Confindustria, assemblea annuale
Montenzemolo non ha perso l'occasione per mettere sul piatto, senza troppi giri di parole, le questioni che interessano agli industriali italiani. Nella sua relazione ha ribadito tutti i punti su cui ha invitato il governo Prodi a intervenire. Reds - Giugno 2006


Ciò che è emerso nell'assemblea annuale della Confindustria di maggio è una lista dei problemi che i padroni chiedono al Governo di risolvere, per rilanciare l'economia dal punto dal loro punto di vista.
Vediamo nel dettaglio le questioni, rileggendo i passaggi salienti della relazione di Montezzemolo, cercando di comprendere cosa comporterebbe per i lavoratori e i settori di popolazione più colpiti dalla crisi economica, se queste rappresentassero le linee su cui Prodi si muoverà nell'immediato futuro.

Infrastrutture (la questione settentrionale)
Montezzemolo dice: "Oggi sta scoppiando anche una vera e propria questione settentrionale. E' il dramma di regioni con tassi di sviluppo industriale fra i più alti d'Europa che incontrano limiti spaventosi alla possibilità di crescita per un deficit di infrastrutture che è diventato insostenibile... Le infrastrutture, la TAV, i grandi corridoi non possono essere una questione rimessa al consenso di ambiti locali. Sono temi determinanti per lo sviluppo futuro di tutto il paese".

Chiaro? Il problema oggi è che chi è in grado di fare profitti (il nord-Italia) è bloccato da un apparato di infrastrutture inadeguato. Occorrono più strade, ferrovie, ponti e tutto quanto serve a far giungere le merci a destinazione nel minor tempo possibile. La competitività oggi sembra proprio che si giocchi sulla velocità di consegna. Compito del Governo dovrebbe quindi essere proprio quello di fare in modo che quanto iniziato da Berlusconi non vada disperso, mettendo a tacere con le buone o con le cattive, in nome del profitto, i movimenti popolari che si sono messi di traverso per impedire la devastazione del loro territorio. E soprattutto non far mancare alle industrie private le enormi commesse per la costruzione delle infrastrutture.

Competitività (il cuneo fiscale)
Montezzemolo dice:"E' essenziale che i benefici della riduzione del cuneo siano destinati in larga parte alle imprese, per favorire non i loro redditi, ma la competitività e la disponibilità di risorse per gli investimenti"..
Sull'Irap "la prima radicale correzione da apportare è rendere deducibili i contributi sociali pagati dall'impresa".

I padroni chiedono in pratica a Prodi di essere un po' più chiaro quando dice di voler ridurre il cuneo fiscale e contributivo. Dicono in sostanza che se il Governo riuscirà a mettere in atto dei provvedimenti che ridurranno la differenza tra il costo del lavoro lordo e quello netto (che sembra la più alta d'Europa*), i soldi che si renderanno disponibili dovranno affluire nelle loro tasche. Il ritornello padronale quindi è sempre lo stesso: compito del Governo è reperire le risorse (leggi: togliere soldi ai lavoratori) da destinare allo sviluppo (leggi: per darli ai padroni). Solo così saranno possibili nuovi investimenti con il conseguente rilancio dell'economia. E il fatto che in campagna elettorale Prodi non sia mai stato esplicito su questo problema (a vantaggio di chi si deve ridurre il cuneo fiscale?) ci fa sospettare che forse anche questa volta si metterà male per i lavoratori. Se a questo aggiungiamo che i ministeri chiave che dovranno gestire la partita sono in mano a Padoa Schioppa e Damiano, c'è poco da stare allegri.
Prosegue poi la lotta dei padroni contro l'Irap (una tassa sul reddito di impresa) di cui chiedono una consistente riduzione in vista di una abolizione prossima futura; infatti parlano di "una prima radicale correzione". Il ragionamento è sempre lo stesso:"... come fate a chiederci di fare investimenti se ci taglieggiate i profitti con le tasse?..se veramente volete gli investimenti, dovete difendere e ingrassare i nostri profitti..."

*Il cuneo fiscale
Costo del lavoro sulla retribuzione netta
(valore percentuale)
Italia 106,1
Spagna 63
Paesi Bassi 63
Regno Unito 50
Irlanda 35

Retribuzioni (flessibilità aziendale e produttività)
"I sindacati hanno ragione" a voler conservare la centralità della contrattazione collettiva nazionale, a tutela dei diritti di tutti i lavoratori. Ma lo stesso deve valere per le imprese, che hanno bisogno di certezze. E il primo passo è riconoscere una certa flessibilità organizzativa non rinegoziabile a livello aziendale . E' arrivato il momento di definire questi aspetti. Così come è opportuno rivedere la struttura delle retribuzioni per creare un collegamento più stretto tra alcune quote di salario e i risultati raggiunti".

Dopo avere parlato del costo del lavoro ecco la questione della contrattazione. In sostanza per i padroni è inaccettabile, ad esempio, dover dare ai lavoratori dei soldi che vengono contrattati in due ambiti diversi (col contratto nazionale e col contratto aziendale); delle due l'una. Se i sindacati intendono difendere il contratto nazionale, allora abbandonino quello aziendale, o viceversa. In ogno caso Montezzemolo dice su quale questione in particolare è opportuno che si tratti centralmente e non localmente: la flessibilità/precarietà del lavoro. Risponde ad una esigenza fondamentale per gli imprenditori disporre di accordi e leggi che consentano il massimo dello sfruttamento della forza lavoro, ma questi accordi non devono trovare ostacoli nell'attuazione frapposti dalle organizzazioni sindacali di categoria (come la Fiom), o peggio ancora dalle rappresentanze di base dei lavoratori. Dicono ai Sindacati:"voi volete la centralità del contratto nazionale?.. la vogliamo anche noi....e allora quello che decidiamo a Roma non lo vogliamo più ridiscutere da nessun'altra parte....quindi mettete a tacere le teste calde che avete al vostro interno..."
La questione salariale, di conseguenza, dovrà essere coerente con questo nuovo modo di lavorare intendere il rapporto di lavoro. Lo schema dovrebbe essere questo: maggiore flessibilità, uguale maggiore produttività, uguale maggiore profitto, ugulale maggiore salario. E' la fine degli aumenti salariali legati all'aumento del costo della vita, quelli conseguenti l'inflazione sia essa programmata, reale, percepita e quant'altro.

Lavoro (non toccare la legge Biagi)
Montezzemolo dice:"Confindustria difenderà la legge Biagi che va completata con l'importante capitolo degli ammortizzatori sociali. Noi siamo aperti al confronto che il Ministro del lavoro ha proposto in materia. Vorremmo però che. almeno per quanto riguarda il mondo delle imprese si abbandonasse la falsa equazione tra flessibilità e precarietà... Abbandoniamo dispute ideologiche e nominalistiche e avviamo una vera stagione di confronto e di concertazione per affrontare i problemi nuovi che abbiamo di fronte".

Anche questa richiesta a Prodi è molto chiara. La legge Biagi non va abolita, ma anzi occorre crearle attorno un corollario di leggi che ne consentano l'applicazione senza fare arrabbiare troppo i lavoratori; occorre quindi che quando un lavoratore viene lasciato a casa possa accettare di buon grado la sua condizione di disoccupato e tocca pertanto al Governo mettere in atto dei provvedimenti (ammortizzatori sociali) che gli consentano di sopravvivere in attesa di un altro posto d lavoro. Ai padroni il compito di esercitare lo sfruttamento finchè è possibile, allo Stato il compito del sostentamento in attesa di un altro ciclo di sfruttamento. Ma questo modo barbaro di intendere il rapporto di lavoro sarebbe inattuabile senza il consenso dei sindacati; ecco quindi la richiesta di un ritorno alla "concertazione". Quei bellissimi tavoli triangolari (Confindustria, governo, sindacati) che, in tempi non lontani, hanno partorito cose come il lavoro interinale, l'inflazione programmata, la moderazione salariale, ecc.

Fisco (l'evasione zavorra per lo sviluppo)
Montezzemolo dice:"L'idea di pagare tutti per pagare meno deve essere un punto forte su cui cercare convergenze reali.... E un paese dove oltre il 25% del PIL appartiene al sommerso si muove con una pesantissima palla al piede.... E' un paese dove i contribuenti onesti sopportano da anni il peso dei furbi. E dove mancano tante risorse che potrebbero essere destinate allo sviluppo".

Anche i padroni sono quindi contro l'evasione fiscale e contributiva. Anche loro sono per il "pagare tutti per pagare meno"; come si fa a non essere d'accordo? Il problema però è del pulpito da cui parte la predica. Sono loro i grandi evasori, i "furbi". E se il Governo dovesse cominciare ad agire secondo giustizia nel'ambito fiscale, dovrebbe necessariamente partire col tassare proprio lor signori e i loro patrimoni, visto che l'80% delle imposte sono a carico del lavoro dipendente e i lavoratori possiedono meno della metà del reddito nazionale. La vera rivendicazione dei padroni, che si legge tra le righe, è in realtà quella di un maggiore rigore fiscale nei confronti di chi già paga, affinchè il fisco possa disporre di un maggior volume di risorse da devolvere per lo sviluppo (cioè metterle a disposizione dei padroni).

Credito (maggior concorrenza e banche più grandi)
Montezzemolo dice:"Abbiamo bisogno di banche più grandi e abbiamo bisogno di più concorrenza nel credito. Le banche possono e devono essere davvero imprese al servizio delle imprese, con prodotti trasparenti e comparabili. Banche ed imprese sono due soggetti che nella collaborazione hanno dato vita a importanti storie di successo. Perchè questa collaborazione possa oggi dare risultati migliori serve un riequilibrio negoziale nella logica del mercato".

Con grande chiarezza i padroni chiedono che il sistema bancario italiano sia meno caro e possa quindi finanziare a bassi interessi i necessari investimenti per il rilancio della competitività del sistema industriale italiano. Se vogliamo, si tratta di una richiesta coerente e che è dentro al discorso più generale della riduzione dei costi che i padroni portano avanti da anni.

Energia (emergenza costi)
Montezzemolo dice:"I costi dell'energia stanno diventando una vera emergenza soprattutto per le piccole e medie imprese.... Il divario tra costi italiani e europei resta insostenibile..... Non si può andare avanti così. Dobbiamo darci obbiettivi ambiziosi di riduzione dei differenziali di prezzo. Dobbiamo puntare a un -20% per l'energia elettrica e a un -10% per il gas naturale.... Non dovrà essere lasciato nulla di intentato, compreso il rientro dell'Italia nel nucleare più avanzato".

Il costo dell'energia rappresenta un elemento importante nell'insieme dei costi di produzione (gli altri sono: il costo degli impianti, il costo delle materie prime e il costo del lavoro) che i padroni devono sostenere. E' evidente che più bassi sono i costi, più alta è la competitività e maggiori sono i profitti. Per i padroni quindi, la richiesta di agire in un contesto dove i costi sono contenuti significa in altima analisi tutelare i propri interessi di classe. Nel caso specifico dei costi energetici, quello che loro vorrebbero non è di pagare di meno l'energia in quanto tale (il prezzo infatti dipende da contesti internazionali) ma di godere di una "esenzione" del pagamento dei carichi fiscali sull'energia, che, come sappiamo, in Italia sono tra i più alti d'Europa. Se il Governo dovesse accondiscendere a questa richiesta dovrebbe decidere di conseguenza di recuperare i minori introiti fiscali aumentando le tasse dei lavoratori, o riducendo le spese che lo stato sostiene per garantire i servizi (scuola, sanità, pensioni) alla popolazione. Cosa farà Prodi?
Il ritorno al nucleare rappresenta una prospettiva che non ha nessuna motivazione seria (visto che dovunque si è smesso di costruirle e visti gli ingenti costi che questa scelta comporta) se non quella di avere delle commesse pubbliche per fare profitti al dilà delle effettive necessità della collettivit
à. Un po' come la Tav e il ponte sullo stretto di Messina.

Istituzioni (olte il referendum, le riforme necessarie)
Montezzemolo dice:"All'indomani del referndum sulle modifiche costituzionali del 25 giugno, la necessità delle riforme istituzionali non verrà meno qualsiasi sia l'esito della consultazione.... Sono essenziali miglioramenti, che riguardano tanto i principi quanto le forme dell'ordinamento: un saldo presidio costituzionale alla libera concorrenza, regole uniformi per il mercato, limiti ben circoscritti alla proprietà pubblica".

La questione della riforma istituzionale è risolta dai padroni in modo molto semplice. Ciò che a loro serve è un quadro istituzionale in cui può liberamente dispiegarsi la legge della concorrenza. Questo perchè rappresenta l'unico ambito in cui i capitalisti possono tenere in vita i meccanismi della realizzazione del profitto. Dicono quindi che la questione non sarà risolta con il referendum del 25 giugno, ma che invece tutta la partita dovrà essere ridiscussa al di là di quale sarà il risultato. Questo significa che Confindustria non vede nelle modifiche della destra alla Costituzione elementi che intervengono sia a rendere la concorrenza più libera sia a limitare l'intervento dello Stato nell'economia. Vi è quindi da una parte una dichiarazione implicita di astensione rispetto il si o il no, e dall'altra la proposizione di un quadro istituzionale di tipo neoliberista. Cosa questo può significare per i lavoratori e per i settori più deboli della popolazione è facilmente intuibile: uno stato sociale, una scuola, una sanità, ecc.. in mano ai privati, accessibili a chi se li può pagare e sottoposti alle ferree leggi del mercato. Quindi con il fine dell'attivo di bilancio al di là della qualità della prestazione.

Concludendo
Cambiano i Governi e i contesti socio-economici, ma una cosa dobbiamo riconoscere ai padroni: la determinazione e coerenza con cui difendono i loro interessi di classe. Per loro non esiste un governo amico o nemico. Per loro il governo è quello che è. E senza nessuna timidezza a ogni cambiamento del quadro politico non perdono mai l'occasione di dire a chiare lettere e di ricordare ai politicanti di turno che viviamo, finchè non succederà qualcosa di grosso (e non una semplice alternanza) in un contesto in cui vigono ancora le leggi del mercato e che i timonieri sono ancora loro. Una domanda che viene da farci e che forse viene da un fondo di invidia: chissà se anche i lavoratori riusciranno a mettere davanti al governo di centro sinistra con la stessa forza e determinazione dei padroni le giuste istanze su cui costruire la difesa dei propri interessi di classe?