Le elezioni del nuovo zar.
La vittoria di Putin, per l'Occidente,
un affidabile nemico. REDS, da varie fonti. Aprile 2000.
Tutti contenti,
i grandi elettori di Vladimir Putin che con il 52.64% (37.587.848) dei voti,
ha vinto le elezioni presidenziali in Russia, pur senza l'atteso plebiscito.
Dagli affaristi russi ed occidentali, all'esercito che vede in lui l'uomo forte
che eviterà lo sfacelo morale e materiale definitivo delle forze armate,
dai liberali ai funzionari eltsiniani. D'altra parte non vi erano molte possibilità
per gli avversari, visto la sua disponibilità di soldi per la campagna
elettorale e la massiccia campagna d'immagine che strizzava l'occhio ai militari
ed ai nostalgici della ex superpotenza, nonchè ai razzisti anticaucasici.
Ha avuto qualcosa in più degli altri candidati, la sua campagna promozionale
studiata dal Cremlino. E questo qualcosa è la guerra di Cecenia, su cui
Putin ha costruito la sua notorietà, con tutto il suo carico di distruzione
e di morti.
L'avversario più
vicino è stato, da copione, Ghennadi Zyuganov che con il 29,34 % (20.953.787),
ha avutto un'affermazione poco lontana da quella riportata nel '96, quando al
primo turno si contrappose con un 32% a Boris Eltsin. Terzo è il liberale
Javlinskij 5,84% (4.173.607) che sopravanza il governatore di Kemerovo, Aman
Tuleiev, un ex comunista che ha fondato una organizzazione socialdemocratica
all'europea, quarto, a sorpresa con il 3,02 % (2.157.998). Seguono gli altri
otto candidati con percentuali minime.
Riguardo all'affluenza alle urne, problema temuto prima dello svolgimento delle
elezioni, pur denunciando tutt'altro che un'entusiastica adesione, la percentuale
di partecipazione si è fermata al 68,86%.
Il personaggio
Putin
Vladimir Vladimirovic Putin, 47 anni, nato a S.Pietroburgo, sposato, due
figlie, cintura nera di judo, ex colonnello del Kgb e al tempo stesso uomo vicino
ai circoli liberali post-sovietici della sua città. Fu nominato premier
da Boris Eltsin nell'agosto '99 e "lanciato" nel contempo per la presidenza,
Putin viene dalla leva andropoviana del Kgb.
Uscito dai "servizi" all'inizio degli anni '90, entrò in politica
nelle file democratico-liberali di San
Pietroburgo, diventando vicesindaco della città. Giunse a Mosca nel '96,
chiamato al Cremlino
nello staff di Eltsin.
Due anni dopo tornò alla Lubianka, il palazzo dei servizi segreti, ma
stavolta come capo dei
servizi segreti stessi della Russia post-sovietica (Fsb), fino all'investitura,
da parte di Boris Eltsin, a suo "erede".
Il suo programma
Ha un programma sommario, venato di centralismo e difesa della specificità
russa sullo sfondo dello slogan "legge e ordine", ma promette anche
un riformismo liberale. Sostenitore del rilancio dell' orgoglio patriottico
russo, ma non di una politica di rottura con l'Occidente, Putin è piaciuto
alla platea nazionalista godendo di simpatie anche negli ambienti liberali:
la sua carriera politica, in fondo, è nata al fianco del sindaco riformista
di Pietroburgo Sobciak, morto recentemente.
Nel programma si trovano in particolare la necessità di tutelare l'integrità
territoriale della Russia e di ricostruirne il prestigio perduto, ma è
assolutamente oscuro, per quel che riguarda la politica economica che intende
seguire per spingere il paese fuori dalla crisi.
I temi economici sono rimasti fuori dalla sua campagna elettorale giocando tutto
sulla "sindrome caucasica" e la paura degli attentati nelle case.
I grandi elettori
di Putin
I poteri forti della Russia, dalla "famiglia" intorno a Eltsin
agli oligarchi dell'economia, che lo hanno spinto e sostenuto fino ad oggi,
hanno "investito su di lui". Per mesi, vecchi monopoli come la Gazprom
di Rem Vyakhirev e la Ues (l'Enel russa) di Anatolij Cjubais hanno pagato diligentemente
i conti di Putin autoproclamato alfiere del libero mercato e della concorrenza.
Il più noto
e il più estroverso degli oligarchi è Boris Berezovskij, eminenza
grigia dell'era Eltsin, grande elettore - attraverso l'incondizionato sostegno
offerto dal primo canale tv che, di fatto, controlla - di Vladimir Putin. L'uomo
del petrolio e della tv era rimasto zitto, poi ha reagito con una mega-intervista,
largamente pubblicizzata, esplosa all'immediata vigilia delle elezioni, come
un avvertimento mafioso.
Putin? Ci sentiamo spesso, ha fatto sapere Berezovskij, per scambiarci le nostre
opinioni. E ancora "Certo che gli oligarchi devono essere tenuti a distanza
dal potere politico, come chiunque altro. Solo che non accadrà mai. Sono
parole giuste. Ma per gli elettori". Questo la dice lunga sulla supposta
autonomia di Putin, una favola elettorale. Anche se non farà una lotta
serrata alla corruzione, dovrà far arrestare qualche piccolo personaggio
concentrandosi contro gli oligarchi non suoi sostenitori come il banchiere Gusinskij,
proprietario della televisione Ntv, magari togliendogli la licenza televisiva.
Berezovskij, Vyakhirev,
Roman Abramovic non hanno nulla da temere sanno che i loro gruppi possono agevolmente
rientrare nel quadro del "capitalismo di Stato". Sono anche disposti
a fare qualche passo indietro, come quando, nello scorso dicembre, hanno accettato
la tassazione dei superprofitti realizzati con l'aumento del prezzo del petrolio.
Temono solo che il nuovo presidente imbocchi con decisione un'altra strada:
concludere che l'export di materie prime è irrimediabilmente "vecchia
economia" e tagliare con decisione l'intreccio finanziario- industriale
delle grandi conglomerate che strangolano il sistema, per dare spazio al capitale
straniero e a un tessuto di imprese medio-grandi.
Da una parte, contro le indiscrezioni su una possibile revisione, da parte del
Cremlino, di licenze e concessioni, oppongono accorpamenti, fusioni, spostamenti
di pacchi azionari, come se già approntassero difese contro una possibile
offensiva.
.
Fra i poteri forti, il secondo pilastro dell'era Putin sono i militari. All'epoca
del Kosovo, i malumori dell'esercito per l'arrendevolezza di Mosca verso la
Nato avevano finito per gettare un'ombra lunga sul Cremlino di Eltsin.
La sanguinosa guerra in Cecenia e il fermo sostegno di Putin hanno rovesciato
il quadro. E il recente aumento delle spese per la difesa ha legato a doppio
filo i vertici militari al nuovo Cremlino. E i militari hanno ricambiato il
favore tributando a Vladimir Putin un largo plebiscito Secondo i dati diffusi
dal ministero della Difesa ben l'80 % degli elettori in divisa ha dato fiducia
al favorito delle elezioni russe. Particolare successo Putin l'ha ottenuto dagli
uomini dei contingenti che Mosca ha schierato in Bosnia e in Kosovo. Secondo
il generale Nikolai Burbyga, capo del dipartimento informazioni e istruzione
del ministero della Difesa, oltre l'87 per cento si è espresso a favore
di Putin. Stessa scelta per circa l'86 per cento dei marinai e degli ufficiali
della flotta del Mar Nero.
I comunisti
di Zyuganov quasi al 30 %
Non c'è sorpresa nel risultato di Zyuganov. Nel 1996, nel confronto con
Eltsin, Zyuganov aveva avuto il 32 per cento dei voti, saliti al 40 per cento
nel ballottaggio finale. Nelle elezioni legislative dello scorso dicembre, si
erano confermati il primo partito, anche se con una percentuale minore, il 25
per cento. Più o meno questa era la quota che gli esperti e i sondaggi,
negando ogni "effetto Zyuganov" sugli elettori, gli attribuivano per
questo nuovo turno presidenziale. Invece, il leader è risalito al 30
per cento.
I "comunisti" sono stati probabilmente avvantaggiati dalla decomposizione
di "Patria", il movimento dell'ex primo ministro (ed ex capo del Kgb)
Evgeni Primakov e del sindaco di Mosca, Jurij Luzhkov che, negli scorsi mesi,
avevano dato una interpretazione moderata dei programmi di riforme, captando
la stanchezza dell'elettorato per l'ininterrotta serie di scossoni al sistema
politico ed economico del paese.
Oltre a Putin, Zyuganov può dirsi contento del risultato delle elezioni.
Sapeva di non poter vincere e si accontenta del ruolo del numero due, di essere
la forza necessaria all'equilibrio "democratico". Altro che comunisti
sovvertitori, esiste in trasparenza un accordo sotterraneo con Putin che li
porterà ad ottenere qualche leggera concessione di facciata.
Per l'occidente
un "affidabile nemico"
L'occidente richiama i russi a non cedere alle "tentazioni autoritarie",
e continua con "Democrazia, riforme, pace in Cecenia". Sono poche
le certezze sulla Russia di domani. Verrà l'ordine della legge o l'Ordine
autoritario, militarista e imperiale che da secoli rende diversa la Russia dal
resto del mondo?
Per l'America inquieta, e l'Europa allarmata, Putin è considerato un
"interlocutore attendibile".
Se Putin, come
sembra, è il continuatore di Eltsin, ai circoli finanziari mondiali va
benissimo. Che si presenti come democratico, e al tempo stesso massacri i ceceni
e limiti le libertà, in fondo, interessa molto meno all'occidente.