EUSKADI
CARCERI, PRIGIONIERI POLITICI E VIOLAZIONE DEI DIRITTI
Durante l'anno 1996 e in questi mesi del 1997, uno dei temi centrali dell'attività sociale e politica nell'Euskal Herria, è stata - e continua ad essere - senza nessun genere di dubbi la situazione riferente al Collettivo dei Prigionieri Politici baschi; dove la questione della politica di "dispersion" penitenziaria e la parallela esigenza di essere trasferiti nelle carceri basche e una questione che riunisce i più notevoli attori politici e sociali. Innumerevoli sono state le iniziative sviluppate, sia in Euskal Herria (paese Basco) come in Europa, nei quartieri e fori istituzionali, per fare conoscere una lacerante realtà di violazione della legge e dei diritti con l'obiettivo di strumentalizzare politicamente le persone incarcerate.
Fra queste iniziative di notevole importanza è lo sciopero della fame a rotazione - di una settimana di durata - che in gruppi di 15 persone si sta sviluppando nella Cattedrale del Buen Pastor in Donosia (San Sebastiàn) dal 15 dicembre 1995 e che a partire dal mese di maggio ha fatto un ulteriore passo avanti sviluppandosi nelle diverse località di Euskal Herria. Sin dall'inizio sono stati i famigliari e gli organismi popolari pro-amnistia a dare l'impulso e a partecipare allo stesso, immediatamente dopo si è allargato in una iniziativa cittadina - vi hanno partecipato persone di diverse zone di Euskal Herria, intellettuali, artisti, sindacalisti, giovani, femministe..., poi persone di altri paesi, solidali con la lotta del popolo basco - che avrà fine quando si arriverà all'obiettivo del trasferimento ad Euskal Herria dei prigionieri politici baschi e venga garantito il rispetto dei loro diritti.
Con lo stesso obiettivo, il Collettivo di Prigionieri baschi ha iniziato il 15 di gennaio 1996 una lotta permanente, lotta che attualmente si sta sviluppando in diversi modi.
Sin all'inizio c'è stato uno sciopero della fame graduale di 15 giorni, in seguito un "txapeo" (forma di lotta che consiste nel non uscire dalle celle per le 24 ore del giorno) e ora si stanno sviluppando scioperi della fame per turni di un mese. In questa modo il Collettivo di Prigionieri sta esprimendo la sua determinazione e volontà fino ad ottenere gli obiettivi del Raggruppamento e Rispetto dei Diritti Umani, nello stesso momento esprime ciò che le istanze di potere vogliono negare permanentemente nonostante la politica di divisione imposta è un collettivo, e un Collettivo Politico e in definitiva la politica di dispersione penitenziaria non è riuscita totalmente, e nello stesso modo non riuscirà nessuna strategia che pretenda la sua strumentalizzazione.
Così il 17 Febbraio 97, otto cittadini baschi hanno dato inizio ad uno sciopero della fame terminato dopo 40 giorni, esigendo la fine della dispersione e il rispetto dei diritti umani dei prigionieri e prigionieri politici baschi.
Il risultato di queste iniziative, della loro risonanza, dell'impegno dei diversi movimenti ed associazioni, è stato che alcuni responsabili politici e istituzionali, che hanno appoggiato, coadiuvato, materializzato la politica di dispersione penitenziaria hanno riconosciuto che la stessa "vìola e attenta contro i diritti umani dei prigionieri e dei loro familiari".
La politica di trasferimento penitenziaria inizia durante il 1987, ma di fatto parte nel 1989, dopo la rottura da parte del governo spagnolo del Tavolo di Trattative Politiche tra questo e l'ETA che si stava sviluppando in Algeria dal mese di gennaio, che i prigionieri politici baschi sono stati trasferiti dalle carceri di "massima sicurezza" dove si trovavano (Dipartimento di Carabanchel le prigioniere politiche e Alcalà Meco e Herrera de la Mancha i prigionieri) ad altre carceri dello Stato, dispersi in piccoli gruppi totalmente isolati. Una volta nelle carceri di destinazione, venivano dispersi nei diversi moduli o dipartimenti delle carceri impedendo in questo modo qualsiasi contatto tra di loro.
Attualmente i prigionieri politici baschi (un totale di 567) si trovano dispersi nelle carceri dello Stato spagnolo (500 prigionieri, tra i quali solo 30 si trovano nelle carceri basche) incluse le Isole Canarie (ovest di Africa) o a Ceuta e Melilla (posti militari spagnoli al nord dell'Africa) ed in 13 carceri dello Stato francese (67 prigionieri tra i quali 53 si trovano nei centri penitenziari della regione parigina, isolati nei diversi padiglioni e i restanti nel più assoluto isolamento
Non esporremo più cifre riferenti alla dispersione, però consideriamo necessario dire che è un elemento che nel caso dello Stato spagnolo, il governo e i partiti politici firmatari dei denominati "Patti Antiterroristi", considerano chiave nella lotta contro l'organizzazione armata ETA e contro l'indipendentismo basco in generale. Impostata in modo semplicistico - come piace ripetere ai mentori di questa politica - questa strategia ha come fine "che i prigionieri possano esprimere con totale libertà, ai margini delle direttive dell'organizzazione terrorista, che li costringe" e così "liberamente" domandare all'organizzazione l'abbandono della lotta armata e la rinuncia all'indipendentismo. La realtà in cambio è molto diversa; si tratta di sviluppare quello che nei primi anni della Riforma viene denominandosi "politica di reinserimento" il cui fondamento è la costante esposizione dei prigionieri a situazioni estreme di isolamento e aggressione e mancanza di difese, si pretende il crollo umano e il conseguente crollo politico del prigioniero. Di più, la strategia della dispersione penitenziaria, nella misura in cui coinvolge - e si indirizza - direttamente i famigliari, pretende integrarli nello sviluppo di questo "processo di reinserimento sociale", convertendoli nei limiti dell'inumano e crudele, in elementi di ricatto e pressione verso i loro cari.
Se per il governo spagnolo e i partiti che condividono la sua strategia la dispersione è uno degli elementi chiave nella lotta contro l'ETA e l'indipendentismo, per noi e naturalmente per i prigionieri costituisce la "cornice" entro cui vengono messi in atto tutta una serie di violazioni dei diritti fondamentali.
Nel caso del governo francese le chiavi della lotta contro l'indipendentismo sono la dispersione e l'isolamento, mantenendo queste misure sotto un'apparenza di normalità penitenziaria, però con gravi conseguenze per i prigionieri e i loro famigliari.
Analizzata la legislazione spagnola, cosi come il Diritto Internazionale dei Diritti Umani, e una serie di raccomandazioni realizzate dagli organismi internazionali per i governi in riferimento al trattamento delle persone sottomesse a prigione e detenzione, la dispersione dei prigionieri e prigioniere politici baschi, contravviene tutte quelle. Questo è evidente non solo per le conseguenze delle violazioni concatenate di diritti, ma anche dal fine o obiettivo politico che perseguono i disegnatori della "strategia della dispersione".
Nell'Euskal Herria si distacca l'accordo con la Commissione dei Diritti Umani del Parlamento della Comunità Autonoma Basca del 3 di ottobre 1996 (sotto scritto per il PNV, EA, Herri Batasuna e Izquierda Unida) nel quale si respinge le linee maestre della politica penitenziaria, si chiede il trasferimento dei prigionieri "nel termine più breve possibile a una distanza vicina a i lori domicili abituali"; si chiede inoltre il trasferimento dei prigionieri dalle Isole Baleares, Ceuta e Melilla, si esige il rispetto dei diritti umani fondamentali, chiedendo l'applicazione dell'articolo 92 (malattie gravi) e le libertà condizionali. Così si sono espressi i gruppi di Marono (Bakea Orain, Gestoras Pro-Ammistia, Elkarri, Gernika Batzordea, Herria 2.000 Eliza e Senideak) e la maggioranza sindacale in Euskal Herria (ELA, LAB, ESK, EILAS, EHNE, Izquierda Sindical, de CC. OO, HIRU, CGT e CNT).
CONCLUSIONI GENERALI
La "strategia della dispersione"
trasgredisce la legge (interna e internazionale) e vìola i diritti dei prigionieri e dei
loro famigliari.
Per dispersione non si intende unicamente la separazione e l'allontanamento dei prigionieri. Rappresenta la cornice entro cui avvengono tutta una serie di violazioni di diritti contro più di 500 prigionieri politici baschi che attualmente si trovano nelle carceri spagnole e francesi.
Il governo spagnolo e i partiti politici che condividono questa linea stanno utilizzano la sofferenza dei prigionieri per conseguire loro obiettivi politici. La pietra angolare della politica del governo contro l'organizzazione ETA e l'indipendentismo, è produrre il crollo morale di prigionieri attraverso una serie di condizioni di vita impostate in modo tale da condurre questi al disconoscimento della strategia del movimento di resistenza politico basco.
E' falso parlare di reinserimento riguardo all'obiettivo del governo: si tratta semmai di produrre il pentimento dei prigionieri portandoli ai limiti del la loro resistenza morale ed all'abbandono delle loro idee e ideologie.
Dalla nostra posizione non possiamo accettare questa situazione. La denuncia effettuata al governo spagnolo non é servita a nulla, nessuno ha mostrato la volontà di superare questa situazione. Esiste una sintonia totale fra i partiti politici rispetto alla politica della dispersione e nessuno ha mostrato la intenzione di fare pressione per cambiarla.
Noi riaffermiamo la esigenza del rispetto dei diritti umani in tutti i luoghi e per tutte le persone, esigiamo inoltre il compimento della legalità la quale suppone quanto segue:
Fine della strategia della dispersione e trasferimento dei prigionieri nelle carceri basche.
Applicazione immediata dell'articolo 92 del C.P. ai prigionieri infermi e la Libertà Condizionali per quelli che hanno scontato i tre quarti della loro condanna.
Rispetto del diritto alla difesa, all'istruzione, alla vita privata, al diritto all'informazione, all'integrità fisica e psichica... ai diritti umani in definitiva.