Il Manifesto - 01.04.98
PRIMO MORONI Il tempo ritrovato, cronaca di un piccolo incontro passato
- IVAN DELLA MEA -
Che cosa posso dire di Primo Moroni? Si scrive tanto e si ha sempre l'impressione di avere detto poco e omesso molto. Perché Primo è compagno di una specie rara che sempre ha dato: come Primo, Gianni Bosio, Danilo Montaldi, Raniero Panzieri, Franco Fortini, Grazia Cherchi, Franco Coggiola, Giovanni Pirelli, Mario Spinelli, Carlo Leidi e quant'altri: tanti, troppi. Smettetela di morire: ve ne andate col troppo che avete dato e che potevate dare e noi non si sa se sapremo continuare l'opera vostra e ci si trova più soli per la vostra assenza e più deboli perché la vostra morte è un po' anche la nostra: è una morte durata in una vita sempre più faticata. Smettetela di morire, perché a me non riesce di morirvi, mi tocca vivervi con la malinconia dell'obbligata lontananza. E allora serve la memoria, quella minuta d'un incontro. Ti ricordo così, Primo. Luglio '96; venisti a trovarmi all'Arci Corvetto, con tua figlia Chiara. Avanzavi verso il centro della balera, vestito di chiaro, foulard al collo, cappello estivo. Ti guardasti intorno, gli occhi tuoi fotografavano il Bertin dalla "béla caminada" e l'Aleotti e gli anziani che giocavano a carte e sorridevi e anche Chiara guardava e mi cercava con gli occhi allegri: io ero il suo "fidanzato", ottimo per le patatine fritte e per la fanta. Ti venni incontro con il Campari spruzzato. Ci abbracciammo. Ci sedemmo all'ombra. "E allora?", ti chiesi. "Sono di passo" - mi rispondesti - "avevo voglia di vederti e di vedere il Circolo. Tutto bene?". Ti guardai e "okey" dissi. Andai al bar per le patatine e la fanta di Chiara. "La vizi", mi dicesti. "Non più di quanto lei vizi me. E' bello vederti, Primo". Trascorse un'ora, con molto fumo e pochissime parole: il piacere comune di stare. Si alzò Primo Moroni. "Ti ho portato un libro", disse allungandomi un Philip K. Dick, "tradotto un po' a culo, ma niente male". Gli diedi una copia di Una vita schedata di mio fratello Luciano. "Come sta?" mi chiese Primo; "Sta come lo leggi". Chiara mi prese la mano. Li accompagnai all'auto. "Ciao fratello" mi disse. "Buona" dissi. Sono affezionato a questo ricordo: mi dice dell'amico, del compagno, del "fratello" che ti viene a trovare per il piacere di trovarti. E' merce rara di questi tempi: troppe sono le volte che non ci riesce di darci un tempo così, nostro, bello. E quando l'amico ti muore pensi a questi tempi non trovati e la rabbia fa male. Primo sapeva darsi e dare questo tempo e noi che restiamo, dovremmo imparare a trovarlo. Abbraccio Anna e Chiara.