Il Corriere della Sera - 03.04.98
IL VESCOVO DI IVREA, PRESENTE AL RITO BETTAZZI: LA LORO MALATTIA E' LA MANCANZA DI FIDUCIA
M. IM., DAL NOSTRO INVIATO IVREA -
Allarga le braccia e sospira: "Sono dispiaciuto e addolorato. Credo che quanto è accaduto faccia parte di uno scontro duro, ma io non mi scoraggio: continuo a credere che i più saggi abbiano il dovere di continuare a cercare di capire". Quando lo informano di quello che è accaduto mentre lui era nella piccola chiesa di Brosso, a fianco di don Luigi Ciotti (il fondatore e animatore del gruppo Abele), monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, è appena rientrato in curia. Due ore prima, don Pacetta, il parroco del paesino del Canavese, lo ha invitato a scegliere un brano del Vangelo, lui ha scelto la parabola del "buon ladrone". Poi ha deciso di parlare. E davanti ai genitori di Edoardo Massari ha pronunciato parole durissime, invitando le forze dell'ordine "a riflettere su come vanno trattati gli esseri umani". La sua scelta di essere presente ieri era stata interpretata come un invito alla distensione. Ma non è stato raccolto. "E me ne dispiace, forse sono anche un po' deluso. Posso dire però di aver partecipato a una cerimonia commovente, e di averlo fatto per i genitori di Edoardo: persone semplici, che lavorano e si impegnano nel volontariato. Non meritavano tutto questo dolore". Mentre saliva alla chiesa lei era circondato da squatters e autonomi. Che idea si è fatto di questi ragazzi? "Sono stato colpito dalla loro scelta di non entrare in chiesa. Hanno accompagnato il loro amico fino a lì e poi quasi tutti si sono fermati. Parlavano unicamente fra di loro, agli altri riservavano solamente sguardi torvi. Si vede che si sentono in guerra con il mondo intero. La loro malattia è la totale mancanza di fiducia nel prossimo". Si sente "tradito" da quello che è accaduto ieri? "Speravo che il ritrovarsi insieme per un dolore che è di tutti avrebbe potuto aprire un dialogo". E invece? "Credo sia necessario insistere. Le parole che ho pronunciato in chiesa volevano far risaltare l'inutilità degli atteggiamenti esclusivamente repressivi, da parte delle forze dell'ordine e non solo. Bisogna prima di tutto cercare di capire quali sono i valori di questi ragazzi". Come? "Insistendo. E tenendo presente che non è possibile aspettarsi atteggiamenti concilianti da parte di questi ragazzi, se si utilizzano soltanto strumenti repressivi: reagiranno sempre, come è accaduto ieri a Brosso". La scelta del brano del "buon ladrone" che significato ha? "Il "buon ladrone" in fondo era anche lui un anarchico, un partigiano non violento, che contestava il potere di Roma". E' questa l'idea che lei si è fatto di Edoardo Massari? "Non l'ho mai conosciuto di persona, questo va detto. Scrissi un lungo articolo nel dicembre del 1993, quando i suoi genitori mi segnalarono la sua condizione di detenuto in attesa di giudizio da otto mesi. Scrissi che era non era giusto quello che stava capitando a quel ragazzo. Però mi son fatto le mie idee". Quali ? "Credo che Edoardo fosse una persona molto semplice, come i suoi genitori; un ingenuo, strumentalizzato anche dai suoi stessi compagni. Non è un caso che sia stato lui il primo a pagare". Secondo lei, perché si è tolto la vita? "Resto convinto che il suo tragico gesto sia frutto della paura di passare altri otto mesi in carcere, senza processo. E questo deve far riflettere tutti". Cosa pensa che potrà accadere, ora? "Anche gli avvenimenti di ieri, la violenza, i giornalisti feriti, non devono essere sfruttati per alimentare il "muro contro muro". Bisogna sforzarsi di cercare la strada del dialogo. I più saggi hanno il dovere morale di farlo".