Eni Gela
29 luglio 2014
I lavoratori dell'Eni sotto palazzo Chigi. A suo modo il presidio che si sta tenendo in queste ore davanti ai "palazzi del potere", tra Montecitorio e il Consiglio dei ministri, può essere considerato un evento storico. Primo, perché oggi è proprio il giorno dello sciopero generale (proclamato da Cgil, Cisl e Uil; con adesioni al 90%) di tutto il gruppo che, lo ricordiamo ancora è per la gran parte di proprietà dello Stato italiano; secondo, perché se anche i dipendenti di una multinazionale così potente scendono in piazza per far valere i loro diritti vuol dire che la crisi sta erodendo tutti i margini della cosiddetta "pace sociale". La protesta di oggi è contro la chiusura di tre raffinerie, e in particolare quella di Gela, da dove è giunta fino a Roma una mega delegazione di più di trecento lavoratori.
I sindacati denunciano le posizioni recentemente rese note dal gruppo petrolifero italiano sul blocco degli investimenti, le scelte di ridimensionamento degli asset industriali, occupazionali e della politica energetica del gruppo in Italia.
Ieri a Gela c'è stata una intensa giornata di mobilitazione, con i lavoratori dell'Eni e dell'indotto del petrolchimico che da settimane presidiano lo stabilimento, supportati dai tantissimi cittadini che si sono riversati per le strade della città. Tra gli altri, presente anche la Fiom, che ha dato pieno sostegno alla lotta. "La richiesta che su tutte i lavoratori avanzano, rileva Sergio Bellavita, della Fiom, "è che la vertenza sia una, nessuno deve rimanere indietro, non ci deve essere nessuna differenza di trattamento tra i lavoratori diretti dell'Eni e di quelli dell'indotto". La delegazione della Fiom nazionale, con in testa il segretario generale, Maurizio Landini, ha assunto questa richiesta come punto irrinunciabile della vertenza". Per Bellavita, "dobbiamo salvare l'insediamento produttivo, l'occupazione, il lavoro e l'ambiente. Avanti con la lotta, sino a costringere Eni a fare un passo indietro". ''La decisione di Eni di dismettere il petrolchimico di Gela rischia di avere ripercussioni sociali drammatiche in un territorio già fortemente provato da una grave crisi occupazionale", sottolinea Leoluca Orlando, presidente dell'Anci Sicilia, che aggiunge: "Come Associazione dei Comuni, lanciamo un appello al Governo nazionale affinchè si intervenga tempestivamente". Secondo Orlando bisogna avviare "subito un processo di pianificazione delle politiche di sviluppo locale, consapevoli del fatto che la questione relativa alla paventata chiusura della raffineria non possa limitarsi a un mero confronto tra azienda e lavoratori sugli assetti occupazionali, ma è una questione che coinvolge l'intera comunità di Gela e del comprensorio che - conclude il presidente di AnciSicilia - rischia di pagare a causa di 'esigenze di mercato' e 'strategie aziendali' costi sociali ed economici devastanti''.
21 luglio 2014
Un corteo di mille lavoratori ha sfilato a Gela (Caltanisseta) dalla raffineria all'imbocco della strada a scorrimento veloce per Catania, in segno di protesta contro l'annunciato disimpegno dell'Eni. "In Mozambico l'azienda va ad investire 50 miliardi - dicono, con rabbia, i dimostranti - mentre a Gela taglia investimenti per 700 milioni e migliaia di posti di lavoro". Ne dà notizia l'agenzia Ansa.
Qui nessuno si fida delle rassicurazioni pronunciate dall'amministratore delegato, Claudio Descalzi, secondo il quale l'Eni non intenderebbe né chiudere lo stabilimento né ridurre i posti di lavoro ma diversificare la produzione con investimenti anche piu' consistenti. "Lo dicevano anche lo scorso anno - puntualizzano i vertici di Cgil, Cisl, Uil e Ugl locali - quando hanno richiesto sacrifici, affrontati subito, in cambio di investimenti di la' da venire e ora d'un colpo cancellati. Chiediamo che il governo convochi le parti e che si faccia garante con l'Eni di un serio progetto di lavoro, occupazione e sviluppo per Gela e per la Sicilia". Le maestranze in lotta hanno intensificato i blocchi lungo le vie di accesso alla raffineria e creato un nuovo presidio in contrada "Ponte Olivo", davanti alla sede siciliana di Enimed, la consociata dell'Eni che effettua ricerche e sfruttamenti dei giacimenti di gas e petrolio. L'obiettivo e' quello di arrivare a bloccare l'attività estrattiva dei pozzi. Per domani sono in programma presidi e volantinaggi alle vie di accesso della città, mentre il 28 luglio, le segreterie confederali provinciali di Cgil, Cisl e Uil, hanno proclamato uno sciopero generale territoriale, con manifestazione e corteo che si terranno a Gela. Il 29, invece, scenderanno in lotta le maestranze di tutti i siti delle aziende Eni in Italia per lo sciopero nazionale di comparto con manifestazione a Roma. Dalla Sicilia è prevista la partenza di decine di pullman.
19 luglio 2014
I 30 mila dipendenti del gruppo Eni in Italia si asterranno dal lavoro per l'intera giornata del 29 luglio e manifesteranno a Roma contro ''l'annuncio shock dell'Eni di mettere in discussione l'intero impianto strategico della chimica e della raffinazione in Italia''. La mobilitazione è arrivata dopo la riunione del coordinamento nazionale del gruppo. Secondo i segretari generali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil, Emilio Miceli, Sergio Gigli, Paolo Pirani il piano mette in discussione quattro raffinerie su cinque: quelle di Gela (Caltanissetta), Taranto, Livorno e la seconda fase di Porto Marghera (Venezia), nonche' il petrolchimico di Priolo (Siracusa).
Solo a Gela, dove vengono revocati 700 milioni di investimenti destinati alla riconversione produttiva, rischiano il lavoro, secondo i sindacati, piu' di 3.500 persone tra dipendenti diretti e dell'indotto. Un allarme occupazionale citato anche dal segretario generale della Cgil Susanna Camusso, nel suo attacco al premier Renzi, in cui invita il Governo a rompere gli indugi e difendere l'occupazione, al posto di limitarsi a visite pastorali nelle fabbriche. Fictem, Femca e Uiltec parlano di un ''ridimensionamento degli assetti industriali, occupazionali e della politica energetica del Gruppo nel nostro paese'' che fa ''terra bruciata sull'industria italiana'' e chiedono al governo di chiarire ''se l'Eni risponde solo al mercato e alla Borsa o deve dar conto delle decisioni anche all'azionista di riferimento''. ''Cosa ci sta a fare quel 30% di quote Eni in possesso degli italiani?'', si domanda Miceli premendo perche' l'esecutivo svolga le sue funzioni di principale azionista ''presidiando l'industria italiana''. I sindacati chiedono un incontro immediato al premier Matteo Renzi e la convocazione di un tavolo negoziale. Su questo fronte sarebbe arrivato giovedi' l'impegno dal ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, al termine di un incontro con il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, e il sindaco di Gela, Angelo Fasulo. Guidi avrebbe espresso l'impegno del governo a scongiurare ogni azione di disimpegno dell'Eni in Sicilia e proposto di affiancare al tavolo sulla raffinazione in programma la prossima settimana l'apertura di un 'Tavolo Gela', per un confronto con l'Eni e i sindacati sulla raffineria siciliana.