Contratto metalmeccanici 2003.
Fim,
Fiom e Uilm vanno allo scontro con il padronato in ordine sparso e presentano
piattaforme separate. La lotta per un giusto salario e contro la precarizzazione
crescente del rapporto di lavoro sono gli elementi che caratterizzeranno da
una parte liniziativa dei lavoratori, e dallaltra la capacità
dei sindacati di rappresentarli. La democrazia, come elemento di garanzia
di partecipazione dei lavoratori. Di Duilio Felletti. Dicembre 2002.
Alla
fine di questanno va in scadenza il contratto nazionale dei metalmeccanici:
la più importante categoria dei lavoratori dellindustria. Ci
proponiamo in questo articolo di mettere a confronto nei loro punti fondamentali
le diverse piattaforme, cercando di fare emergere le risposte che i sindacati
hanno cercato di dare alle domande che vengono dai lavoratori e le diverse
logiche che sono alla base delle proposte. La
questione della democrazia La
Fiom La
Fim La
Uilm Come
vediamo siamo in presenza di una proposta (Fiom) che mette al centro il potere
decisionale di tutti i lavoratori e una (Fim) che invece mette al centro la
struttura sindacale e il diritto esclusivo dei lavoratori iscritti ai sindacati
di decidere. Quella della Uilm non è una proposta. Sul
salario Come
sappiamo, per effetto dellaccordo concertativo del luglio del 1993 la
richiesta di aumento salariale dovrebbe comprendere una quota tale da recuperare
il potere dacquisto perso nei due anni trascorsi e unaltra quota
con cui si dovrebbe fronte allinflazione che viene programmata per i
due anni successivi. La
Fiom La
Fim La
Uilm Appare
evidente la sterzata della Fiom rispetto alla sua tradizionale politica salariale,
che, nonostante le spinte che venivano dalla sua base, si è sempre
collocata su posizioni moderate; così pure appare evidente la differenza
con Fim e Uilm sia nelle quantità che nella forma. Sulla
lotta alla precarietà del rapporto di lavoro Le
proposte dei sindacati tendono a porre un limite allo strapotere che i padroni
oggi hanno nelle mani nella gestione del rapporto di lavoro, che ha fatto
sì che nella categoria dei metalmeccanici quasi la metà delle
assunzioni passi attraverso un periodo, più o meno lungo di lavoro
precario (interinale, a termine, formazione e lavoro, ecc
.) La
Fiom. La
Fim La
Uilm La
precarietà del rapporto di lavoro è un risultato delle politiche
concertative, e quindi la situazione attuale, in cui il contratto a tempo
indeterminato sta diventando sempre più unanomalia, rappresenta
la logica conseguenza degli accordi firmati negli ultimi 15 anni da Cgil,
Cisl e Uil. Vi
sono poi altre questioni che vengono affrontate nelle piattaforme che però
non costituiscono elementi di divisione, quanto invece caratteri distintivi
derivanti dalle diverse tipologie della base sociale dei tre sindacati. La
Fiom propone un sindacato conflittuale e, di conseguenza, necessariamente
collegato ai lavoratori che per lottare devono poter contare su una stabilità
del posto di lavoro e la certezza del salario. Levoluzione
che potrà avere tutta le vicenda è difficile immaginare.
I sindacati si apprestano quindi a definire con le loro proposte le condizioni
dei lavoratori nei prossimi quattro anni per quanto riguarda la parte normativa,
e per i prossimi due per quanto riguarda la parte salariale.
È noto che il rinnovo di questo contratto si presenta in modo assolutamente
anomalo in quanto Fim, Fiom e Uilm hanno deciso di andare al confronto con
le controparti padronali con tre piattaforme rivendicative distinte.
Questo
fatto era da tempo nellaria, in seguito alla tumultuosa soluzione del
precedente rinnovo del biennio salariale che ha visto la mancanza della firma
della Fiom e la mancata consultazione finale dei lavoratori.
Ricordiamo
che dopo quello strappo la Fiom ha immediatamente proclamato ulteriori scioperi
(16 ore complessive con una manifestazione a Roma) con lobbiettivo di
riaprire le trattative, e ha raccolto nelle fabbriche 360mila firme per chiedere
che lintesa venisse sottoposta a referendum.
Né
gli scioperi e tanto meno le firme sono servite a cambiare la situazione,
per cui il contratto firmato nel 2000 è stato operativo per tutti i
lavoratori, e questo oggi ha rappresentato comunque la base di partenza su
cui i sindacati hanno ragionato nel definire le nuove piattaforme.
Vi è
inoltre da dire che era difficile pensare che, su questa questione, la lotta
potesse proseguire fino allottenimento di un risultato, in quanto poi
il movimento ha dovuto fare i conti con lattacco che congiuntamente
la Confindustria e il Governo hanno sferrato contro i diritti fondamentali
dei lavoratori (art. 18, mercato del lavoro, pensioni), e in ultimo con la
questione della Fiat.
È
innegabile comunque che se non ci fosse stata la lotta della Fiom che ha tenuto
il movimento in piedi, i sindacati (compresa la Cgil) non sarebbero stati
in grado di tenere sul fronte della lotta in difesa dellarticolo 18.
Inoltre,
grazie alla lotta della Fiom si è visto concretamente che esiste e
permane tra i lavoratori un settore che si è radicalizzato su contenuti
da cui non intende transigere, e su questi contenuti continua a chiedere ai
sindacati di esprimersi e di sviluppare iniziative di lotta.
Questi
settori di lavoratori sono principalmente costituiti da operai e impiegati
giovani che sono entrati in fabbrica dopo periodi con contratti atipici, sono
pagati in modo sicuramente insufficiente rispetto il livello di sfruttamento
a cui sono sottoposti e (questo è un grosso elemento positivo) nella
loro breve storia lavorativa non hanno conosciuto la sconfitta. Il sapore
della sconfitta è invece ben conosciuto dalle generazioni precedenti
che sono state cacciate in un riflusso che dura ormai da oltre ventanni.
A fronte
di questo settore di lavoratori molto combattivi, come vedremo, i sindacati
(in particolare la Fiom) sono stati costretti a rivedere le proprie tradizionali
posizioni rivendicative mettendo al centro le questioni che questo movimento
ha posto con forza: il salario, la stabilità del posto di lavoro, e
la democrazia sindacale.
Scottata dalla precedente esperienza, prima ancora di definire i contenuti
della piattaforma, la Fiom ha voluto mettere le mani nel piatto sul problema
del "chi decide cosa e come", scrivendo sul documento come le decisioni
dovranno essere prese.
Ed è stato il mancato accordo con gli altri sindacati su questa importante
questione che ha portato Fim, Fiom e Uilm a produrre diverse piattaforme rivendicative.
In un comunicato, di cui riportiamo il punto più importante, diffuso
prima della stesura della piattaforma, la Fiom ha detto con chiarezza la sua
posizione.
"Le lavoratrici e i lavoratori hanno il diritto di decidere sugli
accordi che li riguardano, con il loro voto. Questo pronunciamento democratico
non può essere espropriato dalle decisioni interne alle organizzazioni
sindacali. Gli accordi non si applicano solo agli iscritti delle organizzazioni
che li firmano, ma a tutti. Senza la democrazia sindacale non cè
vera unità, ma la pratica disastrosa degli accordi separati".
Il percorso della Fiom prevede quindi un referendum (a cui tutti i lavoratori
dovrebbero partecipare) in cui la piattaforma dovrebbe venire approvata, e
un ulteriore referendum per la ratifica dellintesa finale.
Questo sindacato invece dice chiaro e tondo che il referendum deve essere
evitato, sia per il mandato alla trattativa sia per lesito finale, e
che la decisione finale deve essere ad appannaggio di una assemblea nazionale
dei delegati da eleggere partendo dai posti di lavoro.
In pratica la Fim, puntando a un restringimento della platea dei lavoratori
che devono decidere, tende a impedire un pronunciamento diretto.
Con questo tipo di atteggiamento, che la Fiom non potrà mai accettare,
la Fim mette, nei fatti, già in conto la possibilità di giungere
ad un accordo separato.
A differenza
della Fiom, la Fim non ha messo per iscritto sul suo documento rivendicativo
il percorso di consultazione dei lavoratori, quindi è plausibile ipotizzare
che anche la timida apertura sullassemblea nazionale dei delegati espressa
verbalmente potrebbe non venire praticata se la situazione la dovesse sconsigliare.
Ha prodotto una proposta di democrazia che dice tutto e niente; nel senso
che semplicemente si dice aperta a tutte le soluzioni purché siano
condivise dai sindacati nel loro insieme.
Non dice
cosa farà qualora si dovesse andare ad accordi separati. Ma è
facile immaginarlo.
Ci sembra
quindi corretta la posizione della Fiom anche perché ci sembra quella
più capace di mettersi in sintonia con quei settori di lavoratori che
lottano, e che possono essere conquistati al sindacato solo dando loro la
percezione di contare realmente, e che le decisioni finali sono realmente
nelle loro mani.
È
chiaro che questa, per la burocrazia della Fiom, è unarma a doppio
taglio, e che, nel tempo, potrebbe anche rivoltarsi contro; va però
giudicato favorevolmente questo spazio rappresentato dal referendum, che costituisce
un elemento fondamentale di democrazia che al sindacato può solo fare
bene.
Ma veniamo
alle proposte dei sindacati, che su questo terreno si differenziano in modo
molto vistoso.
Punta ad un aumento di 135 euro mensili, comprensivo dellaumento
per linflazione prevista per il 2003-2004 e del recupero del mancato
potere dacquisto del precedente biennio: nel complesso la rivendicazione
rappresenta un aumento di salario intorno all8,5%, e sfonda i tassi
di inflazione programmata per i prossimi due anni.
Nei 135
euro è compresa inoltre una quota (30/35 euro) che non è legata
alle dinamiche dellinflazione ma deriva dal cosiddetto "buon andamento
del settore". In pratica la Fiom ritiene che vi sia una certa quantità
di denaro che non è stata distribuita con la contrattazione aziendale
e che pertanto debba essere data a tutti i lavoratori seppure in forma forfettaria.
Nella Fiom
si è sviluppato, inoltre, un dibattito che non si è ancora concluso,
e che vedrà la soluzione in ambito referendario (cioè: decideranno
i lavoratori); vale a dire se i 135 euro devono essere dati a tutti i lavoratori
a prescindere dalla categoria di appartenenza (aumento uguale per tutti) o
se invece dovranno essere riparametrati (meno di 135 euro alle categorie più
basse, e di più a quelle più alte) in un rapporto 100/157.
Anche la Fim sfonda il muro dellinflazione programmata, definita
dal Governo, che viene ritenuta non credibile e propone un aumento mensile
di 86/87 euro da dare in modo differenziato tra le categorie in un rapporto
100/217.
Non è
previsto nulla per il buon andamento del settore.
Prevede
invece un 2% in più da dare a quei lavoratori che entro lultimo
semestre della vigenza del contratto non abbiano fatto un contratto aziendale.
Gli aumenti salariali previsti non si discostano molto da quelli previsti
dalla Fim e la distribuzione ricalca il metodo della Fim.Per
i lavoratori che non riescono a fare un contratto aziendale propone di dare
comunque 250 euro lanno.
Leventualità prospettata dalla Fiom di aumenti uguali per tutti,
o nella peggiore delle ipotesi, di aumenti che vanno a schiacciare la scala
parametrale è significativo di quanto questo sindacato stia cambiando.
Salta allocchio la dichiarazione esplicita fatta dal gruppo dirigente
di voler rompere con la politica dei redditi (così tanto difesa a suo
tempo da Cofferati, Epifani e soci) che, avrebbe portato a "una profonda
divaricazione nellandamento dei redditi, tra i livelli più alti
e più bassi della categoria".
Da qui la scelta di una politica salariale che "si ponga il
compito di recuperare il potere dacquisto perduto e di ridistribuire
produttività per tutta la categoria, a partire dai livelli più
bassi. La Fiom considera così conclusa la fase della politica dei
redditi."
La Fim e la Uilm hanno fatto proposte totalmente interne alla logica dellaccordo
del 1993, e questo spiega lestrema esiguità degli aumenti salariali.
Secondo Fim e Uilm un maggior recupero salariale dovrà avvenire con
la contrattazione aziendale (o di "secondo livello"), che come sappiamo
deve servire a ridistribuire con il "premio di risultato" i soldi
che derivano da un aumento della produttività, e quindi dello sfruttamento.
Alla base quindi vi è laccettazione della logica padronale secondo
cui il salario deve dipendere dallandamento dellazienda e non
dai bisogni dei lavoratori.
È partendo da questo principio che la Confindustria negli ultimi due
anni porta avanti una campagna martellante sulla fine della validità
del contratto nazionale di lavoro, e dellopportunità invece di
percorrere una nuova strada, quella cioè dei contratti aziendali, o
al massimo territoriali e regionali.
La Confindustria chiede anchessa la fine della politica dei redditi,
ma come abbiamo visto lo fa da destra (cioè per dare ai lavoratori
ancora meno); e la Fim e la Uilm stanno nei fatti prestando il fianco a questa
manovra.
Leventualità prospettata dalla Fiom degli aumenti uguali per
tutti è stata motivata dal fatto che 10 anni di politiche concertative
e di inflazione programmata hanno nei fatti prodotto una caduta del potere
dacquisto che si è concentrata principalmente sui livelli più
bassi della categoria, in quanto ai livelli più alti i padroni non
hanno mai smesso di fare mancare aumenti di merito, incentivi, bonus di fine
anno che nei fatti hanno consentito un più che congruo recupero del
potere dacquisto del salario di questi lavoratori.
Laumento dato in quantità uguale servirebbe quindi a fare un
minimo di giustizia rispetto il passato e il futuro, visto che, quando una
certa merce di prima necessità aumenta di una certa cifra, che è
uguale per tutti, anche il recupero salariale deve necessariamente essere
uguale per tutti.
Il fatto che però questa opzione venga sottoposta a referendum, sta
chiaramente a significare che non tutta la Fiom è daccordo, ma
al suo interno vi è una componente (probabilmente maggioritaria) che
non condivide questo tipo di scelta.
Questo referendum serve quindi a capire quanto il nuovo pesa nella Fiom, e
quindi i limiti entro cui le vecchie burocrazie possono ancora muoversi.
Staremo a vedere.
La sua proposta di limitazione nelluso di lavoro atipico è
molto articolata, ma in buona sostanza tende a creare una fuoruscita dal precariato,
e laccesso al tempo indeterminato, dopo un periodo di 8 mesi di rapporto
di lavoro anche non continuativo.
Vi è
la proposta di garantire al lavoratore il godimento di tutti i diritti dei
lavoratori dipendenti, anche in relazione alla malattia, allinfortunio
e alle ferie, come pure quello di poter impugnare il mancato rinnovo del contratto,
in taluni casi, in mancanza di giusta causa.
Nella piattaforma
sono anche contenute proposte di estensione dellarticolo 18 per i lavoratori
con contratti atipici.
La Fim punta invece a definire nuove regole sulluso dei lavoratori
atipici, cercando di agire sulle quote massime consentite (non più
di un certo numero sul totale degli occupati) per modificarle al ribasso.
Non si discosta in linea di principio da quanto proposto dalla Fim. Propone
in aggiunta, di caratterizzare maggiormente il rapporto di lavoro atipico,
come momento di formazione, per cui vede di buon occhio il coinvolgimento
degli enti bilaterali.
Ricordiamo che gli enti bilaterali sono delle strutture composte pariteticamente
da rappresentanti sindacali e rappresentanti padronali e che hanno il compito
di prendere decisioni (che riguardano ovviamente lazienda), di varia
natura; una sorta di consiglio per la cogestione. Gli enti bilaterali sono
in verità sempre esistiti in alcune categorie (esempio gli edili) ma
sono stati rilanciati ed estesi in modo deciso con la firma del Patto per
lItalia.
Tali accordi
erano motivati dalla convinzione che solo dando la possibilità ai padroni
di disporre della mano dopera con maggiore flessibilità sarebbe
stato possibile innescare un processo di crescita degli investimenti e di
sviluppo economico.
Quanto
questa "filosofia" si sia dimostrata tragicamente sbagliata lo dimostrano
le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
Una massa
di lavoratori sottopagati, ricattati con lillusione del posto fisso,
e facilmente licenziabili.
Bene ha
fatto la Fiom a prendere di petto il problema mettendo il dito sullelemento
fondamentale: il lavoratore dopo un certo periodo (8 mesi, appunto) deve essere
assunto; il resto sono chiacchiere che servono solo a confondere ancora le
acque e a creare spazi per i padroni per andare avanti lungo la strada della
maggiore precarizzazione.
Ci sembra
logico che dei sindacati (Fim e Uilm) che hanno dimostrato di non essere in
linea di principio per la difesa del diritto al mantenimento del posto di
lavoro (salvo la giusta causa) non abbiano speso una parola su questo importante
problema.
Questi
elementi come la riduzione dellorario di lavoro (scomparso da tutte
e tre le piattaforme), la valutazione delle professionalità e il ruolo
degli impiegati, la formazione individuale, ecc.. hanno sempre caratterizzato
il dibattito interno dei sindacati, ma alla fine vi è sempre stata
una sintesi unitaria, e, di conseguenza, una piattaforma unitaria, proprio
perché in discussione non cera il modello di sindacato.
Ora invece,
ci sembra di poter dire, siamo a una svolta, di cui è difficile prevedere
lo sbocco prossimo; quello che è in ballo è capire se, in questa
fase della crisi del capitale, in cui la cassa integrazione e i licenziamenti
sono in continuo aumento, e parallelamente aumenta la precarietà e
lo sfruttamento del lavoro, il sindacato deve lottare o deve collaborare,
e se per fare una cosa o laltra, ha le forze e la capacità.
La chiave
di lettura delle piattaforme deve essere questa.
Coerentemente
con questa logica propone inoltre la costituzione di un fondo di resistenza
che consenta alle lotte la maggiore incisività possibile.
La Fim
e la Uilm rilanciano invece, "forti" della firma del Patto per lItalia,
il ruolo concertativo del sindacato in attesa di tempi migliori.
Noi crediamo
che la scelta della Fiom sia quella giusta, e lunica in grado di dare
prospettive in avanti al movimento operaio nel suo insieme.
Federmeccanica
da parte sua, mostra di temere un inasprimento delle lotte che potrebbero
essere affievolite solo nellambito di una trattativa unitaria, e in
questa direzione cerca di spingere linsieme del movimento sindacale,
ma nello stesso tempo ha già fatto capire che non intende in nessun
modo, in questa fase, uscire dalle regole del 1993 che in questi 10 anni le
hanno consentito una crescita dei profitti a ritmi giapponesi dei tempi migliori.
Non ha
comunque perso loccasione, Federmeccanica, per bocca dei suoi principali
dirigenti, di prendere posizione contro la linea del maggiore sindacato dellindustria,
lanciando segnali non troppo velati a Fim e Uilm di una sua disponibilità
a isolare la Fiom e ad andare alla firma di un accordo separato.
Come possiamo
ben vedere quindi, un colpo allasse (Fiom) e un colpo al cerchio (il
sindacato nel suo insieme): un atteggiamento fermo ma improntato alla prudenza.
Le scadenze
più vicine ora sono rappresentate dal referendum sulla piattaforma
della Fiom che si svolgerà nei primi 15 giorni di dicembre e levoluzione
della vertenza Fiat.
Pensiamo
che se la stragrande maggioranza dei lavoratori darà un segnale di
adesione al referendum, e se il sindacato dovesse riuscire a giungere a un
accordo sugli esuberi alla Fiat che salvaguardi i posti di lavoro, per il
padronato potrebbe aprirsi una stagione veramente difficile.
In caso
contrario toccherà ai lavoratori rimboccarsi le maniche, perché
il lavoro da fare sarà veramente lungo.