempi "migliori" che a detta degli "esperti"
dovrebbero arrivare non prima del secondo semestre del 2003. Nel
corso del prossimo anno il Governo cercherà più che altro di
far fronte alla normale routine: contenere la rabbia dei lavoratori licenziati,
tutelare la competitività delle imprese nazionali, mantenere quel minimo
di stato sociale che sarà possibile in un quadro di prosciugamento
delle casse dello stato a vantaggio dei finanziamenti agli investimenti, governare
il processo di privatizzazione di sanità, scuola e pensioni, già
iniziato dai governi di centro sinistra, e proseguire con le grandi opere
infrastrutturali, così importanti per la circolazione delle merci. Ma
veniamo ai contenuti. La
quantità di denaro La
quantità di denaro che verrà mossa dal Governo sarà di
20 miliardi di euro, che cercherà di avere a disposizione spendendone
8 in meno per la spesa pubblica (avremo quindi meno servizi), cercando di
incassarne altrettanti 8 dal concordato fiscale (una specie di condono per
gli evasori fiscali), e altri 4 dalla vendita di alcuni patrimoni a due società
di cui comunque inizialmente manterrebbe il controllo, ma che poi è
facile immaginare dove andranno a finire; le due società si chiameranno
"Parimonio dello Stato spa" e "Infrastrutture spa". La
riforma fiscale Con
questi soldi il governo si appresterebbe quindi a fare la più grande
riduzione delle tasse, a suo dire, mai conosciuta dagli italiani, agendo sulla
modifica dellIrpef (tasse pagate soprattutto dai lavoratori) e sulla
modifica di Irpeg e Irap (tasse pagate? dai padroni piccoli e grandi). A
proposito della "riforma" dellIrpef, abbiamo già scritto
come il Governo intendeva intervenire sulle aliquote, mettendone solo due:
una al 23% fino a un reddito di 100mila euro, e una al 33% per i redditi superiori.
Abbiamo
detto che questo avrebbe comportato un aumento delle tasse per i redditi più
bassi e consistenti sconti per i redditi alti, e avevamo ragione. Dal
prossimo anno invece scatterà quello che è stato definito il
"primo modulo" dellIrpef; questo significa che questa riforma
deve intendersi comunque transitoria, e rappresenta un primo passo verso lobbiettivo
delle due aliquote. Ecco
come sarà la nuova curva delle aliquote: aliquota
del 23% per i redditi fino a 15mila euro, del
29% dai 15mila ai 29mila euro, del
31% dai 29mila ai 32.600 euro oltre
tale soglia e fino a 70mila euro si pagherà il 39% per
i redditi che superano i 70mila euro laliquota resta al 45%. Le
pensioni minime saranno esenti da tasse e si prevede una "no-tax area"
, cioè una deduzione dal reddito su cui si calcolano le tasse, che
varia da 4500 euro a 7500 a seconda del tipo di contribuente e del reddito.
Ci saranno anche delle detrazioni, cioè degli sconti sulle tasse, che
pure varieranno a seconda del reddito. Per
effetto dellintroduzione della no-tax area, i calcoli saranno molto
complicati (e ci sarà quindi lavoro in più per i commercialisti
e per i compilatori dei modelli 730), e non essendo poi così certo
che tutti avranno una riduzione del carico fiscale è stata introdotta
una clausola di salvaguardia: in pratica se a conti fatti un contribuente
dovesse accorgersi di pagare di più, potrà pagare con il metodo
dellanno scorso. Secondo
le stime del Governo il primo modulo dellIrpef comporterà benefici
per 28.1 milioni di contribuenti, per un risparmio medio pro-capite di 226
euro. Per
la gran massa dei lavoratori dipendenti si tratta comunque (secondo conteggi
fatti dalla Cgil) della riduzione di uno striminzito punto percentuale; ma
se a questo si aggiunge che il governo non intende ridefinire il tasso di
inflazione programmata per i prossimi due anni, tenendolo inchiodato su un
valore che è la metà di quello reale, e che pertanto gli aumenti
salariali dei lavoratori che andranno al rinnovo dei contratti saranno di
quella portata, i benefici fiscali saranno riassorbiti con gli interessi in
men che non si dica, anche perché intanto il meccanismo di recupero
del fiscal drag è stato definitivamente sepolto. In
arrivo invece il taglio di 2 punti dellIrpeg (dal 36 al 34% con benefici
totali per i padroni pari a 2.5 miliardi di euro rispetto a quanto pagato
nel 2002) e i primi interventi di riduzione dellIrap per una riduzione
di imposta complessiva di circa 500 milioni di euro. Il
Governo non ha reso noto i dati che indicano quanto mediamente i padroni andranno
a risparmiare. Il
condono fiscale Un
altro elemento che merita una riflessione è quello chiamato con parole
soft "Concordato fiscale". I
concordati fiscali sono provvedimenti che i vari governi che si sono succeduti
hanno sempre in determinate situazioni messo in atto, per cui sono sempre
esistiti e non sono uninvenzione del governo di destra. In
pratica consiste nella decisione del Governo di chiudere gli occhi di fronte
agli evasori fiscali, quando non riesce o non vuole stanarli, a patto che
questi riconoscano di non aver pagato e intendano mettersi in regola con il
fisco. Questo
atteggiamento degli evasori viene premiato dallo Stato con consistenti sconti
sullarretrato non pagato. Cè
da dire che questa pratica che periodicamente viene riproposta ha rappresentato
nei fatti un incentivo a non pagare le tasse (di qualsiasi tipo: edilizio,
previdenziale, iva, ecc..) in quanto levasore sa che prima o poi lo
Stato in qualche modo condonerà, e tutto si rimetterà a posto. Si
tratta quindi di un provvedimento ingiusto e punitivo nei confronti dei lavoratori
che invece pagano fino allultimo soldo. Nel
merito si definisce in 150 euro (unelemosina) la multa per le piccole
liti fiscali e in caso di liti con valori più consistenti, una quota
pari al 10% del valore stesso. La
novità assoluta però consiste nellintroduzione del concetto
di "concordato preventivo" triennale, ed è destinato alle
piccole e medie industrie. Il
concordato preventivo permetterà al padroncino o al lavoratore autonomo
di pagare in anticipo le tasse con una somma predefinita e mettersi così
al riparo da ogni ulteriore pretesa per tre anni. Questo
provvedimento crediamo non abbia bisogno di alcun commento. Lo
stato incassa in anticipo una tangente e dà in cambio carta bianca
e libero arbitrio per i successivi tre anni. I
tagli alla spesa e ai trasferimenti Per
quanto riguarda i tagli alla spesa, il Governo, proseguendo nella strada dellanno
scorso, intende chiudere i rubinetti dei trasferimenti alle regioni e ai comuni
a partire dal 2004, garantendo solo ladeguamento dovuto per linflazione
programmata, mentre dal 2003 (cioè da subito) ha imposto il blocco
delle tasse locali: quelle che sono prevalentemente destinate a finanziare
la sanità locale. In
particolare ci sarà una riduzione generalizzata della possibilità
di spesa da parte dei comuni pari al 10% , le nuove assunzioni saranno bloccate
e il turnover sarà garantito solo al 50%. A
questo proposito il Governo prevede di attuare un gigantesco processo di mobilità
dei lavoratori della Pubblica Amministrazione che dovrebbe consentire di coprire
i buchi che inevitabilmente si creeranno nei vari enti. Già si sa ad
esempio che dalla scuola dovranno essere disponibili circa 5300 lavoratori
(presidi, docenti fuori ruolo) per questo tipo di percorso. I
tagli alla sanità comporteranno quella che elegantemente viene chiamata,
una "razionalizzazione dei posti letto" ma che in realtà
si tratta molto più brutalmente di una riduzione dei posti per arrivare
a una dotazione media di 5 posti per 1000 abitanti. Ma non è finita,
si riparla di inasprimento dei tickets e dellintroduzione di nuovi (70
euro per le cure termali). Alla
luce di questi fatti possiamo osservare che attraverso un mix di taglio alle
spese, blocco delle assunzioni, interventi contro i contratti e i diritti
dei lavoratori pubblici il Governo intende nei fatti perseguire lobbiettivo
di destrutturare tutto ciò che è pubblico per arrivare a dare
più forza alle politiche di privatizzazione. I
fondi rotatori Una
cosa nuova della finanziaria è nellintroduzione dei cosiddetti
Fondi rotatori per le imprese. Lidea
è quella di trasferire i soldi che lo stato intende regalare ai padroni
per incentivarli a investire in aree depresse, in un unico fondo che sarà
sotto la direzione di Berlusconi stesso (una garanzia!) che, coadiuvato dai
ministri delleconomia e delle attività produttive (altre garanzie!!)
deciderà la destinazione dei soldi del fondo medesimo. Il
nuovo quindi non è nel fatto che il Governo regala soldi ai padroni,
quanto invece nel fatto che con questo strumento, che sarà gestito
molto centralmente, si restringerebbe la possibilità di sbocchi clientelari
nellutilizzo dei fondi, e si garantirebbe ai padroni la pari dignità
(nel senso che un mafioso non avrà più soldi di un padrone che
sfrutta onestamente i lavoratori). Dobbiamo
dire che questo provvedimento non ha scontentato né la Confindustria,
né i sindacati che evidentemente pensano di potere entrare nel gruppo
di "esperti" che andrà a gestire questa massa di denaro pubblico.
I
crediti di imposta (chiamati anche: prestiti a fondo perduto, incentivi,
regali) Ma
per restare sempre nel campo delle regalie fatte dal Governo ai padroni dobbiamo
registrare un provvedimento che ha invece sollevato, a botta calda, le ire
del mondo imprenditoriale, ma che poi sono rientrate dopo gli incontri di
fine mese con le parti sociali. Da
segnalare, per inciso, l’abbandono della Cgil del tavolo per forti dissensi
sia nel metodo che nel merito delle questioni in discussione. Parliamo
del dimezzamento degli incentivi che, a suo tempo, il governo di centro sinistra
aveva istituito per quei padroni che investivano al sud (legge 488) e quelli
dati ai padroni che assumevano a tempo indeterminato (nord e sud). Per
essere precisi, per gli incentivi agli investimenti, non si trattava esattamente
di un dimezzamento: si trattava di una restituzione nell’arco di 10 anni con
un interesse dello 0.5% della metà del contributo di cui i padroni avrebbero
goduto in futuro. Per
quanto riguarda gli incentivi sulle assunzioni, le intenzioni del Governo
era semplicemente di abolirli. Questo tipo di incentivo (introdotto dal centro
sinistra) aveva consentito ai padroni di non dover tirare fuori di tasca propria
per 1 anno 600 euro al mese per pagare lo stipendio di un lavoratore del sud,
e 400 euro per un lavoratore del nord. Dicevamo
che la Confindustria ha molto insistito affinché il Governo andasse a una
modifica di questo punto della finanziaria, al punto di dichiarare la stessa
la peggiore finanziaria mai scritta. L’organizzazione
dei padroni aveva colto l’occasione per ribadire la necessità di riforme strutturali
in materia di pensioni, sanità e fisco; e tanto ha fatto e tanto ha detto
che alla fine ha ottenuto che gli incentivi venissero mantenuti. Anche
gli incentivi a sostegno delle assunzioni a tempo indeterminato, seppur ridotti,
verrano riconfermati fino al 2006, anno in cui, in questo tipo di materia,
è previsto l’intervento dell’UE. Questa
decisione del Governo aveva iniziato a prendere piede dal momento in cui una
delegazione della Confindustria guidata dal presidente D’Amato ha incontrato
il gruppo dei responsabili economici del centro sinistra i quali da parte
loro hanno confermato il pieno appoggio alle "legittime" richieste della Confindustria.
Al
di la dello squallore di questo teatrino fatto di tira e molla, permane, per
quanto ci riguarda, un giudizio estremamente negativo, almeno sul piano etico,
di tutta questa vicenda, che vede al centro un incentivo su cui destra e "sinistra"
concordano sia dovuto, e l’unica differenziazione è se una parte di questo
debba continuare essere a fondo perduto o possa essere restituito in 10 o
20 anni a interesse zero. Pensiamo
che alla fine i padroni la spunteranno, e dal fango del dibattito parlamentare
uscirà un provvedimento che sancirà la continuità della politica del centro
sinistra, che è in definitiva l’affermazione che il lavoro non è un diritto
ma è un optional a cui puoi accedere se chi te lo consente è incentivato a
farlo. Ammortizzatori
sociali Vi
è una frenata anche per gli stanziamenti a favore degli ammortizzatori
sociali, che pur essendo quelli decisi nel Patto per lItalia, e cioè
700 milioni di euro per i prossimi tre anni, vengono suddivisi in modo assolutamente
provocatorio: vale a dire 100 milioni nel 2003, 100 nel 2004, e 500 nel 2005. Pezzotta
e Angeletti si sono ritenuti giustamente presi in giro (e questo non può
che farci piacere), e hanno chiesto un incontro urgente con il Governo (quando
questo articolo uscirà si sarà già svolto), per avere
dei chiarimenti in proposito. Ma al di là di qualsiasi considerazione
resta il fatto che si sta chiarendo la ragione vera della firma di quel patto:
rompere il movimento sindacale, isolando la parte più riluttante, per
poi abbassare la cresta anche a Cisl e Uil che invece hanno ritenuto di seguire
la Confindustria e il suo governo, e andare infine a un superamento ancora
più a destra dello stesso patto per lItalia. Non
è un caso ad esempio che dellarticolo 18 se ne parla, ma solo
per dire che se ne riparlerà lanno prossimo. Un
accordo quindi che sembra aver già svolto la sua funzione e che al
più serve come base dappoggio, punto di partenza, per ulteriori
e più pesanti attacchi futuri ai lavoratori. Infatti
il Governo, con la concentrazione degli stanziamenti a fine triennio, sta
già pensando al 2005, quando cioè la fase di sperimentazione
dellarticolo 18 sarà terminata e sarà necessario un volume
maggiore di denaro per far fronte alla probabile ondata di licenziamenti che
inizierà, diciamo noi, tre giorni prima della fine della sperimentazione. Le
pensioni Pensiamo
di chiudere questo articolo spendendo due parole sulle pensioni. Il
governo ha dovuto far fronte ad un secco acuirsi della conflittualità
sociale, concentrata su un aspetto (la parziale riforma dell'art.18) che per
quanto riguarda gli interessi dei lavoratori è di portata inferiore
a quella della riforma delle pensioni. Il risultato è che la riforma
pensionistica tanto agognata da padroni, Banca d'Italia, UE (abolizione della
pensione di anzianità, metodo contributivo per tutti da subito), deve
attendere un "clima" sociale più tranquillo. Nei piani alti
qualcuno deve cominciare a pensare di aver sbagliato i conti. La secca contrapposizione
lavoratori/governo ha fatto sì che anche la Lega Nord, più che
esposta sul lavoro (Maroni), chiedesse su questo fronte una battuta d'arresto:
la gran massa di lavoratori è al nord, e che la modifica delle pensioni
avrebbe penalizzato il suo elettorato che è per lappunto concentrato
al nord. Un po' troppo per un partito che ha
già dovuto ingoiare il rinvio del federalismo fiscale e la conferma
dei finanziamenti al sud (i fondi rotatori) oltre allo stop a qualsiasi forma
di devolution. Berlusconi
da parte sua si è limitato a dire che non vi erano le condizioni politiche
per andare a una riforma del sistema, facendo chiaramente capire che se fosse
stato per lui lo avrebbe fatto più che volentieri (come aveva già
tentato nel 1994). Si
è impegnato però ad attenersi a quello che nei prossimi mesi
deciderà in materia lUnione Europea. È
infatti in calendario a quel livello una decisione in merito, che porterà
il sistema previdenziale ad assumere una omogeneità su tutto il territorio
europeo; obiettivo è quello di fare in modo che le imprese che operano
in stati con il sistema pensionistico più avanzato non debbano essere
penalizzate sul piano della competitività, dovendo pagare contributi
più alti. Qualche
provvedimento è comunque stato preso. È
stato abolito il divieto di cumulo tra reddito da pensione e reddito da lavoro
per quei lavoratori che hanno lavorato 37 anni e sono ancora relativamente
giovani (58/60 anni). Questi
lavoratori potranno andare ancora a lavorare e in contemporanea percepire
la pensione alla faccia dei giovani in cerca di lavoro. Con
questo provvedimento il governo ha avuto il coraggio di sostenere che così
potrà emergere il lavoro nero che un numero, sembra, molto alto di
pensionati continuerebbe a svolgere anche dopo essere andati in pensione. Un
regalino fatto ai padroni che apprezzeranno sicuramente e che consentirà
loro di mantenere in fabbrica i personaggi più fidati e più
compatibili con le esigenze aziendali. Alcune
conclusioni Contro
la legge Finanziaria la Cgil da sola ha proclamato uno sciopero generale che
si è tenuto il 18 novembre. Lo sciopero è andato bene, nel senso
che non ha avuto adesioni inferiori alle solite, e le piazze si sono riempite
come se la mobilitazione fosse stata organizzata da tutti i sindacati. Fortunatamente
la lotta contro le politiche del Governo è un elemento ancora in grado
di catalizzare lattenzione dei lavoratori, ma questa volontà
di lotta che si è espressa deve necessariamente essere collegata a
obiettivi molto concreti e facilmente comprensibili e credibili per la maggioranza
dei lavoratori e dei pensionati. Le
grandi mobilitazioni in difesa dei diritti (art.18) ne sono la testimonianza. Sarebbe
quindi un errore grave, in questa fase di divisione sindacale, che produce
disorientamento un po in tutti i lavoratori, lasciar cadere, in nome
della lotta alla finanziaria, che nei suoi contenuti ci sembra di poter valutare
alla stregua di una normale finanziaria antioperaia come tutte le altre, i
contenuti di una lotta in difesa dei diritti, che non deve assolutamente conoscere
momenti di stasi, ma che anzi deve nel suo percorso salire di tono e coinvolgere
settori sempre più larghi di popolo, creando contraddizioni anche profonde
allinterno della sinistra moderata. Dobbiamo
essere convinti che non può esistere, e non può avere sbocco
alcuno una lotta contro un provvedimento governativo che alla base non abbia
un movimento compatto e determinato; ma questa compattezza e determinazione
sono dei risultati che si ottengono quando alle spalle si hanno delle sicurezze,
e queste sicurezze sono i diritti esigibili. I
diritti al posto di lavoro, il diritto alla rappresentanza, il diritto alla
contrattazione. Sono
questi i tre cardini attorno a cui ruota tutto: il primo è già
traballante, il secondo non ha mai avuto una normativa che lo rendesse esigibile,
neanche durante i governi di centro sinistra, il terzo è a rischio,
e le manfrine sulla piattaforma dei metalmeccanici sono dei tristi presagi. Siamo
convinti che i giochi non sono ancora fatti e che gli spazi per proseguire
lungo la strada della mobilitazione siano ancora ampi, a patto che i lavoratori
in prima persona mettano al centro i propri interessi di classe e la loro
democrazia.