Clinica Santa Rita: storia
di un orrore di sistema
Il privato non può
sfuggire alla regola che sta alla base dell’iniziativa imprenditoriale:
deve massimizzare
i profitti, anche quando questo vuol dire speculare sulle umane disgrazie
(riceviamo da COBAS Sanità). REDS. Luglio 2008.
Purtroppo, possiamo davvero dire che lo spot Formigoniano sulla sanità
“Privato è bello!” è solo un grande inganno. Quello
che è successo alla Clinica S. Rita di Milano non è solo una gigantesca
truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale ma qualcosa di più:
un attentato premeditato alla salute dei cittadini, pianificato in nome del
profitto. Le intercettazioni pubblicate dai giornali ci riportano ad uno scenario
inquietante da film dell’orrore, dove la vita umana è stata sepolta
sotto la catena di montaggio di interventi inutili e dannosi per il paziente
ma remunerativi per i proprietari delle cliniche.
La mercificazione della salute: il vero progetto del privato
“Più operi più ti pago …” una espressione degna
del dott. Mengele, noto medico del campo di concentramento di Auschwitz, che
spiega freddamente quanto il meccanismo economico abbia deformato la sanità
e la cura, rendendo fragile il diritto dei cittadini ad essere curati ed assistiti
in modo sicuro e appropriato.
Il privato non può sfuggire alla regola che sta alla base dell’iniziativa
imprenditoriale: deve lucrare, deve guadagnare, deve inventare strategie per
massimizzare i profitti, anche quando questo vuol dire speculare sulle umane
disgrazie di chi non può fare a meno di rivolgersi alle strutture. Non
è certo un caso che il padrone della clinica Santa Rita sia proprio un
notaio. Perché un notaio e non un medico debba aprire una clinica, è
chiaro: per fare soldi.
Le aziende private hanno come fine il profitto, e la qualità delle loro
cure sarà sempre motivata e subordinata dal profitto. E’ strano
che questo meccanismo diventi visibile ai cittadini solo davanti alle iniziative
giudiziarie: oggi fa scalpore che alla S. Rita sia stata creata una catena di
montaggio in sala operatoria. Qualche anno fa, dopo la strage del Galeazzi,
con 11 morti, era emerso che la camera iperbarica di quell’ospedale privato
a Milano aveva fatto 30000 sedute contro le appena 5000 dell’intero Piemonte
…
La S. Rita non è una clinica qualunque: è una struttura sanitaria
privata con l’accreditamento regionale, che le consente di erogare e di
essere rimborsata per le prestazioni effettuate, come se fosse una struttura
pubblica, proprio in nome della parità fra pubblico e privato. E in questo
luogo i medici operavano a cottimo: più tagliavano e più guadagnavano,
scegliendo, ovviamente, la patologia tra quelle più redditizie e magari
… inventandola.
La catena di montaggio in sanità: casualità o conseguenza
di un sistema?
E’ importante rilevare che tutto questo non è accaduto nel profondo
Sud d’Italia, dove la storia delle mafie, delle camorre e delle ‘ndranghete
e dei sempiterni baroni della medicina ha impedito di avere una rete di strutture
di assistenza e di cura degna di tal nome. E’ accaduto nel centro di Milano,
nel cuore di quel sistema lombardo, tanto acclamato come laboratorio di sperimentazione
delle nuove politiche sanitarie. Il vero laboratorio consiste nel trasformare
le strutture del servizio sanitario pubblico in tanti supermarket privati delle
prestazioni sanitarie vendute al cittadino, che si illude di poterle comprare
“liberamente” dove le vendono con una lista d’attesa più
breve.
Non è certo una casualità il fatto che oltre 35 le strutture sanitarie
private milanesi, tra cui San Raffaele, Humanitas, San Giuseppe, San Donato,
Sant’Ambrogio, Galeazzi, Pio X e San Carlo, siano indagate dalla magistratura
nell’ambito di inchieste che hanno a che vedere con la malasanità
o con truffe a vario titolo al Servizio Sanitario Nazionale.
Casualità o conseguenze prevedibili di sistema?
Hanno detto che in Lombardia ci sono più controlli sul sistema di erogazione
delle prestazioni che in qualsiasi altra regione, ma sulla qualità dei
controlli i dubbi continuano a rimanere elevati a partire dal fatto che difficilmente
riescono a stabilire con certezza il livello di appropriatezza delle cure, limitandosi
nella maggior parte dei casi ad un controllo burocratico e cartaceo dei requisiti
prestazionali. Le ispezioni a campione dei Nuclei di controllo delle ASL (NOC),
quando vengono fatte arrivano dove possono o dove è consentito loro di
arrivare.
Il modello sanitario lombardo: la libertà di pagare più
ticket per … sanare i debiti
Nel modello sanitario Lombardo in questi anni sono state sottratte risorse e
attività al sistema pubblico per destinarle al privato: il rapporto tra
pubblico e privato è passato in sette anni dall’80% del pubblico
contro il 20% del privato al 66% contro il 34%. Tale sistema ha comportato soltanto
un aumento esponenziale dei guadagni delle aziende sanitarie private e delle
spese della regione. Il privato si è specializzato nelle operazioni più
redditizie, come la cardiochirurgia, l’ortopedia e l’oculistica,
lasciando al pubblico l’onere di gestire le patologie meno convenienti,
come i malati cronici e gli anziani. In questo contesto si sono moltiplicate
le operazioni inutili: le artroscopie sono aumentate del 300%, un numero spropositato
di bambini nasce ormai con parti cesarei (con aumento dei ricavi del 78% tra
1998 e 2002).
Oggi è normale che in Ospedale per un banale dolore, si decida di fare
una risonanza o MOC a ripetizione, solo per dire di quanto sono invecchiate
le ossa, ma è quasi impossibile ricoverare un anziano, con un infarto
o per un femore rotto. Semplicemente perchè l’anziano non rende
o rende troppo poco. Il sistema di rimborso delle prestazioni (DRG) dà
spesso vita a meccanismi di assalto alla diligenza: dalla selezione delle patologie
con i rimborsi più redditizi, fino alla falsificazione delle diagnosi.
L’esplosione delle visite e degli interventi inutili, finalizzati all’ottenimento
dei rimborsi, ha provocato un grave indebitamento della regione, cui la giunta
ha posto rimedio con tagli nel settore pubblico: diminuzione di posti letto,
blocco totale delle assunzioni di medici, soppressione di piccoli ospedali e
reparti di Pronto Soccorso ed un tetto massimo per tutte le prestazioni erogate
dagli ospedali.
Non essendo ciò sufficiente a ripianare i bilanci, la Regione ha provveduto
ad aumentare i ticket, introducendo il pagamento di prestazioni prima gratuite,
e ad aumentare l’addizionale IRPEF. Un aumento dei costi a carico di tutti
i cittadini (che gravano maggiormente sulle fasce meno abbienti) ad esclusivo
beneficio delle aziende sanitarie sovvenzionate.
Di bloccare le sovvenzioni ai privati invece non se ne parla, esse al contrario
sono in aumento: per la S. Rita tra il 2000 e il 2006 i finanziamenti sono aumentati
del 122% (da 22 a 49 milioni di euro).
E’ in questo sistema che si annidano le complicità e le mostruosità
di professionisti che hanno dismesso qualsiasi tipo di etica e di morale, rendendosi
disponibili persino a forme di attività criminale pur di ricavare profitto.
Quali conseguenze per i lavoratori
Nonostante la connivenza di buona parte della classe medica con questo sistema
omicida sia fin troppo evidente, non si può dimenticare quelle centinaia
di lavoratori, che per portare a casa uno stipendio lavorano in questo ospedale,
che ora rischia anche il fallimento economico.
Saranno loro a pagare il disastro di queste politiche?
Noi pensiamo che ora più che mai i lavoratori tutti, medici in primis,
debbano trovare il coraggio e la forza di rompere questo sistema di ricatti
e di complicità che ha permesso di trasformare un luogo di cura in una
fabbrica di profitto e di morte.