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Bollettino di controinformazione, dibattito e confronto
a cura del Comitato per la liberazione dei prigionieri politici, esuli e rifugiati
CONTINUA/MENTE, INGIUSTIZIA E FALSIFICAZIONI di Primo Moroni
La condanna Bompressi/Sofri/Pietrostefani è fuori da ogni ragionevole dubbio mostruosa, giuridicamente immotivata politicamente vendicativa.
Ciò nonostante ci troviamo in grave imbarazzo nel prendere posizione su questo ennesimo sopruso consumato nelle aule di giustizia.
Ci troviamo di fronte a soggetti che hanno fatto parte della nostra storia personale e collettiva. A soggetti politici che a metà degli anni '70 si sono separati dalle nostre scelte quotidiane e politiche per iniziare una discutibile, anche se "legittima" carriera politica o professionale dentro le istituzioni pubbliche o private di questo paese. Che hanno fatto una scelta di vita che è stata anche contro i nostri percorsi quotidiani e politici.
A intellettuali (soprattutto nel caso di Adriano Sofri) che hanno fatto parte di un ceto politico che si identificava con la propria funzione di avanguardia rivoluzionaria ed aspirava, secondo un modello più volte ripetutosi nella storia, ad assumere il comando, la direzione politica dei movimenti di classe, sostituendosi a quell'altro ceto politico proveniente dall'antifascismo e dalla Resistenza.
Abbiamo tastato l'identità di questo ceto politico a metà degli anni '70 quando era necessario fare delle scelte di fronte al piano del capitale sostenuto dall'intero arco del sistema dei partiti. Il loro abbandono dei percorsi di lotta, il loro andare altrove, ci hanno lasciato il dubbio se il fallimento di questo ceto politico debba essere considerato una fortuna o una disgrazia. La perdita di una preziosa risorsa intellettuale o l'eclissarsi du un nuovo pericoloso gruppo di padroni.
Mentre molti del ceto politico di allora si adoperavano come consulenti di ministri e carcerieri elaborando discutibili espedienti per uscire dalla cosiddetta "emergenza", noi ci siamo invece trovati a dover continuamente fronteggiare lo strapotere della magistratura e delle forze repressive che, con delega pressoché totale da parte del sistema dei partiti, hanno stravolto l'intera sfera dei diritti individuali e collettivi.
Non ci meraviglia quindi e non ci sembra né isolata né straordinaria la sentenza sul caso Calabresi. Questa sentenza è solo l'ultimo misfatto giudiziario di una lunga serie che negli anni ottanta ha sbattuto in galera migliaia di compagni e tuttora ne tiene rinchiusi centocinquanta.
Ma l'operazione di separare questa sentenza dalle altre, sottolineandone la straordinaria unicità, è speculare alla grande menzogna che vuole affermare una presunta separazione tra l'uso teorizzato e praticato della violenza di massa e le successive scelte legate alla lotta armata nel nostro paese. Come se queste ultime fossero un prodotto di una improvvisa follia o di un qualche disturbo genetico di massa improvvisamente materializzatosi alla metà degli anni '70.
Questa diffusa campagna innocentista a fronte di una sentenza mostruosa, è avvelenata da tante e tali falsificazioni storiche, da lasciarci sbigottiti.
Per questa ragione continueremo ad adoperarci perché finalmente venga trovata una soluzione politica che LIBERI TUTTI, compreso i nostri ex compagni di strada di Lotta Continua.
LIBERARE SOFRI PER LIBERARCI DI SOFRI.
Primo Moroni