Panorama - 04.07.97
Dopo due tornate elettorali, marzo 1994 e aprile 1996, la politica sembra aver ritrovato quella coscienza di sé (come dimostra lesito temporaneo della Bicamerale) che aveva smarrito almeno due volte nel dopoguerra: a cavallo del Sessantotto e negli anni di Mani pulite.
Maggioranza e opposizione stanno scrivendo assieme pagine importanti per dare nuovi assetti istituzionali al Paese. Lo fanno in un clima di pacificazione che ricorda, per certi aspetti, lItalia del dopoguerra. Ma che, per essere davvero compiuto, ha bisogno di una pagina in più: quella dellamnistia.
Lamnistia non è un atto di debolezza. Al contrario: lamnistia è un atto di forza. È lo strumento di chi vuol chiudere i conti con il passato per costruire un futuro senza ferite purulente, senza rancori. È la medicina, amara quanto si vuole, che in questi anni può disintossicare il corpo sociale del Paese restituendogli lo slancio necessario per giocare la decisiva partita europea. Acquista un significato altamente simbolico, sotto questo profilo, il ritorno di Toni Negri.
Non possiamo avere, alla vigilia della moneta unica, esuli politici in Europa. Né ha senso, anche prescindendo dalle ultime sentenze favorevoli agli imputati, costringere la classe dirigente del Paese a stare ancora sotto la cappa di Tangentopoli: «» malissimo e ha saturato lambiente di troppi veleni
Bisogna avere la forza, appunto, di svoltare, di dare ascolto al senatore a vita Leo Valiani che già qualche mese fa, lungimirante, levò la sua voce per chiedere lamnistia. Lo fece con lautorevolezza di un padre della patria che conosce nel profondo il Paese, che ha vissuto, da protagonista o da testimone, quasi tutti gli avvenimenti più tragici di questo secolo. Un uomo, quindi, capace di avere una visione aerea, distaccata, della realtà. In grado di indicare la via duscita dalle grandi piaghe del terrorismo e del tangentismo senza infingimenti e senza ipocrisie.
Certo, il ricordo della lotta armata è ancora lacerante. Né sono sbiadite le immagini che, quotidianamente, arrivavano dal Palazzo di giustizia, e che immortalavano, per il piacere della folla giustizialista e avida di manette, signori in loden e schiavettoni. Ma, con tutta la umana comprensione per le vittime della P38 e quelle delle bustarelle, il Paese ha bisogno di voltarsi indietro unultima volta, e poi più.
Non sapremo mai, infatti, se tutti quelli che dovevano pagare sono stati chiamati dalla giustizia a pagare. Ancora oggi non conosciamo perfettamente i contorni del terrorismo, come potremo mai afferrare, compiutamente, equamente, quelli del tangentismo? Allora, dopo gli anni di piombo, il Paese seppe uscire dal ricatto della paura con leggi eccezionali, che oggi non hanno più ragion dessere. Qualcuno pagò, altri no: il fenomeno cessò e oggi possiamo (dobbiamo) parlarne con il distacco, appunto, di Valiani.
Allo stesso modo, dopo le laceranti vicende di Mani pulite, il Paese deve sottrarsi al ricatto morale e fisico delle piazze, elettroniche e no. Perché ormai la lezione è chiara, la certezza di una giustizia uguale per tutti no. Non è stata forse quella giudiziaria una delle questioni chiave della Bicamerale? Non è anche sulla giustizia, oltreché sul rapporto tra prodotto interno lordo e debito pubblico, che un Paese deve misurarsi nel contesto europeo.
Se lUnione, come ha detto giustamente il capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, non devessere soltanto un patto fra ragionieri, la Seconda repubblica non può essere una questione di competenza di giustizieri.
Amnistia, dunque. E al più presto.