Disastri ambientali
Tre Una guerra silenziosa che provoca 100mila vittime l'anno nel mondo (fonte: Internazionale - di Claudia Galati). Reds - Ottobre 2014


Mai come in questi giorni per il nostro Paese - dati i recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto Genova e Parma - l'annuale Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri Naturali istituita dall'Onu il 13 ottobre e giunta alla 25 esima edizione è risultata più calzante. Perché se è vero che "disastro naturale" è per definizione una situazione o evento imprevisto e spesso improvviso che provoca enormi danni, distruzione e vittime, è altrettanto vero i suoi effetti possono essere mitigati e talvolta anche evitati grazie ad interventi mirati volti alla prevenzione dei rischi cui il territorio, per una serie di motivi, va incontro.
La Giornata, promossa per valorizzare la capacità delle persone e delle comunità di ridurre i rischi di disastri naturali e diffondere conoscenze e consapevolezza sull'importanza delle pratiche di prevenzione e mitigazione, quest'anno affrontava il tema: "La resilienza è per la Vita". Il termine "resilienza" in psicologia indica la capacità di resistere e di reagire in maniera positiva a difficoltà, avversità, eventi traumatici; in questo caso diventa l'abilità dell'individuo o dell'intera comunità di far fronte ad eventi catastrofici e disastri naturali. Ed è appunto questo il primo obiettivo dei programmi di prevenzione e riduzione del rischio: la creazione di individui e società resilienti. Proprio in occasione della Giornata Internazionale la Onlus Agenzia Italiana Risposta Emergenze, che lotta a favore di questa campagna per la resilienza – operando in molti paesi del mondo a rischio attraverso progetti realizzati dalle sue ONG -, ha stilato un dossier tematico avvalendosi dei dati forniti dal rapporto Annual Disaster Statistical Review 2013 dell'Université Catholique de Louvain, mostrando il quadro della situazione.Globalizzazione economica, utilizzo non sostenibile delle risorse naturali e perdita della biodiversità stanno avanzando a una velocità senza precedenti: il riscaldamento globale ha causato un aumento della temperatura di circa 0,8° C rispetto al secolo scorso (circa due terzi di tale aumento dal 1980), che provoca rischi ambientali e climatici crescenti. Il cambiamento è diventato una minaccia per la vita e i mezzi di sussistenza, oltre ad essere un fattore cruciale della crescita dei mega-disastri.
Contemporaneamente la popolazione mondiale aumenta ed invecchia: ad oggi siamo 7 miliardi, e le persone di età superiore ai 60 anni sono l'11% della popolazione. Nel 2050 questa percentuale sarà raddoppiata, per cui nel mondo ci saranno 2 miliardi di persone anziane. Invecchiano più rapidamente i paesi in via di sviluppo, che attualmente ospitano il 60% del totale degli anziani nel mondo e ne ospiteranno l'80% entro il 2050.Nel 2013 si sono registrate 330 catastrofi naturali, in calo del 9,2% rispetto al 2012, confermando una stabilizzazione della crescita dei disastri e il possibile inizio di una decrescita duratura. Tuttavia questi disastri hanno colpito oltre 96 milioni di persone, causando 21.600 morti e danni per 118,6 miliardi di dollari. I cinque paesi più colpiti restano Cina, Stati Uniti, Indonesia, Filippine e India: la Cina in particolare ha subito solo lo scorso anno ben 42 catastrofi naturali.
Un aspetto positivo è che sebbene la mortalità globale per catastrofi naturali sia due volte maggiore rispetto al 2012, è anche inferiore alla media degli ultimi dieci anni che annovera 100 mila perdite umane annue. Sette dei dieci paesi con mortalità per catastrofi naturali più elevata sono in Asia, due in America e solo uno in Europa. Però il disastro naturale che ha causato maggiori danni economici è avvenuto in Europa: le inondazioni dei mesi di maggio e giugno in Germania che hanno provocato danni per 12,9 miliardi di dollari, prosegue il dossier.
L'origine di un disastro naturale.

Quando si parla di disastro naturale si intende una situazione o evento che sopraffà la capacità locale di assorbimento e risposta, e che necessita quindi di un intervento di risposta a livello nazionale o internazionale. I disastri naturali possono essere di quattro tipi: Geofisico (oscillazione della crosta terrestre che può originare da terremoti, vulcani e movimenti tellurici di superficie); Metereologico (eventi causati da processi atmosferici di breve e media durata, come i temporali); Idrologico (eventi causati dalla variazione del corso delle acque e/o fuoriuscita dagli argini, da cui possono derivare alluvioni, frane e smottamenti); Climatologico (eventi causati da processi di lungo e medio termine quali i cambiamenti stagionali e pluriennali, che possono produrre temperature estreme, siccità, incendi).
I quattro principali fattori di rischio ambientale.

I disastri si verificano per diverse ragioni, ma sono quattro i fattori principali che stanno contribuendo alla crescita dei rischi:
I CAMBIAMENTI CLIMATICI. Numerosi studi confermano l'aumento del rischio di catastrofi connesse alle condizioni climatiche. I cambiamenti climatici stanno gradualmente innanzando la temperatura media, il livello dei mari e la quantità delle precipitazioni atmosferiche. Le aree subtropicali diverranno progressivamente più aride e colpite da fenomeni di siccità cronica che provocheranno impoverimento delle terre coltivabili, danni ai raccolti e perdita di bestiame. I cicloni tropicali diverranno più intensi, con velocità del vento estreme e maggiori precipitazioni. Queste ultime saranno causa di una serie più frequente di alluvioni e frane. Con l'aumento delle temperature, i ghiacciai si scioglieranno e aumenterà il rischio di alluvioni ed esondazioni.
L'URBANIZZAZIONE. Il 50% della popolazione mondiale vive all'interno di una città. Questa proporzione continuerà a crescere nei prossimi anni: si stima che entro il 2030 saranno 5 miliardi le persone residenti in ambito urbano (circa il 61% della popolazione mondiale, che si prevede raggiungerà gli 8,1 miliardi). Tre miliardi di persone vivranno all'interno di baraccopoli. I rischi derivanti da questa evoluzione sono evidenti: 8 tra le 10 più popolose città sul pianeta sono vulnerabili ai terremoti; 6 possono essere colpite da alluvioni e tsunami; 21, tra le 33 metropoli che entro il 2015 conteranno almeno 8 milioni di residenti, sono situate in aree costiere e sono vulnerabili a catastrofi naturali connesse ai cambiamenti climatici (tra cui Dhaka, Shanghai, Manila, Jakarta e Mumbai).LA POVERTÀ e le diseguaglianze socio-economiche sono fattori di rischio centrali. I livelli di vulnerabilità ai disastri dipendono in misura rilevante dallo status economico di individui, comunità e nazioni. Non è un caso che le comunità povere siano state le più colpite dall'uragano Katrina negli USA e che Haiti sia stato il paese caraibico più devastato nella stagione degli uragani del 2008. La sproporzione con cui i disastri colpiscono le comunità e i paesi più poveri ha molte cause. Tra i fattori più influenti vi è l'inadeguatezza delle infrastrutture e la limitata capacità dei paesi meno sviluppati di investire nella prevenzione e nella mitigazione dei rischi. I poveri spesso vivono in edifici o in spazi fisici le cui caratteristiche e la cui localizzazione contribuiscono ad aumentare i rischi connessi ai disastri.IL DEGRADO AMBIENTALE. Le comunità spesso contribuiscono a innalzare i rischi di disastro o ad aumentarne la gravità attraverso la distruzione di naturali difese ambientali costituite da foreste, barriere coralline e zone umide. Circa la metà delle foreste sono scomparse. Il 60% delle barriere coralline potrebbero svanire nei prossimi 20-40 anni. L'espansione dei deserti e la devastazione delle terre coltivabili minaccia circa un quarto della superficie terrestre complessiva. Più di 250 milioni di persone sono direttamente colpite dai fenomeni di desertificazione.
Se tutto ciò da solo non fosse sufficiente a sensibilizzare popolazione e politica circa l'urgenza di interventi ambientali preventivi, si pensi anche all'impatto economico che deriva dai disatri naturali: secondo i calcoli del gruppo assicurativo Munich Re le perdite globali inerenti ai disastri sono cresciute di oltre il 200% negli ultimi 25 anni. Le conseguenze economiche vanno considerate sia su un piano dei costi diretti, ossia il valore dei danni provocati del disastro naturale, che su quelli indiretti, ossia il peso economico dell'interruzione di una serie di attività nel medio e nel lungo periodo. Svariate ricerche internazionali hanno dimostrato come la prevenzione dei disastri sia non solo possibile, ma anche conveniente in termini economici. E secondo dati della Banca Mondiale e dell'Organizzazione Metereologica Mondiale, a fronte di 1 dollaro investito in prevenzione se ne risparmiano 7 in aiuti umanitari. Nonostante l'evidenza di questi vantaggi, la gran parte delle risorse destinate all'assistenza umanitaria nei paesi colpiti da emergenze è utilizzata nella risposta ai disastri piuttosto che alle attività di prevenzione e mitigazione dei rischi."Ci auguriamo che gli sforzi internazionali nel mutare questo modo di procedere, inadeguato alle conoscenze scientifiche odierne, possano portare dei cambiamenti concreti. Congrui investimenti permetterebbero non solo di evitare che alcuni eventi naturali si trasformino in catastrofi, ma potrebbero anche andare a migliorare ed integrare i programmi di risposta ai bisogni specifici delle persone colpite da un disastro naturale. Se si tiene conto dell'invecchiamento della popolazione mondiale, le persone anziane vanno sempre più considerate come uno stakeholder da coinvolgere nella pianificazione e prevenzione dei disastri, sia sul piano dei loro bisogni che su quello della conoscenza, anche pregressa, del territorio. Gli anziani possono essere una risorsa positiva per le comunità di appartenenza. Non destinatari di attenzioni caritatevoli, ma titolari di diritti e competenze importanti da valorizzare", ha concluso il presidente di Agire, Shelly Sandall.