Milano, 13 dicembre 1997
Convegno su: NUOVE EMERGENZE - Lillusione disciplinare tenutosi a Milano presso la sala Fondazione Stelline - Corso Magenta, 61
- Immigrazione
- Tossicodipendenza
- Reati connessi al conflitto sociale
- Istituzioni totali
Relatori:
- Giuliano Pisapia (Presidente Commissione Giustizia della Camera)
- Vittorio Agnoletto (Presidente L.I.L.A.)
- Salvatore Palidda (Sociologo)
- Giuseppe Pelazza (Avvocato Foro di Milano)
D.F. (Rete Sprigionare - Leoncavallo): Questa è la prima giornata di un "convegno" che ha un titolo contenitore: Verità e Libertà. E strutturato su due giornate, quella di oggi e poi domani alle ore 10. Lintenzione sarebbe quella, soprattutto nella giornata di domani, di riuscire a fare una discussione magari un po più puntuale di quella di oggi. Questo perché in realtà anche se i temi, per chi li ha affrontati diverse volte hanno un qualcosa di soporifero a volte o di tremendamente ripetitivo, in realtà credo sia giunto il momento - è un po il senso di questo convegno - di fare il punto su un qualche cosa che si ripete in forma a volte liturgica, a volte sconsolante ma che non è molto spesso in grado di incidere. Mi riferisco ovviamente a quanto noi siamo riusciti a fare in passato, stiamo riuscendo a fare nel presente e speriamo non nel futuro, perché è poco, non il futuro ma quanto siamo riusciti a fare per modificare questo insieme di restrizioni progressive degli spazi che assumono a volte forma legislativa, a volte forma diversa ma che comunque rappresentano lorizzonte in cui ormai da anni ci muoviamo. Il corteo di questa mattina credo che valga per tutti come esempio dei pregi ma soprattutto dei limiti che non soltanto la nostra azione, ma direi lazione in generale su questo tipo di tematiche di cui discutiamo in questi due giorni, in qualche modo sconta e subisce. Il convegno oggi ha dei relatori, do subito la griglia e la struttura del modo in cui il dibattito si andrà svolgendo perché questo consente poi a tutti di fare i conti sulla possibilità degli interventi, sul tempo a loro disposizione e sul modo in cui intendiamo condurre non soltanto la discussione di oggi ma quella di domani che è apparentemente più rigida dal punto di vista della struttura della formalizzazione. Questo ripeto è un convegno fra virgolette, perché soprattutto la giornata di oggi vuole essere una chiacchierata rapida abbastanza veloce; un punto e una prospettiva su alcuni dei temi; labbiamo chiamato "Le nuove emergenze - Lillusione disciplinare". Mi convince poco, personalmente, come tipo di titolo ma spiego il perché e penso che convincerà poco anche altri compagni.
Chi farà le relazioni avrà a disposizione 10-15 minuti; ho al mio fianco Giuseppe Pelazza, avvocato che molti di voi conoscono non chiaramente per motivi di diporto, di piacere, anche se è persona gradevolissima, Vittorio Agnoletto presidente della LILA che conosciamo per motivi di lavoro più che di frequentazione, Salvatore Palidda e Giuliano Pisapia, non so se presentarlo in veste di vice presidente della commissione giustizia della camera o di altra sua determinazione, sarà lui che ce lo dirà. Dieci minuti, un quarto dora proprio perché così aprendo gli interventi e consentendo unaltra risposta, riusciamo a dare il quadro di quello che si configura anche come un convegno-assemblea, un modo per interrogarci e interrogare su alcune delle cose che andiamo unattimino a definire.
Questo convegno si intitola "Verità e Libertà" e quando abbiamo deciso di costruirlo labbiamo fatto nel senso di uniniziativa nazionale quindi discussione, quella di queste due giornate, ma anche azione il corteo che abbiamo fatto nella mattina di oggi. Era un invito, allinizio rivolto a quello che abbiamo - un po a ridosso dellanniversario della strage di piazza Fontana - rivolto a quel popolo dellEuropa sociale che si è manifestato in qualche modo nel meeting di Venezia e nel tentativo riuscito dei treni verso Amsterdam di questestate. E un popolo che non ha risposto brillantemente direi in queste giornate e credo sia uno dei limiti su cui in questi due giorni ci confronteremo. Ovviamente non era rivolto solo a questo, ma per fortuna a quanti si battono contro il precariato, la disoccupazione, per reddito e diritti garantiti e ovviamente contro il corpo generale che si sviluppa nel disciplinamento dei nostri corpi e della società intera. Verità e Libertà ci è sembrato un contenitore adeguato, abbiamo ripetuto fino alla noia cosa significa questa accoppiata: verità sulle stragi, la storia passata di questo paese, ma anche drammaticamente vicina a noi e libertà ovviamente in primo luogo per coloro che anche contro quelle stragi e quella storia hanno lottato, ovviamente in primo luogo coloro - il tema di oggi è molto più ampio, se ne parlerà domani nello specifico di tutto questo - e anche perché riteniamo che se dobbiamo parlare di prigionia sarebbe fare un torto a quei movimenti, a quei detenuti, a noi stessi se pensassimo che solo contro lo stato delle stragi i movimenti degli anni 70 hanno condotto le loro lotte, la loro azione ecc. Molto altro, per fortuna, di prefigurazione del futuro alcune delle cose di prefigurazione del futuro di una società nuova ci permettiamo di elencarle oggi magari in una forma un po sporadica però con lidea che questa coppia Verità e Libertà è così non perché vi siano particolari rivelazioni sui misteri dItalia, in questo senso credo che ci distanziamo un po da alcune delle cose che sono state fatte in questi giorni nellanniversario della strage di stato, ma perché parlare in fondo - e questo è il tema della verità, delle responsabilità statuali relativamente ad alcuni fatti, le strategie ed altro - è un qualcosa che riapre anche il dibattito anche sulle scelte, sto parlando di scelte non particolarmente di responsabilità, dellaltra parte, la nostra. E un argomento naturalmente opposto, questultimo, a chi ancora oggi in un modo sempre più direi tardivo, come lo è forse lintero corpo di queste tematiche si oppone ad una soluzione generale ed indifferenziata per coloro che ancora sono in galera e al ritorno degli esuli. Però inviterei a riflettere sul fatto che qualche cosa, anche nella limitatezza rispetto alle aspettative, al lavoro, allinvestimento del corteo di questa mattina, qualcosa di spostamento vi è stato e non è solo uno spostamento di poco conto, ma è uno spostamento relativo alla capacità, alla possibilità finalmente di cominciare ad attualizzare proprio la pluriennali vicenda della storia delle stragi e dei misteri dItalia.
E il tentativo di trasferire tutto questo dentro la dietrologia, tanto per capirci, dentro un corpo ed una tematica e una discussione sullinsieme delle libertà; è il valore aggiunto, se volete, dello sforzo che abbiamo fatto allinterno di questo convegno. Non si tratta però di unoperazione strumentale, voglio chiarirlo subito; su quei fatti il nostro giudizio è rimasto immutato negli anni pur con laggiunta, anzi rafforzato se volete, dallaggiunta di numerosissimi elementi che si sono strutturati anche nelle tardive inchieste giudiziarie. Quella verità, quella responsabilità statuale, quegli eventi fanno parte di una coscienza che è appartenuta ai movimenti e vi appartiene; quindi il passaggio dalla verità alla libertà è qualcosa di assai poco strumentale dicevo, interno alle cose che abbiamo detto e fatto in questi anni e anche nel passato. Dobbiamo parlare di questo vocabolo che continua a ricorrere - libertà - perché ne siamo privi, ovviamente, perché lintero orizzonte della nostra vita è chiuso dentro meccanismi in parte provenienti dal passato, in parte strutturati nel presente. Si tratta, ovviamente, di fare e ripetere quanto detto a volte sul corpo dei danni che quegli anni hanno inferto a partire da quellinsieme di leggi che determinatesi allora continuano oggi a produrre i loro effetti non soltanto di controllo, ma di devastazione del corpo sociale.
Ovviamente parleremo anche in questi giorni di legislazione deccezione anche se oggi in tempi di riforma costituzionale - questo forse è un altro stimolo che possiamo lasciare alla discussione di oggi - è un po singolare parlare di legislazione deccezione; deccezione rispetto a cosa oggi, relativamente a quanto è invece più chiaro deccezione rispetto al passato. Parliamo del permanere di una legislazione, ma parliamo anche, per non essere antichi, di fatti assolutamente nuovi; credo che qualcuno fra coloro che interverranno ne parlerà abbastanza diffusamente. Ad esempio la legislazione sullimmigrazione a quanto stiamo assistendo proprio in queste settimane, ma ormai da diversi anni, non ha nulla dellantico se non sotto il profilo della gestione dellordine pubblico; ha molto del nuovo per quello che riguarda invece la normazione dei soggetti sociali e quindi un corpo nuovo, tutto sommato, di decreti, di leggi, di procedure che si è venuto in qualche modo strutturando.
Parleremo oggi poi, ovviamente, di immigrazione, di carcere, di AIDS, ordine pubblico; i luoghi dove più visibilmente si esercita questa eccezione.
Nuove emergenze, dicevo allinizio, ovviamente è un modo per attirare lattenzione; di nuovo cè ben poco, sono i vecchi problemi - ho detto più volte ai compagni quello che pensavo in questi giorni.
Dallaltra parte il problema dellillusione disciplinare. Ovviamente dovremmo pensare a quanta efficacia cè in questa procedura, ovvero se si tratti di illusione o meno. Io direi che se dovessimo fare i conti con un attento esame della realtà più che unillusione, quella disciplinare è una certezza che si è avvalsa fra laltro, purtroppo, di un metodo di governo che funziona; che si avvale tra laltro e purtroppo di una serie di strumenti e procedure ereditate da tempi lontani e che hanno affinato via via la loro pervasività, capacità dintervento. Basti pensare credo a cosa significava in passato e a cosa significa oggi la premialità, ovvero il complesso meccanismo dei premi e delle afflizioni che sono connesse al sapere dellimputato dentro il procedimento penale, ma io direi dentro la società intera, in qualche modo.
Che sia unillusione quella disciplinare, forse lo è dal punto di vista di chi lavora - la maggior parte di noi qua dentro - perché questo disciplinamento venga rotto perché scaturisca ricchezza, sapere, capacità di trasformazione nei soggetti che in qualche modo ne sono ingabbiati. Rilanciare quindi una battaglia per la liberazione dei prigionieri politici e il ritorno degli esuli al di là della soluzione tecnico-legislativa, è uno degli orizzonti di questo convegno, ma uno degli orizzonti.
Oggi lorizzonte è un po diverso, ma ha i piedi ben saldati per terra; tiene, ovviamente, il conto degli anni che sono trascorsi e tiene il conto del presente. Il presente significa ovviamente sistema carcerario, regolazione della vita nei territori, capacità anche di aprire un contenzioso sui temi dellimmigrazione. Queste giornate sono - lo abbiamo scritto e lo ripetiamo - una possibilità di irruzione forte della società dentro temi che hanno anche la stanchezza per chi li ha ripetuti uninfinità di volte. Poi compagni, fuori dal dovere della relazione introduttiva, è ovvio che siamo qua anche perché ci siamo resi conto in questo ultimo anno e mezzo che alcuni percorsi mostrano la corda; che alcune delle cose che abbiamo pensato, abbiamo strutturato non hanno funzionato, e che ovviamente oggi cè bisogno di fare il punto con ottimismo perché per la prima volta forse ragioniamo allinterno di un tessuto di compagni - quello della Rete Sprigionare che ha realizzato insomma questa iniziativa - che si presentano come un campo ben arato, è un campo fertile a differenza di molti anni in cui in quel deserto che è stato costruito e fatto a partire da quelle lotte e dalla loro repressione cè stato ben poco da seminare e soprattutto poco da raccogliere.
La struttura del convegno lho ricordata allinizio io passerei la parola per fare questo giro veloce perché la chiacchiera non rimanga tale, ma che il contenuto venga portato in avanti, per far capire quale è la struttura che vogliamo dare al lavoro di questi due giorni darei la parola prima a Salvatore Palidda per il suo intervento, ricordo a tutti i compagni che lintenzione è fare di queste due giornate uno strumento di lavoro, non una chiacchierata fine a se stessa. Strumento di lavoro significa che alla fine di queste giornate ci saranno delle mozioni che in qualche modo vincoleranno, ovviamente un vincolo blando per alcuni, ma assai più serio credo per altri, i presenti ad uno sforzo di concretizzazione delle cose che ci siamo detti affinché la chiacchiera non rimanga tale.
SALVATORE PALIDDA: Io vorrei parlare di cose che riguardano più un quotidiano che ci sta accanto e che spesso intravediamo, ma che effettivamente, a volte, non tocca direttamente noi, noi italiani, noi compagni, noi della sinistra che siamo anche vittime in certi casi e via dicendo di certe illusioni disciplinari, ma tocca di più altri soggetti sociali che - lo dico prima per sgombrare il campo da certi equivoci - non sono solo gli immigrati, non sono solo i nomadi, ma sono anche in generale tutti quelli che sono soggetti al rischio di essere minacciati e sospinti verso lesclusione sociale. Un celebre autore che non è certo uno di sinistra ma è uno ultramoderato come Darhendolf, dice che è quasi il 40% della popolazione delle società occidentali che è minacciato di esclusione sociale. Ma si può aggiungere a questo che cè qualcosa di molto più grave. In realtà in ogni congiuntura di crisi si riproducono le illusioni disciplinari, ma che cosa significano nel concreto di oggi queste illusioni disciplinari? Oggi quello che differenzia le crisi cicliche della società industriale tradizionale è appunto un nuovo meccanismo di ridefinizione dei processi di inclusione ed esclusione. E un meccanismo che tra laltro noi possiamo notare, implica anche la criminalizzazione dellesclusione sociale. Basta guardare tutta una serie di scelte, comportamenti, pratiche e diffusione di queste pratiche da parte delle varie polizie, non solo la polizia di stato, i carabinieri, la guardia di finanza e via dicendo, ma tutte le polizie stanno sviluppando nuove forme di controllo del territorio, di controllo dei corpi come direbbe qualcuno, di nuova ridefinizione della disciplina sociale soprattutto nelle aree urbane, una forma di controllo del territorio che somiglia per certi versi a un ritorno ad una conversione militaresca di questo controllo del territorio. Faccio notare tra parentesi una cosa che è poco dibattuta, conosciuta e di cui poco si coglie la portata; per esempio i reparti mobili, lex celere per intenderci, che una volta veniva usata solo negli stadi, nelle manifestazioni e via dicendo adesso si usa ormai regolarmente nel controllo del territorio. Se voi andate a vedere davanti ad un commissariato, ogni sera si sono almeno due camionette del reparto mobile che vanno a rafforzare il personale già distaccato destinato a questi commissariati. Lo stesso dicasi per altre operazioni cosiddette di "bonifica", notate i termini sempre più apertamente usati peraltro dalle autorità locali, siano autorità degli enti locali o autorità di polizia o magistrati, vengono usati questi termini "bisogna bonificare quel quartiere, quella strada" e via dicendo.
La cosa ancora più grave è che in questo processo di criminalizzazione sociale che ogni giorno in una città come Milano produce un numero di arresti a volte crescente e che noi sappiamo da inchieste qualitative, da analisi che facciamo con vari ricercatori che hanno una certa attenzione a studiare il potere, non studiare per il potere - è un po diverso - si vede in maniera abbastanza chiara che gli arrestati sono più o meno sempre gli stessi soggetti sociali o addirittura i tassi di recidività sono sempre più alti; in sostanza quelli che finiscono a S. Vittore sono sempre i soliti nomadi, tossicodipendenti, piccoli diller di strada, piccoli tentativi di furto che adesso vengono sempre più spesso classificati come rapine improprie, tentativi di altri piccoli reati classificati come atti di inciviltà urbana, come il disturbo della quiete pubblica e cose del genere.
Sappiamo tutti, e Giuliano Pisapia lo sa meglio di noi, che la popolazione carceraria ha raggiunto ormai i livelli delle più gravi crisi della storia dellItalia repubblicana e come se non bastasse questo la cosa più grave è che si dice che possiamo fare ben poco perché lopinione pubblica chiede sempre più polizia, chiede sempre più repressione e quindi è difficile poter far passare in Parlamento delle proposte alternative di scarcerizzazione, di depenalizzazione e tantomeno di legalizzazione persino delle droghe leggere, addirittura, o di altri tipi di reato. Allora il problema è che è vero che cè un consenso di massa, è vero che la maggioranza della società locale è daccordo con questa conversione poliziesco-militare dellordine sociale, della nuova disciplina sociale nelle nostre città oppure si tratta di una minoranza rumorosa che approfitta del fatto che i mass-media la sostengono, la amplificano, approfitta del fatto che certi imprenditori morali della sicurezza urbana ne fanno il cavallo di battaglia e approfitta del fatto che la maggioranza delle autorità locali e nazionali - e anche di questa maggioranza parlamentare, mi dispiace dirlo per Pisapia - ma anche la maggioranza di questo governo di fatto ha sposato questa causa del sicuritarismo, della nuova disciplina sociale, del dire che la gente ha ragione nel volere più polizia, più ordine, più disciplina e via dicendo, quando invece si sa benissimo che se analizziamo attentamente la dinamica della devianza nelle varie realtà urbane italiane e anche europee notiamo che in realtà non cè molta più devianza di una volta, ma invece cè un processo di criminalizzazione crescente, di unesclusione sociale che prima veniva meno criminalizzata di oggi. Allora io mi chiedo una cosa che credo sia abbastanza preoccupante, perché mai nessuno a sinistra ha messo il dito su delle questioni che stanno a monte, di fatto, e cioè prima di tutto lo squilibrio crescente tra le risorse allocate alle risposte unicamente repressivo-penali rispetto alle risposte sociali. Se guardiamo il budget delle finanziarie possiamo vedere che negli ultimi anni sono di fatto rimaste stabili, o aumentate costantemente, le risorse allocate al Ministero degli Interni, al Ministero della Difesa addirittura, al Ministero di Grazia e Giustizia e alle polizie private e via dicendo. E se facciamo una comparazione internazionale possiamo dire che lItalia in proporzione è il paese che ha più polizia in tutto il modo sviluppato, non cè altro paese che ha tante polizie. Se non erro - Pisapia mi potrà correggere - siamo arrivati al punto di avere 45.000 effettivi nella polizia penitenziaria, quasi un guardiano per ogni detenuto. Questo significa che abbiamo aumentato sempre di più uomini, mezzi e risorse allocate alle risposte repressivo-penali mentre si mette in discussione il welfare, mentre si mettono in discussione le risposte sociali, mentre in certi casi addirittura si tenta di fare una conversione poliziesca anche di alcune risposte sociali, perché quando un assistente sociale che si deve occupare dei minori a rischio o dei problemi dei minori non fa altro che chiamare la polizia perché vede due minorenni allangolo della strada al semaforo, questo significa convertire in senso poliziesco anche quel poco di risposta sociale che resta. Quindi il problema è perché cè stata questa disattenzione, perché non si riesce a rispondere e mobilitare questo volontariato che pure è vastissimo; a S. Vittore ogni giorno ci vanno migliaia di persone se non erro, cioè potenzialmente ci possono andare quasi mille volontari ad occuparsi di detenuti e cè da dire a volte perché non li lasciano un poco in pace questi poveri detenuti. Eppure la situazione si aggrava, eppure a S. Vittore cè stato un immigrato che è morto di leptospirosi; come mai nonostante abbiamo un Ministro di Grazia e Giustizia che è uno il più democratico che abbiamo avuto nellItalia repubblicana dal 45 ad oggi, abbiamo un Presidente della Commissione Giustizia della Camera che sicuramente più democratico di lui non ce nè mai stato uno in precedenza, abbiamo un direttore generale delle carceri che addirittura è un militante di Antigone, abbiamo dei direttori del carcere che sono foucaultiani al punto di dire in pubblico lunica riforma del carcere è labolizione del carcere, eppure la situazione peggiora; allora come la spieghiamo questa cosa? Io vorrei capire comè che siamo arrivati allimpasse di non essere assolutamente in grado di rovesciare questo processo di criminalizzazione crescente di continua ascesa della risposta repressivo-penale rispetto alle risposte sociali. Allora io credo che da questo punto di vista un grande limite da parte della sinistra e dei democratici in generale stia nel fatto che non siamo riusciti a far fronte ai processi di disgregazione, di eterogeneità che coinvestono sia il volontariato, sia i centri sociali, sia tutti i soggetti che potrebbero avere una posizione antagonista o quantomeno di contrasto di questi processi autoritari. Io credo che lunica possibilità è che bisogna seriamente ricominciare a ripensare come ricostruire possibilità di unità dazione, di luoghi, momenti, occasioni di mobilitazione unitaria a livello di quartiere, a livello di situazioni socio-professionali, a livello di scuole e via dicendo su tutti questi fenomeni che possiamo racchiudere in generale nel discorso della criminalizzazione, dellesclusione sociale, criminalizzazione anche di chi fa pratiche alternative come nei centri sociali.
Questo è il problema: come fare per riuscire a ricreare di nuovo possibilità di unità dazione, perché per esempio ci possono anche essere delle vertenze ben precise. Prendiamo il bilancio della Prefettura, nessuno ne ha mai discusso, per esempio; le Prefetture come voi sapete si occupano anche di tutta una serie di azioni sociali, hanno dei fondi che vanno addirittura dallaccompagnamento agli anziani, agli handicappati, ai tossicodipendenti ecc.; ebbene, nessuno mai si è posto il problema di come vengono spesi questi fondi, della trasparenza di questi fondi. Cè persino una relazione della Corte dei Conti stessa che dice qui è un mistero di come vengono spesi o meno certi fondi allocati alle Prefetture. Allora perché non facciamo anche delle vertenze - e lo dico anche a Pisapia - per far si che le prefetture si occupino del carcere, di ciò che produce lazione poliziesca. Perché chi sollecita lazione poliziesca non si occupa mai delle sue conseguenze. Allora perché non costringiamo le prefetture ad occuparsi del carcere? Perché nei comitati famosi sullordine e la sicurezza pubblica a livello provinciale, anziché rivendicare un ruolo più importante dei sindaci, che già ne hanno abbastanza di ruolo, non si rivendica che ci siano anche gli assistenti sociali, i centri sociali, i direttori del carcere che hanno a che fare con quello che è il risultato della produzione poliziesca. Queste sono questioni che possono sembrare strane, però secondo me è su questo terreno che bisogna misurarsi.
GIUSEPPE PELAZZA: il tema è vasto e magmatico, quindi cè il grandissimo rischio di sovrapposizioni e di ripetizioni, per cui penso che la cosa migliore sia cercare di procedere con indicazioni di punti di riflessione e di dibattito. Parlando di emergenze, secondo me la prima cosa che va detta è che in realtà la nozione di emergenza intesa come effettiva in relazione alle varie modifiche legislative e istituzionali degli ultimi anni, è una mistificazione, nel senso che esiste non una serie di emergenze imprevedibili che si sono succedute le une alle altre, ma esistono dei disegni di rimodellamento dello stato, delle istituzioni, e della forma di organizzazione del dominio che hanno seguito una logica precisa, ed è stata spacciata come risposta, man mano a una serie di emergenze.
Ora questa scansione di modifiche istituzionali e legislative io la do per acquisita per quanto riguarda tutta una serie di passaggi degli anni 80; ricordo soltanto lo stravolgimento del tessuto del nostro ordinamento penale attraverso le varie legislazioni chiamate di emergenza, ma che in realtà rispondevano a bisogni del comando e del dominio che sono state le leggi del 74 sulle armi, la legge Reale del 75, poi gli ulteriori sviluppi con la legge del decreto Cossiga sui pentiti del 79, la legge dei pentiti vera e propria dell82, la legge sulla dissociazione dell86 e così via.
Questa serie di passaggi di modifica ha poi, negli anni 90 secondo me, una ulteriore accrescimento che è collegato - non voglio fare il roboante, quello che si richiama a schemi eccessivamente larghi, ma che secondo me è un discorso che va affrontato - al mutamento del quadro internazionale, nel senso che tutto quello che succede anche qui in Italia sul piano delle modifiche del sistema politico è collegato alla caduta dei paesi dellest, quindi alla non più necessità di un certo tipo di sistema politico di partiti, a una esigenza di velocizzazione del comando senza più tante mediazioni. Il momento, secondo me, significativo del passaggio - sembra che non centri coi problemi dei centri sociali, ma in realtà centra - è la guerra del golfo, perché è un momento di grandissima rottura del quadro costituzionale, è un passaggio vero e proprio di modello di stato di un certo tipo, ad esempio ancorato sul piano dei principi al rifiuto della guerra, quindi al connotato del rifiuto della violenza attraverso lart. 11, a una concezione della difesa come difesa del territorio dello stato e si ha il passaggio invece a un modello di stato che è proiettato attraverso un rivendicato uso della violenza verso lesterno e questo non potrà poi non riflettersi anche in una diversa concezione delluso della violenza allinterno.
La guerra del golfo significa lintervento militare italiano su forme di violenza selvaggia, inaudita come sono stati i bombardamenti dellautostrada a Bassora, Kuwaitcity se non ricordo male, e determina il rimodellamento delle forze armate con una rivendicazione precisa che il tema della difesa della sicurezza nazionale non è più intesa come territorio ma - si scrive in documenti ufficiali dello stato maggiore - la recente crisi del golfo fornisce un esempio emblematico di come lo strumento militare italiano possa conseguire condizioni di sufficienza qualitativa e quantitativa nonché dellapplicazione pratica dei concetti strategici di difesa degli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi e di reciproco sostegno nel contesto integrato di interventi di natura multinazionale. Cioè il nostro piccolo orizzonte nazionale si scardina e ci si trova inseriti in questo contesto che ha una distruzione dei confini e delle logiche esclusivamente interne; perché nella nostra inconsapevolezza abbiamo assistito a dei passaggi ulteriori. Non cè stata una grossa emozione o grossa critica o riflessione sul fatto che due anni fa per la prima volta da decenni dallultima guerra mondiale dei bombardieri italiani - oltre che quelli americani da Aviano - si sono levati da aeroporti italiani per andare a bombardare la Bosnia, bombardamenti ovviamente di previsione chirurgica si diceva, anche quelli; però è significativo: lutilizzo dellesercito proiettato sullesterno, lo si ritrova anche proiettato verso linterno. Quello che diceva prima Palidda ad esempio sulla localizzazione dei commissariati al sud, sempre in un documento "la nota aggiuntiva allo stato di previsione per la difesa 1998" si dice che a parte questa ristrutturazione in senso di forza di intervento rapido, lobiettivo è di conseguire una significativa presenza dello strumento militare nazionale anche nelle regioni meridionali dove maggiori si vanno configurando talune esigenze operative interne di concorso al controllo del territorio e di supporto tecnico-logistico ai reparti schierati fuori area nella regione meridionale del teatro europeo. Già si dà per scontato che ci siano reparti italiani che sono quantificati in 16-17.000 uomini fra Bosnia, Albania e così via, fuori area. Allora tutto questo che non centra in realtà centra, perché comporta una problematica di ulteriore rottura della legalità interna attraverso la legislazione sugli immigrati e si lega anche in questo, al problema generale dei ceti non garantiti, dei ceti non protetti, e dellemarginazione, perché lo stesso esercito che è strutturato in quel senso è poi schierato in forme di pattugliamento sullAdriatico per respingere immediatamente gli albanesi e dà pendant a questa concretezza di esercizio del potere abbiamo una produzione legislativa, come sono le varie leggi che si sono succedute in tema di immigrati, che introducono elementi di razialità nel diritto, nel senso che diversificano i trattamenti giudiziari a seconda dellappartenenza o meno alla Comunità Europea, con - e procedo per accenni - un inserimento degli ulteriori aspetti di modifica del nostro quadro quotidiano; ad esempio sul tema lavoro autonomo, stabilità del rapporto di lavoro, lavoro subordinato e così via sono temi che interessano molti centri sociali, ma tutto questo interessa anche allintelligenza del potere che se lo organizza su piani molto ampli: guardiamo la legislazione sugli immigrati. Si prevedono espressamente i contratti stagionali per gli immigrati che non possono durare però più di sei mesi, finiti questi sei mesi se limmigrato è stato fortunato e ha trovato questo contratto in regola, è obbligato ad andarsene e in questo modo si risolve il problema della presenza sul territorio della disoccupazione. La disoccupazione viene riproiettata verso lesterno. La legge prevede poi che se limmigrato non se ne va allo scadere di questi sei mesi perderà i diritti di avviamento ad ulteriori possibili posti di lavoro fermo restando quanto previsto dagli artt. 7 e 7 bis del decreto dell89 che vuol dire provvedimenti di espulsione. Quindi questa regolarizzazione del mercato del lavoro in questo senso è frutto di una intelligenza e di una organizzazione sociale proiettata non solo sul territorio italiano, ma su tutte le connessioni che il territorio italiano ha nelreticolo nazionale e ad esempio questo decreto porta le firme Prodi, Napolitano, Flick, Dini, Treu, Ciampi, cioè non stiamo parlando della fogna della destra, ma stiamo parlando della intelligente politica da un punto di vista padronale che viene fatta dal governo dellUlivo. Altro elemento di riflessione sul rimodellamento istituzionale che ha a che fare con la quotidianità, ad esempio dei settori giovanili alla ricerca del lavoro. Noi ci ricordiamo ad esempio la produzione anche letteraria in tema, ad esempio, di caporalato, cioè la vendita della forza lavoro al sud, il caporale che porta i disoccupati sui terreni del latifondista e si prende lui i soldi che poi distribuisce ai lavoratori. Questestate è passato sollecitato dalle organizzazioni sindacali che avevano fatto un accordo in questo senso nel 93 il famoso pacchetto Treu, che dà veste giuridica sofisticata ed articolata al caporalato perché è strutturato nel senso che esiste - proprio papale papale - una impresa fornitrice di manodopera, una impresa utilizzatrice della manodopera e ovviamente limpresa fornitrice lucra qualcosa che viene prodotto dal lavoro di questa forza lavoro che è venduta da unimpresa allaltra. Il tutto comportando in buona sostanza una riduzione della forza lavoro organizzata allinterno di una singola impresa stabile perché il datore di lavoro sa che potrà controllare su queste forme non più nere, ma bianche, emerse ulivo, con questo specifico colore che garantiscono aumenti di produttività, maggior controllo; perché è chiaro che è una forza lavoro che sarà più controllata visto che cè il miraggio sempre della stabilizzazione allo scadere poi di questi passaggi. Quindi se il quadro è questo qua sul piano delle modifiche complessive, sul piano più specifico del diritto penale io richiamo lattenzione su quellaffinamento del modello repressivo che si è verificato nel corso dellultimo decennio; perché dico affinamento, perché si è passati da una forma di repressione esclusivamente esterna e cioè brutale, a una forma di repressione che tende a far sì che il soggetto interiorizzi la propria autorepressione. Questo attraverso le nuove forme del processo penale che in gran parte è basato su riti alternativi in cui, paradossalmente ma significativamente, è nel patteggiamento lo stesso imputato che, ben lontano dal difendersi, chiede lui stesso lapplicazione di una pena e quindi è veramente uno snaturamento della forma processo e quindi una introiezione del controllo e di un meccanismo autopunitivo. Questo affinamento della repressione e della creazione di un mito della regola che va comunque e sempre osservata al di là di ogni capacità critica dei soggetti è passato secondo me attraverso il complesso delloperazione "mani pulite" che esalta la figura di un giudice neutrale che è capace - secondo gli esaltatori di questo fenomeno - di creare pulizia sociale e senza porsi invece il problema dellopera di imbellimento e di affresco che viene fatta sulle nuove forme più agili dei meccanismi del potere che poi si vedono portati a nuovo compimento attraverso le riforme della bicamerale su cui magari altri parleranno con maggiori cognizioni di causa ma che sinteticamente si possono connotare attraverso la forma del presidenzialismo, che è uno sganciamento della forma della democrazia partecipata per passare a forme di rappresentanza mediatica, cioè la figura del presidente eletto dal popolo è un modello americano estremamente antidemocratico o attraverso forme di distruzione dei concetti e della funzione che garanzia dei diritti e di soddisfacimento dei bisogni deve essere lente pubblico e listituzione pubblica perché lart. 56 come è modificato si introduce laspetto che lente pubblico interviene solo laddove non è in grado di intervenire lautonomia dei privati. Quindi con questa serie di controriforme, la distruzione dello stato sociale, le cose che rimangono in piedi poi, in realtà, sono gli apparati cardine, i pilastri del mantenimento del sistema di potere che sono da una parte la magistratura, da una parte lesercito così come rimodellato e del carcere ne abbiamo sentito parlare e sentiremo parlare ancora.
Nello specifico nostro e intendo del microcosmo dei centri sociali milanesi, lutilizzo del meccanismo penale repressivo lo abbiamo verificato e ad esempio, è esemplare come demistificazione di quella bubbola che è lobbligatorietà dellazione penale che si sente dire lazione penale è obbligatoria, è un valore che va difeso a garanzia di tutti, obbligatorietà dellazione penale che ha visto stranamente pretesi blocchi stradale del centro sociale Leoncavallo immediatamente sanzionati, richieste di celere fissazione dei processi con missive scritte dalla procura ai giudici del dibattimento "trattasi processo riguardante esponenti del centro sociale Leoncavallo, si prega fissare celermente udienza", quando magari i blocchi stradali di chi si opponeva al trasferimento della sede verso via Adriano piuttosto che verso la vecchia sede della Marelli o così via non sono mai stati neppure incriminati, quando gli infortuni sul lavoro giacciono nei cassetti della Procura della Repubblica presso la Pretura alla faccia di questo mito dellesercizio dellazione penale. Ci si sente strappare le vesti a tutela del garantismo ma non si verifica che cosa succede in questi tipi di processi; ancora una volta - io non mi straccio le vesti perché ci sono abituato e poi perché ci tengo a questo golf - è colpita la militanza e lappartenenza ad unarea politica attraverso forme di reato come ladunata sediziosa che comportano una sorta di responsabilità obiettiva, o è colpita la presenza quando si verificano determinati fatti, si colpisce con laccusa e la condanna di resistenza a pubblico ufficiale colui che rappresenta un gruppo nel quale cè stato uno scazzo con qualche agente di polizia giudiziaria. Cè un sostanziale e brutale appiattimento degli organi giudicanti rispetto alloperato delle forze dellordine, quello che conta sono le testimonianze della DIGOS e degli altri poliziotti.
.....vengono soltanto ignorati. E anche qui nel piccolo di questi processi verifichi quel discorso sulla non asetticità ma sulla politicità dei vari organi giudiziari perché possiamo rilevare in Pretura, dove ti trovi una Procura della Repubblica presso la Pretura che non gode del prestigio e del peso politico che ha la Procura presso il Tribunale si sono ottenuti ad esempio dei risultati in molti processi assolutori anche significativi, ma quando entra in campo la famosa Procura della Repubblica di Milano, la cosiddetta procura di "mani pulite" con il cosiddetto maxi-processo al Leoncavallo hai una sentenza del Tribunale che è la fotocopia delle richieste dellaccusa e nella totale ignoranza di tutti gli argomenti difensivi che pur cerano e validi. Ecco, allora io direi che posso finire qui come spunti di riflessione e farne uno ultimo così sono stato nei tempi. Se secondo me cè questo aspetto oramai di uscita dai confini del nostro territorio, del territorio nazionale sul piano dellorganizzazione della politica della nostra controparte, allora è necessaria una capacità di risposta e di riflessione e di organizzazione che deve uscire anche questa dai confini. E allora, faccio osservazioni e considerazioni banali, un po da vecchio zio, nel senso che se bisogna porsi in unottica di una capacità di essere unitari con organizzazioni e soggetti lontani - e ci sono queste capacità, ad esempio ci sono state cose secondo me molto belle, la cosa di Copenaghen che ha avuto poi riflessi sulla manifestazione di Venezia, i rapporti col Chiapas piuttosto che la solidarietà con Cuba o altre cose di questo tipo, ma ci sono cose molto diverse anche come linee politiche; allora sarebbe estremamente auspicabile a mio giudizio, una capacità di essere unitari anche qui invece che giocare come se ci fosse una coazione a ripetere vecchi errori del passato, un gusto della esaltazione delle differenze rispetto a chi magari ci è più vicino o più contiguo. Quindi con questa osservazione da vecchio zio ho finito.
VITTORIO AGNOLETTO: io volevo partire con una riflessione che mi deriva sicuramente da ormai dieci anni di lavoro nel campo dellAIDS che non significa lavorare sulla malattia, ma ha significato lavorare sostanzialmente su quella che è la marginalità sociale. Però che mi deriva anche da un ragionamento un po più ampio rispetto alle questioni volontariato, terzo settore ecc. e cioè siccome ad un certo punto poi non dobbiamo sempre e solo porci delle domande, ma provare anche a lavorare in avanti io parto da unosservazione che hai fatto tu dove ad un certo punto dici forse mai come in questo momento non è così vero che la marginalità sociale è ampia però sostanzialmente esiste, non è considerata e anzi ci sono dei meccanismi di peggioramento della situazione. Allora io volevo inserire come primo ragionamento questo punto ossia: a mio parere oggi siamo in una situazione di totale - e premetto che non considero Giuliano qui come parlamentare perché altrimenti tutta la discussione prende unaltra piega e non andiamo più avanti - siamo in una situazione di totale frattura e autonomia del politico dal sociale. A mio parere questo meccanismo che è datato da dieci anni, oggi sta raggiungendo in Italia il suo apice; il politico, non come persona ma il sistema politico, oggi ha una autonomia dalle dinamiche sociali come non ha mai avuto, ha un meccanismo di autorappresentazione che non centra nulla o quasi con la rappresentanza, sono due termini completamente diversi; quindi meccanismo di autorappresentazione enorme, lo scenario, il quadro politico viene giocato in modo fortemente mediatico e questo è un elemento su cui abbiamo riflettuto poco che è una conseguenza anche della modifica della legge elettorale che però è stato più il rendere visibile dei progetti e dei processi che erano già andati avanti. Oggi i canali di espressione del sociale relativamente al politico non sono neanche più lelezione dellultimo parlamentare con il resto e le preferenze perché si occupa di immigrati piuttosto che di qualche altra cosa.
O sei in grado di costituire una lobby vera e propria e di andare, da questo punto di vista, a pesare sul sistema politico, o sostanzialmente non ci sei e non esisti; questo mi sembra lo scenario più grosso. Ma, ragionavo laltra sera a Trento con diversi compagni che non vedevo da anni, a mio parere lattuale sistema - anche elettorale - gioca su unambiguità fortissima e cioè non essendo un maggioritario secco in qualche modo imbriglia, tiene legati dei pezzi di sociale, anche di conflittualità, che cercano i propri canali attraverso un sistema politico, e non siamo neanche a livello di espressione di quei forti movimenti per i diritti civili che in qualche modo hanno attraversato gli Stati Uniti e che erano già portatori di un altro sistema politico dove votava si e no il 50% e dove questo aveva già una sua autonomia e dei fenomeni sociali fortissimi.
Allora non cè più un meccanismo di proporzionalità, i meccanismi del potere per latri versi passano sempre più fuori dallaula parlamentare ma intrecciano comunque il sistema politico in altri ambiti, questa cosa non è maturata a livello di coscienza collettiva più di tanto per cui si cercano ancora i singoli momenti di aggancio che forse vanno anche cercati, ma non si riesce poi a sviluppare una forte autonomia. Lassenza di profondi movimenti per i diritti sociali individuali e collettivi in una versione che non sia liberale, secondo me sono un esempio di tutto questo. Un altro esempio di un fenomeno che sta andando avanti moltissimo su questo schema è il dibattito - non so quanti di voi lhanno seguito però io ho anche imparato che alcuni centri sociali, anche il Leoncavallo sono meno lontani da questa realtà che sembra quando si rappresentano allesterno perché non sono poi così tutti spontanei e basta altrimenti non andrebbero avanti con la struttura che hanno - e allora il dibattito che cè oggi dentro la questione del terzo settore o forse il dibattito già superato dentro il terzo settore è quello della istituzionalizzazione di questo settore cercando di essere unappendice di un sistema politico che essendosi a sua volta sempre più sganciatosi dalle dinamiche sociale gioca puramente sulla rappresentanza. Il forum del terzo settore oggi cerca di andare a discutere col governo al tavolo quadrangolare l.... in termini di sgravi fiscali per associazioni che vanno anche bene di avere la rappresentanza del governo per andare a creare quel pezzo di servizi sociali che verranno sganciati e cancellati con la riforma del welfare. Ma questo passa attraverso un reciproco riconoscimento di rappresentanza tra soggetti che diventano sempre più autonomi da quello che nella realtà succede. E allora non mi meraviglia da questo punto di vista che in questo periodo di governo dellUlivo e di questa maggioranza, le rotture politiche sono state giocate su terreni molto semplici, sindacali per certi versi, il mio problema non era la rottura politica di Rifondazione con lUlivo, in quanto tale in quel momento; era il terreno che era stato scelto sostanzialmente come unico terreno di rottura. Ma perché da un mio punto di vista forse il fenomeno più grave che è successo in questo periodo è stato quello dellaffondamento delle navi degli albanesi, ma in termini concreti, materiali di rottura di una concezione di una cultura democratica di sinistra, su quello vado a fare un elemento di rottura anche se elettoralmente più di tanto non mi tocca; e invece è stato trasformato in un fenomeno di tipo mediatico. Allora il problema che si pone secondo me per chi lavora soprattutto nelle contraddizioni sociali è quali spazi di organizzazione in termini di autonomia fare e quale uso strumentale di pezzi di sistema politico realizzare. E segnalo un altro aspetto, non so se propongo tesi estremiste, però io sono convinto di questo e cioè che sostanzialmente questa situazione politica certo che garantisce ad un settore sociale alcuni meccanismi che non sarebbero mai stati garantiti dai governi di destra, però la cultura dentro cui si muove è una cultura che fa si che diverse fasce sociali che non pesano elettoralmente e che non sono portatori di interessi forti, disturbano il manovratore. E siccome sostanzialmente una logica di rappresentanza politica di opposizione oggi cè molto poco, finiscono per non essere considerate e per dover ricorrere o ad elementi di rottura mediatica fortissima qualche volta quando si riesce, oppure diventano gestiti in un angolo e assolutamente residuali senza avere neanche poi un appoggio politico che avresti in unaltra situazione.
Allora io con questo non sto assolutamente dicendo tanto peggio tanto meglio, nel modo più drastico; sto solo dicendo che ci sono alcuni settori sociali, alcune battaglie politiche che oggi sono prive di qualunque rappresentanza politica e che anzi disturbano chi oggi governa lattuale sistema politico. Questo è quello che io sostengo e faccio anche degli esempi su questa rottura che secondo me cè stata e su questa autonomia; ne cito alcuni che sono quelli su cui lavoro maggiormente.
A chi gliene può fregare niente di quello che succede nel mondo della prostituzione? ma stiamo parlando di decine di migliaia di donne di altri paesi sfruttate, schiavizzate, però una legge minima con due articoli - senza bisogno di confonderla con altre questioni ecc. - e cioè che chi andava a denunciare il proprio sfruttatore era tutelata e poteva rimanere in Italia, senza essere espulsa perlomeno fino a quando non si celebrava tutto il processo e nel frattempo poteva trovare altri canali sociali di inserimento è una cosa banalissima. Non è andata avanti, non è stata realizzata, è stata una proposta che non è marciata e, da questo punto di vista non ha interesse sociale per la maggioranza, però queste sono decine di migliaia di donne che oggi sono schiavizzate. Oppure - faccio degli esempi - relativamente alla situazione del carcere si continua a discutere; io non so se Flick è più o meno democratico. Io ritengo dal mio punto di vista di chi si occupa di queste cose e non è che devo sparare delle cose forti per sparare, che Flick in questo momento è responsabile di alcuni decessi, è responsabile per non aver firmato da sei mesi una convenzione che ha sul suo tavolo col Ministero della Sanità che permette lentrata del Servizio Sanitario Nazionale in carcere, perlomeno per quello che conosco io, di decessi di malati di AIDS che non possono utilizzare gli inibitori delle proteasi, che non li fanno guarire, ma che gli prolungano la vita di otto mesi, di un anno, di due anni. E una firma, che non va a sfasciare il servizio sanitario penitenziario nella sua autonomia rispetto al SSN, però è da luglio che questa è sul tavolo di Flick e che questa firma non avviene.
E capisco limbarazzo di persone come Margara che viene dalla storia di Antigone di continuare a dire sarà fatto; oggi il SSN in carcere non entra, quando entra lo fa con singole figure del SERT, alcuni farmaci non possono essere prescritti, abbiamo visto Rebibbia, a S. Vittore, abbiamo visto in diverse carceri delle situazioni drammatiche di persone che non sono tutelate in termini di disponibilità di farmaci. E ovvio che non hanno nessuna rappresentanza sociale.
Oppure la legge proposta anche tra alcuni deputati ecc. sullincompatibilità tra lAIDS e altre gravi malattie e il carcere che può procurare allarme sociale nel momento in cui non viene discussa, non viene spiegata e via dicendo, è ferma, non va avanti e così, a mio parere, la stessa cosa si verifica su altri aspetti di marginalità sociale. Prendiamo il capitolo delle tossicodipendenze, certo cè stata una circolare di Napolitano di un mese e mezzo fa circa, che dice che chi viene trovato in overdose può essere soccorso senza essere più denunciato alla Prefettura e via dicendo perché prima chi era in overdose aveva più della quantità personale di sostanza, perché altrimenti non sarebbe stato in overdose, e quindi doveva essere denunciato. Questo era il meccanismo che cera fino a un mese e mezzo fa e questa circolare lo ha abolito. Però non è che possiamo continuare ad andare avanti per anni a parlare unicamente delle esperienze che avvengono nella vicina Svizzera, dellesperienza di Zurigo dove salvano delle vite con la somministrazione controllata di eroina allinterno di progetti scientifici. Dove i reati connessi alluso delleroina sono diminuiti di quattro volte, quindi cè anche un fenomeno di vantaggio sociale da questo punto di vista. Siamo completamente fermi sulla questione della legalizzazione delle droghe leggere, e qui quello che prevale non è tanto la questione dellassenza di rappresentanza, ma è quella della logica dellordine; ma dove non viene rimesso in discussione culturalmente che cosa quello significa e tra laltro si propone a centinaia di migliaia di giovani la prima esperienza di illegalità sostanzialmente - che è quella di andarsi a procurare lo spinello - e non politicizzata quindi non ci interessa neanche da questo punto di vista.
Ecco io queste situazioni qui che ho voluto segnalare non credo che siano cattiverie di qualcuno, credo che stiano proprio dentro a quella che ormai è lautonomia del sistema politico nonostante la buona volontà di una serie di parlamentari che individualmente possono, di volta in volta, cercare di fare qualcosa. Ma gli argomenti su cui si interroga il sistema politico sono altri.
Un ultimo capitolo che volevo proporre: io credo che ci sia poca attenzione oggi alla discussione di quella che è la cosiddetta riforma del welfare. A mio parere anche questo non è riducibile unicamente a una questione di pensioni e di previdenza, la mia sensazione è che in qualche modo se non si va verso una società dei 2/3 si va verso una società dei 4/5, ma che con questa controriforma del welfare una parte di servizi pubblici vengono cancellati, il terzo settore viene usato in modo strumentale, si va ad uno sdoppiamento sostanzialmente del servizio sanitario, tra chi se lo può pagare e a chi non se lo può pagare viene lasciato un servizio sanitario pubblico di basso livello, i servizi diventano sempre più servizi sulla singola patologia, ma non cè più quella rete in grado di venire in contatto con forme di marginalità sociale ad esempio delle grandi metropoli che sono sempre meno specifiche e su questo noi stessi come associazioni siamo portatori di profondi limiti quando la battaglia la facciamo unicamente su singoli argomenti che rischiano poi alla fine, di diventare corporativi. Un esempio, con le battaglie relativamente allAIDS noi abbiamo conquistato nella finanziaria, così almeno ci è stato detto laltro ieri penso che sia vero, 100 miliardi in più per i farmaci specificatamente rispetto allAIDS - almeno questo ha detto la Bindi il 1° dicembre a Milano. Ma il problema è che io non ho una concezione della politica per cui ad un certo punto chi riesce ad avere un tale meccanismo di pressione sui media perché rappresenta una patologia estremamente grave, in termini mediatici riesce ad ottenere alcune cose e i leucemici od altri, invece, che non hanno questo meccanismo di allarme sociale dentro cui si possono inserire e possono operare non li riescono ad ottenere. Questo è il tipo di situazione che mi pare si stia in qualche modo delineando e rispetto al quale io penso che noi dovremmo muoverci su una articolazione di autonomie in grado di utilizzare di volta in volta il sistema politico e il sistema mediatico. Dico il sistema mediatico perché basta vedere quale è il tipo di spazio che hanno avuto le proteste relativamente al latte - ci sono, sono reali, ma in gran parte sono anche state gonfiate mediaticamente - e noi oggi siamo in una situazione dove cè solo e unicamente quello che appare in una logica televisiva dove, a mio parere, le reti nazionali sono sempre una più uguale allaltra, sempre meno differenti e sempre meno disponibili a rappresentare aspetti di realtà sociale e conflittuale e quando la rappresentano la trasformano invece in film, in scenografia, che nella sua eccezionalità perde direttamente il suo portato conflittuale.
GIULIANO PISAPIA: Prima Daniele si chiedeva, o forse mi chiedeva, a che titolo ero qua se, come parlamentare, come compagno e come avvocato e quasi quasi mi viene da dire che sono qua come imputato, forse, e quindi chiedo, visto che la difesa dufficio oggi in Italia non funziona molto, di permettermi quello che non è previsto dalla nostra legge e cioè lautodifesa.
Ma al di là delle battute io sento che sono tra amici, tra compagni e quindi ho il dovere di parlare con estrema chiarezza e la prima riflessione che mi viene è quella di dire che forse qua cè un equivoco che traspare dagli interventi degli amici che mi hanno preceduto.
Questo nostro paese non ha votato a maggioranza per la sinistra e neppure ha votato a maggioranza per il centrosinistra, questo nostro paese ha votato a maggioranza per la destra e per la Lega, aggiungo questo governo non è un governo di sinistra, questo è un governo in cui vi è una maggioranza di centro e vi è una frangia di persone di sinistra che stanno disperatamente, spesso da sole, senza nessun appoggio, cercando di fare delle battaglie. E aggiungo anche, ecco che quindi limputato diventa anche - non nei vostri confronti, ma nei confronti di altri - accusatore e parte civile, questa parte politica, questo insieme di parlamentari, questi pochi eletti che si sono sempre battuti su certi temi nel momento stesso in cui hanno posto concretamente che i temi oggi accennati diventassero punto di riferimento per tutta la maggioranza sono stati linciati dai media, sono stati linciati dagli altri partiti politici, ma cari compagni sono stati linciati anche da molti di quei compagni che in questo anno ci hanno criticato da sinistra.
I giorni della crisi noi che allinterno ponevamo il problema di una svolta sulle tematiche sociali siamo rimasti soli, ci siamo sentiti soli. Eppure in questa situazione sociale, in questa situazione elettorale, in questa situazione parlamentare, io credo che passi avanti siano stati fatti e non sono parole ma sono fatti.
Rispetto alle forze che erano in campo abbiamo fatto dei passi avanti da gigante su cui se non riusciamo a creare - ecco la mia presenza qui oggi e in altre manifestazioni - finalmente quella che il vecchio zio - anchio mi sento un vecchio zio, abbiamo la stessa età, più o meno siamo nati negli stessi giorni - Giuseppe Pelazza richiamava; se non riusciamo a creare quella unità dazione, quellunità di intenti, quella unità di riflessione, tra movimento, gruppi sociali, forze del volontariato e persone che lavorano allinterno delle istituzioni, avremo una sconfitta storica definitiva da cui non ritorneremo indietro per molti e molti anni.
E questo il significato di Amsterdam, è questo il significato di Venezia, è questo il significato della nostra presenza qui oggi e domani da parte di altri parlamentari, è questo ad esempio il significato per cui proprio nei giorni scorsi io stesso mi sono fatto promotore a Roma di una iniziativa sul carcere, per il carcere in cui ho riunito, non dico per la prima volta,, ma sicuramente in maniera significativa, dal Ministro Flick al presidente Margara, alla vicepresidente del Senato Ersilia Salvato, a chi vi parla, a tutte le associazioni laiche e cattoliche del volontariato che si sono occupate di carcere in questi anni. Se noi non riusciamo a ricostruire il movimento che sia di stimolo continuo per chi spesso è solo a combattere certe battaglie, noi non riusciamo ad avere quello scambio reciproco che dà forza reciprocamente e che porta poi anche a dei risultati concreti. Perché, caro Vittorio, risultati concreti ne abbiamo avuti anche se rischiamo di perderli se poi rimaniamo soli a portarli avanti o a difenderli.
Ad esempio, il problema della prostituzione non solo è stata una nostra battaglia, ma è stata una nostra battaglia vinta nella legge delega sugli immigrati. Io vi chiederei di andare a leggere in questo rapporto di forze comera il disegno di legge governativo, quali erano le proposte di emendamenti della destra: considerare reato limmigrazione clandestina, una fra le tante, e quali sono le piccole ma significative modifiche che pochi parlamentari sono riusciti ad ottenere. Potrei fare decine di esempi, ma uno per tutti quella che di fatto è una sanatoria per tutti quelli che ancora oggi sono in Italia e sono irregolari; evidentemente non quelli che fanno parte della criminalità organizzata. E di fatto quella che è passata per merito di pochi parlamentari e con lappoggio evidentemente delle associazioni del volontariato che ci aiutavano sugli emendamenti con le prese di posizione, ma è stata una battaglia forte difficile e che ancora non è vinta. E ancora come non ricordare e scusate non è unautoesaltazione, tuttaltro, è un senso forte di frustrazione perché mi rendo conto che se non partiamo con incontri come questi a rafforzare lincontro tra movimenti, associazioni, istituzioni, centri sociali, noi perderemo queste piccole conquiste; come non ricordare per esempio che per la prima volta in Italia viene approvata in Commissione Giustizia labolizione dellergastolo in un paese che ha la maggioranza di centro destra e leghista. Come non ricordare che per la prima volta in Italia in Commissione Giustizia viene approvato un provvedimento di indulto per gli anni di piombo per quei oltre 225 detenuti per fatti di un ormai lontano passato, per quei 76 condannati che non godono di nessun beneficio, per quei 31 condannati che godono solo del beneficio dellammissione al lavoro allesterno, per quelle numerose persone che sono in carcere da oltre 20 anni. E come non ricordare, ad esempio, che è sullorlo dellapprovazione definitiva la legge sulla depenalizzazione dei reati minori che prevede come mi hai scritto nella tua lettera, lo chiedevi e posso dire labbiamo fatto, che ad esempio prevede la depenalizzazione del blocco stradale, la depenalizzazione delladunata sediziosa e, aggiungo, la depenalizzazione delloltraggio a pubblico ufficiale. Sono grosse conquiste ma non ancora legge definitiva. Sono passate alla Camera, sono al Senato, la vigilanza di tutti può far si che queste norme diventino legge dello Stato. E ancora come non ricordare che sullonda - perché anche di questo non possiamo far finta di non renderci conto - dellentusiasmo dovuta ad una vittoria elettoralistica anche se non elettorale dal punto di vista numerico, sono passati nel primo anno di legislatura tutta una serie di provvedimenti su cui oggi il centro rafforzato dalla presenza di un ex PM, ex poliziotto, ex avvocato, ex tutto, cerca faticosamente ma cerca, e può anche riuscirci, di bloccare. Come non ricordare ad esempio che nellambito del provvedimento sulla depenalizzazione è passata ed è stata approvata, e non solo in commissione ma in aula a Montecitorio, una norma che per la prima volta prevede che per la stragrande maggioranza dei reati previsti dal codice penale non è più prevista la sanzione del carcere, ma sono previste sanzioni diverse. Fatti che rimangono reati e quindi al di là della depenalizzazione di numerosi reati, al di là dellabrogazione di numerosi reati soprattutto dei reati dopinione, il fatto che per numerosi fatti che pur rimangono reati, per la prima volta - svolta storica - è prevista non più la pena del carcere, ma pene completamente diverse quali ad esempio il problema dei lavori socialmente utili, del risarcimento per le vittime, su cui si può discutere, ma sicuramente sono provvedimenti che dobbiamo difendere perché ancora, pur essendo sullorlo dellapprovazione, non sono approvati. E come dimenticare ad esempio che scelte come quelle di avere come direttore generale del DAP un autorevole membro del comitato scientifico di Antigone siano state scelti difficili e coraggiose, o ancora trovare a dirigere buona parte degli uffici del Ministero di Grazia e Giustizia persone che lavoravano con noi, insieme a noi, contro il carcere o per un cambiamento della situazione del carcere in Italia.
E ancora i malati di AIDS, il problema del patrocinio dei non abbienti, sono tutte tematiche su cui noi abbiamo chiesto un impegno specifico della maggioranza, sono tutti temi su cui noi, con questa maggioranza, andremo a brevissimo a fare i conti definitivi. Se queste norme, quelle che riguardano i soggetti più deboli, quelle che riguardano un garantismo vero e non un garantismo peloso, quelle che riguardano il problema della salute nelle carceri, non faranno parte del prossimo programma di un anno di legislatura, noi labbiamo detto chiaramente non ci staremo; però io vi dico fin dora che tanto più saremo forti in questo rapporto con chi invece non vuole questi provvedimenti, tanto più sarete forti voi, tanto più saremo uniti. Ecco perché io senza difendere questo parlamento, ritengo che bisogna al di là delle doverose critiche trovare anche i momenti di riflessione comune per vedere dove ci sono gli spazi - ne ho accennati alcuni, ma probabilmente ce ne sono altri - per intervenire e per modificare lo stato presente di cose. Con un invito - chiaramente poi risponderò a tutti gli altri rilievi che verranno fatti - di non dimenticare mai la realtà, di non dimenticare mai i rapporti di forza in campo nel paese e in Parlamento e soprattutto di tentare di ricostruire - e da parte mia e dico da parte nostra cè profonda questa volontà - non solo ununità dazione ma anche la unità di riflessione e di progetti e di programma per difendere le conquiste ottenute ma in una situazione in cui non ci può più essere quel rapporto ad esempio di delega o di rappresentanza di alcuni soggetti allinterno delle istituzioni da parte del movimento. Guardate a me ha colpito moltissimo, e lo dico con profondo senso di autocritica complessiva, una cosa che mi è capitata nei primi mesi della mia presenza in Parlamento e di questo ruolo che non ho voluto, non ho cercato che mi sono trovato contro la mia volontà ad avere, e cioè quello che per tutti i primi mesi della legislatura cera la convinzione che con questo governo, con questa maggioranza si potessero ottenere senza lotta determinati obiettivi che chiaramente ci avevano visto uniti negli anni passati. Faccio un esempio triste, ma significativo: il problema ad esempio della costituzione di parte civile da parte delle madri di Plaza de Majo, dei desaparecidos argentini, un problema di cui io mi sono occupato da sempre come avvocato e di cui continuo ad occuparmi come parlamentare. Ebbene ho notato - vi ho fatto un esempio, ma ve ne potrei fare altre decine di esempi - che nei primi mesi della legislatura quello che si chiedeva al parlamentare con il quale si aveva una comunanza di storia, di progetti, di prospettive, di speranze, di lotta comune, era quella di intervenire sul governo perché si prendessero certi provvedimenti, perché si assumessero certe iniziative. E io mi sono sempre rifiutato di seguire questottica e ho detto che il modo migliore era quello che continuassero i sit-in davanti al Ministero di Grazia e Giustizia, continuassero le manifestazioni di protesta e in quel momento allora sulla base di una forza effettiva, sulla base di un movimento effettivo era possibile anche per noi, pur essendo in minoranza, ottenere alcuni degli obiettivi che tutti auspicavamo. Un ultima considerazione perché anchio penso di aver superato i termini che mi erano stati concessi: il problema dellindulto, problema che interessa molto. Io credo che debba essere ormai a tutti evidente che questo provvedimento, data la situazione parlamentare, dato il presupposto per cui ancora oggi ci vogliono i 2/3 del parlamento per lapprovazione del testo che è stato approvato alla camera, dicevo tutti dobbiamo renderci conto che questo provvedimento rimarrà fermo, dal punto di vista delle forze e dei numeri parlamentari questo provvedimento resterà fermo; su questo da oggi, domani dovrà partire una riflessione forte per prendere una decisione definitiva. Non dobbiamo, non possiamo permettere di far continuare le speranze, le illusioni, di far credere che continuando una battaglia come la si è continuata fino ad ora poi alla fine si trova la soluzione. Su questo provvedimento io penso che in questi giorni la riflessione comune deve essere forte perché fino in fondo si arrivi ad un obiettivo che sia un obiettivo che unisca le nostre e le vostre forze. E ancora - perché il problema è collegato - il problema della bicamerale. Sono daccordo anche qua con Pippo Pelazza e penso con la sensazione forte che cè in questa sala; dalla bicamerale, a parte alcuni punti positivi che io considero sono soprattutto quelli che riguardano la giustizia, stanno uscendo alcune norme che stravolgeranno il senso stesso di fare politica e la possibilità stessa di fare politica nel nostro paese; fare politica come lo intendiamo noi, evidentemente, non fare politica come lhanno intesa per decenni i democristiani e come oggi la intende ancora buona parte del ceto politico. Ecco però non dimentichiamo che dopo la quasi certa approvazione del Parlamento - se non ci sarà lapprovazione del Parlamento è solo perché sarà arrestato Previti, diciamolo chiaramente. Ormai solo questa variabile impazzita che il Parlamento non si aspettava può determinare la chiusura di un patto che era stato ormai siglato e che comportava lapprovazione di quel testo. Però dopo quel testo ci sarà un referendum, ci sarà necessariamente un referendum. Ecco io credo che sia anche giusto non qua decidere, ma iniziare a riflettere perché queste forze, queste energie, queste intelligenze, queste volontà che ci uniscono siano in quel momento unite e preparate per affrontare e forse anche vincere quel referendum.
RIVISTA BANLIEUES: dunque io faccio parte di questa rivista che è nata a Bologna in questi mesi e che è uscita 15 giorni fa, ed è una rivista che si occupa sostanzialmente di formazione e di università allora io vorrei in questo brevissimo intervento fare capire a tutti voi per quale motivo una rivista che si occupa di formazione e di università soprattutto è presente in una giornata come questa e sarà presente in tutte le giornate di questo tipo che mi auguro saranno organizzate in questanno e negli altri anni finché non si arriverà ad una soluzione definitiva e decisa per la liberazione dei corpi e delle intelligenze che sono ancora dietro le sbarre. Noi lo scriviamo nella terza di copertina perché siamo qui; io ve lo leggo perché è molto breve. "Molti ragionamenti e molte analisi proposte in questa rivista sono frutto di una riflessione collettiva e scaturiscono da una rielaborazione, da una riattualizzazione di lavori prodotti dallaltro movimento operaio più o meno recentemente. Un filo rosso unisce "Banlieues" agli anni dell"assalto al cielo", è il legame delle molteplici memorie, dellimmaginario sociale, delle lotte e del sapere autonomo che nelle rivolte operaie e studentesche si è creato e legittimato. E il filo rosso del desiderio comunista. Così ci appare difficile immaginare, prefigurare trasformazioni sociali radicali se prima non vengono liberati gli anni 70 e le menti e i corpi che in quellimponente movimento di liberazione, in quello storico ciclo di lotte espressero una straordinaria ricchezza culturale e politica che si articolò sulle piazze, nelle fabbriche, nelle università, nei quartieri delle metropoli con pratiche molto diverse.
E fondamentale, nel proporre una soluzione politica per i prigionieri e gli esuli, partire dal comune riconoscimento del valore positivo delle diversità dei linguaggi ed esperienze per farle cooperare in rete: un circuito virtuoso nel quale ogni struttura o singolarità possa portare, in piena autonomia, idee e risorse ad un progetto comune che porti alla fine della barbara legislazione dellemergenza come "libertà provvisoria sociale" e alla fine della prigionia politica come eterna vendetta di stato.
La verità è che ancora oggi, a oltre ventanni da quegli avvenimenti, marcisce nelle galere parte di una generazione di donne e di uomini che arrivò anche alluso delle armi per combattere un regime odioso e corrotto, il regime delle stragi di stato, di Gladio, dei tentati golpe fascisti, degli operai, braccianti e studenti uccisi nelle piazze, nonché di quella Tangentopoli che allora gli stessi giudici che ora si atteggiano a "difensori del popolo truffato" fecero finta di non vedere; perché organici fino in fondo al potere democristiano/picista erano troppo impegnati a gestire i processi alle soggettività rivoluzionarie organizzate e non come fossero stati plotoni desecuzione.
Nemmeno ai tempi più oscuri dei tribunali speciali fascisti, infatti, si vide comminare secoli di carcere a raffica come negli anni 70.
Ed è paradossale anche per la stessa "legalità" borghese che una commissione bicamerale stia riscrivendo la Costituzione di questo paese in una realtà latino americana che vede oltre duecento prigionieri politici in carcere, in certi casi da ventanni, e circa altrettanti esuli.
Si impone oggi una forte spinta dal basso che riesca a scardinare le fondamenta che reggono la mostruosità politica e la vergogna delle leggi dellemergenza.
Occorre dar luogo ad una battaglia a livello nazionale per la liberazione degli anni 70, occorre concentrare le energie di tutte le esperienze dellantagonismo politico e sociale, di tutte le realtà di base e dellautorganizzazione, ma anche di più ampi settori della cultura libertaria perché si addivenga ad un provvedimento di soluzione politica che, senza condizione alcuna e nessuna differenziazione, restituisca la libertà ai prigionieri politici e garantisca il ritorno agli esuli.
Io aggiungo due brevissime riflessioni a questa pagina: la prima riflessione è una riflessione che credo condividano la maggior parte dei compagni che sono qui oggi e cioè il bisogno la assoluta necessità di mettere al centro delle lotte e delle analisi, per quanto diversi possano essere i piani di analisi e di intervento, è il problema della liberazione degli anni 70 e della fine dellemergenza come battaglia di eterna rivendicazione di memoria, e di rivendicazione di memoria che necessita di una soluzione di questa mostruosità di cui parlavo prima; la seconda riflessione - altrettanto breve - è più legata al mondo studentesco. La mia impressione, leggevo adesso un articolo sul giornale è che si stia progressivamente, anche in questo periodo di lotte e di mobilitazioni, depoliticizzando una battaglia che ai tempi era piena di desideri e di rivendicazioni politiche; si era parlato di fantasia al potere e poi di tante altre cose passando dal 68 passando per il 77 fino agli anni 80. Ecco oggi secondo me, una fra le tante quella di cui mi preme parlare oggi, delle strategie, dei bisogni per ripoliticizzare questa battaglia che rischia di essere solo semplicemente, banalmente rivendicativa e un po di retroguardia è la rivendicazione di quella memoria, e quella memoria passa per una battaglia radicale forte per la liberazione dei compagni e delle compagne che sono in carcere. E per questo motivo che nelleditoriale scegliamo di dedicare, almeno idealmente, alle intelligenze e ai corpi dietro le sbarre il primo numero di Banlieues."
A. (Corto Circuito): la prima cosa che voglio fare, è una cosa credo dovuta, è un saluto a un compagno che sicuramente oggi sarebbe stato qua, al quale hanno revocato invece la possibilità di stare fuori dal carcere per motivi legati alla sua malattia al cuore è Salvatore Ricciardi al quale hanno negato la libertà. Voglio partire da questa cosa non solo per formalità, voglio partire perché è probabilmente la cosa più concreta che anche noi oggi abbiamo visto. La generosità di certi compagni che usciti non hanno solo cercato giustamente di far uscire anche gli altri compagni incarcerati, che è la battaglia che vogliamo fare anche noi, ma hanno anche provato subito a spendersi per le lotte di oggi, per cercare di attualizzare quello che loro rappresentano, quello che hanno rappresentato e quello che credo è la nostra storia ed è la difficoltà di riuscire a rivendicare quella storia. E una difficoltà che viviamo, probabilmente, perché usciamo da degli anni brutti, da degli anni in cui, appunto, lautonomia del politico ha fatto passi da gigante e sono scomparse le questioni sociali. Allora credo che è necessario ricostruire non a partire da quei meccanismi, cioè credo che la storia in qualche modo di quegli anni labbiamo rivista, anche male, però credo che soprattutto non siamo ancora capaci di accettarne leredità morale come movimento, siamo ancora incapaci di uscire da quella logica della sconfitta che ci vede ancora guardare le questioni della giustizia solo allinterno di quella spirale che vede appunto lotta alla repressione e sconfitta; non abbiamo ancora imparato ad immaginarci e a sognare quella società che in qualche modo con i passaggi di Amsterdam e Venezia abbiamo iniziato a capire in maniera analitica, capendo che allinterno di quei parametri di Maastricht cè anche la questione della giustizia, cioè allinterno, e mi pare che tutto come si sta svolgendo questa conferenza, si vede come la giustizia non è cosa staccata dalle questioni sociali, ed è credo il punto da cui dobbiamo ripartire. Credo facciamo anche qualche volta dei paragoni sbagliati, credo che le manganellate di Napolitano agli studenti siano cose preoccupanti, ma non siano lo stesso tipo di risposta che davano una volta, siano di una qualità diversa - lo diceva qualcuno prima - la capacità di coniugare la repressione con un elemento di depotenzialità. Io ogni volta che facciamo le conferenze coi parlamentari ci dicono "guardate rega, è una situazione di merda, il paese sta ancora a destra, per bucio di culo avemo fatto il ribaltone, ci dovete aiutare a riempire col conflitto gli spazi che noi apriamo". Non va, nel senso che credo che se oggi stiamo parlando qua di queste cose - e siamo gli unici - neanche il consiglio comunale di Milano ha parlato di piazza Fontana - o capiamo la difficoltà di concepire oggi questa battaglia, e quindi anche la capacità di concepire questa battaglia come minoranza perché siamo una minoranza - e credo che chi ha memoria in questo paese sia una minoranza - senno non si capisce quello che succede in questo paese. In questo paese, secondo il nostro punto di vista, dovrebbe essere chiara la necessità di spazzare via un ceto politico nonostante le chiacchiere che si fanno di coloriture di sinistra ecc. e invece non è così. Non cè la capacità neanche degli studenti che oggi sono in lotta di avere unidea di giustizia, ma invece credo che esprimano una cosa qualitativamente nuova che noi dobbiamo imparare per esempio ad intercettare e a capire, esprimono una questione forte generazionale e allora o noi intercettiamo questa capacità che metta insieme però da una parte la proposta, la capacità appunto di partire da contraddizioni reali a sé se nel carcere metà della popolazione carceraria va in galera rispetto ad una legge proibizionista da questo punto di vista non è che bastano le anime belle; o da questo punto di vista i partiti, ma nel senso forte del termine, io non vedo Rifondazione fare una battaglia seria antiproibizionista, vedo Pisapia, o qualcun altro, che nelle commissioni lavora, ma non vedo il tentativo di investire la società di unidea di giustizia. Ed è questa lincapacità che probabilmente ci troviamo anche oggi ad affrontare, solamente da un punto di vista di ricostruzione storica di quegli anni. O noi carichiamo le battaglie delloggi di quel portato, di quella sfida, di quella capacità di rottura invece dellautonomia del politico, di rottura forte della questione sociale allinterno anche della politica e da questo punto di vista rompiamo anche con alcune logiche che hanno portato appunto la sinistra a dividersi sulle idee generali e nellincapacità di condurre delle battaglie ora. Noi dobbiamo uscire da questassemblea con la capacità di rilanciare in avanti delle battaglie di libertà che riguardano loggi, che riguardano i reati minori, che riguardano lantiproibizionismo, ma con la capacità anche di farle da subito, di farle nostre prima di convincere la società civile, di farle come nostro impegno di ricostruire quella capacità critica che in qualche modo i centri sociali hanno avuto e quella capacità di farsi attraversare dal futuro. In questo senso siamo realmente gli unici che fanno questa battaglia; oggi in piazza eravamo anche pochi, credo, però credo che siamo stati gli unici ad avere il coraggio di ricordare che non è solo un problema di Maggi e di Zorzi, ma di un sistema di democrazia bloccato che era bloccato e lo è oggi, ma non appare così bloccato perché non cè conflitto ma questo è un problema nostro, è un problema anche di Rifondazione, è un problema anche di un sistema politico che non può continuare ad autoassolversi, ad autoleggittimarsi. Da questo punto di vista abbiamo unincapacità di guardare al di là del nostro naso, abbiamo unincapacità di cogliere, per esempio nel terzo settore, la capacità di rompere quella logica che vuole appunto il terzo settore costruito contro i fenomeni reali, la cooperazione, lassociazionismo che sono appunto quei fenomeni che sono cresciuti laddove il welfare non arrivava e adesso ce li vogliono rivolgere contro. O diamo unidentità a questo cazzo di terzo settore, smettendola di chiamarlo terzo settore, facendolo diventare appunto la capacità di coniugare il fare società e il fare conflitto e capiamo che per esempio alle battaglie di giustizia - perché riguarda la giustizia, riguarda i rapporti umani concreti di vita - per esempio sulla questione del lavoro non ci limitiamo alla resistenza, dovuta e giusta, e alla difesa del contratto nazionale, ma assumiamo come battaglia di giustizia odierna la capacità di fare una grande battaglia sul reddito di cittadinanza che rompa per esempio anche quella fissità, quella scolasticità che hanno oggi queste parole dordine che assumono appunto o il reddito garantito, o il lavoro minimo garantito e non partono mai da quelle che sono in realtà le dinamiche sociali e non riescono quindi a concepire un rapporto di vertenzialità con unidea di società e quindi non riescono mai a collocare la giustizia non come norma ma come capacità di sancire dei rapporti in avanti che è quello che serve alla società, allora la capacità di rompere da questo punto di vista, quella cappa emergenziale che vede praticamente sparire i problemi se non riescono a bucare la massmediadicità. Allora da questo punto di vista credo che sia un impegno che dobbiamo prendere tutti a partire da domani di continuare questa battaglia che con coraggio la Rete Sprigionare è riuscita a portare avanti anche con poche capacità - da questo punto di vista - di allargarsi alla società civile ma non per una incapacità propria, credo anche per una sordità della società civile. Allora dobbiamo riuscire a prenderla da più punti di vista, riuscire ad allargare quelle battaglie che riguardano le prospettive di vita dei giovani, comunque della società intera oggi e riuscire appunto a costruire - a partire da subito - delle grosse battaglie di libertà in questo paese perché è quello che serve insomma.
P.S.(Leoncavallo): Io inizierei innanzitutto rassicurando Pisapia che qua il problema non è quello di fare un processo prima di tutto perché noi nei panni del pubblico ministero non ci sentiamo proprio, in ogni caso perché comunque non emettiamo sentenze a differenza di quello che fanno i tribunali di questo stato nei nostri confronti che sono sufficientemente pesanti, quindi non ci appartiene come logica, però vorremmo invece aprire un confronto magari anche schietto su alcune questioni, per capirsi un attimino meglio soprattutto per capire cosa significa muoversi e modificare concretamente la realtà, perché si tratta di questo. Quindi dare delle risposte concrete a problemi altrettanto concreti.
Perché dico questo: perché anche noi non possiamo esimerci da un compito che è quello che di fronte al sollevarsi di alcune questioni sociali, se non si offrono delle risposte che cambiano, che mutano nel concreto, per le persone e risolvere i propri problemi, rischiamo di apparire come quelli che si fanno delle battaglie ma che risultano inconcludenti, di diffondere anche noi un po il clima di impotenza; ma cosa possiamo fare? Mi sembrava che anche dal tuo intervento e da interventi traspariva questo ossia si può anche vincere una battaglia dentro la commissione giustizia, ma se poi non diventa legge quello che sta morendo di AIDS in carcere che cosa ci guadagna, cosa cambia nella sua vita? Può dire sono morto in carcere di AIDS però è stata vinta una battaglia nella commissione giustizia? E poco purtroppo, non basta. Ora si tratta anche di capire qua laddove le disponibilità sono soggettive e come catalizzare queste disponibilità soggettive per farle diventare qualcosa di concreto, di materiale, di tangibile, perché forse sta lì il problema. Perché dico questo, perché spesso si è dibattuto ultimamente delle questioni di cui stiamo discutendo adesso, però non si riesce a capire innanzitutto quali sono i nostri interlocutori. Perché dico questo, perché i politici scaricano sulla magistratura, la magistratura scarica sui politici, cioè diciamocelo apertamente, con questa vicenda di Tangentopoli e la gestione che cè stata di Tangentopoli, in cui un corpo, un apparato dello Stato ha assunto un livello di potere altissimo dentro la società, di capacità di manovra altissima e soprattutto di capacità e di consenso intorno a sé e al suo operato altissimo, attorno a questo si è posto il problema della legalità e del suo rispetto come problema principale senza andare a capire cosa significa calare questo tipo di problematica dentro dimensioni reali, dentro problematiche che sono assolutamente reali, quindi quando si tratta per esempio di fare - come succede a Milano - 43 procedimenti giudiziari nei confronti di tutto ciò che si è mosso in questi ultimi anni il problema diventa che non cè responsabilità politica perché la magistratura, che ha la sua autonomia, interviene. Qua si parlava prima dellautonomia del politico dal sociale, ma cè anche una confusione enorme su chi debba decidere su certe questioni; non si capisce perché qunado si tratta di restringere le libertà la flessibilità della norma viene applicata e razionalizzata attraverso listituzione di una serie di leggi demergenza. Prima Pippo parlava di alcune di queste leggi nate nel 74-75 dentro una dimensione di conflitto sociale altissimo, ma questo metodo è diventato norma. Di volta in volta si costruisce unemergenza diversa e di volta in volta si costruisce una legge ad hoc che di volta in volta affronta in termini repressivi e restrittivi lemergenza restringendo ulteriormente le libertà di tutti quanti. Questo purtroppo è un dato di fatto; che cosa significa invertire la tendenza? beh, cominciare a dire che se una legge era transitoria cominciare ad abolirla. Perché la legge Reale nata nel 75 deve continuare ad esistere oggi? la motivazione è che cè un esigenza di sicurezza. Ma 450 morti per la legge Reale che cazzo di sicurezza sono? lhanno aumentata o lhanno diminuita la sicurezza? Se io quando sono fermo ad una fermata dellautobus come è accaduto a Luca Rossi rischio di morire per un proiettile vagante sparato da un poliziotto che ha litigato con due su una cinquecento, sono più sicuro o meno sicuro? Se - e cito un avvenimento della settimana scorsa perché mi interessa poi chiedere anche degli impegni di carattere soggettivo su alcune questioni - in una cittadina qui vicino che è Gallarate un ragazzo albanese di 32 anni viene ucciso da un poliziotto che spara in aria e lo prende in fronte - è drammatica come cosa - Il pomeriggio avevano arrestato la moglie al supermercato per aver rubato due magliette e una lattina di piselli, una stupidaggine praticamente, lui insieme alla bambina gira per la città, qualcuno chiama una volante, arriva prima una volante, poi ne arriva unaltra, poi non si capisce esattamente cosa succede - i poliziotti dicono: questo si avvicina con un coltello noi nella concitazione tentiamo sparare un colpo in aria e lo prendiamo in fronte -. Già è grave questo, già si tratterebbe di capire meglio cosa significa questo episodio, in più succede che il magistrato di turno decide che lagente può rimanere in servizio, non viene neanche sospeso, probabilmente con la stessa pistola che doveva essere sequestrata come corpo del reato; che le indagini vengono affidate allo stesso commissariato di cui fa parte lo stesso poliziotto che ha sparato. E già stato deciso tutto. Come si può parlare di giustizia di fronte a casi di questo genere? Indipendentemente da ciò che è accaduto, dallesatta dinamica dei fatti che noi non conosciamo perché testimoni non ce nerano a parte i morti del cimitero di fronte; per cui cosa significa materialmente? Io penso che uninterpellanza parlamentare fatta da alcuni parlamentari e dal presidente della commissione giustizia su questo che quantomeno ponga il problema della chiarezza può essere anche un impegno di carattere soggettivo che va in questo senso.
Perché dico questa cosa, perché secondo me non si capisce poi dove stanno gli impegni di carattere soggettivo o gli impegni di carattere soggettivo rischiano di rimanere chiusi dentro le discussioni del Parlamento e delle sue commissioni, fuori non se ne sa nulla, difficilmente cambia qualcosa e in questo modo, secondo me, non funziona. Si citava prima qua - apro unultima parentesi - purtroppo di fronte a questa situazione per avere tutti gli incartamenti di carattere giudiziario che ti permettano quantomeno di capire quali sono le contraddizioni nelle deposizioni dei vari poliziotti ecc. o i parenti nominano un avvocato o oggi difficilmente riesci ad avere questi dati. Io penso che ci sia anche un problema di trasparenza nellamministrazione della giustizia, questo è un altro problema di fronte a casi come questi perché poi i parenti, soprattutto quando sono albanesi, sono molto ricattabili. E quindi difficilmente si espongono.
Dico le ultime due cose poi veramente chiudo da questo punto di vista. Perché citavo questo episodio - se ne potrebbero citare molti altri - perché ritengo che in realtà qui si tratta di capire e di definire oggi quali sono gli impegni che ci prendiamo noi, perché gli impegni siano concreti, tangibili, e quali sono anche gli impegni che a cominciare da voi soggettivamente ci si può prendere per capire come sciogliere alcuni nodi di questa matassa. Facciamo un elenco schematico perché queste sono cose su cui noi in ogni caso ci muoviamo e faremo delle iniziative e continueremo a batterci.
Labolizione della legislazione demergenza è la prima cosa, cioè quindi di quelle leggi che sono state pensate allora, dovevano essere transitorie e continuano ad essere applicate oggi; di una serie di articoli, qualcuno lho sentito anche prima dellex codice Rocco, fascista, che in materia di ordine pubblico che mi sembra doveroso quantomeno per togliere una spada di Damocle sui movimenti delloggi e su quelli a venire se no è difficile poi che i movimenti ci siano; sulla questione della depenalizzazione dei reati minori si tratta di raggiungere anche qua un risultato tangibile, credibile; su una serie di questioni legate alla dimensione del carcere che vanno dal diritto alla salute allincompatibilità tra alcune malattie e la permanenza allinterno della struttura carceraria e non fare alcuni reparti confino tipo Opera che non risolvono il problema, dobbiamo dirle queste cose qui; alla questione dellaffettività e del diritto allaffettività, alla questione di non morire di leptospirosi allinterno di un carcere o non essere in dodici dentro una cella. E quindi di cercare di capire sia, oltre alla questione della depenalizzazione dei reati minori, per esempio del perché 1/3 dei detenuti sono dentro guardacaso grazie ad una legge proibizionista e quindi a tutto ciò che sta e gira intorno allo spaccio, alla circolazione e alla detenzione delle sostanze stupefacenti. E anche qua non si capisce perché una legge disastrosa fatta tra laltro da Craxi e quindi dal partito degli affari per capirsi - si tratta anche qua di mettere alcuni puntini sulle i - quindi non fatta per battere il narcotraffico, casomai per farlo guadagnare di più, produce effetti disastrosi ed è quello che riempie le carceri. Perché se a questo tipo di domande la risposta è "costruiamo altre strutture carcerarie" come a volte abbiamo sentito dire - cioè ci sono le carceri sovraffollate ne costruiamo di altre - abbiamo riempito questa regione di una serie di carceri Opera, Busto Arsizio e quantaltro e non abbiamo né affrontato, né risolto i problemi.
Finisco solo con unultima cosa. Qua prima si citava la manifestazione di Venezia però bisogna essere chiari compagni su questa cosa qui. Noi abbiamo fatto ogni sforzo perché la manifestazione di oggi fosse una manifestazione capace di catalizzare quellarco di forze, assolutamente diverse fra loro, con identità assolutamente diverse fra loro, ma che a Venezia in piazza sono scese e ci siamo sentiti rispondere - o addirittura non rispondere - di no quasi da tutti. Mi spiace, compresa Rifondazione Comunista. Va aperta una riflessione su questa cosa qui, cioè non è responsabilità certo di chi si è messo in gioco, ha messo in discussione anche alcune caratteristiche genetiche della propria storia e qui oggi ha fatto questo tipo di richiesta, ma ahimé oggi poteva essere una manifestazione che aveva un significato molto più alto di quella che è stata.
Quindi sul convegno di oggi e sul convegno di domani noi ci prendiamo un impegno che è quello di batterci su queste questioni, ce lo prendiamo comunque indipendentemente dagli altri, ma vorremmo sentire ogni tanto anche il mio impegno, anche soggettivo è questo, i limiti probabilmente sono questi qui, ma questo è il mio impegno soggettivo e su questo mi batto altrettanto.
L.C.(Centri Sociali Nord-Est): Inizio dicendo che mi è venuto in mente che qui oggi ci sono molti che mancano. Mi pare importante a Milano ricordare un mio amico, un nostro compagno che è Luca e che sta agli arresti domiciliari per vicenda di assoluta aberrazione giudiziaria, di vendetta politica, credo che questa battaglia verità e libertà abbia anche delle facce, dei nomi e dei cognomi in particolare che simboleggiano un discorso più generale. Luca è una di queste facce che tutti noi vorremmo vedere qui molto presto a discutere e a tornare a lottare con noi; credo che sia importante fare attorno al suo caso una battaglia vera, perché ci appartiene e assolutamente la logica che lo ha messo in galera appartiene a tutto quello che abbiamo detto fino adesso. Quindi io dicevo al di là di questa cosa doverosa, che certezze certamente non ne ho da dare. Mi è piaciuto, ci sono stati molti stimoli alla discussione fino adesso. Ad esempio, io provo a dare dei contributi molto parziali, tutta questa questione è legata al rapporto allinterno di questo discorso della battaglia politica sulle emergenze, sulla questione dei diritti, sulla questione appunto delle garanzie sociali allinterno di una dimensione di democrazia comtratta sempre di più allinterno di questo mondo che conosciamo ecc., del rapporto con la società civile: due parole sentiamo sempre, autonomia del politico o della politica, visto che qualcuno ha detto finalmente i centri sociali si sono messi a far politica perché partecipiamo a dei convegni, pensa te che idea cè anche tra i professionisti, io credo di averla sempre fatta, cioè è incredibile! comunque lautonomia del politico e la società civile, due cose, in mezzo che cosa cè? Ci sono delle soggettività, il primo dato di fatto che oggi verifichiamo è che noi partiamo non da una dimensione in cui ci sono i movimenti o siamo movimento, ci sono delle soggettività che a vario titolo operano allinterno di questa dicotomia società civile e autonomia del politico e cercano di produrre quello che invece naturalmente non si produrrebbe, cioè un attraversamento, un intrecciamento di questo tipo di discorso agendo sullunica leva che conosco, quella del conflitto. Ma il conflitto in termini complessivi, non il conflitto nel senso dello scontro; il conflitto è la battaglia dei sans-papiers a Parigi - ad esempio per me - che ha coinvolto larghissima parte della società francese attorno a questa battaglia enorme sui dei diritti. Su un caso specifico ha parlato al mondo di diritti universali attraverso il caso dei sans-papiers, attraverso quella chiesa, attraverso lirruzione della polizia e la reazione che cè stata ecc. Però anche questa società civile, dico io ho forti dubbi - non so se esiste questa società civile - nel senso capitemi bene: negli anni 70 quella soggettività produsse movimenti che diventarono società immediatamente, cioè prefigurarono un ragionamento che era societario, che era unalternativa vera e questo coinvolse quelle centinaia di migliaia di persone, le generazioni, come dicevamo. Oggi il vero problema è questo, come sentivo dal primo intervento: mille volontari che lavorano in un carcere e nessuno che denuncia la lectospirosi, forse questa società civile è una società civile muta non sa di essere società civile, non sa nemmeno cosa significa, sa di essere loperatore come una soggettività crede di essere movimento, e addirittura finisce col confondersi così tanto che invece di attirare le altre realtà, le differenze, la società civile, la allontana il più possibile; siamo noi, cosa volete da noi, ci siamo già noi, non serve, siamo duemila, non importa siamo duemila, però siamo noi. Ecco, allora io credo che ragionare intorno a questi due aspetti, anche per capire come si potrebbe produrre questa dinamica di intreccio allinterno di un percorso che vede nel conflitto un agente positivo, lunico agente, probabilmente, che rimane nel neoliberismo positivo per parlare di democrazia. Forse bisognerebbe ragionare intorno a queste questioni, come facciamo noi a diventare società civile, non perché dobbiamo trasformarci negli altri, ma perché dobbiamo riuscire attraverso il nostro percorso, i nostri conflitti a far si che la società civile, che la rete esistente di soggetti, come si diceva prima li chiamano il terzo settore, il volontariato, lassociazionismo ecc., che comunque questa rete esistente possa parlare, possa dire delle cose, possa sentirsi parte in causa e anche protagonista dentro una dinamica in cui il conflitto è un elemento fondamentale per tutti coloro che appunto credono che è così che si costruisce una società diversa, non quindi diventando tutti uguali ma concependo questo tipo di intrecci come un elemento fondamentale per tutti. Forse dobbiamo imparare da alcune altre esperienze, perché forse qui in Italia dove cè una grandissima tradizione di sinistra ufficiale, laltra sinistra, storica, istituzionale, extraparlamentare ecc. una lunghissima tradizione, evidentemente è successo qualcosa che non ci permette più di ragionare a questo livello. Ripeto quello che è successo in Francia sui sans-papiers non vuol dire che in Francia cè un movimento rivoluzionario extraparlamentare così forte o le soggettività di immigrati così forti da porsi come contropotere rispetto al potere costituito, vuol dire che cè stato un percorso che ha allargato talmente tanto un fatto specifico da poter produrre un ragionamento universale e un problema politico a livello centrale. Molto probabilmente gli zapatisti, Marcos, se doveva riferirsi alla società civile messicana per quello che era prima della nascita del conflitto in Chiapas, avrebbe forse avuto dei problemi analoghi ai nostri. Sta di fatto che attraverso alcuni meccanismi il conflitto, e su questo lintelligenza anche della parola, del modo di porre questi elementi, è riuscito comunque a far sollevare un po questa società civile famosa che da tutte le parti del mondo sembra assolutamente inerte; a me ha fatto impressione che è successo quello che è successo con gli albanesi e più degli slogan non siamo riusciti a produrre in Italia, ma tutti, non è una cosa semplice, una cosa passeggera. Questo dovrebbe farci pensare al fatto che veramente siamo dei pazzi, e infatti siamo un po pazzi ed è giusto, a fare una manifestazione addirittura su un elemento generale politico come quello della liberazione dei prigionieri politici-ostaggio che lo stato ha già detto che non se ne parla, addirittura facciamo manifestazioni sulla verità sulle stragi di stato e sappiamo perfettamente che chi le ha compiute siede in posti che si chiamano parlamento, sono loro anche le istituzioni, lo sappiamo perfettamente tutti, sono dentro i gangli del potere, siamo così pazzi da far questo. Forse siamo troppo pazzi perché se su una questione come quella degli albanesi, minima sul piano dei diritti umani perché quelle scene che abbiamo visto, tra laltro anche questo meccanismo mediatico offre degli spunti di riflessione sul fatto che anche loro si fanno pubblicità, devono utilizzare il loro mezzo di controllo ecc. e molto spesso - per esempio vicenda delle manganellate al Mamiani - tutta Italia ha discusso del Mamiani, cè un meccanismo che si può utilizzare da questo punto di vista, però evidentemente manca la base per poter ragionare su questo cioè il fatto del come si fa. Allora io credo, ripeto non sono certezze è un tentativo, perché mi sembra importante ragionare insieme su questo, nessuno ha la verità in tasca, però io credo che su una serie di elementi che noi abbiamo contraddistinto come emergenza - le nuove emergenze sono le emergenze che stanno contraddistinguendo le politiche sociali europee e mondiali perché se pensiamo che tutto è cambiato cambia anche in questo senso, diventa norma quello che prima era eccezione come si diceva. Forse prendere delle battaglie specifiche isolare il problema, non parlare del concetto generale che soffoca anche molto speso nella nostra incapacità di essere oggi movimento e società civile, di produrre conflitto, ma possiamo produrre delle parzialità delle indicazioni di conflitto, però alcune battaglie specifiche in questo intreccio tra lautonomia del politico, come si diceva, cioè delle soggettività che stanno dentro la commissione giustizia ecc., che penso che è bene che ci stiano altrimenti qui non ci sarebbe stato nessuno con cui parlare, tra laltro; non è che abbiamo la forza di entrare in parlamento a prendere a sberloni quelli della commissione giustizia dicendo ma quandè che metti in votazione sta legge, non ce labbiamo, detto questo io credo che sia importante il metodo con cui lavoriamo per cui lisolamento di alcune battaglie specifiche che possiamo vincere, però per una volta, che possiamo allargare come ragionamento e intreccio e che possano rappresentare lelemento delluniversalità su alcuni concetti forse è un metodo che va seguito. Ripeto il caso di Luca può essere interessante su Milano e per tutti noi anche su questo parlando delle nuove soggettività che vengono colpite da queste leggi emergenziali. Non è un caso specifico, ma allo stesso tempo è anche un caso specifico, bisogna tradurre questo tipo di elemento in una battaglia che riesca ad allargarsi, a portare altri su questa strada. Forse è anche il modo che abbiamo di porci; io lo dico chiaramente, molti cortei che facciamo forse non hanno la forza di comunicare. Voglio dire, non credo che anche da altre parti del mondo scelgano altre forme anche per comunicare questo tipo di elemento del conflitto perché sono nuovisti, ma penso perché riescono a superare quella che è una ritualità che evidentemente non funziona più, è un mimare una cosa che non cè più per cui per esempio non penso che sono dei pazzi quelli che son partiti in 1111 e si son fatti una camminata di 5000 Km, come non penso che siamo degli scoppiati noi che abbiamo occupato due treni rischiando di morire sotto le rotaie nella stazione di Milano per farlo, però ha prodotto. Forse alcuni metodi che noi utilizziamo vanno ragionati su questo, per poter allargare. Lelemento forte è essere società civile e allo stesso tempo essere con forza portatori di conflitto perché tra laltro io vi faccio notare, cè sempre una cosa che divide la società civile dal conflitto, anche nel nome così gentile e così bello, siamo abituati che chi fa il conflitto è incivile di per sé, cè sempre un elemento che deve separare questo dato: allora, il conflitto lo fanno i duri e la società civile articola, che poi significa che il conflitto i duri non lo fanno perché non sono neanche in grado di farlo, lo mimano, e la società civile non dice niente perché il proprio mestiere è fare loperatore sociale, non è certo dire che lalgerino sta morendo per lectospirosi, non li riguarda perché io faccio i progetti. Insomma questi due elementi, bisognerebbe che noi riuscissimo a farli intrecciare, è proprio un problema di futuro per tutti, anche per quelle soggettività allinterno dellassociazionismo che si stanno da una vita sbattendo dentro questo discorso. Noi vediamo che si sta sgretolando la dinamica dellinput democratico, questo è il problema, non la rivoluzione. Forse questa riflessione, non so a cosa può portare, però a me è venuta sentendo questo fatto qua. Ecco è quello che volevo dire.
R.(Comitato Amnistia - Bologna): io voglio essere brevissima, anche perché mi piaceva lintroduzione di Farina che diceva cerchiamo di arrivare anche a un ... e tra laltro credo che il limite di incontri come questo stia nel fatto che sulle questioni specifiche che vengono poi articolate, perché trattando di nuove emergenze in realtà bisogna poi dare i nomi reali alle questioni, però non si riesce ad affrontarli in maniera articolata, ognuno di questi temi richiederebbe probabilmente momenti di riflessione appunto più articolate e una sede specifica. Però è vero che in questa sede un dato che emerge un po da tutti gli interventi, che anche molti dei relatori forse anche quelli che nel momento in cui parlano quasi dallaltra parte, cioè dai processati, denunciano è lassenza di conflitto. E ora il problema dellassenza di conflitto è sicuramente, compagni, un nostro problema, è un problema reale, è un problema con cui facciamo i conti, però non sempre è la soluzione; non sempre, in realtà, quello che si identifica come conflitto può determinare quei processi, trasformazioni intendo a livello normativo. Guardiamo la questione della tossicodipendenza e della legalizzazione. Lì si può vedere questa congiunzione tra conflittualità e società civile. Voglio dire il problema della legalizzazione è diventato un problema che va oltre il problema posto da delle forme di conflittualità, è diventato costume, è diventato un modo di vivere, attraversa la società in molti suoi aspetti, non soltanto le fasce marginali; ecco più pregnante di quello, più problema che si pone alla trasformazione anche in termine legislativo credo che non si possa elencare, forse ce ne saranno tanti altri, forse oggi qui è uno dei più chiari, dei più netti, eppure su questo dallaltra parte, nonostante questa sollecitazione cè una cecità di un potere politico che ha non soltanto una forma resistenziale alla trasformazione, diventa quasi restaurativa, diventa appunto cieca.
Allora il problema dellemergenza va visto effettivamente in quello che è il suo concetto più ampio. Qui il problema non è più solo il nostro, compagni, il problema diventa anche il loro diventa veramente una questione di trasformazione sociale che investe tutti gli ambiti anche nelleconomia diciamo così della gestione legislativa di uno stato. I processi emergenzialisti, quello che si è innestato nel nostro paese a partire dalla grande emergenza antiterrorismo ha invaso totalmente la società e diventa quindi un problema che riguarda tutti i suoi aspetti perché è diventato cultura. Perché di emergenza non si parla solo nel momento in cui cè uninversione o comunque cè una trasformazione del processo penale o nel momento in cui si cercano rapide vie, molto scaltre, per affrontare le questioni di conflittualità o di contraddizioni sociali; unondata di immigrazione enorme, il problema della diffusione di alcune sostanze ecc. si cercano delle scorciatoie. Ma non è più solo quello; le norme rispetto alla tenuta politica, soprattutto nei mass-media - voglio dire quello che viene denunciato - non rimangono più semplicemente delle scaltre vie diventano cultura, tanto che ci invadono totalmente. Pensa quando tu hai elencato la questione dellimmigrazione hai detto una cosa che mi ha risvegliato, nel senso che hai detto, però ci stiamo, ci caschiamo. In realtà questo fatto di attenzione e di allarme sociale che ci porta a dire sullimmigrazione va fatta una sanatoria radicale ovviamente escluso chi fa parte della malavita organizzata, senza pensare che è la stessa dinamica che ci porta a dire che la liberalizzazione, la legalizzazione delle droghe leggere fa si che si tolga una fetta di mercato grossissimo dalle mani del traffico internazionale arrivando anche in pratica a una forma di depenalizzazione perché tutta la fascia che oggi viene considerata spaccio, ovviamente, non avrebbe più questa caratteristica. Lo stesso processo mentale dovrebbe avvenire in questo senso eppure di questa cosa abbiamo paura così come per esempio - è una domanda che voglio fare anche se di questo si parlerà domani - discutendo sulla questione dellindulto a sinistra cè stato chi ha avuto la necessità di dire alt, però non parliamo dei reati di sangue, però non parliamo delle stragi, quando il problema legato allindulto trattava di un ridimensionamento delle pene che attraverso, appunto, leggi eccezionali che avevano accompagnato un periodo preciso e particolare di questo paese avevano prodotto, al di là di quelli che erano i reati, al di là di quelle che erano, allora come oggi, la valutazione politica di quei reati; si parlava di quello, non di altro, si parlava in questi termini. Ora io credo che vada assolutamente fatta e qui non solo da parte nostra - io lo ribalto questo discorso - dico è anche un problema vostro, è un problema radicale perché affrontare oggi la questione - ne parleremo più a fondo domani - del superamento di quellemergenza significa non solo a parole mettere in discussione una cultura, oggi questo è un paese che crede a sinistra di aver ottenuto una grossa vittoria e di aver combattuto la prima repubblica perché processa dentro un tribunale Andreotti. Oggi la regolamentazione di quelle che appunto sono le problematiche poste allinterno del paese la si crede risolta o comunque affrontata più velocemente se si usano manette, schiavettoni e denunce. E questo che ci dobbiamo porre come questione; possiamo anche dire che su quella battaglia abbiamo perso. Io su questa questione che lindulto fosse chiuso - sono 9 anni, ho visto una legislatura dietro laltra riproporlo - ho visto la generosità di moltissimi parlamentari, in realtà è vero che su questa battaglia il conflitto è mancato però questo lo affrontiamo domani, quello che però volevo chiederti, Giuliano, è questo: ti ho sentito anche in unaltra sede affermare questa cosa che ripeto per me era molto chiara, noi a suo tempo avevamo fatto anche altre proposte perché la questione venisse spostata - non si poteva correre continuamente dietro ai parlamentari così come abbiamo fatto tutti - chiedendo fate andare avanti questo, fate andare in commissione, cercate di metterla in calendario ecc., non era quello che mancava, era ben altro - e qui dovremmo riflettere noi si - ma il tipo di riflessione ti ho sentito già due volte io vorrei che ci dessi un argomento in più, qual è il tipo di riflessione che tu dici sia oggi necessario, oppure dacci qualche elemento, chiuso lindulto buttiamo via la chiave oppure qual è laltro elemento?
SALVATORE PALIDDA: Io vorrei dire innanzitutto due cose sul discorso che ha fatto Giuliano Pisapia. Io rispetto il suo discorso, capisco che nellattuale situazione dei rapporti di forza che ci sono in parlamento e nel paese i deputati democratici ed effettivamente di sinistra - e non sono da limitare solo allarea di Rifondazione, ma è vero che su certi aspetti ci sono anche altri deputati che sarebbero disponibili a fare certe battaglie e ci hanno messo la loro buona volontà e via dicendo - però mi sembra che non si possa dire che è stato fatto limpossibile o tutto quello che era possibile. Questo non è un rimprovero, non è unaccusa o una cosa che cade solo su di loro, cade anche su di noi e non per salvare Pisapia o per fair play o cose del genere, ma è vero che in Italia non abbiamo una grande tradizione di lotte per i diritti civili, per i diritti universali. La sinistra e il movimento operaio, purtroppo, ha trascurato questa questione delle grandi battaglie per le garanzie dei diritti fondamentali, e cè ancora oggi una scarsa attenzione a quelli che sono i meccanismi fondamentali attraverso cui avvengono delle dinamiche perverse, in senso autoritario, della ridefinizione dellordine economico, sociale, politico e culturale. Per esempio, non solo nella battaglia sulla crisi di governo o il welfare si è ignorato di fatto, mi sembra, questa questione dello squilibrio crescente tra risorse allocate alle risposte repressivo-penali e risorse allocate alle risposte sociali perché la riforma del welfare non è solo la sanità, non è solo le pensioni, mi dispiace e questo è credo un grave limite della sinistra italiana, di tutti i democratici che non hanno capito che oggi, nella congiuntura attuale di passaggio alla società post-industriale e tutto il resto, il problema è questa accentuazione dello squilibrio tra risposte repressivo-penali e risposte sociali che si traduce in criminalizzazione dellesclusione sociale e in tutti i meccanismi perversi che sappiamo. Per esempio la legge sullimmigrazione, io non sono daccordo che si possa considerare una buona legge, perché anche se andiamo a guardare quegli aspetti che riguardano la garanzia dei diritti universali è spaventoso: in Italia di fatto non solo non esiste pratica e diritto dasilo riconosciuto, diritto ai rifugiati, pensiamo alla vicenda dei curdi, pensiamo alla vicenda - giustamente Agnoletto ha detto una delle cose più vergognose che è successa negli ultimi anni è la storia della nave affondata - è un crimine, è una strage di cui, mi dispiace, il primo responsabile politico è il governo, non si scappa, perché è il governo che ha ordinato di fare alle navi di stringere la morsa del controllo di quello spazio. Quello che stanno facendo ugualmente le nostre forze navali nelle acque territoriali è totalmente illegale. Mi dispiace, ma nessun sta sollevando questa questione; i nostri intellettuali, del resto sappiamo che sono spesso latitanti; la gran parte degli intellettuali. Basti pensare che alcuni famosi filosofi della sinistra sulla vicenda dei sassi dal cavalcavia sono arrivati al punto di chiedere la reintroduzione delle pene corporali, questo dice tutto. Però andiamo a vedere esattamente su che cosa si può incidere e come incidere, per non restare nella sensazione di impotenza che è la cosa più grave che in questo momento ci colpisce. Prendiamo la questione della discrezionalità e dellarbitrio assoluto con cui operano di fatto non solo le forze di polizia, ma anche i magistrati. Nessuna delle leggi attuali garantisce di fatto la possibilità di rivendicare, di chiedere trasparenza alloperato delle forze di polizia e della magistratura, di chiedere la presenza di figure di garanzia dei diritti. Per esempio perché nellufficio stranieri della questura, visto e considerato che il problema emigrazione è solo un problema di polizia e si dà ancora alle questure la gestione del permesso di soggiorno ecc. - perché in questi stessi uffici non si garantisce la presenza di un avvocato, di un garante civico a garanzia dei diritti degli immigrati? Perché questa legge ha evitato - io ricordo che al momento del grande battage per la presentazione di questa legge al convegno di Torino, io ero un relatore, mi avevano chiesto una relazione sulla questione immigrazione e problemi della sicurezza urbana, avevo detto che se cera un problema era innanzitutto questo, di garantire che la discrezionalità della polizia non diventasse arbitraria, non diventasse discriminazione, non diventasse azione che di fatto incide nei processi di etnicizzazione, di razializzazione dellimmigrato. Se oggi la maggioranza degli arrestati per diller di strada, a volte con piccolissime dosi, stiamo facendo unindagine sistematica su tutti i processi per direttissima a Milano, e vedrete che ci sono dati impressionanti da questo punto di vista, Pelazza accennava a qualcosa del genere, ma si vede chiaramente la maggioranza sono diventati marocchini e tunisini, ma perché?. Questo corrisponde esattamente a dei processi di razializzazione, di etnicizzazione non solo in alcuni segmenti del mercato del lavoro, ma anche nelle attività illegali; un fenomeno tipico - come sappiamo negli Stati Uniti due giovani neri su tre sono stati in carcere, sono tossicodipendenti e via dicendo - che ha unaccelerazione impressionante ricordo che tre anni fa a S. Vittore nel settore riservato ai tossici gli immigrati erano pochissimi, rari, adesso sono sempre più numerosi, addirittura la maggioranza. Quindi questi sono chiari indicatori dei processi di ridefinizione di questo ordine economico, sociale e politico di questa società liberale, post-industriale ecc. Come pure unaltra cosa: la conversione poliziesca delle politiche di cooperazione. Si dice noi chiuderemo le frontiere in maniera rigida però li aiuteremo nel loro paese, in Albania daremo tanti aiuti e via dicendo. Però gli unici aiuti che si stanno vedendo - nessuno ne parla molto - è quello di trasformare la polizia albanese in unappendice della polizia italiana per fare il lavoro a monte rispetto a quello che deve fare a valle la polizia italiana. Allora questa è diventata la politica migratoria - a questo accennava pure Pelazza - ed è la stessa politica, tra laltro, che si stanno facendo la Germania con le polizie in Polonia, in Ucraina, in Romania, in Ungheria e via dicendo, cioè tutta questa gradazione delle frontiere per "sicurizzare" ancora di più lEuropa dominante rispetto a società dominate che sono sempre più in una situazione di degrado oppure diventano delle enclave dove si delocalizzano certe nostre imprese, che in ogni caso sono sempre meno controllate, di cui non si sa bene fino a che punto trafficano nelle combinazioni tra legale e illegale, droghe e via dicendo che però si attribuisce agli albanesi , ovviamente, o ai marocchini, ai tunisini, ecc. E allora io dico è vero i nostri amici deputati, senatori hanno fatto del loro meglio e gli va riconosciuta una perfetta buona volontà e fanno limpossibile, però allora rafforziamo di più linterazione tra chi sul campo si confronta nel corpo a corpo quotidiano con questi effetti catastrofici della tendenza alla criminalizzazione e allesclusione sociale e da questo rafforzamento dellinterazione tra noi e loro vediamo che cosa può nascere. Devo dire che da questo punto di vista due cose bisognerebbe evitare, perché mi sembra che in molti interventi ci siano due cose abbastanza discutibili e cioè: uno lillusione che la legge di per sé faccia dei miracoli, la legge di per sé non trasforma niente, soprattutto in Italia dove la traduzione della legge in pratica, in applicazioni concrete con garanzie democratiche non è assolutamente mai stata scontata. La legge sullimmigrazione che voterà il parlamento, se la voterà, poi bisogna vedere quali saranno i decreti di applicazione, quali saranno le circolari interne, come la interpreteranno e qui cè tutto il discorso della flessibilità del diritto che è tipica in questa fase, tra laltro dello sviluppo liberista anche nel campo giudiziario, che è estremamente grave. Allora è lì che bisogna cercare di intervenire, ma non illudendosi che i movimenti sociali o i conflitti si costruiscono o si inventano, mi dispiace ma la storia dellumanità ce lo ha insegnato; se credete ancora al paradigma leninista per cui il soggetto rivoluzionario crea il movimento allora possiamo aspettare ancora duemila anni o chissà non lo so per quale miracolo o per virtù dello spirito santo dovremmo essere noi oggi in grado di inventare i movimenti sociali o i conflitti. I movimenti sociali o i conflitti si creano solo se in certe date situazioni dei meccanismi di andamento di questa società si creano situazioni di rottura. Oggi purtroppo i processi di segmentazione eterogenea della società rendono molto più difficili le dinamiche collettive e questa è la ragione vera dellimpasse. Allora in questo contesto ancora di più bisogna cercare semplicemente, con modestia e sporcandosi le mani nel quotidiano di cercare quello che facciamo, se si può fare, per contrastare questandamento dei processi involutivi e autoritari. Per esempio a questo proposito piccola cosa stiamo cercando alcuni di noi di creare Antigone milanese, nel tentativo di poter quanto meno creare una certa sinergia tra tutti quelli, centri sociali, associazioni e quantaltro che vogliono contrastare tutte le forme di discriminazione e di razzismi che ripeto riguardano anche gli autoctoni e quanto meno creare un minimo di coagulo tra per esempio tutti gli avvocati ed alcuni magistrati democratici che ci sono in questa città. Questo è un elemento che potrebbe far evitare la dispersione attuale come in altri casi; per esempio tutto il problema della raccolta delle denunce ma anche dellaiuto alle vittime che ognuno si fa per conto proprio potrebbe funzionare meglio se ci fosse un minimo più di rete tra le varie associazioni, centri sociali ecc.
VITTORIO AGNOLETTO: Io ero stimolato a rendere alcune cose che sono uscite sul dibattito e che magari vedo in un modo un po diverso. E ovviamente non entro nel dibattito su cui altri hanno delle loro specializzazioni. Però mi sembra interessante soffermarsi un momento su un pezzo del dibattito generale politico complessivo. Io comincio col dire che se parliamo, esempio, di detenuti politici accetto la categoria che questa è unemergenza, ma non sono invece disposto a considerare le politiche sociali dei dati di emergenza. Cioè anche il discorso che facevo prima su sistema politico e meccanismi sociali proponendo dei ragionamenti dal mio punto di vista in termini strutturali. Quindi processi che vengono da lontano, che vanno lontano, io credo che le politiche sociali non siano unemergenza, siano un dato di fatto con cui dovremo convivere. La questione emigrazione è una questione strutturale e quindi dobbiamo affrontarla come tutte le questioni, oggi è lAIDS domani sarà unaltra cosa e via dicendo la tossicodipendenza, sono questioni che sotto forme diverse si riproporranno, in discussione cè un modello di società, in discussione cè una battaglia di tipo culturale, e io trovo riduttivo ridurre tutto a dati di emergenza anche perché è una categoria culturale che non mi appartiene, che è stata prodotta da altre parti e che poi ha avuto una sua versione legislativa che mi appartiene ancora di meno. Così come, capiamoci, io non credo alla categoria della società civile, io ho parlato dellautonomia del sociale, la società civile come categoria è uninvenzione borghese nel senso classico della parola borghese di un determinato tipo di società che rivendicava, tra laltro, in termini di società civile lautonomia degli intellettuali, dei tecnici, degli scienziati del potere politico riproponendone la loro neutralità. Questa è lorigine culturale del concetto di società civile. Credo abbia dimostrato che non esiste come soggetto politico interlocutore e via dicendo. Così come rispetto allintervento che cè stato, non è che voglio essere pessimista, ma è illusorio il pensare che modifichiamo il terzo settore. Dentro il terzo settore ci sono diversità enormi luna dallaltra, un pezzo del terzo settore è nato per - e un altro pezzo lo è diventato per - sedare le contraddizioni sociali, come controllo sociale, perché questa è la contraddizione che cè nella figura strutturale delloperatore sociale: persona che è in grado di cogliere le contraddizioni, di dar voce a chi non ce lha, di aprire dei conflitti o persona che è in grado di controllare e di evitare che i conflitti raggiungano certi livelli di espressione perché in qualche modo trova delle mediazioni? Allora a livello individuale è anche la contraddizione che ti trovi sempre a dover giocare quando segui una persona devi trovare delle situazioni per lei, devi far esplodere il caso; adesso in queste ore stiamo discutendo se facciamo un casino bestiale su un bambino ritenuto sieropositivo che è stato rifiutato da unassociazione e da una scuola oppure no perché di mezzo cè il problema della tutela del bambino ed è un bel casino questo. La contraddizione dentro il terzo settore è in parte come nascita di associazioni, strutture, e in più questo momento politico stretto ha una forte forza di attrazione verso alcune di queste realtà che rinunciano a sviluppare meccanismi di conflitti sociali per poter sedere ad un tavolo di ridistribuzione di risorse e di riorganizzazione del welfare in una versione del privato sociale contrapposto alla visione del privato. Io credo ci siano altri tipi di soluzioni che non è per forza quella totalmente statalista. Però non credo che si debba ridurre tra privato sociale e privato. Quindi anche dentro a queste figure del terzo settore ci sono situazioni e cose diverse.
Allora il problema, a mio parere, è come noi riusciamo a garantire unautonomia del sociale lì dove - per la precisione intendo unautonomia del conflitto sociale e dellorganizzazione di alcuni soggetti sociali - anche in termini di soggettività collettiva e come questa autonomia di soggettività e di pezzi di soggetti sociali riesce a bucare il mondo politico e il mondo mediatico. E da questo punto di vista quando io parlo di utilizzo di pezzi del mondo politico, non tolgo, ma restituisco dignità a quei pezzi che consapevolmente sono disponibili ad essere usati e danno suggerimenti su come essere usati; tuttaltro che togliere dignità, perché ci servono. Da questo punto di vista - non mi ricordo chi lo ha fatto - è vero che probabilmente non tanto nel titolo della giornata di oggi, ma quanto in generale, io non credo che la fase politica oggi sia quella della trasformazione complessiva, il problema è dal mio punto di vista - per quello che è fattibile, non per quello che vorrei, per quello che oggi è fattibile - come riesco a lavorare su delle parzialità, a rendere evidenti queste parzialità, e a trasformare le battaglie ed eventuali conquiste che faccio su quelle parzialità su un passo avanti molto più generale che non si riduce su quella parzialità. La banalizzo, ovviamente dal mio punto di vista di settore; come riesco ad ottenere una legge di incompatibilità tra malato di AIDS e carcere utilizzando una specificità forte in termini mediatici, perché lavversario mi ha creato un meccanismo culturale di allarme sociale enorme su questo e come questa battaglia, quando la ottengo, la trasformo e la riesco ad allargare in un discorso culturale, di sensibilizzazione e poi di battaglia concreta sul diritto alla salute per tutti e non farla diventare una battaglia corporativa sullAIDS. Questo è quello che separa - non che confligge, i conflitti li abbiamo sul potere delle case farmaceutiche ed altre robe - anche nel mondo dellAIDS modi diversi di essere associazione, perché posso diventare corporativo; ma qui che non sto discutendo di AIDS, ma di politica in generale, rivendico il valore della parzialità laddove non diventa corporativismo, ma diventa capacità di trasformazione culturale e attraverso la parzialità di porre poi, dopo, un problema generale sapendo che oggi non ho la forza per porre un problema di trasformazione generale come elemento allordine del giorno, operativo. Devo mantenere lautonomia culturale di elaborare un percorso generale, ma sicuramente non siamo in una fase di questo tipo perché non siamo in una fase di governo di sinistra mosso da grandi masse ecc., siamo in tuttaltra situazione. E allora da questo punto di vista laltro corno del problema che è stato in qualche modo accennato in queste riflessioni generali è la questione dei media, anche qui non è un problema di dire vanno bene o vanno male. La grossa scommessa su cui noi come associazione abbiamo avuto un dibattito fortissimo, perché la vicenda dellinterruzione di piazza Navona e altre vicende mediatiche che abbiamo costruito, non è che sono nate così. Come riusciamo anche qui a utilizzare un mondo mediatico senza più di tanto esserne usati, sapendo che in parte ne siamo usati, ma facendo si che dentro levento mediatico riesco comunque a costruire radicalità e diffusione sociale. Perché altrimenti la pagina patinata o la bella trasmissione televisiva non mi produce assolutamente nulla; cioè posso andare a fare casino relativamente alle case farmaceutiche, ma se non sono in grado di andare ad occupare la Farmindustria o cose di questo tipo mi rimane un evento che copre qualche pagina di giornale e quindi è finito lì, non ottiene passi concreti. Ma soprattutto non mi sviluppa coscienza, cioè il fatto che se ne discute perché è in televisione può innestare qualche meccanismo di cambiamento, ma non automaticamente il cambiamento concreto mi costruisce coscienza collettiva. Allora come utilizzo questo strumento televisivo, ma come nello stesso tempo non ne divento io solo, puro e semplice strumento e come non è una rinuncia alla lotta complessiva, generale, della radicalità sociale. E la critica più grossa, non in termini di contenuti, ma di dato strutturale allUlivo, alla compagine di governo in questo momento, la logica DAlemiana, per esempio, è che tutto nasce e si esaurisce unicamente in un confronto mediatico e che levento esiste o non cè se sono lì per cui poi la trasformazione di un partito - adesso sto parlando di fatti strutturali e non di linea di quel partito - il partito leggero, il partito che non ha più nessun meccanismo neanche di democrazia interna, avviene perché lo sostituisco con gli eventi televisivi, con gli eventi giornalistici. Questo mi sembra il problema di oggi; allora, chiudendo, questo pezzo di riflessione, volevo dire mi radico sulla parzialità e la faccio diventare elemento politico; da questo punto di vista, non so se sono io che do una lettura sbagliata, ma mi sembra che in qualche modo è anche il pezzo di percorso che su alcune cose è stato fatto dai centri sociali che hanno scelto alcune parzialità da far diventare battaglia generale e si sono riservati lautonomia della riflessione politica complessiva, anche quando hanno fatto dei passaggi che io ho letto in chiave tattica, almeno questa è stata la lettura che ne ho fatto. Allora dentro questo ragionamento che ho voluto proporre ci sono alcune battaglie concrete che dal mio punto di vista sono elementi che possono bucare in qualche modo il sistema mediatico e forse anche il sistema politico ma che comunque io pongo come elementi allordine del giorno; uno lho già detto è quello della salute in carcere. Poi ho segnato un percorso soggettivo di come riteniamo di arrivare ad alcune cose, ma la salute in carcere in generale va ben oltre lAIDS; cè gente con tumori, cè gente che è paralizzata, cè gente a cui mancano due arti che ho visto in carcere in condizioni disperate che neanche può scendere a prendere lora daria, queste sono le situazioni. La sanità penitenziaria è un grosso problema.
La seconda questione su cui noi dobbiamo riuscire ad ottenere qualcosa dal mio punto di vista è tutta la vicenda relativa alla tossicodipendenza. Anche qui si è costruito in un rapporto dialettico, con i centri sociali - e in quel caso lì eravamo proprio operatori del settore - la conferenza di Napoli, ma dalla conferenza di Napoli in poi non è venuto più niente. Allora riporre il problema immediato che le strategie di riduzione del danno diventino generalizzate in tutte le USL o ASL come le vogliamo chiamare, e che cosa banale, lo sapete che in Lombardia non si può avere sulle unità mobili lArcan che salva dalle overdosi? Lo puoi avere a Roma dove lho visto usare da Villa Maraini, lo puoi avere a Torino dove lo usa il Gruppo Abele, ma in Lombardia lArcan non ci può essere perché le unità mobili sono un progetto sociale e se usano lArcan diventano un progetto sanitario per cui se trovi uno in overdose gli dai due sberlotti e assisti che se ne va perché non hai lArcan da utilizzare. Allora sono alcune battaglie - adesso ho fatto un esempio tecnico ma semplice sulla tossicodipendenza, e dentro ci sta la questione grossa delle droghe leggere - che se riesci a metterle allordine del giorno dellagenda politica generale, non di quella solo parlamentare, secondo me possono produrre dei passaggi culturali in avanti perché sicuramente - e su questo son daccordo - culturalmente, come modo di pensare, di concepire la società siamo ampiamente minoranza della minoranza della minoranza, quindi il percorso io lo vedo in tempi lunghi attraverso la scelta di alcune battaglie specifiche.
GIULIANO PISAPIA: Io credo che questo confronto e questo percorso che continua sia profondamente utile per tutti e sicuramente lo è per me. Non voglio fare recriminazioni di nessun tipo, e quindi le cose che dico prendetele proprio, come necessità di una riflessione comune e di una presa datto di una realtà purtroppo povera su certi punti. Si è parlato del gravissimo fatto - penso di essere stato il primo a prendere una posizione durissima contro il governo - dei cittadini albanesi affondati in una maniera che nessun governo civile poteva neppure supporre, eppure devo anche ricordare che quando, poche settimane dopo, su un appello della Rete Antirazzista e di tutte le associazioni del volontariato si è voluta fare una manifestazione di massa a Brindisi cerano 300 persone di cui 40 deputati. E non posso neanche dimenticare e lo dico ripeto senza assolutamente nessuna volontà di recriminare, ma solo nellinteresse di tutti e nello sforzo comune di riflettere, e soprattutto per sottolineare limportanza invece di questa presenza che io credo, significativa e massiccia di oggi che, a fronte dello sciopero della fame dei detenuti nelle carceri italiane le mobilitazioni che hanno fatto tutte le associazioni di volontariato a Roma, con sit-in davanti al ministero e al parlamento non raccoglievano più di 30-40 persone. Molti di più ce ne sono state ad esempio nel convegno che noi, insieme a loro, invitando ad esempio - potrà far ridere ma è importante - la Caritas, la società di S. Vincenzo de Paoli ed altro, abbiamo fatto sullo stesso tema cercando di creare quella unità dazione su un punto su cui avevamo un obiettivo comune. E ancora non posso non ricordare che quando si parlava e si votava sugli extracomunitari abbiamo ottenuto che alle frontiere ci sia il diritto allassistenza legale nei confronti delle persone che potevano essere espulse, labbiamo ottenuto; ma quando si votava per quella legge io mi sono alzato in aula numerose volte per difendere determinati diritti che ritenevo assolutamente normali che era assolutamente illogico mettere in dubbio, e tutta una serie di emendamenti non hanno avuto più di 44 voti, su altri abbiamo vinto, però fuori da Montecitorio non cerano i compagni, ma cera una forte mobilitazione di Alleanza Nazionale. Questo per dire che in questa situazione non è vero che non è stato fatto nulla, condivido perfettamente il problema che è fondamentale, ma per tutti, per voi e per noi, per evitare le frustrazioni, ma soprattutto per evitare la sconfitta, ottenere dei successi; basta solo con le battaglie perse che pur vale la pena di combattere, ma dobbiamo avere accanto anche a delle battaglie perse - che pur vale la pena di combattere - anche delle battaglie vinte. Io credo che non possiamo dimenticare, ad esempio, lapprovazione della legge della messa al bando delle mine antiuomo, se ne parlava da tanto, ora è legge dello stato; e su questo si è creata una splendida sintonia fra associazioni, specialmente "Emergency" che lavorava su quel tema, e i parlamentari sensibili, che hanno portato ad un successo. O ancora la legge sulla privacy, guardate che è una legge fondamentale, non è un caso che è tanto attaccata da banche, da Confindustria, da Assolombarda e così via, perché riguarda tutti noi e soprattutto riguarda i soggetti antagonisti. E ancora il fatto che un terzo dei reati previsti dal codice penale non saranno più penalizzati e sanzionati col carcere, e ancora e nel contempo - e arrivo poi allemergenza - assieme a questo maggiori garanzie per tutti, leggi dello stato e un altro punto è fondamentale: è vero non siamo riusciti tutti assieme a cancellare le leggi dellemergenza, però da un anno e mezzo a questa parte di leggi demergenza non ce ne sono più e di sollecitazioni, di pressioni, ne abbiamo avute a iosa: dai sassi dei cavalcavia - quante proposte di legge che prevedevano lergastolo in quel caso - al problema della pena di morte, al problema dei sequestri di persona, quante spinte a nuove legislazioni di emergenza. O al problema della mafia, anche lì emergenza enorme, però in compenso stiamo tentando di lavorare rispetto a una legge sui collaboratori di giustizia che garantisca sì la collaborazione, ma garantisca anche a chi è accusato, talvolta giustamente ma talvolta anche ingiustamente dai collaboratori di giustizia. E ancora e finisco, il problema della pedofilia. Ma voi pensate che su questo tema, che oltretutto non è un crimine di per sé stesso, ma che oggi ormai appare un crimine il solo fatto della pedofilia, non il fatto di commettere dei reati connessi alla pedofilia, voi non pensate le pressioni che abbiamo avuto in Parlamento per legislazioni di emergenza, noi su questo tema abbiamo iniziato un percorso che partiva da sei proposte di legge che prevedevano una pena da 6 a 12 anni per chi deteneva una cassetta pornografica in cui era coinvolto un minore. Eppure credo che abbiamo approvato una legge che è tutto fuorché emergenza, perché è una legge equilibrata, che prevede anche per la prima volta - grande segno di civiltà - il reinserimento da parte dello stato, chiaramente su richiesta dellinteressato, per chi a sua volta ha subito violenza e per questo ha problemi di carattere psicologico.
Ecco questo per dire che è importante il reciproco rispetto, ma soprattutto la reciproca conoscenza di quello che si fa, perché quello che temo è che spesso da parte non nostra, io penso che - per un problema di amicizie e di rapporti conosco bene il lavoro vostro, e molti conoscono il lavoro mio - il problema è di creare ancor di più questi momenti di incontro in piazza - ma anche perché forse sono altrettanto utili - di confronto come questi per una reciproca informazione perché spesso è la disinformazione che crea non solo dubbi e perplessità, ma rende più difficile il percorso comune. Allora io veramente chiudo ringraziando chi ha organizzato questo confronto ben felice - posso dirlo a costo di far saltare il governo, si stava votando la finanziaria ho fatto una scelta speriamo di non avere conseguenze negative sotto altri profili - di venire qua a confrontarmi con voi, a sviluppare confronto.
Non rispondo poi al discorso sullindulto perché penso dovrà essere un tema di domani quello e bisogna trovare una soluzione su quel tema o almeno iniziare a riflettere su una soluzione. Ecco quello che è fondamentale secondo me, ripeto, è trovare punti comuni che abbiano prospettive di successo. Alcune le abbiamo trovate, facevo il discorso delle mine antiuomo, altre le possiamo trovare; riflettiamoci insieme, confrontiamoci e sui quei punti in comune partiamo con una mobilitazione che può portare al successo.
GIUSEPPE PELAZZA: io non so bene cosa ho da dire nel senso che quando si partecipa a un dibattito sono delle riflessioni che emergono come delle bolle da una palude, fanno plop, vengono su, hai unidea, poi ne passa unaltra, ma è difficile fare un discorso organico; quindi solo rapidamente alcune di queste bolle che fanno plop. Laspetto di questa estrema attenzione alla politica intesa quasi come per campagne per ottenere determinati risultati che abbiano poi una loro traduzione sul piano legislativo: questo mi lascia molto perplesso. Ad esempio, condivido losservazione di Palidda che se non sbaglio diceva attenzione, è unillusione che la legge di per sé faccia miracoli e nello stesso tempo è anche mistificatorio, cioè cè il rischio per chi non è dentro le istituzioni di cadere in una logica completamente sbagliata; è un segno di estrema debolezza quello di lottare per ottenere delle modifiche legislative. Daccordo siamo in una situazione di estrema debolezza però cerchiamo di costruire qualcosa e, allora, secondo me la logica che ci deve muovere non può essere quella di procedere per campagne; unabrogazione di qua, una innovazione legislativa di là. Su questo, io ho la massima stima e ammirazione per lattività che svolge Giuliano Pisapia, ma quella è sua specifica, è lui che deve vivere il dramma dello sdoppiamento, di essere dentro la commissione giustizia, addirittura presidente, e di condividere le tematiche dei movimenti. Ma i movimenti non possono essere dentro la commissione giustizia e farsi carico del problema degli equilibri e dellottenibilità di determinati provvedimenti legislativi. I movimenti devono lottare per la realizzazione di bisogni, di esigenze concrete di settori i più larghi possibili della popolazione. E su questo, mi rifaccio a Palidda e alla sua citazione di Darhendorf, in un contesto in cui addirittura il 40% della popolazione è minacciata di esclusione sociale cè vasto materiale, vasto territorio in cui galoppare per cercare di ottenere la realizzazione di bisogni a prescindere dalle leggi. Cioè non è che io dica che cè un problema di fottersene della legalità e privilegiare lillegalità, non è questo, perché questo è un falso problema. Io ricordo la legge Valpreda, la legge che modifica la libertà provvisoria, la concedibilità della libertà provvisoria per gravi reati; una legge del 71 se ricordo giusto. Non è che il movimento avesse come obiettivo la modifica della legge sulla libertà provvisoria, il movimento aveva come obiettivo la liberazione di Valpreda, perché la strage era di stato e Valpreda era innocente. La risposta che lapparato governativo e parlamentare ha dato è fare una legge sulla libertà provvisoria che era specifica su quel caso, tantè vero che venne chiamata legge Valpreda. I movimenti degli anni 70 non è che si ponevano il problema dellabrogazione delle leggi, la 633 o che diavolo è quello sullinvasione degli edifici e dei terreni. Le occupazioni di case venivano fatte e non cera la forza politica da parte della controparte di fare gli sgomberi. E i procuratori della Repubblica si inventavano le indagini, allora, sullesistenza dello stato di necessità da parte degli occupanti, per cui partiva unistruttoria lunghissima delegata alla polizia che interrogava tutti gli occupanti, non per criminalizzarli, ma per verificare se pagavano la GESCAL, se avevano quindi diritto alla casa, se avevano fatto domanda regolare, si facevano istruttorie sul perché quelle case popolari erano state costruite e però i bandi di assegnazione erano rivolte a determinate fasce sociali. Allora dico in quel contesto avrebbe anche avuto un senso porsi labrogazione del 633, ma in un contesto in cui sei molto debole va bene come cosa estremamente difensiva che tu fai en passant, cercando di costruire qualcosa, ma non costruisci su delle modifiche legislative o istituzionali che partano come tuo obiettivo principale. Diversamente si ha uno snaturamento, secondo me, del fare politica, una istituzionalizzazione di movimenti e un privilegiare nei fatti, in modo che entra poi nelle coscienze della gente, che questo tipo di modello di stato, con alcuni correttivi, con alcune azioni di maggior consapevolezza, o di maggior sensibilità sociale è una cosa che può funzionare. Non so è un segno dei tempi, io mi ricordo quando facevo il liceo bazzicavo la S. Vincenzo. E terrificante che oggi uno ci si ritrovi la S. Vincenzo a fianco in iniziative che dovrebbero essere politiche, che dovrebbero essere di soddisfazione di bisogni e di cambiamento sociale. Dico ben venga che la S. Vincenzo ci sia a fianco, ma non puoi fare delle campagne per ottenere determinati risultati che enti assistenziali, umanitari - che ben venga che ci siano, però sono altra cosa rispetto a chi si occupa di politica. E, in quadro in cui, secondo me per come sento, il capitalismo non è altro che pervaso da una furia distruttrice di tutto e di se stesso e allora è su questo terreno che bisogna essere capaci di dare una risposta, su come opporsi a questa furia distruttrice che, proprio perché è distruttrice, va a toccare vastissime masse. E allora porsi in questa logica, con questa capacità e riuscire a creare su quello, è chiaro godendosi ....
G. PISAPIA: io parlavo di obiettivi comuni....
G. PELAZZA: io non ho nessun tipo di polemica con te, Giuliano, figurati, te lho detto, è unattestazione di stima e rispetto per il lavoro che fai, sincera e tutto quanto. Nello stesso tempo, però, è anche franchezza. La questione dellemergenzialità, le leggi emergenziali oggi non stanno passando: non è un problema di emergenzialità, è un progetto politico che è in corso. Ad esempio sul piano del processo penale si discute e fra poco entrerà in vigore, la questione delle teleconferenze, è allordine del giorno e prima o poi passerà; è proprio la distruzione del processo e della salvaguardia dei diritti minimi dellimputato che deve essere presente al suo processo fisicamente per potersi rapportare al suo difensore in ordine a quello che succede nellaula. Il processo per teleconferenza vuol dire che il detenuto sta allAsinara piuttosto che a Pianosa o meno - non il collaborante - il detenuto imputato se ne sta lì e formalmente si vede in televisione il processo che lo riguarda senza alcun tipo di possibilità di rapporto diretto e riservato con chi lo difende, secondo me.
E poi lemergenzialità è un falso problema; è la linea di tendenza; anche tutti i progetti che ci sono sullaumento dei riti alternativi, i patteggiamenti allargati e così via, per come lo vedo, io sono in quel senso che dicevo prima di rimodellamento sofisticato della repressione penale attraverso un meccanismo per cui chi si difende e rifiuta il rito abbreviato, il patteggiamento e così via, è colpevole e imputato di un reato che non viene detto, di ostacolo alla celerità dellamministrazione della giustizia e perché vuole ancora servirsi del vecchio schema in cui limputato, il suo fondamentale diritto è quello di negare laddebito e di contestare il ruolo di chi lo accusa. Per questa serie di aspetti ho le mie perplessità sul fatto che non ci siano aspetti di emergenzialità nella produzione legislativa o nei disegni di legge che oggi ci sono in pentola in Parlamento. Però il nodo di fondo che io vedo è proprio in questaspetto qui: estrema attenzione nel non cadere nella trappola di campagne per modifiche legislative che senza un cambiamento dei rapporti di forza contano poi ben poco e relativamente. Nello stesso tempo senza essere poi suicidi e gioire - se passa la roba sulle mine antiuomo è un segno molto positivo, ben venga, ma non si può procedere allo stesso tempo per campagne - il problema è complessivo, sono la quantità di ordigni nucleari che ci sono nella base di Aviano e la extraterritorialità delle basi USA alla Maddalena e il far parte dello schema difensivo italiano come testa di ponte verso il Medio Oriente con un cambiamento di ruoli che tu leggi, per cui lItalia deve occuparsi della Libia, la Spagna del Marocco, la Francia dellAlgeria, in previsione dei futuri conflitti che ci saranno con queste aree geografiche. Allora se in questa voglia di costruire qualcosa di completamente diverso da questo progetto riesci a cogliere dei risultati che ti servono perché ti fanno sopravvivere: labrogazione del reato di adunata sediziosa o di oltraggio sono molto contento che ci sono e meritano anche un impegno, un qualcosa, ma non meritano che unattività politica di settori sociali o di movimenti proceda per campagne su obiettivi istituzionali. A mio giudizio questo sarebbe estremamente pericoloso, se non suicida.
DOMANDA: e la battaglia sullindulto?
G. PELAZZA: A me sta benissimo la battaglia per lindulto, ma non può essere significativa di unidentità politica di un movimento. E dentro, infatti, viene collocata dentro un certo tipo di contesto che è per una battaglia complessiva di ricreazione e ricostruzione di libertà e quindi non è un problema di cadere nella trappola rifiuto della lotta sindacale, del miglioramento dellaumento della busta paga, quello lo rifiuto perché voglio prendere il potere in fabbrica; cerco di avere il miglioramento della busta paga, la diminuzione del cottimo, un ambiente meno nocivo in fonderia, però nello stesso tempo mi pongo il problema del comando in fabbrica e dellorganizzazione capitalistica del lavoro.
D.F.: Ecco adesso abbiamo finito con i relatori, e tra poco ci buttano fuori dalla sala. Alcuni compagni hanno composto una forma di mozione, molto banale, non la mettiamo ai voti la leggiamo, perfettibile quindi anche nel dibattito post di questa prima giornata di convegno, perché poi verrà sottoposta in realtà come lettura alla giornata di domani.
Invito i compagni che hanno composto questa mozione breve su dibattito di oggi ad essere qua e concluderei con la lettura di questa mozione, invitando tutti domani ad essere presenti alle 10, ad unora dignitosa perché la giornata di lavoro non si trasformi in una mezza giornata anche perché alcuni di coloro che verranno e che magari faranno anche da bersaglio come oggi in parte, suo malgrado, è stato Giuliano Pisapia che in qualche modo ha fatto le veci di una responsabilità non integralmente sua, anzi, ci sono molti altri; credo che sul tema più spinoso delle libertà intese come libertà dalla detenzione politica, il ritorno degli esuli, le leggi demergenza nel senso tecnico del termine di cui siamo abituati a parlare, ecco dentro quella giornata forse anche alcune delle cose che sono state accennate oggi verranno sciolte. Invito quindi per domani alle 10 e ascoltiamo intanto questa breve mozione che a meno che non dica proprio cose sconce, possiamo forse passare allassemblea di domani.
La mozione non credo che dica cose particolarmente sconce. Innanzitutto una premessa è ovvio che non cè nessuna velleità di concludere o racchiudere in un foglio scritto a mano tutto quello che è emerso nel dibattito di oggi. Però ci sembrava interessante e soprattutto importante raccogliere un dato che è emerso dalla giornata di oggi, ma in realtà anche da incontri precedenti e cioè che non si può più pensare di affrontare tematiche come quelle in discussione oggi e soprattutto domani ragionando a compartimenti stagni. Se in questi anni siamo riusciti a creare rapporti, a creare sinergie, a conoscerci, a costruire iniziative insieme e quindi a dare ognuno del suo per cercare di risolvere problemi estremamente gravi che arrivano da ieri, ma si proiettano nelloggi e nellavanti, è questa lintenzione di continuare. Quindi in realtà questa mozione rappresenta la volontà di costruire unulteriore forma di sinergia e di collaborazione e soprattutto evitare di scadere. Potevamo benissimo scrivere qualcosa chiedendo, ad alcuni dei relatori di oggi o ad alcune delle situazioni, alcune cose e non vogliamo chiedere, vogliamo costruire insieme percorsi che crediamo saranno di liberazione o che comunque andranno ad incidere su quella che è la situazione emersa oggi e che poi emergerà anche nel dibattito di domani. Quindi ve la leggo brevemente, è stata scritta veramente molto in fretta, magari domani la sistemeremo anche meglio.
"Constatando che lo stato attuale della giustizia in Italia è regolato da continue dinamiche emergenziali nate con il fine specifico di comprimere sempre più spazi di libertà e di partecipazione e che nellattuale situazione politica non vi è alcun cenno di modifiche sostanziali, che riteniamo necessarie, è nostra intenzione impegnarci per alcune fondamentali battaglie di libertà.
Quelle che abbiamo definito battaglie di libertà sono poi i punti emersi nel dibattito di oggi, quindi: abolizione della legislazione demergenza, abolizione dei reati legati alle lotte sociali, abolizione dei reati minori, per ottenere il diritto daffettività, salute e condizioni di vita migliori in carcere, abolizione della dinamica emergenziale sullimmigrazione, una battaglia contro la limitazione degli spazi di agibilità politica e abolizione della legislazione proibizionista. Inoltre riteniamo che Salvatore Ricciardi e Luca Ghezzi siano due casi emblematici del regime speciale sempre in vigore, sui quali occorre convogliare impegno immediato nel tentativo di coniugare specificità e concretezza a questioni più generali. Chiediamo quindi alle soggettività politiche qui presenti, istituzionali e non, e alle varie realtà la disponibilità e limpegno nella costituzione di organismi di collegamento con il sociale, di controllo dal basso delloperato delle istituzioni, di osservatorio sulla realtà della repressione diffusa."
Questa verrà presentata domani e credo che sarà lintroduzione al dibattito.