Sull'accordo per il rinnovo del biennio economico del Trasporto
locale.
Il
giudizio del Coordinamento
Rsu
sull'accordo sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil che non ha in alcun modo soddisfatto
le aspettative di una categoria che ha mostrato a tutti i metodi di lotta
necessari per poter pensare di battere il padronato e questo governo. 23 dicembre
2003.
Come era prevedibile, i lavoratori hanno manifestato con forza e convinzione
il loro disaccordo sull'intesa firmata il 20 dicembre da Cgil, Cisl, Uil e
Faisa.
Il disaccordo da parte della gran massa dei lavoratori è stato dichiarato
"prevedibile" perfino dai firmatari dell'accordo. E allora, viene
da domandarsi, .... perchè lo hanno firmato ?
Una firma che porta con se una responsabilità politica che non potrà
non lasciare il segno, non solo nel rapporto con i lavoratori del trasporto
locale ma anche con tutti gli alti lavoratori per le conseguenze che questo
accordo avrà sul modello contrattuale generale.
C'è in primo luogo la questione della democrazia, del metodo con cui
si conducono le trattative. Se esisteva un mandato a trattare da parte dei
lavoratori, ogni modifica ai contenuti di questo mandato andava verificata
e fatta approvare dalle assemblee dei lavoratori prima di procedere
verso una stretta finale della trattativa.
Così non è stato, neppure da parte della Cgil che pure in questi
anni ha ordinato gran parte della sua battaglia generale proprio sulla salvaguardia
e l'estensione dei diritti e sulla democrazia nei luoghi di lavoro.
Inoltre, l'accordo raggiunto non salvaguarda neppure il potere di acquisto
dei salari, con un risultato economico abbondantemente al di sotto dell stesso
protocollo del 23 luglio.
Paradossalmente è questa una certezza in cui si riconoscono gli stessi
firmatari (di sicuro la Cgil), cosa che rende ancora più grave la decisione
di firmare, sopratutto alla luce delle considerazioni che vengono adottate.
Si ammette che l'accordo non è buono ma si difende l'idea che questo
accordo era il massimo ottenibile in queste circostanze. Così si giustifica
la trasgressione delle regole da parte della aziende e dello stesso Governo
che, al di là dei risparmi contrattuali, incassano il risultato politico
di aver reso derogabile e non esigibile persino l'accordo del 23 luglio (accordo
che, ormai deve essere chiaro a tutti, non è esigibile, per stessa
ammissione delle centrali confederali).
Si afferma che la firma dell'accordo era necessaria per difendere la centralità
del contratto nazionale di lavoro, ma così facendo si sono invece create
le premesse per il suo disfacimento, non fosse altro che per il fatto che
la necesità del recupero salariale spingerà sicuramente le realtà
più forti ad aprire tavili locali (aziendali o regionali) per ottenere
quanto il rinnovo contrattuale non è stato in grado di realizzare.
Così facendo (èd è paradossale che da settori della stessa
Cgil arrivi l'invito a muoversi in questa direzione) si trasferisce sulla
contrattazione di secondo livello l'onere di recuperare quella parrte di inflazione
non recuperata a livello contrattuale nazionale.
Con questo accordo è il modello contrattuale concertativo, è
la politica dei redditi del 23 luglio ad essere smantellata da destra. La
stessa cosa successa con il Ccnl metalmeccanico, con una unica differenza.
La Fiom non ha accettato di firmare. Sul trasporto locale la Cgil ha invece
firmato e, sostanzialemnete (al di la dei mal di pancia evidenti e diffusi)
lo difende.
Meglio a avrebbe fatto la Cgil a non firmare l'accordo sul trasporto locale.
La partita sarebbe rimasta aperta e le eventuali vertenze locali, supportate
da una direzione e da un contesto nazionale avrebbero potuto agire da elemento
di pressione per la conquista di un "vero contratto", sull'esempio
dei precontrattio Fiom, e non da via di fuga dallo scarso risultato contrattuale
nazionale.
Con la firma e con la difesa di quell'accordo a perdere, forse i sindacati
non se ne rendono conto, quei lavoratori sono stati lasciati soli nella lotta
per l'affermazione di un loro sacrosanto diritto, ed esposti alla propaganda
ed alla repressione di un Governo che apofitta di questo momeno di forte spaccatura
tra lavoratori ed i loro sindacati, per inasprire la sua iniziativa contro
la libertà di sciopero e per mettere al centro della discussione il
nuovo modello contrattuale, basato non già sul diritto del salario
ad essere tutelato rispetto all'inflazione, ma sulla sua compatibilità
alle dinamiche di settore e territoriali.
Questa è una partita che investe sopratutto la Cgil, passata ormai
da una disponibilità ad essere soggetto contradditorio e di contrasto
rispetto alle derive neocorporative, ad una scelta tattica di deciso recupero
incondizionato idell'unità con Cisl ed Uil.
Non è una novità. Questa tendenza la si è avvertita già
in occasione dei rinnovi contrattuali in altre categorie dove, a scapito dei
risultati e di un sempre maggiore isolamento dlla Fiom, si è perseguita
sopratutto la salvaguardia degli spazzi unitari con le posizioni neocorporative
di Cisl e Uil.
Queste considerazioni ci portano a riflettere su come la lotta dei lavoratori
del trasporto locale interessa tutto il mondo del lavoro.
Per questo da tutto il mondo del lavoro, dai lavoratori, dai delegati Rsu
sopratutto deve essere forte la solidarietà con la lotta dei lavoratrori
del trasporto locale. In gioco c'è il futuro modello contrattuale,
le forme della democrazia e della rappresentanza sindacale, il diritto ad
esercitare con la lotta la difesa dei nostri diritti, del nostro salario e
delle condizioni di lavoro.
E una cosa va fatta e rilanciata subito e con forza. Esigere alle organizzazioni
sindacali il diritto dei lavoratori ad esprimere con un voto chiaro e certificato,
col referendum, il giudizio sia sulle piattaforme che sugli accordi.