Il Manifesto - 01.04.98

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PRIMO MORONI IN RICORDO DI UN AMICO
Il dolce comunicatore
Parlare a tutti e con tutti per costruire i luoghi della solidarietà 
- ALDO BONOMI - 
L a morte di un amico, di un compagno con cui si è condiviso pezzi di vita
e di passioni politiche, interrompe sempre un discorso. L morte è un non
detto che chiede l'elaborazione del lutto. Eppure nello scrivere di Primo
non mi sento attraversare da questo dolore. Forse perché la vera risorsa
che Primo ha profuso con dissennata abbondanza è stata la comunicazione.
Primo ha anticipato i tempi del "lavorare comunicando", con un'azione
sociale e un agire comunicativo che hanno prodotto beni relazionali dentro
e a fianco dei movimenti che hanno sognato la fantasia al potere e
praticato l'assalto al cielo. Ha prodotto reti di mutuo soccorso nella
gelida Milano degli anni '80, segnati dalla ristruttrurazione del sociale e
ha prodotto socialità nella città dei "non-luoghi": la Milano di oggi.
Essere contiguo, essere prossimo, attraverso quelle che un tempo si
chiamavano "strutture di servizio" per fare volantini, giornali militanti e
riviste colte, poteva sembrare, negli anni segnati dalle appartenenze
verticali, un ambiguo operare nella orizzontalità dei movimenti sociali.
Eppure, è grazie a queste reti informali che si dipanavano dalla Calusca
che un movimento sociale radicale si è dato in quegli anni linguaggio e
rappresentazione. Così come produrre solidarietà nel riconoscere e
riconoscersi nei tanti militanti finiti in carcere è stato un agire
orizzontale che ha prodotto mutualità in anni in cui parlare del carcere e
dell'identità lì rinchiuse era proibito in un paese, che ancora oggi, non
ha il coraggio di riflettere e metabolizzare la propria storia recente.
Produrre reti di relazione tra il dentro e il fuori, tra il carcere e la
società, vorrei ricordarlo oggi, è stato per Moroni una costante azione
militante. Tutto questo Primo lo ha fatto costruendo luoghi e spazi della
comunicazione.
Altro non è stato la Libreria Calusca nel suo peripatetico girare per il
Ticinese sino a fermarsi a fianco (ancora una volta contiguo) del centro
sociale COX 18.  Questo è l'ultimo messaggio culturale e politico che Primo
ci ha lasciato e forse val la pena di scavarci dentro. Costruire i luoghi
che stanno in quella terra di nessuno che è il margine tra chi è dentro e
chi è fuori in una società dell'esclusione, significa affermare il radicale
diritto al conflitto e alla visibilità per i tanti non illuminati dalla
società dello spettacolo.  In una Milano ormai segnata dai "non-luoghi"
delle fabbriche dismesse, della finanza, del capitalismo della conoscenza,
e accerchiata dalle "comunità stereotipate" degli alpini padani, dei
ciclisti padani, dai festival della canzone padana, in un orrido mix di
premordernità e ipermodernità, costruire spazi per attraversare il presente
e produrre socialità altra dai "padani" e dalla Milano della "borsa che
va", mi pare il buon messaggio che Primo ci lascia in eredità.
Ci mancherà e mi mancherà per tutto questo suo comunicare pubblico. Ma mi
mancherà anche perché con lui, cosa che riesce difficile a noi maschietti,
parlavo spesso di paternità, sentimenti, differenze di genere e di come è
difficile vivere non solo il pubblico ma anche il privato.  Anche su questo
era un dolce comunicare con Primo.

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